Ente locale in “predissesto finanziario”

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Ente locale in “predissesto finanziario” e obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi al giudicato ordinario o amministrativo

Indice

1. Premessa

Argomento purtroppo attuale è quello inerente le situazioni di “crisi” finanziaria in cui versano molti enti locali a causa delle quali detti enti non sono più in grado di svolgere le proprie funzioni ed erogare servizi indispensabili per i cittadini ovvero non sono in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili e, pertanto, gli Amministratori sono “costretti” a rivolgersi, allo Stato per ottenere risorse finanziarie e contributi straordinari.
Quando un Ente locale è in crisi finanziaria gli strumenti previsti dal Legislatore per far fronte a detta situazione sono i seguenti: il dissesto, il dissesto guidato e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale c.d. Predissesto. Gli ultimi due istituti sono stati introdotti per ampliare le possibilità dell’ente di far fronte ad una situazione di crisi finanziaria e porre in essere tutte le manovre correttive degli squilibri finanziari ed evitare contestualmente le conseguenze negative (per l’ente stesso, i propri dipendenti, i cittadini ed anche per gli amministratori responsabili etc.) che derivano dalla dichiarazione di dissesto.
La normativa di riferimento è la parte II titolo VIII del Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali emanato con il Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267.
In particolare, la procedura di riequilibrio finanziario c.d. Predissesto è deliberato dal Consiglio Comunale nei casi in cui l’ente si trovi in una situazione di grave squilibrio che potrebbe portare al dissesto finanziario e gli ordinari strumenti di riequilibrio (ex  artt. 193 e 194 TUEL) non sono sufficienti per superare le condizioni di squilibrio.
Squilibrio finanziario che si sostanzia, appunto, nell’incapacità dell’ente di adempiere alle proprie obbligazioni esigibili a causa della mancanza di risorse effettive a copertura delle spese, (ciò di solito, come anticipato, accade quando l’ente ha una grave carenza o mancanza di liquidità disponibile).
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2. Il caso

Ciò premesso, andremo ad esaminare i casi in cui un soggetto-creditore agisca per ottenere il pagamento di quanto dovuto in suo favore da un Ente Pubblico risultato soccombente in giudizio che ha fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario (sia in relazione al giudicato ordinario che amministrativo).

3. La giurisprudenza

A) Nel caso in cui un soggetto/creditore abbia intrapreso una procedura esecutiva (ad esempio notificando un pignoramento presso terzi) per ottenere l’adempimento del proprio credito sorto in forza di un giudicato la procedura verrà sospesa ai sensi del comma 4 dell’art. 243Bis del TUEL (introdotto dal D.L. n. 174/2012) che recita “Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale di cui all’articolo 243 quater commi 1 e 3″.
Pertanto, alla luce del suddetto dettato normativo, una procedura esecutiva intrapresa nei confronti dell’ente che abbia fatto ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale è sospesa dalla data di esecutività di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione e/o diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti.
Di conseguenza, le procedure esecutive pendenti alla data di esecutività della deliberazione suddetta sono sospese dal Giudice dell’Esecuzione (ex pluris Tribunale Civile di Palermo- sez. VI Esecuzioni Mobiliari – ordinanze n. 3288/2021 e n.3717/22) specificando che nel primo caso la procedura esecutiva era iniziata prima che l’ente deliberasse il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario e, nel secondo caso, dopo l’esecutività della deliberazione di ricorso alla procedura de qua.
In particolare, il Giudice dell’Esecuzione aggiungeva che “deve essere disposta la sospensione della procedura esecutiva ex art. 623 c.p.c. ricorrendo un’ipotesi di sospensione necessaria ex legge, posto che tra le procedure esecutive cui si riferisce la norma sopra richiamata (rectius art. 243 bis comma 4) rientrano pure quelle pendenti”.
B) La giurisprudenza del Tar, anche più recente, ha invece stabilito che:
B1) Nel caso in cui il creditore faccia ricorso al giudizio di ottemperanza ex artt. 112 e ss c.p.a. per il recupero delle somme, la predetta previsione normativa (art. 243 bis TUEL) -nella parte in cui contempla la mera sospensione- riguarda solamente l’ipotesi in cui la “deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario” sopraggiunga nel corso di una procedura esecutiva giurisdizionale già pendente. Solo in questo caso, afferma il Giudice Amministrativo, sarebbe giustificabile la (sola) messa in quiescenza, con la sospensione, del rapporto processuale [cit. Ordinanza TARS-Palermo n. 3306/2021: “Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano (…)”].
B2) Se il Giudizio di ottemperanza è invece instaurato dopo che la deliberazione del C.C. è stata approvata e allora, precisa la giurisprudenza amministrativa, la procedura incoata contro l’ente pubblico deve essere dichiarata inammissibile posto che in questo caso difetterebbe ad origine una condizione di proponibilità dell’azione (al riguardo T.A.R., Puglia, Bari, sez. III, sent. n.362/2013; T.A.R., Puglia, Lecce, sez. III, sent. n. 501/2021; T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 517/2022; T.A.R., Sicilia, Palermo, sez. III , sentenza n. 3736/2022).
Ed infatti, evidenzia, in particolare, il T.A.R. salentino che la proposizione di un giudizio ottemperanza successiva alla deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, comporta l’inammissibilità del ricorso, sul piano logico ancor prima che giuridico.
Più precisamente, afferma il T.A.R. che “la procedura di riequilibrio finanziario degli Enti Locali, anche se non è retta dallo stretto principio della par condicio creditorum – come invece avviene nella procedura di dissesto finanziario – richiede pur sempre che il ripianamento dei debiti – soggetto a una previa ricognizione ai sensi del comma 7 dell’art. 243 bis Tuel di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili – avvenga nel rispetto di un ordine di priorità secondo principi di buon andamento, efficacia ed imparzialità (art. 97 Costituzione) evitando criteri discriminatori ed irragionevoli, sicchè – per elementari ragioni logiche e per evidente identità di ratio rispetto alla procedura di dissesto finanziario – il disposto dell’art. 243 bis comma 4 del TUEL si applica durante il periodo di espletamento della procedura di riequilibrio finanziario, anche nell’ipotesi di giudizi di ottemperanza avviati ex novo dopo la deliberazione comunale di avvio della procedura di riequilibrio finanziario con la conseguenza dell’inammissibilità (anzichè della mera sospensione) del ricorso di ottemperanza.

Valentina Bellomo

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