E se il legislatore ritocca le regole di un concorso durante il suo svolgimento? – Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 21 luglio 2010, n. 4791

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Ha effetto retroattivo, anche sul concorso già in atto, una norma di legge la quale si configura come disposizione strettamente interpretativa ed è, perciò, tale da dovere essere concepita come un tutt’uno rispetto alla norma interpretata, quest’ultima essendo, per parte sua, anteriore al bando concorsuale.

 

Consiglio di Stato,

Sez. VI – sentenza 21 luglio 2010, n. 4791 –

Pres. Barbagallo, Est. Montedoro,

ha pronunciato la seguente decisione:

 

 

(Omissis)

FATTO

Gli appellanti hanno prestato tutti servizio di volontariato nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per un periodo complessivo, anche non continuativo di almeno 120 giorni ciascuno.

Con la legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007 ), all’art. 1 commi 519-526 è stata disposta la stabilizzazione del personale della p.a.; in particolare, per quanto qui interessa, la citata stabilizzazione è stata prevista a beneficio dei volontari dei vigili del fuoco, iscritti negli appositi elenchi di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 139 del 2006 da almeno tre anni e che avevano effettuato almeno 120 giorni di servizio; la stessa norma prevedeva che, con successivo decreto del Ministero dell’interno, fermo restando il possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco, previsti dalle vigenti disposizioni, sarebbero stati stabiliti i criteri ed il sistema di selezione, nonché le modalità abbreviate per il corso di formazione; il citato art. 1 comma 519, prevede che le assunzioni sarebbero state autorizzate secondo le modalità di cui all’art. 39 comma 3 della legge n. 449 del 1997.

Il Ministero dell’interno in data 27 agosto 2007 ha pubblicato il bando per l’attribuzione dei posti oggetto della stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria per il 2007.

Con successivo art. 3 comma 91 della successiva legge finanziaria per il 2008, si è disposto che i 120 giorni di servizio previsti dal citato art. 1 comma 519 avrebbero dovuto intendersi prestati nel quinquennio antecedente la data di entrata in vigore della finanziaria per il 2007 ; sulla scorta di tale disposizione, successiva al bando, intesa come norma retroattiva, il Ministero disponeva l’esclusione dei ricorrenti.

Avverso l’esclusione veniva disposto ricorso al Tar per il Lazio, che decideva la questione con sentenza breve .

Tale pronuncia è oggetto dell’odierno appello in ordine al quale il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di cautela ; con ordinanza C.d.S. VI n. 2230 del 2008, in ricorso avente analogo oggetto è stata sollevata questione di costituzionalità ( ordinanza n. 2230 del 2008) definita dalla Corte Cost. con pronuncia n. 70 del 2009 nel senso della manifesta inammissibilità della questione.

All’udienza del 30 marzo 2010 la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è da respingere.

Il bando di gara (datato 2782007) prevedeva come requisito di ammissione l’aver prestato servizio, alla data dell’112007, per non meno di 120 giorni in qualità di volontario nel corpo in questione; gli odierni ricorrenti – non è contestato – erano in possesso di tale requisito. La relativa domanda di partecipazione veniva presentata entro il termine perentorio (cioè trenta giorni dalla pubblicazione del bando).

Successivamente, con la norma invocata nel provvedimento di esclusione impugnato (art. 3 comma 91 l. 2442007, finanziaria per il 2008), il legislatore statuiva che “il limite massimo del quinquennio previsto dal comma 519 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine della possibilità di accesso alle forme di stabilizzazione di personale precario, costituisce principio generale e produce effetti anche nella stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle forme disciplinate dalla medesima legge. Conseguentemente la disposizione che prevede il requisito dell’effettuazione di non meno di centoventi giorni di servizio, richiesto ai fini delle procedure di stabilizzazione, si interpreta nel senso che tale requisito deve sussistere nel predetto quinquennio”.

La norma può incidere sulle fasi chiuse delle procedure concorsuali in corso in quanto, se per un verso tale disposto interviene in epoca successiva a quella di presentazione delle domande, per un altro verso attiene alla questione dei requisiti di assunzione e, comunque, pur non contenendo alcuna espressa indicazione circa l’applicabilità ai concorsi in atto (cfr. ad es. Consiglio Stato , sez. VI, 12 giugno 2008 , n. 2909) si appalesa chiaramente come una disposizione avente natura interpretativa.

Il divieto di retroattività della legge non è stato elevato a dignità costituzionale, ad eccezione della legge penale, per cui il legislatore, nazionale o regionale, può emanare norme, interpretative od innovative, con efficacia retroattiva purché quest’ ultima trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Corte costituzionale, 06 dicembre 2004 , n. 376).

Le leggi interpretative vanno pertanto definite tali in relazione al loro contenuto normativo: nel senso che la loro natura va desunta da un rapporto fra norme – e non fra disposizioni – tale che il sopravvivere della norma interpretante non fa venire meno la norma interpretata, ma l’una e l’altra si saldano fra loro dando luogo ad un precetto normativo unitario (Corte costituzionale, 03 dicembre 1993 , n. 424 ******** e altro).

Una legge interpretativa non viola, di per sé, gli art. 101, 102 e 104 Cost., a meno che essa non leda il giudicato già formatosi e non sia intenzionalmente diretta ad incidere sui giudizi in corso, dovendosi, peraltro, escludere, ove non ricorrano tali circostanze, che si verifichi una lesione delle attribuzioni del potere giudiziario in quanto legislatore e giudice agiscono su piani diversi; pertanto, le leggi interpretative non sono neppure contrastanti con le disposizioni degli art. 24 e 25 comma 1 cost. (Corte costituzionale, 04 aprile 1990 , n. 155).

In tema di pubblici concorsi, le disposizioni normative sopravvenute (non aventi carattere interpretativo) in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni, non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio “tempus regit actum” attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio.

Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell’indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti, per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella « lex specialis », non modificano, di regola, i concorsi già banditi, a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse. (Consiglio Stato , sez. VI, 12 giugno 2008 , n. 2909).

Ciò tuttavia non può valere ove la norma sopravvenuta, come nella specie, abbia natura interpretativa , come si desume dal suo tenore letterale, che richiama un principio generale previgente, ed è volta ad attribuire un significato preciso ad una disposizione preesistente.

In tal senso non v’è alcuna violazione del principio tempus regit actum stante la portata retroattiva della norma interpretativa.

Va anche rilevato che l’illegittimità costituzionale della legge di interpretazione autentica si può ipotizzare soltanto quando il significato imposto dalla disposizione interpretata non rientri tra quelli astrattamente riconducibili nell’ambito dei possibili significati della norma medesima.

Alla luce delle considerazioni che precedono appaiono quindi legittimi i provvedimenti di esclusione impugnati nella parte in cui applicano la predetta norma.

Sussistono giusti ed eccezionali motivi per compensare le spese processuali attesa la novità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti sul ricorso in epigrafe specificato, così provvede:

Respinge l’appello .

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

NOTA

1. Il caso deciso.

Con legge finanziaria per il 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296), ai commi 519-526 dell’articolo 1, si dispone in merito a una stabilizzazione del personale della P.A.: la sistemazione di un certo quale “precariato” alle pubbliche dipendenze.

In un siffatto contesto, si collocano i volontari dei vigili del fuoco, iscritti in appositi elenchi (ex art. 6, d.lgs. n. 139/2006), i quali hanno effettuato almeno 120 giorni di servizio effettivo. Per costoro la Finanziaria 2007 demanda al Ministero dell’Interno talune modalità di assunzione peculiare, stabilizzatrice.

Il Dicastero competente, in data 27 agosto 2007, pubblica un apposito bando, finalizzato all’attribuzione dei posti da stabilizzarsi ai sensi della Finanziaria predetta.

Dipoi, con legge finanziaria per il successivo anno (2008), il legislatore emana, alla fine del 2007, un’apposita norma (art. 3, comma 91, legge n. 244 del 2007), a mente della quale i 120 minimi di servizio effettivo in volontariato, previsti dal citato art. 1 comma 519 della Finanziaria per 2007, si applicano (anche) ai precari vigili del fuoco e debbono intendersi come prestati all’interno del quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della stessa legge 27 dicembre 2006, n. 296.

A un arco di tempo massimo faceva, invero, già riferimento una norma contenuta nella Finanziaria per il 2007 – laddove però non si precisava, fra l’altro, quale dovesse essere esattamente il dies ad quem di tale termine. Donde allora nasceva l’interrogativo se quel dies ad quem coincidesse con la data di entrata in vigore della Finanziaria 2007, oppure con la successiva data di pubblicazione del bando di concorso per i precari, ovvero con la data della presentazione della domanda di partecipazione al concorso da parte del precario concorrente.

A fronte di questa “finestra” ermeneutica, quando ormai la procedura concorsuale è già in corso (e finanche dopo la pubblicazione del bando e della presentazione delle domande) – mentre dunque l’ammissione al concorso sembra essere aperta anche per chi ha prestato 120 giorni di servizio entro il massimo di un quinquennio calcolato al giorno della pubblicazione del bando -, il legislatore interviene e precisa che il termine massimo quinquennale dev’essere applicato utilizzando come dies ad quem quello della entrata in vigore della norma facente riferimento al requisito dei 120 giorni di servizio volontario effettivo.

La commissione esaminatrice, di ciò preso atto, esclude dal concorso tutti quei precari vigili del fuoco, i quali hanno bensì 120 di servizio volontario effettivo all’attivo nel quinquennio, e però con scadenza del quinquennio stesso posteriore alla entrata in vigore della Finanziaria di fine 2006 (scadenza per lo più calcolata, dai concorrenti, avendo riguardo quale dies ad quem alla data della pubblicazione del bando di concorso).

I concorrenti esclusi, in ampio numero, ricorrono al tribunale amministrativo del Lazio, e vedono il loro ricorso respinto con sentenza breve.

Al che gli stessi appellano al Consiglio di Stato, il quale nel frattempo ha già trasmesso gli atti di analoga questione al Giudice delle Leggi. E questi, con sentenza n. 70 dell’anno 2009, si è espresso nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità del su citato art. 3, comma 91, della Finanziaria di fine 2007: cioè della norma di legge intervenuta quando oramai i “giochi” concorsuali erano già aperti.

 

2. La questione di diritto.

Il nodo giuridico che, nel caso di specie, incombeva al C.d.S. di sciogliere, era quello circa la incidenza o meno, su di un concorso già in atto, della norma chiarificatrice sopravvenuta con la Finanziaria 2008, facente riferimento – quale requisito d’ammissione al concorso stesso – al termine quinquennale già maturato alla data di entrata in vigore della Finanziaria predetta.

In un siffatto contesto, tosto sovviene la regola generale, ampiamente recepita in dottrina e giurisprudenza, giusta la quale, quando una procedura concorsuale è già in corso, ogni provvedimento amministrativo il quale va ad intaccare le “regole del gioco” concorsuale, non si applica ai concorsi in atto alla data del provvedimento stesso. Ché – si dice – sotto l’aspetto amministrativo la regola che presiede ai provvedimenti sui concorsi è quella del c.d. tempus regit actum.

Su questo assunto, di ordine generale e astratto, si possono poi innestare – e di fatto s’innestano – talune questioni di approfondimento, le quali vanno a distinguere a seconda del momento preciso, dopo la pubblicazione del bando concorsuale, in cui il provvedimento innovativo è emanato – distinguendosi anche, in tale ottica prospettica, le situazioni diverse, che si vengono a creare, a seconda degli effetti che la novità provvedimentale, con il suo specifico contenuto, produce sugli atti concorsuali già posti in essere al momento della sopravvenienza provvedimentale.

Questo tipo di ragionamenti, se per un verso riguarda espressamente il provvedimento sopravvenuto in corso di gara – e non già la legge sopravvenuta in eguale frangente -, pur tuttavia può evocare un principio (se pure non scritto bensì delineato in ermeneutica), giusta cui alle procedure concorsuali non possono applicarsi tutte quelle “norme”, le quali intervengono allorquando il relativo bando è già stato emanato – o ancor più, come nel caso di specie, quando è già scaduto finanche il termine per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso medesimo.

Per altro verso, sul piano specifico delle norme di primario rango, si può anche qui ipotizzare che esista una regola d’irretroattività di quelle disposizioni di legge, le quali vanno a intaccare domande concorsuali già presentate sulla base e a seguito di bandi già pubblicati al momento di entrata in vigore delle norme primarie medesime.

Questi, non a caso, sono essenzialmente i motivi di ricorso prospettati nel caso di specie dai precari vigili del fuoco, interessati a sostenere la non-retroattività della norma su citata contenuta nella Finanziaria 2008. I ricorrenti stessi, infatti, sono persone rimaste poi escluse dal concorso perché avevano – per lo più – maturato le 120 ore di servizio effettivo in volontariato durante il periodo “critico” – poco più di un semestre – intercorrente tra l’entrata in vigore della legge finanziaria per l’anno 2007 e il bando di concorso, per vigili del fuoco precari, emanato in data 27 agosto 2007.

 

2. La soluzione adottata dal Supremo Consesso amministrativo.

A parere del Supremo Consesso, nessuna rilevanza hanno, nel caso di specie, le regole generali che si reputano presiedere ai provvedimenti sopravvenuti quando un concorso è già in atto.

Quanto alle norme di legge, d’altronde, osserva il C.d.S. che la loro irretroattività in quanto tali non è regola avente una dignità costituzionale, sicché il legislatore può intervenire sui concorsi già in atto, a condizione che le disposizioni di legge sopravvenute siano ammantate di ragionevolezza (oltre che rispettose della Costituzione).

Nel caso di specie – osserva il Collegio d’appello – tale ragionevolezza sussiste, nel momento stesso in cui ci si avvede del fatto che la norma primaria sopravvenuta ha natura interpretativa e dunque, per sua stessa natura, va a costituire un tutt’uno con la norma interpretata, alla cui pregressa data di emanazione la nuova norma finisce inevitabilmente con il risalire, retroattivamente.

Ond’è che il C.d.S. respinge il ricorso dei precari VV.FF., i quali avevano maturato i 120 giorni di servizio effettivamente prestato entro l’arco di tempo di un quinquennio sì, ma calcolato con la scadenza della pubblicazione del bando di concorso anziché con la scadenza della entrata in vigore della Finanziaria per il 2007.

 

3. Considerazioni correlate.

Non può certo reputarsi recessivo il fatto che, nel caso di specie, a intervenire su di un concorso già in procedura – coi termini già scaduti per la presentazione delle domande – non sia stato un provvedimento amministrativo bensì una norma di legge dello Stato.

Infatti, alla luce di ciò tutta la questione provvedimentale del criterio del “tempus regit actum” in materia concorsuale, questa volta, non ha ragione di porsi: una cosa, ivero, è un provvedimento – il quale sottostà alle norme primarie e deve per conseguenza essere interpretato/applicato -; altra cosa è la norma primaria di legge, il cui sopravvenire su di una procedura concorsuale già in atto solleva, al più, interrogativi di tenore ineludibilmente diverso, sul piano giuridico-formale, rispetto alla regola del tempus regit actum. Siamo, piuttosto, sul crinale delle natura delle fonti del diritto domestico.

Certo si è, d’altronde, che esiste l’art. 11 delle Preleggi, messo lì a statuire che la legge non dispone che per l’avvenire. E nondimeno non vi è chi non veda che tale precetto d’irretroattività si trova in una norma primaria sì ma non costituzionale, posto che nella Carta fondamentale manca una statuizione analoga a quella che, in materia di norme penali incriminatici, ritroviamo nel noto art. 25 cpv. Cost. In altre parole, se l’art. 2, comma 1°, del codice penale ha una valenza costituzionale, così non è per l’art. 11 delle Preleggi, al pari di analoga norma contenuta nello Statuto del Contribuente.

Ciò significa che, sul piano della gerarchia delle fonti, una legge successiva, rispettivamente alle Preleggi e allo Statuto del Contribuente, ben può – rispettivamente in generale e nella materia specifica dei tributi – pretendere apertamente, e apertamente disporre, di essere retroattiva.

Non vi è chi non veda che il ragionamento, posto in questi termini puramente normo-gerarchici, rischia di assumere contorni d’illogicità. Ed ecco che allora il Supremo Consesso amministrativo tiene a precisare – come su ricordato – che il limite alla retroattività “intenzionale” delle leggi, in deroga (paritetica) all’art. 11 disp. prel. c.c., sta appunto in una ragionevolezza da soppesarsi caso per caso. In questa stessa linea ermeneutica, del resto, si sono già espressi gli arresti del Giudice costituzionale (vedasi Corte cost. , 3 dicembre 1993, n. 424).

Che d’altra parte la norma di legge sopravvenuta non presentasse profili d’incostituzionalità, nel caso di specie, era cosa ben nota ai giudici amministrativi d’appello, posto che – come dianzi ricordato (v. par. prec.) – la disposizione stessa era già passata al vaglio della Corte Costituzionale – almeno su taluni profili – su iniziativa, proprio, del Consiglio di Stato.

Sotto diverso aspetto, ci si sarebbe potuti chiedere se, sul punto, la norma di legge sopravvenuta (in itinere concorsuale) potesse avere i tratti di una legge-provvedimento, visto che, al momento della sua entrata in vigore, il termine per la presentazione delle domande del concorso era già ampiamente spirato e pertanto i destinatari di quella norma primaria erano specificamente individuabili, in tutti quegli aspiranti vigili del fuoco precari, i quali avevano presentato domanda concorsuale con un quinquennio di comprovata esperienza di volontariato (120 giorni minimi di lavoro entro di esso), andato a maturare proprio nel periodo di tempo intercorrente fra l’entrata in vigore della legge sopravvenuta e la pubblicazione del bando di concorso.

Su questo punto, per vero, il Consiglio di Stato non si sofferma affatto, preferendo piuttosto sottolineare la natura, a suo avviso inconfondibilmente interpretativa, della norma sopravvenuta con la legge finanziaria (di fine 2007) per il 2008.

A questo riguardo, va detto quel che segue: la norma sopravvenuta di cui trattasi è destinata a produrre i suoi effetti anche in futuri concorsi per vigili del fuoco, ai quali potranno ben partecipare quei precari che, avendone i requisiti (fra cui quello del “quinquennio” maturato a fine 2007), non si sono presentati al turno concorsuale già avviato al momento del varo della Finanziaria 2007 ovvero quei precari i quali, pur essendosi regolarmente iscritti al quel concorso già in atto a fine 2008, non hanno superato la selezione comparativa. Ebbene, questo è un rilievo il quale, di per sé, va a scansare la possibilità di ravvisare, nella norma sopravvenuta di cui si tratta, una norma di legge-provvedimento, limitata – nella sua ratio e nel suo effetto – a un numero limitato di persone. Ciò sgombra il campo dall’imbarazzante interrogativo se la norma sopravvenuta possieda o meno quei crismi, che la giurisprudenza esige dalle leggi-provvedimento in quanto tali (qualche perplessità sarebbe potuta nascere intorno a taluni principi fondamentali, quali l’eguaglianza e l’affidamento legittimamente basato sulla buona fede). Va però anche ribadito che quella stessa norma sopravvenuta era stata “vista” dal Giudice delle Leggi senza censura.

Sicché bene ha fatto il Supremo Consesso della giustizia amministrativa ad accentrare la sua attenzione sul fatto che la norma introdotta con la Finanziaria 2008 ha una sua propria ratio, la quale consiste nel fissare, tra le varie interpretazioni possibili della pregressa norma contenuta nella Finanziaria 2007, la sola prescelta come autentica dal legislatore.

Sì che, a rigor di logica, la norma sopravvenuta non può reputarsi in alcun modo ingiustificata e/o iniqua, nel momento stesso in cui essa persegue il fine di evitare ogni possibile contenzioso giustiziale sulla portata della norma di fine 2006, in punto di modalità di computo dell’esatto torno di tempo all’interno del quale l’aspirante vigile del fuoco, per potere partecipare ai relativi concorsi, deve avere prestato almeno 120 giorni di servizio effettivo in volontariato.

In questo modo si sgombra il campo dallo spettro della non-giustificabilità della legge sopravvenuta, sia sotto il profilo della norma retroattiva sia sotto il pur eventuale profilo – invero denegato – della legge-provvedimento.

E infatti, una volta vista l’essenza e il significato teleologico della norma sopravvenuta, sulla individuazione del momento della sua entrata in vigore sarebbe stato assai difficile concludere diversamente da quanto ha fatto il Consiglio di Stato. Proprio in virtù del fatto che la norma fornisce l’interpretazione autentica di una precedente norma; proprio per il fatto che pende già un concorso in ordine al quale potrebbe svilupparsi un cospicuo contenzioso – dall’esito incerto – intorno all’esatto significato della norma originaria; proprio per questi motivi, oltre che per il meccanismo della norma interpretativa in quanto tale (che va a con-fondersi con la pregressa norma interpretata secondo l’insegnamento del giudice delle Leggi), bisognava concludere – e si è concluso – nel senso che la norma di legge interpretativa retro-agiva al momento della entrata in vigore della norma interpretata.

Certo, così facendo si andava a cagionare la – almeno in cert’ottica sopravvenuta – inammissibilità di un cospicuo numero di domande concorsuali già presentate (sulla base di una tra le possibili interpretazioni della norma non univoca); ma d’altra parte, nel contemperamento tra le due alternative, il legislatore ha preferito quella di evitare il futuro contenzioso sulla norma anfibola, piuttosto che preoccuparsi degli aspiranti vigili del fuoco, in allora precari, che avevano avuto un discutibile interesse legittimo, dipoi frustrato, alla propria idoneità all’ammissione concorsuale. Sarebbe difficile, in questi termini, affermare che una tale facoltà di scelta fra possibili alternative d’effetto, al legislatore in quanto tale, non competeva.

In quest’ottica prospettica si diluisce facilmente anche l’ulteriore questione, in astratto sollevabile in una possibile chiave critica rispetto al decisum del C.d.S.: ci riferiamo alla buona fede, dipoi frustrata ex lege, con la quale una pletora di precari VV.FF. si era avvicinata al relativo concorso , essendo convinta del fatto che la legge riconosceva loro il titolo per parteciparvi.

Che buona fede questa sia, e che sia in astratto essa sia meritevole di tutela, è difficile dubitare, sol che si ponga mente al fatto che è il legislatore stesso, in primis, ad ammettere l’ambiguità della norma originaria nel momento stesso in cui interviene per dirimere, in via d’interpretazione autentica, i possibili contrasti interpretativi. Ma è altrettanto vero che, evidentemente, sulla buona fede di coloro, i quali avevano già presentato domanda concorsuale aderendo a uno dei possibili significati della norma d’origine, il legislatore medesimo ha deciso di fare prevalere l’eliminazione della pluralità dei possibili significati della norma stessa, con tutto il contenzioso, peraltro di dubbio esito, che avrebbe potuto scaturire dalla formulazione originaria della norma, poi interpretata autenticamente in modo univoco.

 

4. Precedenti giurisprudenziali.

Corte Cost., 3 dicembre 1993, n. 424 (conf.)

Corte Cost., 4 aprile 1990, n. 155 (conf.);

Cons. Stato, 12 giugno 2008, n. 2909 (cfr.).

 

5. Spunti bibliografici.

F. Caringella, Compendio di diritto amministrativo, ****, 2010;

F. Caringella Manuale di diritto amministrativo, ****, 2009.

 

 

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Giuliani Federico Maria

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