Giustizia riparativa e assenza dell’imputato: l’art. 420-quater, co. 4 c.p.p. non viola la Costituzione

La Corte costituzionale ritiene non illegittimo costituzionalmente l’art. 420-quater, co. 4, c.p.p. (Giustizia riparativa e assenza dell’imputato)

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La Corte costituzionale ritiene non illegittimo costituzionalmente l’art. 420-quater, co. 4, c.p.p. (Giustizia riparativa e assenza dell’imputato): vediamo il perché. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

Corte costituzionale – sentenza n. 128 del 7-07-2025

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Indice

1. Il fatto


Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Grosseto era chiamato a pronunciarsi su una richiesta di rinvio a giudizio di un imputato, in relazione ai reati di bancarotta fallimentare, e di un altro, in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

VOLUME

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Il presente formulario è stato concepito per fornire all’avvocato penalista uno strumento di agile consultazione.Attraverso gli schemi degli atti difensivi, sono esaminati i vari istituti processuali alla luce delle novità intervenute nell’ultimo anno, con l’evidenziazione della normativa di riferimento e delle più rilevanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità. La selezione delle formule, accompagnate da suggerimenti per una migliore redazione di un atto, tiene conto degli atti che un avvocato è chiamato a predisporre come difensore dell’imputato, ma anche come difensore delle parti private (parte civile, persona offesa, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria).  Il volume contiene sia gli atti che vanno proposti in forma scritta, sia quelli che, pur potendo essere proposti oralmente nel corso di un’udienza, sono di più frequente utilizzo.Un approfondimento particolare è dedicato al fascicolo informatico e al processo penale telematico, alla luce del D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che ha introdotto rilevanti novità in materia di tempi e modi del deposito telematico.Completa il volume una sezione online in cui sono disponibili le formule anche in formato editabile e stampabile. Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.  

 

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2. Le questioni prospettate nelle ordinanze di rimessione: illegittimità costituzionale dell’art. 420-quater, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato contenga l’avviso della facoltà del medesimo di accedere ai programmi di giustizia riparativa


In relazione alle vicende giudiziarie suesposte, il suddetto Tribunale sollevava, d’ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 420-quater, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato contenga l’avviso della facoltà del medesimo di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
In particolare, in punto di rilevanza della questione, il giudice a quo evidenziava che: la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare aveva avuto in entrambi i processi summenzionati un esito negativo stante l’irreperibilità degli imputati in guisa tale che, per tale motivo, era stata disposta la notifica personale ai medesimi tramite la polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 420-bis, comma 5, cod. proc. pen. ma, tuttavia, avendo le ricerche avuto esito negativo e non ricorrendo i presupposti per la celebrazione del processo in assenza, si sarebbe dovuta pronunciare una sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte degli imputati.
Ciò posto, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente riteneva come la norma di cui all’art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen. contrastasse con gli artt. 3 e 24 Cost..
Nel dettaglio, il giudice a quo, premesso che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato è stata introdotta dall’art. 23, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), osservava che la stessa è una sentenza «del tutto sui generis», in quanto difetta di natura decisoria, non contenendo alcun accertamento nel merito, e ha la funzione di disporre la prosecuzione delle ricerche dell’imputato fino al decorso dei termini di prescrizione dei reati contestati nonché di consentire la ripresa del processo nel caso in cui l’imputato venga rintracciato attraverso la vocatio in iudicium di cui all’art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., essendosi in tal senso espressa anche la giurisprudenza di legittimità (si richiamava a tal riguardo: Corte di Cassazione, Sezione Seconda penale, sentenza 26 ottobre-18 dicembre 2023, n. 50426), che ha affermato che, contenendo anche la vocatio in iudicium della persona ricercata, la predetta sentenza è del tutto «assimilabile ad un atto di impulso processuale, come tale insuscettibile di passare in giudicato» visto che, proseguiva il rimettente nel suo ragionamento giuridico, quando le ricerche dell’imputato hanno esito positivo, tale sentenza assolve alla funzione propria dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare di cui all’art. 419 cod. proc. pen., contenendo l’indicazione del giudice dinanzi al quale comparire, la data e il luogo dell’udienza nonché l’avviso che, in caso di mancata comparizione e di non ricorrenza di alcuna delle ipotesi di cui all’art. 420-ter cod. proc. pen., il processo proseguirà in assenza dell’imputato, che sarà rappresentato in udienza dal difensore.
Trattandosi, dunque, di una vocatio in iudicium assimilabile a quella propria dell’avviso ex art. 419 cod. proc. pen., il giudice rimettente assumeva dunque quest’ultima disposizione quale tertium comparationis per inferirne l’illegittimità costituzionale, anche pel profilo dell’irragionevolezza, del differente trattamento normativo previsto nel caso della sentenza di non doversi procedere: soltanto nel caso in cui venga immediatamente rintracciato l’imputato riceve anche l’avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa, ai sensi dell’art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., mentre tale avviso non è previsto nel caso di pronuncia della sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., né un avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa è fornito, ai sensi del successivo art. 420-sexies, dalla polizia giudiziaria che, rintracciato l’imputato, riesca a notificargli la sentenza.
Pertanto, proseguiva il rimettente nella sua argomentazione, mentre l’imputato è avvisato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa nel caso in cui la notifica dell’avviso ex art. 419 cod. proc. pen. «vada a buon fine», analogo avviso non gli è dovuto nell’ipotesi in cui, a seguito della sua iniziale irreperibilità, la citazione dinanzi al giudice dell’udienza preliminare avvenga attraverso la notifica della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen.
Ciò posto, il giudice rimettente osservava oltre tutto come la «giustizia riparativa» (indicata nelle due ordinanze, con apparente refuso, anche come il «nuovo istituto della messa alla prova») non sia un rito speciale, ma al più un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa, che le si affianca in un rapporto di complementarità integrativa, «secondo un modello – per così dire – autonomistico, in base al quale la giustizia riparativa e quella punitiva procedono separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi, pur se la giustizia riparativa trova il suo naturale habitat proprio nel procedimento penale: qui sono promossi tendenzialmente i percorsi riparativi e qui ricadono i suoi effetti positivi, ove ve ne siano» (si richiamava all’uopo: Corte di Cassazione, Sezione Seconda penale, sentenza 12 dicembre 2023-14 febbraio 2024, n. 6595) fermo restando che l’orientamento indicato, che ha escluso il carattere giurisdizionale del procedimento riparativo, sarebbe del resto accompagnato dall’esclusione di un’ipotesi di nullità speciale nel caso di omissione dell’avviso ex art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., che avrebbe solo una finalità informativa, nell’ambito di una fase presidiata dall’assistenza difensiva tecnica (si citava in tal senso: Corte di Cassazione, Sezione Sesta penale, sentenza 9 maggio-13 giugno 2023, n. 25367).
Tale interpretazione sarebbe tuttavia, per il giudice rimettente, non condivisibile visto che l’argomento della funzione meramente “informativa” dell’avviso avrebbe carattere tautologico, essendo tale finalità implicita in qualsiasi tipo di avviso procedimentale; anche l’asserita assenza di un pregiudizio al diritto di difesa dell’imputato non sarebbe in linea con la giurisprudenza costituzionale, richiamata dal giudice a quo, che ha ribadito come il diritto di difesa non contempli soltanto un’adeguata difesa tecnica, ma anche un’effettiva autodifesa, quale diretta e personale partecipazione dell’imputato al processo (si richiamava al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 1999).
Inoltre, sempre per il giudice rimettente, tale orientamento contraddirebbe le finalità della riforma del 2022, che, all’art. 47 («Diritto all’informazione») stabilisce l’obbligatorietà dell’avviso della possibilità di accedere alla giustizia riparativa nelle varie fasi del procedimento; obbligatorietà introdotta, da ultimo, anche con riferimento al decreto che dispone il giudizio immediato, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari).
Ad avviso del giudice a quo, dunque, sarebbe preferibile il diverso orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità, che ha riconosciuto una nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, lettera c), cod. proc. pen. per l’ipotesi di omesso avviso, nel decreto ex art. 447 cod. proc. pen., della facoltà di accedere alla giustizia riparativa (si menzionava all’uopo: Corte di Cassazione, Sezione Quarta penale, sentenza 9 maggio-26 luglio 2023, n. 32360).
A sostegno della preferibilità di tale orientamento, tra l’altro, si osservava che il procedimento riparativo, benché autonomo, di natura non giurisdizionale e facoltativo, può nondimeno produrre effetti sostanziali in sede penale: al fine del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 6), del codice penale; al fine della commisurazione della pena ex art. 133 cod. pen.; quale presupposto per il riconoscimento della sospensione condizionale breve o speciale ex art. 163, quarto comma, cod. pen.; al fine del riconoscimento della remissione tacita della querela nei reati procedibili a tale condizione.
Sulla base di tali coordinate ermeneutiche, di conseguenza, il giudice rimettente sosteneva che il diverso trattamento normativo riservato dagli artt. 419, comma 3-bis, e 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., in merito alla previsione dell’avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa «configuri una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche», poiché non vi sarebbero differenze sostanziali tra la posizione dell’imputato che, dopo l’iniziale irreperibilità, venga reperito durante le ricerche della polizia giudiziaria e quella dell’imputato nei cui confronti vada ab origine a buon fine la notifica dell’avviso ex art. 419 cod. proc. pen., facendosene inferire da ciò l’irragionevolezza del diverso trattamento normativo delle due fattispecie, in violazione dell’art. 3 Cost., idoneo a pregiudicare l’imputato inizialmente irreperibile, il quale, a differenza dell’imputato che riceve l’avviso ex art. 419, comma 3-bis, «non è posto subito nelle condizioni di valutare se accedere o meno al programma di giustizia riparativa, con conseguente pregiudizio del suo diritto di pianificare con anticipo la propria strategia processuale», per la possibilità di disperdere inutilmente un significativo lasso di tempo (fino a dieci mesi) compreso tra la notifica della sentenza e la celebrazione dell’udienza.
Esclusa la possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto l’inserimento dell’avviso nella sentenza si tradurrebbe in una indebita integrazione della disposizione censurata, il giudice rimettente concludeva quindi nel senso che l’omissione dell’avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa sarebbe di per sé idonea a discriminare la posizione dell’imputato che riceve la vocatio in iudicium tramite la notifica della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. rispetto a quella dell’imputato che la riceve mediante la notifica dell’avviso ex art. 419 cod. proc. pen., con violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost..

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3. La soluzione adottata dalla Consulta


La Corte costituzionale – dopo avere disposto la riunione dei giudizi perché fossero decisi con unica sentenza, avendo le relative questioni di legittimità costituzionale a oggetto la medesima disposizione, prospettando le medesime censure ed evocando parametri coincidenti – stimava le questioni summenzionate infondate.
In particolare, la Consulta – dopo avere compiuto una disamina della normativa di riferimento – notava che, quanto alla natura della sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater cod. proc. pen. e della cosiddetta giustizia riparativa, riteneva che tre appaiono i profili maggiormente significativi: la natura della giustizia riparativa; i limiti del sindacato di costituzionalità nella materia processuale; la comparazione con l’omessa previsione degli avvisi concernenti la facoltà di accesso a un rito alternativo.
Più nel dettaglio, si faceva innanzitutto presente che il primo aspetto, concernente la natura di programma extraprocessuale e non di procedimento incidentale della giustizia riparativa, appare assorbente, in quanto ne discende anche la valutazione degli altri profili visto che il rapporto di alternatività/complementarità della giustizia riparativa rispetto alla giustizia penale comporta che la prima non si configuri come un procedimento incidentale o parallelo rispetto al procedimento penale di cognizione, diversi essendone gli attori, in parte, le finalità, l’oggetto dal momento che la giustizia riparativa si configura come un post factum che si sviluppa fuori del processo penale che resta largamente impermeabile ai contenuti della riparazione, salvo che, in caso di esito positivo, in relazione ai profili latamente commisurativi della pena, ai sensi dell’art. 133 cod. pen. secondo quanto stabilito dall’art. 58 d.lgs. n. 150 del 2022 dato che la disciplina della giustizia riparativa non richiede alcun accertamento incidentale e sommario della responsabilità dell’imputato proprio perché il relativo programma non postula affatto l’accertamento di una responsabilità penale.
Ciò posto, quanto invece alla evidenziazione di una disparità di trattamento con la previsione dell’avviso in favore dell’imputato reperibile, il Giudice delle leggi osservava che, se la giustizia riparativa non è un procedimento speciale, incidentale (non riguardando la medesima regiudicanda del processo penale) o complementare, ma un programma di attività extraprocessuale, non procedimentale in senso processual-penalistico, né giurisdizionale, il cui esito riparativo può assumere rilevanza ai fini dell’attenuazione, della commisurazione o della concessione della sospensione condizionale della pena, l’omessa previsione normativa in uno specifico momento processuale (quello della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen.) dell’avviso della facoltà di accedervi non può essere ritenuta idonea a violare il principio di eguaglianza e con esso il diritto di difesa, poiché si è al di fuori del «procedimento» penale e quindi dell’ambito di applicazione dell’art. 24 Cost., anche nella dimensione della cosiddetta autodifesa (sulla quale molto ha argomentato il rimettente).
Orbene, già dalle considerazioni che precedevano, per la Consulta, deriva la necessità di dichiarare non fondate le sollevate questioni di legittimità costituzionale, così come andavano nondimeno rammentati ad abundantiam, ai fini del controllo di ragionevolezza, anche i limiti del sindacato di costituzionalità in materia processuale.
La giurisprudenza costituzionale ha in effetti sovente ribadito che «in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali il legislatore dispone di un’ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (ex plurimis: sentenze n. 17 del 2011; n. 229 e n. 50 del 2010; n. 221 del 2008; ordinanze n. 43 del 2010, n. 134 del 2009, n. 67 del 2007)» (ordinanza n. 141 del 2011); ha altresì evidenziato che l’astratta possibilità di una diversa disciplina legislativa sul punto non sarebbe necessariamente più razionale di quella censurata né, comunque, sarebbe costituzionalmente obbligata (ordinanza n. 43 del 2010), rilevandosi al contempo che, per vero, questo principio è fatto in genere valere nella prospettiva dell’inammissibilità delle questioni che comportano un’invasione nel campo della discrezionalità del legislatore, ma esso vale anche come sollecitazione a uno scrutinio particolarmente prudente della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della scelta legislativa.
Tuttavia, ad avviso dei giudici di legittimità costituzionale, la soglia dell’irragionevolezza manifesta non è stata superata nel caso di specie poiché la scelta del legislatore di non inserire l’avviso della facoltà di accesso alla giustizia riparativa tra i contenuti della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. è giustificata da ciò che: è già prevista una serie di ipotesi in cui tale avviso viene dato, tanto all’indagato, prima, e all’imputato, poi, quanto alla persona offesa, con l’informazione di garanzia (art. 369, comma 1-ter, cod. proc. pen.), con l’avviso di fissazione dell’udienza a seguito della richiesta di archiviazione (art. 409, comma 2, cod. proc. pen.), con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen.), con l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare (art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen.), con il decreto che dispone il giudizio (art. 429, comma 1, lettera d-bis, cod. proc. pen.) e con il decreto di citazione diretta a giudizio (art. 552, comma 1, lettera h-bis, cod. proc. pen.); nella fase che qui viene in rilievo, compresa tra l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare (art. 419 cod. proc. pen.) e l’eventuale decreto di rinvio a giudizio (art. 429 cod. proc. pen.), l’imputato, sia pur irreperibile, dovrebbe già aver ricevuto l’avviso con altri atti notificati nella precedente fase delle indagini preliminari (per esempio, con l’informazione di garanzia o con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari) e comunque lo riceverebbe in sede di rinvio a giudizio (salvo che non venga pronunciata sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen.); l’omessa previsione dell’avviso nella sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen., in ogni caso, non compromette in alcun modo la facoltà dell’imputato di accedere alla giustizia riparativa, non essendo previsti termini perentori o scadenze.
Né, sempre ad avviso della Corte, si potrebbe equiparare l’omessa previsione dell’avviso della possibilità di accesso alla giustizia riparativa all’omessa previsione dell’avviso concernente la facoltà di accedere a un rito alternativo cui – pure – il rimettente rapidamente alludeva.
D’altronde, a tale ultimo riguardo, la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenze n. 19 del 2020 e n. 201 del 2016) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni processuali che non prevedevano gli avvisi per l’accesso ai riti alternativi ha motivato sulla base di due presupposti, entrambi assenti nella fattispecie in esame: l’esistenza di un rito alternativo, con contenuto premiale; la previsione di un termine perentorio per la richiesta di ammissione, con perdita irrimediabile della facoltà di presentarla nell’ipotesi della sua inosservanza posto che appare assorbente la considerazione che la giustizia riparativa non è un rito alternativo per la definizione della responsabilità penale (anche nella limitata ipotesi dei reati procedibili a querela rimettibile, nella quale l’estinzione consegue non all’opzione riparativa in sé, bensì alla valutabilità dell’esito riparativo quale elemento di fatto ai fini della remissione tacita della querela).
In ogni caso, anche ove così non fosse, per il Giudice delle leggi resta comunque il dato normativo che non si prevede alcun termine perentorio o scadenza processuale per la richiesta di ammissione da parte dell’imputato, tant’è che il programma può essere avviato «[i]n ogni stato e grado del procedimento» (art. 129-bis, comma 1, cod. proc. pen.), e anche nella fase dell’esecuzione o dopo l’esecuzione della pena.
Precisato ciò, i giudici di legittimità costituzionale notavano altresì che, sebbene le censure prospettate dal giudice rimettente fossero reputate significativamente argomentate anche sul presupposto della sussistenza della sanzione processuale della nullità in caso di omesso avviso della facoltà di accesso alla giustizia riparativa, tuttavia, premesso che il tema della nullità è, nella fattispecie in esame, secondario, non si poteva mancare di osservare che la giurisprudenza, formatasi in riferimento ad atti diversi dalla sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen., sul punto non è unanime e che parte di essa segue l’opzione interpretativa che esclude la nullità, ancora una volta in considerazione della natura non procedimentale del programma di giustizia riparativa e dell’assenza nel dato normativo della previsione di nullità speciali o generali (non riguardando l’«intervento» dell’imputato inteso quale sua consapevole partecipazione al processo penale).
L’omessa previsione dell’avviso, anche considerando i molteplici momenti informativi che scandiscono l’intero procedimento penale e l’assenza di termini perentori o di scadenze processuali per l’accesso, ad avviso della Corte costituzionale, rientra dunque nell’ambito delle scelte discrezionali del legislatore e comunque non supera la soglia della manifesta irragionevolezza.
Peraltro, per la Consulta, la natura di mero post factum della giustizia riparativa e, soprattutto, dell’eventuale esito positivo, appare elemento tale da contribuire a evidenziare la non fondatezza delle questioni per un ulteriore profilo giacché l’esito riparativo può incidere su attenuanti, commisurazione della pena o concessione di benefici, ma nell’ambito dell’esercizio dei medesimi poteri discrezionali assegnati al giudice ai fini, proprio, del riconoscimento della circostanza attenuante della riparazione o del risarcimento del danno (art. 62, numero 6, primo periodo, cod. pen.); in altri termini: l’esito riparativo può essere assunto dal giudice quale “elemento di fatto” successivo al fatto-reato ai fini dell’esercizio della discrezionalità nella commisurazione (art. 133 cod. pen.), nell’attenuazione (art. 62 cod. pen.) o nella sospensione (art. 163 cod. pen.) della pena e rientra nella base cognitiva e valutativa allo stesso modo dell’”elemento di fatto” dell’avvenuto risarcimento fermo restando che, in tal senso, non sarebbe, sempre per la Corte costituzionale, ipotizzabile sostenere (né una questione del genere è stata posta) l’obbligatorietà di un avviso sui potenziali effetti attenuanti (o anche commisurativi) di una circostanza quale quella, strutturalmente analoga all’esito riparativo, dell’intervenuto risarcimento del danno.
Alla luce delle considerazioni che precedevano, le questioni di legittimità costituzionale succitate erano pertanto dichiarate non fondate.

4. Conclusioni: infondatezza delle questioni suesposte


Fermo restando che, come è noto, l’art. 420-quater, co. 4, cod. proc. pen. dispone che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato “contiene altresì: a) l’avvertimento alla persona rintracciata che il processo a suo carico sarà riaperto davanti alla stessa autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza; b) quando la persona non è destinataria di un provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari o della custodia in carcere per i fatti per cui si procede, l’avviso che l’udienza per la prosecuzione del processo è fissata: 1) il primo giorno non festivo del successivo mese di ottobre, se la persona è stata rintracciata nel primo semestre dell’anno; 2) il primo giorno non festivo del mese di marzo dell’anno successivo, se la persona è stata rintracciata nel secondo semestre dell’anno; c) l’indicazione del luogo in cui l’udienza si terrà; d) l’avviso che, qualora la persona rintracciata non compaia e non ricorra alcuno dei casi di cui all’articolo 420-ter, si procederà in sua assenza e sarà rappresentata in udienza dal difensore”, con la decisione in esame, la Consulta ha ritenuto non illegittimo costituzionalmente siffatta disposizione codicistica nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato contenga [pure] l’avviso della facoltà del medesimo di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Di conseguenza, per effetto di tale pronuncia, il mancato inserimento di siffatto avviso tra i requisiti che deve contenere codesta sentenza, non presenta alcun profilo di criticità costituzionale (perlomeno nei termini prospettati nelle ordinanze summenzionate).
Questa è dunque la novità che connota la sentenza qui in commento.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Avvocato e giornalista pubblicista. Cultore della materia per l’insegnamento di procedura penale presso il Corso di studi in Giurisprudenza dell’Università telematica Pegaso, per il triennio, a decorrere dall’Anno accademico 2023-2024. Autore di diverse pubblicazioni redatte per…Continua a leggere

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