Gratuito patrocinio: per la concessione del beneficio va preso in considerazione anche il reddito del convivente non consanguineo

Redazione 15/11/12

Anna Costagliola

Con la sentenza n. 44121 depositata il 13 novembre 2012, la Corte di cassazione ha sottolineato come, nell’ambito della determinazione del reddito complessivo richiesto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il termine «familiare» debba ritenersi riferibile non solo a coloro che sono legati all’istante da vincoli di consanguineità o, comunque, giuridici, ma anche a coloro che convivono con lui e contribuiscono al «menage» familiare.

Se è vero che l’articolo 76 del D.P.R. 115/2002 indica esplicitamente il «coniuge» e i «familiari» ai fini della determinazione del reddito complessivo dell’istante per la verifica della ricorrenza o meno del presupposto che legittima l’accesso al beneficio del gratuito patrocinio, tuttavia si impone una interpretazione sistematica ed evolutiva del dato normativo, anche alla luce della elaborazione giurisprudenziale della stessa Corte di legittimità. In detta prospettiva, gli Ermellini giungono ad affermare che il legislatore, con l’adozione di tali accezioni, non ha inteso far riferimento ai soli familiari, componenti del nucleo familiare, uniti all’istante da vincoli di parentela o affinità, ma anche a quei componenti che, convivendo e contribuendo ognuno di essi, sia dal punto di vista economico che collaborativo, alla vita in comune, costituiscono anch’essi il nucleo familiare. D’altra parte, osserva ancora la Corte come nella specifica materia in oggetto, ai fini del riconoscimento del beneficio, il non tener conto della capacità economico-finanziaria di tutti coloro che, comunque, concorrono a formare il reddito familiare non sarebbe conforme ai principi di solidarietà e di proporzionata partecipazione di ogni cittadino alla spesa comune. Verrebbe, infatti, a gravare sui contribuenti la spesa della difesa di un cittadino che, pur avendo redditi personali che gli consentano di accedere al beneficio, tuttavia può fruire dell’aiuto economico di chi convive con lui, anche se non è un consanguineo.

È necessario, dunque, conclude la Corte, confrontarsi con le mutate concezioni che via via si sono affermate nella società moderna e, in particolare, con la famiglia di fatto quale realtà sociale che, pur essendo al di fuori dello schema legale cui si riferisce, esprime comunque caratteri ed istanze analoghe a quelle della famiglia stricto sensu intesa.

È sulla base delle suesposte considerazioni che la Suprema Corte ha ritenuto legittima la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato decisa sul rilievo per cui il cumulo fra i redditi dell’istante e della madre della convivente di quest’ultimo superava la soglia indicata dalla legge per la concessione del beneficio.

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