Esercizio arbitrario delle ragioni con violenza sull’appartamento locato

Scarica PDF Stampa
Commette il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (e non il reato di furto), il proprietario dell’appartamento locato che sottrae gli infissi al suo immobile per costringere al rilascio l’inquilino

     Indice

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione 
  4. Le riflessioni conclusive

riferimenti normativi: art. 392 c.p.

precedenti giurisprudenziali: Cass., sez. VI, Sentenza n. 3348 del 14/11/2017

1. La vicenda

La vicenda prendeva l’avvio quando il proprietario di un immobile lo concedeva in locazione, senza tuttavia provvedere a registrare il contratto di locazione. L’inquilino, appresa la notizia della mancata registrazione, si rifiutava di corrispondere il canone pattuito, rimanendo nell’immobile. Successivamente il proprietario, oltre ad aggredire e minacciare l’inquilino, entrava nell’immobile locato (di sua proprietà) sottraendo alcuni oggetti di valore dell’occupante ed asportando gli infissi presenti nell’abitazione. Il Tribunale di Messina riteneva l’imputato responsabile dei delitti di minaccia e furto in abitazione aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 2) c.p.; tentata violazione di domicilio; lesioni aggravate dall’uso di un’arma impropria. La Corte di Appello, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale, ha rideterminato la pena inflitta, condannando l’imputato alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio della parte civile. In particolare, in riferimento all’asportazione degli gli infissi presenti nell’abitazione locata, conformemente al giudice di primo grado, i giudici di secondo grado hanno ritenuto di ravvisare in atti la fattispecie del reato di furto, rigettando la richiesta della difesa di riqualificare la condotta ai sensi dell’art. 392 c.p. (Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose). A parere degli stessi giudici la proprietà del bene in capo all’autore del fatto non sarebbe elemento dirimente al fine di escludere il reato di furto; di conseguenza, il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà, ma anche nel semplice possesso, a prescindere dalla esistenza di uno specifico titolo giuridico. In ogni caso secondo la Corte non sussisteva il presupposto che legittimava il ricorrente ad ottenere la restituzione del bene. L’imputato ricorreva in cassazione sostenendo che erroneamente i giudici di merito lo avevano ritenuto colpevole per il reato di furto anziché per il reato di cui all’art. 392, c.p. in relazione alla condotta di asportazione degli infissi presenti nella casa concessa in locazione, dovendosi ritenere che l’imputato fosse titolare di un diritto astrattamente tutelabile innanzi al giudice civile. Del resto secondo lo stesso imputato, se il contratto di locazione non esiste, l’occupazione è sine titulo ed il proprietario può agire in giudizio per ottenere un provvedimento di rilascio.

2. La questione

La condotta del proprietario dell’appartamento locato che sottragga dall’interno dell’immobile oggetti di valore di proprietà dell’inquilino ed asporti gli infissi presenti nell’abitazione integra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose o il reato di furto?


Potrebbe interessarti anche:


3. La soluzione

In relazione alla condotta di asportazione degli infissi presenti nella casa concessa in locazione, la Cassazione ha ritenuto l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 392 c.p.

In particolare secondo i giudici supremi, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, si deve escludere che la sottrazione della res di proprietà dell’autore possa configurare la fattispecie del furto. L’avvenuta sottrazione deve essere inquadrata nel più ampio contesto in cui venne a realizzarsi il fatto, tenendo conto che la reale intenzione del reo, all’atto dello spoglio, era quella di rendere inabitabile l’appartamento, ottenendo, in tal modo, il suo rilascio. Del resto, l’occupazione dell’immobile da parte dell’inquilino e la mancata corresponsione dei canoni di locazione pattuiti consente al locatore di ottenere presso il giudice civile il rilascio dell’immobile. Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, esisteva una pretesa astrattamente tutelabile da parte del ricorrente.

4. Le riflessioni conclusive

Secondo una pronuncia risalente nel tempo difetta il requisito dell’altruità della cosa, richiesto per la configurabilità del reato di furto, qualora l’agente, proprietario di prodotti semilavorati consegnati per l’ulteriore lavorazione ad altro soggetto, li sottragga a quest’ultimo dopo che la detta lavorazione sia stata effettuata (Cass. pen., sez. V, 24/10/2007, n. 46308). In quest’ottica, in ambito locatizio, si è precisato che risponde del reato di cui all’art. 392 c.p. il proprietario di un immobile che, una volta scaduto il contratto di locazione, di fronte all’inottemperanza del conduttore dell’obbligo di rilascio, anziché ricorrere al giudice con l’azione di sfratto, si fa ragione da sé, sostituendo la serratura della porta di accesso e apponendovi un lucchetto (Cass. pen., Sez. VI, 18/01/2005, n. 10066; in tal senso recentemente Trib. Ferrara, Sez. Pen., 2 aprile 2019 n. 468). Allo stesso modo incorre nell’imputazione per il reato p. e p. dall’art. 392 c.p. il proprietario che al fine di esercitare un preteso diritto di credito, derivante dalla mancata corresponsione del canone di affitto per due mensilità, relativo all’appartamento concesso in locazione al conduttore, pur potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé mediante violenza sulle cose dapprima interrompendo l’erogazione di energia elettrica al suddetto appartamento e poi sostituendo il nottolino della serratura di accesso all’immobile, così da impedire l’accesso al locatario (App. Trento, 24/04/2013).

Volume consigliato

Manuale operativo dell’esecuzione penale

Con un taglio pratico e operativo, l’opera analizza la fase esecutiva che segue il processo di cognizione e che si apre con la riconosciuta responsabilità penale dell’imputato.Attenzione è dedicata ai rapporti funzionali tra il processo di cognizione, la fase esecutiva e la giurisdizione di sorveglianza, al fine di guidare l’operatore nelle proprie scelte difensive, nell’ottica complessiva del processo penale, senza limitarsi alle singole fasi procedurali.L’analisi delle modalità esecutive delle diverse tipologie di pena viene seguita dalla trattazione del titolo esecutivo: natura, esecuzione vera e propria e possibili modificazioni.Spazio viene dedicato ai procedimenti tout court, relativi all’esecuzione e alla procedura di sorveglianza; completa l’opera la trattazione dell’esecuzione penale nei rapportigiurisdizionali con le autorità straniere.Cristina MarzagalliGiudice del Tribunale di Varese, Formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano, ha una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale. È componente della Corte d’Assise, del Collegio Penale e del Tribunale del Riesame. Ha rivestito in passato i ruoli di Giudice per le Indagini Preliminari e di Magistrato di Sorveglianza. È stata componente del Tavolo IX degli Stati Generali dell’esecuzione penale.

Cristina Marzagalli | 2020 Maggioli Editore

26.00 €  24.70 €

Sentenza collegata

121347-1.pdf 564kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento