Gli obblighi di pagamento gravanti sugli enti locali in dissesto

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 219/2022, ha disposto la liceità del comma 4, dell’art. 248 rubricato – Conseguenze della dichiarazione di dissesto – del Decreto Legislativo 8 agosto 2000, n. 267Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL) – nella parte in cui sospende ma non cancella gli obblighi gravanti sugli enti locali in dissesto in merito al pagamento degli interessi in mora. Sicché una volta ultimata la procedura inerente il dissesto, è facoltà dei creditori attivarsi per il soddisfacimento delle proprie pretese nei confronti dell’ente non più in dissesto bensì risanato.

     Indice

  1. Normativa di riferimento
  2. Le questioni di legittimità costituzionale
  3. La decisione della Corte Costituzionale 

1. Normativa di riferimento

Le disposizioni sul dissesto riportate dal Decreto Legislativo 8 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – rappresentano ad del Giudice delle Leggi un equo bilanciamento tra la necessità di difendere gli interessi dei creditori, poste alla base dell’attività di commercio, e la necessità di garantire i servizi indispensabili per la cittadinanza. Testualmente il comma 4, dell’art. 248 del D. Lgs. n. 267/2000 (TUEL) dispone che: “Dalla data della   deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più  interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a  decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.”

Il summenzionato comma va letto in combinato disposto con la norma di cui all’art. 256 rubricata – Liquidazione e pagamento della massa passiva – del TUEL che stabilisce quanto segue: 1. Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività con il deposito presso il Ministero dell’interno, cui provvede l’organo straordinario di liquidazione entro 5 giorni dall’approvazione di cui all’articolo 254, comma 1. Al piano è allegato l’elenco delle passività non inserite nel piano,  corredato dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa.

  1. Unitamente al deposito l’organo straordinario di liquidazione chiede l’autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all’articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento delle passività risultanti dal piano di rilevazione e dall’elenco delle passività non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall’articolo 255.
  2. Il Ministero dell’Interno, accertata la regolarità del deposito, autorizza l’erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti.
  3. Entro 30 giorni dall’erogazione del mutuo l’organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l’entità dell’acconto l’organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l’organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari.
  4. Successivamente all’erogazione del primo acconto l’organo straordinario della liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività già inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi compresa l’eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell’Interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l’ente locale è autorizzato ad assumere un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all’articolo 255, comma 9, per il pagamento a saldo delle passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione, l’organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone comunicazione all’organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento delle residue passività ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall’ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la relativa somma sul conto esistente intestato all’organo di liquidazione.
  5. A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all’articolo 255, e comunque entro il termine di 24 mesi dall’insediamento, l’organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passività, includendo le passività accertate successivamente all’esecutività del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell’Interno.
  6. Il piano di estinzione è sottoposto all’approvazione, entro 120 giorni dal deposito, del Ministro dell’Interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza e validità delle scelte nell’acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell’Interno si avvale del parere consultivo da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui l’organo straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l’approvazione del piano, di cui al presente comma, è sospeso.
  7. Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell’Interno è notificato all’ente locale ed all’organo straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura.
  8. A seguito dell’approvazione del piano di estinzione l’organo straordinario di liquidazione provvede, entro 20 giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passività sino alla concorrenza della massa attiva realizzata.
  9. Con l’eventuale decreto di diniego dell’approvazione del piano il Ministro dell’Interno prescrive all’organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento.
  10. Entro il termine di sessanta giorni dall’ultimazione delle operazioni di pagamento, l’organo straordinario della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all’organo regionale di controllo ed all’organo di revisione contabile dell’ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l’effettiva liquidazione.
  11. Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’Interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.”

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2. Le questioni di legittimità costituzionale

Nel caso in scrutinio, la quinta sezione del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale,  aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 248 co. 4 in riferimento agli artt. 3, 5, 81, 97, 114 e 118 Cost. nella parte in cui si equipara la disciplina sugli accessori del credito a quella dell’impresa in stato di insolvenza anziché prevedere che il pagamento della quota capitale del debito, eseguito dall’organo straordinario di liquidazione, abbia natura estintiva.

Il giudice a quo sostiene che l’inesigibilità solamente transitoria del credito per gli enti in dissesto, conformemente a quanto disciplinato per l’imprenditore insolvente soggetto a procedura concorsuale (art. 154 rubricato – Crediti pecuniari – del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 – sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione del principio di uguaglianza, dal momento che parifica, sul piano normativo, situazioni ontologicamente diverse, essendo i comuni enti esponenziali della collettività amministrata, non assimilabili ai privati. Invero, sarebbe violato anche il principio di ragionevolezza, dato che la disciplina sugli accessori del credito conferirebbe ai creditori degli enti locali in dissesto una tutela smisurata, a scapito della collettività di cui il comune è espressione. Nel caso in scrutinio è intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che venga asserita anzitutto l’inammissibilità delle questioni, per omesso tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata della norma e, in subordine, che la questione sia dichiarata non fondata poiché la scelta di equiparare – ai fini della sospensione degli interessi – la situazione sul dissesto degli enti locali a quella dell’impresa sottoposta a procedura concorsuale costituirebbe espressione dell’esercizio della discrezionalità del legislatore, sindacabile esclusivamente sotto il profilo della palese irragionevolezza, che non ricorrerebbe nel caso in esame.

Parimenti non è fondata la censura formulata in riferimento al principio di ragionevolezza.

Le norme sul dissesto sono espressive di un bilanciamento non irragionevole tra l’esigenza, che è alla base della sicurezza dei traffici commerciali, collegata all’art. 41 della Costituzione, di tutelare i creditori e l’esigenza di ripristinare sia la continuità di esercizio dell’ente locale incapace di assolvere alle funzioni, sia i servizi indispensabili per la comunità locale.

3. La decisione della Corte Costituzionale

Ad avviso del Giudice delle Leggi, il blocco di rivalutazione ed interessa in pendenza della procedura di dissesto rappresenta un meccanismo finalizzato alla realizzazione della par condicio e all’impedimento di un ulteriore deterioramento della condizione patrimoniale del debitore. La mera sospensione degli obblighi di pagamento, invero, non determina un dissesto a catena a carico dell’ente, dal momento che il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione costituisce primaria finalità. Tale dissesto a catena può essere imputabile solamente alle scelte amministrative dell’ente che avrebbe dovuto predisporre misure, anche contabili, tali da garantire il più rapido ripristino dell’equilibrio finanziario.

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Sentenza collegata

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Avvocato Rosario Bello

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