I limiti teleologici dell’accesso alle informazioni ambientali. Il Consiglio di Stato, sez. III, 5 ottobre 2015, n. 4636, esclude l’utilizzo del diritto di accesso ai formulari che attengono al trasporto dei rifiuti sanitari.

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La terza sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sui limiti all’esercizio del diritto di accesso alle informazioni ambientali previsto dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195. Come è noto si tratta di una fattispecie a carattere speciale di accesso facilitato che si connota, rispetto al più generale diritto di accesso ai documenti amministrativi disciplinato nella L. 241 del 1990, per due particolarità sotto il profilo soggettivo e oggettivo. Dal punto di vista soggettivo, infatti, l’art. 3, comma 1, d.lgs. 195 del 2005 estende il novero dei soggetti legittimati a richiedere l’accesso a chiunque ne faccia richiesta senza l’obbligo di dichiarare il proprio interesse, laddove, invece, la disciplina generale dettata dall’art 22, L. 241 del 1990, subordina l’esercizio del diritto di accesso all’esistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente a una situazione giuridica soggettiva tutela e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Sotto il profilo oggettivo l’accesso in materia ambientale non è limitato al “documento amministrativo”, cui accenna la legge generale sul procedimento amministrativo; la tutela in materia di accesso ambientale si estende all’ informazione ambientale, che è nozione più ampia definita nel contenuto dall’art. 2, d.lgs. 195 del 2005. Il diritto di accesso in questione presenta, dunque, i caratteri dell’atipicità[1], il che si spiega facilmente con riguardo all’intento perseguito dal Legislatore di assicurare una tutela rafforzata al bene ambiente[2]. La logica è quella di introdurre nell’ordinamento un modello di tutela ambientale realmente democratico, secondo i canoni sanciti nella Convenzione di Aarhus di libertà di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia[3]. E’ evidente, tuttavia, come ha precisato la giurisprudenza, che l’esercizio del diritto di accesso ambientale è limitato dalle finalità per cui il diritto è  riconosciuto, non potendo l’ordinamento ammettere che se ne faccia uso per scopi diversi da quelli stricto sensu ambientali[4].

La pronuncia in commento giunge a tale conclusione escludendo l’ammissibilità del diritto di accesso quando diretto a ottenere informazioni sui formulari che attengono al trasporto dei rifiuti sanitari. 

Il caso

La vicenda all’esame dei giudici di Palazzo Spada riguarda una società, la Maio Guglielmo, che, proposta istanza all’ASL Pescara per l’accesso ai formulari riguardanti il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti urbani, emessi alla data di decorrenza del contratto stipulato tra la stessa ASL e un terzo, si vede rigettare la richiesta. Il diniego di accesso è, pertanto, impugnato dinanzi al Tar con ricorso poi respinto. La sentenza di rigetto del giudice di prime cure nell’ambito della giustizia amministrativa viene, dunque, impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che pronuncia la sentenza in commento. Tra i motivi di appello si deduce l’erroneità della sentenza del Tar che non considera che i formulari di identificazione dei rifiuti, di cui all’articolo 193 del d. lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente), compilati dal produttore, controfirmati dal trasportatore e dal destinatario, con indicazione dei codici Cer, identificativi degli stessi, sono documenti ambientali, perché consentono la tracciabilità dei rifiuti e la verifica della correttezza del loro smaltimento, e sono quindi accessibili a chiunque ne faccia richiesta ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 195 del 2005”. A tale argomentazione si oppongono, evidentemente, l’ ASL Pescara e la società terza contraente che insistono nel sostenere che i dati richiesti non costituiscono informazione ambientali e non sono, dunque, accessibili ex art. 2, comma 1, d.lgs. n.195 del 2005.

La decisione del Consiglio di Stato.

L’appello viene rigettato dal Consiglio di Stato che, dopo una ricostruzione dei tratti essenziali della disciplina dell’accesso ambientale, traccia anche i limiti teleologici del diritto in parola che è  disciplinato per finalità ambientale e non può “ essere utilizzato per finalità del tutto diverse (economico-patrimoniali) e con un inutile aggravio dell’attività dell’Amministrazione”[5]. Nello specifico il Consiglio di Stato evidenzia le peculiarità del diritto di accesso ambientale che lo qualificano come “facilitato”, alla luce della legittimazione e dell’oggetto del diritto. In particolare l’art.2, d.lgs. 195 del 2005, descrive la nozione di informazione ambientale, riguardante esclusivamente lo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) ed i fattori che possono incidere sullo stato dell’ambiente (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana, con l’esclusione di tutti i fatti ed i documenti che non abbiano un rilievo ambientale. L’art. 5 del d.lgs. n. 195 del 2005 prevede poi le ipotesi di esclusione dell’accesso all’informazione ambientale, che, fra l’altro, può essere negato nei casi di richieste manifestamente irragionevoli avuto riguardo alle finalità di garantire il diritto d’accesso all’informazione ambientale (lett. b del primo comma), ovvero espresse in termini eccessivamente generici. Dalla disciplina dettata si evince quanto la giurisprudenza ha già avuto modo di ricordare, e cioè che, sebbene la richiesta di accesso spetti a chiunque anche in assenza di un interesse diretto, concreto e attuale, ciò non toglie che la richiesta non possa essere formulata in termini generici[6] ma che debba essere specificato il determinato contesto ambientale cui si riferiscono le informazioni[7]. La richiesta di accesso deve essere sorretta da un effettivo interesse ambientale, volto cioè alla tutela dell’integrità della matrice ambientale. Nel caso di specie, ad avviso del Consiglio di Stato, l’istanza di accesso pare guidata dal solo interesse commerciale della ricorrente di acquisire informazioni su un’impresa concorrente. Il Collegio opera, dunque, una delimitazione funzionale della nozione di informazione ambientale facendo leva sull’requisito teleologico dell’ interesse ambientale.

Conclusioni

Come già la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di sottolineare[8], l’accesso non può essere chiesto con finalità diverse da quelle ambientali allo scopo, per esempio, di sindacare in modo generalizzato l’attività dell’amministrazione. Si tratta di un’ applicazione concreta del principio generale sancito nell’art. 24, comma 3, l.n. 241 del 1990, che vieta istanze di accesso preordinate a un generalizzato controllo dell’operato dell’amministrazione. Più in generale l’informazione oggetto della richiesta di accesso deve attenere non a qualsivoglia dato dell’ecosistema circostante “indipendentemente dalla sua inerenza ai valori che l’ordinamento giuridico imputa all’ambiente come bene giuridico distinto dalle sue componenti materiali[9]. In conclusione il privato istante non può valersi dello strumento dell’accesso come generale modello di tutela, perchè ciò varrebbe a perpetrare un’abuso del diritto di accesso stesso, esercitato per scopi diversi da quelli per cui la norma lo riconosce ab origine. L’accesso ambientale non deve, inoltre, concretare un’inutile aggravio per l’amministrazione. Ciò non esclude, tuttavia, che l’istanza proposta, quando sorretta da un interesse differenziato e riguardante un documento amministrativo, cui non competanto i caratteri imposti dal d.lgs. 195 del 2005, possa ugualmente venire accolta secondo la disciplina generale dettata dalla L. 241 del 1990.

 

 


[1]    CARINGELLA F., Il diritto all’informazione ambientale entra nelle aule di giustizia amministrativa, in Urb. E Appalti, 1999, 6, 674.

[2]    GAROFOLI R.-FERRARI G., Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2015, p. 885

[3]    CIAMMOLLA M., Il diritto di accesso all’inormazione ambientale. Dalla legge istitutiva del Ministero dell’ambiente al decreto legislativo n. 195 del 2005, in Foro amm. CdS, 2007, 657.

[4]    Cons. Stato, 15 ottobre 2009, n. 6339, in www.giustizia-amministrativa.it

[5]    Punto 6 sentenza Cons. Stato, sez. III, 5 ottobre 2015, n. 4636, in www.giustizia-amministrativa.it

[6]    Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996, in www.giustizia-amministrativa.it

[7]    Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557, in www.giustizia-amministrativa.it

[8]    Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 24, in www.giustizia-amministrativa.it

[9]    Tar. Puglia, Bari, sez. II, 27 gennaio 2006, n. 265, in www.giustizia-amministrativa.it, che ha escluso la richiesta di accesso alle informazioni riguardanti il randagismo.

Augusto di Cagno

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