Gestione e messa a reddito del patrimonio immobiliare dello Stato

Il patrimonio immobiliare dello Stato al servizio dei cittadini, delle imprese e della PA è composto, all’attualità, da oltre 43.000 immobili.

Il patrimonio immobiliare dello Stato posto al servizio dei cittadini, delle imprese e della Pubblica Amministrazione è composto, all’attualità, da un compendio di oltre 43.000 immobili tra fabbricati e aree, per un valore complessivo di 62,5 miliardi di euro.
Lo scopo di tale ricerca è fornire un quadro complessivo delle possibilità di utilizzo dei beni in questione, alla luce della molteplicità degli strumenti normativi in vigore, in un’ottica non solo di soddisfazione delle esigenze pubbliche, ma anche di supporto alla valorizzazione locale, comunale, intercomunale e di area vasta.
Nel dettaglio, le modalità ordinarie di messa a reddito del patrimonio immobiliare dello Stato si individuano nella locazione e concessione, disciplinate al Capo II del D.P.R. n. 296 del 2005, nonché nella “concessione di valorizzazione” introdotta nell’art. 1, co. 259 della legge n. 296 del 2006 (c.d. legge finanziaria 2007).

Indice

1. Gestione dei contratti di locazione e degli atti di concessione: contesto di riferimento e quadro giuridico


Ebbene, in linea generale, le concessioni e le locazioni dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato conseguono all’esperimento di procedure ad evidenza pubblica e – solo in via eccezionale – per mezzo della trattativa privata, rispettando, in ogni caso, i principi di trasparenza dell’azione amministrativa.
In via incidentale, infatti, è possibile procedere alla trattativa privata nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge; tra queste, la normativa italiana, riconosce la circostanza in cui un soggetto sia già concessionario o locatario di un bene immobile pubblico e chieda l’affidamento (in concessione o in locazione) di altro bene costituente pertinenza dello stesso, quando è andata deserta la procedura ad evidenza pubblica mediante pubblico incanto, ovvero, nell’ipotesi di rinnovo dell’atto di concessione o locazione.
È, altresì, il legislatore a individuare oltre le ipotesi, anche le tipologie di beni che possono formare oggetto di locazione e concessione. Si pensi, tra i tanti, ai beni di proprietà dello Stato non suscettibili di uso governativo concreto e attuale, non oggetto di programmi di valorizzazione e dismissione, non coinvolti nelle procedure di conferimento a Patrimonio dello Stato e non inseriti in elenchi di beni dismissibili ai sensi dell’art. 3, co. 112, della L. n. 662 del 1996.
Per quanto concerne la durata temporale di validità dei contratti di concessione e locazione immobiliare, la legge individua il termine ordinario di anni sei e, in via eccezionale, quello di anni diciannove nell’ipotesi in cui vi sia obbligo di eseguire consistenti interventi edilizi in tempi prestabiliti o si ravvisi l’opportunità in relazione alle caratteristiche ed alla tipologia di utilizzo. Ai fini della determinazione del canone da applicare, il D.P.R. n. 296 del 2005, ammette l’applicabilità di un canone di libero mercato (conseguente a procedure ad evidenza pubblica per l’individuazione del contraente o, nei casi residuali, a seguito di trattativa privata), agevolato (in favore di determinate categorie di soggetti, tra cui enti ecclesiastici, enti parco nazionali, organizzazioni non lucrative di utilità sociale e associazioni di promozione sociale, istituzioni, fondazioni e associazioni non aventi scopo di lucro) e gratuito in favore di determinate categorie di soggetti per il perseguimento delle relative finalità istituzionali. Nel dettaglio, per quanto attiene alle concessioni e locazioni a canone agevolato in favore di Regioni ed Enti locali, si sottolineano le novità introdotte dall’art. 1 della legge finanziaria del 2007; al riguardo, il legislatore ha, infatti, previsto che la durata delle concessioni e delle locazioni possa essere stabilita, in deroga all’ordinaria durata massima, in anni cinquanta qualora i predetti enti si obblighino ad eseguire consistenti opere di ripristino, restauro o ristrutturazione particolarmente onerose. Allo stesso modo, preme soffermare l’attenzione su quei beni immobili confiscati e mantenuti al patrimonio dello Stato che, nel caso in cui la loro destinazione avvenga in favore di enti pubblici, e quindi di Amministrazioni statali, Agenzie fiscali, Università statali, la disciplina del godimento risulterebbe potenzialmente riconducibile ad un utilizzo sia a titolo gratuito che oneroso.

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2. Concessione di valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato


Uno strumento innovativo nel panorama giuridico e distinto dalle concessioni e locazioni disciplinate nel Capo II del D.P.R. n. 296 del 2005, è quello della “concessione di valorizzazione” con cui si è inteso garantire le condizioni minime necessarie per consentire l’attrazione di capitali ed investimenti privati, per la riqualificazione e riconversione di quei beni particolarmente suscettibili di messa a reddito, tramite lo svolgimento di attività economiche remunerative da parte dei terzi privati. Appaiono evidenti, dunque, gli elementi qualificanti e distintivi della richiamata concessione rispetto alle altre tipologie di impiego dei beni pubblici e consistenti nella riqualificazione, recupero, restauro, ristrutturazione di immobili di proprietà dello Stato, anche mediante l’introduzione di nuove destinazioni d’uso per attività economiche o di servizio ai cittadini. Ciò spiega, altresì, la fissazione di un limite massimo e non rinnovabile di anni cinquanta per la durata di siffatta concessione, la previsione di un meccanismo premiale in favore degli Enti territoriali coinvolti nel procedimento di valorizzazione e la corresponsione, a carico del privato, di un importo del contributo di costruzione dovuto per l’esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione riconversione dei beni.

3. “Sdemanializzazione”


Recita il primo comma dell’art. 829 c.c. che “il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato dev’essere dichiarato dall’autorità amministrativa”, delineando il c.d. processo di sdemanializzazione. Può accadere, infatti, che l’amministrazione non ritenendo più un bene pubblico utile al perseguimento di un interesse sociale, ne disponga la cessazione del carattere demaniale, assoggettandolo al regime del diritto privato.

4. Federalismo demaniale


L’art. 5, comma 5, del D.lgs. n. 85 del 2010 descrive il processo di Federalismo Demaniale finalizzato al trasferimento, a titolo gratuito, agli Enti territoriali che ne fanno richiesta, di beni appartenenti al demanio storico artistico, al fine di riutilizzare i beni stessi, pur conservando il regime naturale e giuridico di provenienza.
Trattasi, infatti, di beni appartenenti al demanio storico artistico, sottoposti alle tutele del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio di cui al D. Lgs. N. 42 del 2004 e ss.mm.ii.
Gli Enti territoriali possono avanzare richiesta di acquisizione gratuita dei beni sottoposti alla tutela del D.lgs. n. 42 del 2004, indicando le finalità di utilizzo, oltre alle risorse finanziarie che intendono utilizzare per la trasformazione degli immobili richiesti, garantendo la massima valorizzazione e la massima valorizzazione funzionale.

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Antonella Fruci

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