Genesi del risarcimento da lesione di interesse legittimo ed il risarcimento in forma specifica in subiecta materia.

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Il risarcimento del danno nel diritto amministrativo è stato per la prima volta normato positivamente dal nostro legislatore con D.L.vo n. 8098, costituente attuazione dell’art. 11, co. 4, lett. g), della legge delega n. 5997 (nota come Legge Bassanini), nella parte in cui prevedeva la “estensione della giurisdizione del g.a. alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici”.
Occorre evidenziare che il risarcimento del danno ingiusto in tale campo (nel diritto amministrativo, i.e.) prevede il risarcimento, anche in forma specifica, all’art. 35 d.l.vo n. 8098 e, se, in una prima stesura, il g.a. poteva disporlo sol nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva, ovvero allorquando il legislatore gli devolveva materie “particolari” secondo il dettato della Costituzione (art. 103, co. 1), tale intendendosi la giurisdizione per la tutela del privato nei confronti della p.a. per lesione di interessi legittimi e di diritti soggettivi, a seguito della modifica introdotta dall’art. 7 L. n. 205 0, il cui co.1, lett. c), sostituisce il 4° comma dell’art. 35 d.l.vo n. 8098, che, a sua volta, già sostituiva il 3° comma dell’art. 7 L. (istitutiva dei) T.A.R. n. 103471, il g.a. può disporlo “nell’ambito della sua giurisdizione”, venendo così il legislatore a normare per la prima volta il risarcimento del danno, anche in forma specifica, per lesione di interesse legittimo.
Prima di delineare i contorni della giurisdizione del g.a. in cui egli può disporre il risarcimento del danno, anche in forma specifica, atteso che, oltre alla giurisdizione esclusiva, il g.a. ha giurisdizione di legittimità sugli atti amministrativi, rectius, per l’annullamento di atti amministrativi lesivi di interessi legittimi, siano essi pretensivi ovvero oppositivi, circoscrivendo a tale casistica il legislatore la risarcibilità del danno ingiusto in forza di decisioni, rectius, sentenze del g.a., anche se non v’è chi non vi veda la possibilità di liquidare il risarcimento del danno ingiusto anche per lesione di interessi diffusi e di interessi collettivi, pure ammissibili di tutela dinanzi il g.a., o di merito nel giudizio di ottemperanza, necessita riportare il tenore letterale contenuto in un passaggio della legge delega n. 5997 e raffrontarlo con altro contenuto nel testo modificato dall’art. 35, co. 4, a seguito della promulgazione della L. n. 205 0.
Si scrive, infatti, da parte del legislatore, nella prima (l. n. 5997): “estensione della giurisdizione del g.a. alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno” e nella seconda (l. n. 205 0): “il tar, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e degli altri diritti patrimoniali consequenziali”.
Nella prima norma, quella del 1997, cioè, esplicitandola, il legislatore ritiene che “le controversie relative al risarcimento del danno” si pongano in rapporto di species al genus “controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali” e, di conseguenza, nell’attuazione di tale legge delega (n. 5997), in parte qua avvenuta con d.l.vo n. 8098, la risarcibilità del danno è stata conferita al g.a. solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva, in quanto la tradizione giurisprudenziale del giudice della legittimità voleva che il risarcimento del danno fosse norma di sanzione e pertanto norma secondaria posta a tutela e garanzia di norme di divieto e pertanto di norme primarie, i.e. a tutela del solo diritto assoluto, rectius, soggettivo, secondo l’insegnamento proveniente dal diritto romano che aveva nella Lex Aquilia del III sec. a.C. il suo punto nevralgico, la quale stabiliva pene pecuniarie (sanzione) per chi violasse il diritto dominicale (divieto).
Nella seconda norma, quella del 2000, il legislatore invece ritiene che “le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica” si pongano su un piano diverso e contrapposto rispetto al precedente, i.e., pariteticamente entrambi di genus, poiché non specifica che tali questioni sono comprese in quelle afferenti “i diritti patrimoniali consequenziali” ma, anzi, utilizza la congiunzione “e” per unire i due tipi di tutele, che possono chiedersi al g.a., i.e. il risarcimento del danno “e” gli altri diritti consequenziali di natura patrimoniale.
Nel mezzo delle due norme, temporalmente, si colloca la sentenza resa dal Giudice della Nomofilachia che, chiamato a decidere su un regolamento di giurisdizione, nel 1999, con la sentenza n. 500, a SS.UU., sancisce per la prima volta la risarcibilità del danno ingiusto per lesione di interesse legittimo, sia esso oppositivo, per cui, per la verità, era stata già apprestata tutela con un processo logico di trasformazione eo di riespansione da interesse legittimo in diritto soggettivo, sia esso pretensivo.
In tale sentenza la S.C. prende atto che l’art. 2043 cc non è, come tradizionalmente ritenuto, norma secondaria ma norma primaria e pertanto, come tale, ben può essere invocata a “tutela ulteriore”, come ha avuto modo di precisare la Corte Costituzionale in sentenza n. 204 4, rafforzando tale innovativo orientamento e sancendo la legittimità dell’art. 7, co. 1, lett. c), l. n. 205 0, pur se non sottoposta tale norma alla sua attenzione, dell’interesse legittimo.
E tanto, dice la S.C. in un passaggio, poiché sono maturi (al 1999) i tempi per una riconsiderazione della natura giuridica della norma posta nel nostro codice civile all’art. 2043, sulla spinta di sollecitazioni rivolte: dal Giudice delle Leggi al Legislatore, e, indirettamente, osserva la S.C., allo stesso Giudice della Legittimità, per cui ha ritenuto la Corte Costituzionale “deplorevole” (sin con sentenza n. 3580) l’impunità – immunità di cui debba godere la p.a. nei rapporti giurisdizionali dinanzi il g.a. nei confronti del privato; dalla dottrina, da sempre autorevolmente contrapposta alla S.C.; dal legislatore comunitario, allorquando già nel 1989 emanò una direttiva in materia di appalti pubblici, recepita nel nostro Paese con l. n. 14292, poi abrogata, considerato che da noi la fase dell’evidenza pubblica dagli atti preparatori per l’indizione della gara e sino alla stipula del contratto di appalto pubblico è devoluta alla giurisdizione del g.a., rimanendo la fase successiva alla stipula e sino alla sua naturale o patologica conclusione devoluta alla giurisdizione del g.o., con ivi possibilità pacificamente risarcitoria in caso di instaurazione di controversie; dal legislatore interno, che aveva più volte tentato di apprestare un freno alla p.a. prevedendo un risarcimento del danno in favore del privato, tentativi (dd.dd.ll.) non riusciti e quindi realizzando di fatto una qualche forma di tutela risarcitoria, quanto meno per la giurisdizione esclusiva del g.a., con la prima stesura dell’art. 35 d.l.vo n. 8098 in favore del privato, e da ultimo, ma non per ultimo, dalla stessa giurisprudenza della Cassazione che dal prevedere, secondo l’insegnamento del diritto romano con la già ricordata Lex Aquilia, il risarcimento del danno in favore di diritti assoluti, lo ha di volta in volta allargato, già nel 1971, con orientamento poi divenuto costante, ai diritti relativi, alle situazioni possessorie, alle legittime aspettative di fatto, alla cd. integrità patrimoniale o libera determinazione negoziale e così via.
Ciò posto, il risarcimento in forma specifica è uno dei modi in cui si esplica ed esplicita il risarcimento del danno ingiusto.
Difatti il danno ingiusto può esser risarcito o mediante liquidazione del suo ammontare, previa verifica dell’importo da corrispondere, ovvero in forma specifica, e cioè ripristinando le medesime condizioni che vi sarebbero state se non si fosse verificato l’accadimento, rectius, l’evento del danno ingiusto, a condizione, però, in quest’ultimo caso, che la reintegrazione sia possibile in tutto ovvero in parte.
Qualora si è chiesto al giudice il risarcimento del danno in forma specifica e la reintegrazione dovesse esser eccessivamente onerosa per il debitore, l’a.g. può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente.
L’esegesi dell’art. 2058 cc, cui l’art. 35 d.l.vo n. 8098 chiaramente, seppur non espressamente rimanda, ha poi specificato che, ove la reintegrazione sia possibile in tutto o in parte, per la parte esclusa si farà luogo a risarcimento per equivalente mentre se in sede di esecuzione del giudicato il creditore volesse ottenere il risarcimento in forma specifica, pur avendo chiesto in sede cognitiva solo la liquidazione per equivalente, tale domanda, per l’appunto, attinente il processo di cognizione e non di esecuzione, deve esser respinta dal giudice dell’esecuzione in quanto il risarcimento in forma specifica può d’ufficio divenire in tale sede risarcimento per equivalente, se eccessivamente onerosa per il debitore la reintegrazione del creditore, ma non è consentito avvenga il contrario né d’ufficio né su istanza di parte.
Se ne desume, applicando l’art. 2058 cc alla giurisdizione amministrativa, in conclusione, che la domanda di risarcimento del danno può esser chiesta o contestualmente alla domanda di annullamento per entrambi i tipi di risarcimento o a giudicato (vittorioso) avvenuto per il ricorrente, e dunque successivamente, ma in questo caso solo la domanda di risarcimento per equivalente, utilizzandosi la formula (nel precedente giudizio) di rinvio (al seguente giudizio) “con condanna generica” da parte del ricorrente, e solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva e di legittimità del g.a. in quanto il giudizio di ottemperanza, pur essendo contestualmente giudizio di cognizione e di esecuzione, si attesta quale, per così dire, prolungamento del giudicato sicchè una domanda risarcitoria (anche in forma specifica) proposta per la prima volta in tale sede deve esser respinta atteso che essa andava presentata dinanzi il giudice (amministrativo) della giurisdizione esclusiva o di legittimità, posto anche, come chiarito, che la domanda in forma specifica ingloba la domanda di risarcimento per equivalente ma non è vero il contrario.
Mentre, quindi, alla luce dell’esperienza dottrinaria e giurisprudenziale formatesi sull’art. 2058 cc, e facendone applicazione in campo amministrativo, non si ravvisano particolari problematiche ad es. per la tutela del concorrente che, a titolo di risarcimento in forma specifica, abbia chiesto ed ottenuto l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione disposta in favore di altri, quando l’appalto pubblico non sia stato ancora stipulato, in quanto la A.G.A. ordinerà alla stazione appaltante di stipularlo con il concorrente – ricorrente vittorioso ovvero nel caso in cui la reintegra in forma specifica venga disposta dall’A.G.A. ad esecuzione parzialmente avvenuta in una quota non consistente (es. contratto della durata di qualche anno in esecuzione da qualche mese) poiché il concorrente – ricorrente vittorioso si sostituirà d’ordine dell’A.G.A. nell’esecuzione del contratto per la parte residua, potendo il g.a. conoscere incidenter tantum delle patologie del contratto ex d.l.vo n. 163 6, stipulato tra la stazione appaltante e l’aggiudicatario nelle more o in pendenza del giudizio di impugnazione dell’aggiudicazione della gara, ovvero ancora nel caso in cui la reintegrazione in forma specifica sia impossibile, perché eccessivamente onerosa per il debitore, ovvero perché l’esecuzione del contratto sia terminata, essendo stata già completamente realizzata l’opera appaltata, nel qual caso si farà ricorso al risarcimento per equivalente, quid iuris nel caso in cui, anche in sede di esecuzione, il concorrente – ricorrente vittorioso non ritenga per lui, pendente la lite, più conveniente la stipulazione dell’appalto pubblico?
Nel caso prospettato, cioè, l’esecuzione del contratto è ancora in tutto ovvero in parte possibile, ma il concorrente – ricorrente vittorioso non intende più ottenere la reintegrazione nel contratto (e dunque il chiesto ed accolto risarcimento in forma specifica) ma né, tan meno, può ottenere il risarcimento per equivalente poiché non vi sono i presupposti di legge (potendosi il contratto eseguire in tutto o in parte).
La giurisprudenza amministrativa ha statuito che, nel caso in esame, solo in sede di giurisdizione esclusiva e di legittimità e non anche di ottemperanza (allo stato dell’arte), vada risarcita al concorrente – ricorrente vittorioso la cd. integrità patrimoniale e cioè la cd. perdita di chances [cfr. TAR Lombardia, I, sent. n. 1370 8].
In limine, si evidenzia che il giudizio di ottemperanza per l’esecuzione del giudicato di risarcimento in forma specifica verrà promosso dal ricorrente di regola dinanzi il giudice di primo grado (tar), salvo che il giudice di secondo grado (cds) abbia riformato, seppur in parte qua, la sentenza del giudice a quo, nel qual caso sarà il giudice ad quem (cds) il giudice dell’ottemperanza, cui spetta la nomina e l’individuazione del commissario ad acta che si sostituirà alla p.a. nella stipula del contratto ovvero nel porre in essere gli atti ritenuti di volta in volta necessari dal giudice dell’ottemperanza a seconda delle statuizioni emesse dal giudice della cognizione amministrativa in accoglimento della domanda formulata dal concorrente – ricorrente vittorioso.
Avv. Mariarosaria Porfilio

Avv. Porfilio Mariarosaria

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