Esecuzione forzata richiesta dal professionista: le tutele del consumatore

Gianmarco Urso 29/12/23
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Esecuzione forzata sulla base di un decreto ingiuntivo (non opposto) richiesto da un professionista-creditore contro un consumatore-debitore: quale tutela per il consumatore?

Riferimenti normativi: art. 617 c.p.c.; art. 633 c.p.c.; art. 650 c.p.c.; art. 499 c.p.c.; art. 543 c.p.c.; art. 512 c.p.c.; direttiva 93/13/CEE.

Corte di Cassazione-sez. un. civili- sent. n.9479 del 07-02-2023

Indice

1. La vicenda


L’interessante pronunciamento dei Giudici di Legittimità prende le mosse dal caso di un creditore che, in forza di un decreto ingiuntivo non opposto, interveniva in una procedura di espropriazione immobiliare intrapresa nei confronti della medesima debitrice da altro creditore, la quale sfociava nella vendita dei beni pignorati e nel successivo deposito del progetto di distribuzione della somma ricavata.
La debitrice-consumatrice, in veste di esecutata, impugnava il progetto di distribuzione ai sensi dell’art. 512 c.p.c.[1], contestando l’insussistenza del diritto di credito del creditore (professionista) intervenuto perché basato su un decreto ingiuntivo (non opposto) emesso da un Giudice territorialmente incompetente in quanto adito in virtù di una clausola contenuta nel contratto di fideiussione che derogava espressamente il foro del consumatore.
Tuttavia, il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza, dichiarava esecutivo il progetto di distribuzione depositato.
Per tali ragioni, la debitrice esecutata proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c.[2] avverso la suddetta ordinanza, ribadendosi le difese già formulate in sede di opposizione distributiva.
Il Giudice adito rigettava anche l’opposizione proposta, osservando che l’esecutata avrebbe dovuto, se mai, promuovere opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c.[3]; rimedio che la debitrice non aveva tempestivamente azionato.
Avverso la decisione la debitrice esecutata proponeva ricorso straordinario per Cassazione, ponendo alla Suprema Corte la questione sulla violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93/13 (concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori) dell’art. 19 del TUE, con riferimento al principio di effettività della tutela del consumatore, mettendo in discussione l’impossibilità, a fronte di un decreto ingiuntivo non opposto, sia di “un secondo controllo d’ufficio nella fase dell’esecuzione sulla abusività delle clausole contrattuali”, sia di “una successiva tutela, una volta spirato il termine, per proporre opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo”.
Dopo la fissazione dell’udienza (e dopo la sentenza della Corte di Giustizia del 17 maggio 2022) la debitrice rinunciava al ricorso; l’occasione, tuttavia, per un intervento nomofilattico della Cassazione non è andato perduto, poiché il testimone è stato raccolto dalla Procura Generale presso la Cassazione che, pur chiedendo che il giudizio venisse dichiarato estinto, sollecitava la Corte ad enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363 c.p.c.[4], a causa della “particolare rilevanza della questione e della situazione di grave incertezza interpretativa determinata dalle quattro recenti sentenze del 17 maggio 2022 della Corte di Giustizia, tutte relative ad analoghe vicende, inerenti le sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa eurounitaria qualificata inderogabile della CGUE”.

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2. La questione


Il quesito che è stato rimesso al giudizio delle Sezioni Unite, nell’interesse della Legge, è se possa essere ancora contestato il carattere abusivo delle clausole di un contratto di finanziamento posto a fondamento di un decreto ingiuntivo non opposto e con quali strumenti processuali.

3. La soluzione

Le Sezioni Unite, ribadito il principio secondo cui il Giudice Nazionale ha il compito di interpretare il diritto interno rendendolo conforme al diritto dell’Unione, oppure, ove non sia possibile, disapplicarlo, precisano che il riequilibrio della posizione strutturalmente minorata del consumatore può realizzarsi, in sede processuale, onerando il Giudice del monitorio del potere-dovere di esaminare d’ufficio il carattere abusivo della clausola contrattuale e di comunicare gli esiti di tale controllo.
Laddove ciò non avvenga e il debitore (che è ignaro della sua qualità di consumatore e dell’abusività della clausola contenuta nel contratto sui cui il decreto ingiuntivo si fonda) non proponga opposizione a decreto ingiuntivo, va escluso che il provvedimento monitorio acquisti la stabilità propria del giudicato.
Questo perché l’impedimento al contraddittorio, differito, sulla pregiudiziale dell’abusività delle clausole, conseguente all’omissione del Giudice del monitorio, impedisce al consumatore di tutelare in via giurisdizionale la propria posizione giuridica in aperta violazione dei principi del “giusto processo” di cui agli artt. 47 CDFUE[1] e 6 CEDU[2] e degli artt. 24[3] e 111 Cost[4].
Pertanto, in tali circostanze, le S.U. statuiscono che il Giudice della fase monitoria ha il potere-dovere di controllare l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore.
Inoltre, considerato che il decreto ingiuntivo deve essere motivato (ai sensi dell’art. 641 c.p.c.), è onere del Giudice di dare al consumatore l’informazione circa l’avvenuto controllo d’ufficio sulla presenza di clausole vessatorie a fondamento del contratto posto a base del decreto ingiuntivo, in modo da permettere al debitore-consumatore di valutare adeguatamente se occorra proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo.
Di conseguenza, laddove il Giudice del monitorio non rispetti le indicazioni suddette e sia stato avviato un procedimento esecutivo sulla base di un decreto ingiuntivo emesso senza previo controllo circa l’abusività della clausola, spetterà al Giudice dell’esecuzione, sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito, rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva che incida sulla sussistenza o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo, provocando il contraddittorio delle parti sul punto secondo il modello deformalizzato di cui agli art.  485[1],530 (provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione alla vendita) e 543 c.p.c. (forma del pignoramento).
All’esito, il Giudice dell’Esecuzione se rileva il carattere abusivo della clausola contrattuale su cui si fonda il provvedimento monitorio, ne informa le parti e avvisa il debitore consumatore (che varrà come interpello sull’intenzione di avvalersi o meno della nullità di protezione) che entro 40 giorni (rispetto ai 10 giorni previsti dall’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.) da tale informazione può proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione.
Questo perché il requisito che legittima la proposizione dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., cioè il “caso fortuito o forza maggiore”, va rinvenuto nell’omessa motivazione circa il dovere del Giudice del monitorio di controllare il carattere abusivo delle clausole contrattuali, per cui se nel decreto ingiuntivo non sussiste alcun riferimento al riguardo, ciò costituisce per il debitore ragione non imputabile della mancata opposizione tempestiva, e quindi causa di legittimazione all’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c..
Ove il consumatore voglia avvalersene, il Giudice darà al consumatore un termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e, nel frattempo, il G.E. si asterrà dal disporre la vendita o l’assegnazione del bene o del credito.
Tutto ciò, fermo restando il potere del Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo di sospendere ai sensi dell’art. 649 c.p.c.[2] l’esecutorietà del decreto ingiuntivo in modo totale o parziale, a seconda degli effetti che potrebbe comportare l’accertamento sulla abusività della clausola che viene in rilievo[3].

4. Conclusione


Pertanto, i Giudici di Piazza Cavour, dopo aver dichiarato l’estinzione del giudizio di legittimità per intervenuta rinuncia, nell’interesse della Legge, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:
1)    nella fase monitoria,
–       il Giudice del monitorio deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;
–       a tal fine procederà in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione (potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari e, ove l’accertamento si presenterà complesso, dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione);
–       all’esito del controllo, se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso; oppure, se il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria darà esito negativo, pronuncerà decreto motivato;
–       in ogni caso, il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile;
1)    nella fase esecutiva,
–       il Giudice dell’Esecuzione, in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, avrà il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
–       ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
–       dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni potrà proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;
–       fino alle determinazioni del Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., il Giudice dell’esecuzione non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;
2)    nella fase di cognizione,
il Giudice dell’opposizione tardiva (ex art. 650 c.p.c.), una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere (ex art. 649 c.p.c.) l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale e procederà, quindi, secondo le forme di rito.
 

Note

  1. [1]

    Così dispone l’art. 512 c.p.c., co. 1: <<se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti, o circa la sussistenza di prelazione, il Giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617, secondo comma>>.

  2. [2]

    Così dispone l’art. 617 c.p.c., co. 1: << e opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al Giudice indicato nell’art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto>>.

  3. [3]

    Così dispone l’art. 650 c.p.c., co. 1: <<l’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore>>.

  4. [4]

    Così dispone l’art. 363 c.p.c., co. 1: <<quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in Cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il Giudice di merito avrebbe dovuto attenersi>>.

  5. [5]

    Così dispone l’art. 47 CDFUE: <<ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente, imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia >>.

  6. [6]

    Così dispone l’art. 6, co. 1, CEDU: <<ogni persona ha diritto ad un equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente, imparziale, costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta>>.

  7. [7]

    Così dispone l’art. 24 della Costituzione: <<Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari>>.

  8. [8]

    Così dispone l’art. 111 della Costituzione: <<La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a un Giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata…>>.

  9. [9]

    Così dispone l’art. 485 c.p.c., co. 1: <<Quando la legge richiede o il Giudice ritiene necessario che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il Giudice stesso fissa con decreto l’udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui >>.

  10. [10]

    Così dispone l’art. 649 c.p.c.: <<il Giudice istruttore, su istanza dell’opponente, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto concessa a norma dell’articolo 642>>.

  11. [11]

    Cfr. R. METAFORA, Dalle Sezioni Unite un “vademecum” sugli strumenti a tutela del consumatore in caso di vessatorietà delle clausole, IUS Processo Civile, 2023, pagg. 2-4.

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