È reato leggere e spiare le email altrui

Redazione 21/04/16
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L’accesso abusivo all’altrui casella di posta elettronica configura il reato di cui all’art. 615 ter c.p. essendo detta casella uno “spazio di memoria” – porzione della complessa apparecchiatura, fisica e astratta, destinata alla memorizzazione delle informazioni, protetto mediante apposizione di una password, e nella disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso un provider del servizio.

È quanto ha chiarito la Cassazione Penale, sez. V, nella sentenza n. 13057 depositata il 31 marzo 2016, confermando la condanna di 6 mesi di reclusione inflitta in appello ad un uomo che, approfittando della sua qualità di responsabile dell’ufficio di polizia provinciale e dell’assenza temporanea del collega, si introduceva nella sua casella di posta elettronica protetta da password, e dopo aver preso visione del contenuto di numerosi documenti, aprendoli, ne scaricava due.

La decisione

La casella di posta elettronica rappresenta, inequivocabilmente, un “sistema informatico” rilevante ai sensi dell’art. 615-ter cod. pen.. Nell’introdurre tale nozione nell’ordinamento il legislatore ha fatto evidentemente riferimento a concetti già diffusi ed elaborati nel mondo dell’economia, della tecnica e della comunicazione, essendo stato mosso dalla necessità di tutelare nuove forme di aggressione alla sfera personale, rese possibili dallo sviluppo della scienza.

Pertanto, conformemente alle acquisizioni del mondo scientifico, il “sistema informatico” recepito dal legislatore non può essere che il complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazione dati.

La “casella di posta” non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o informazioni di altra natura (immagini, video, ecc.), di un soggetto identificato da un account registrato presso un provider del servizio. E l’accesso a questo “spazio di memoria” concreta, chiaramente, un accesso al sistema informatico, giacché la casella non è altro che una porzione della complessa apparecchiatura fisica e astratta destinata alla memorizzazione delle informazioni.

Allorché questa porzione di memoria sia protetta – come nella specie, mediante l’apposizione di una password – in modo tale da rivelare la chiara volontà dell’utente di farne uno spazio a sé riservato ogni accesso abusivo allo stesso concreta l’elemento materiale del reato di cui all’art. 615-ter cod. pen..

I sistemi informatici rappresentano, infatti, “un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantita dall’art. 14 Cost. e penalmente tutelata nei suoi aspetti più essenziali e tradizionali dagli artt. 614 e 615” (Relazione al disegno di L. n. 2773, tradottosi poi nella L. 23 dicembre 1993, n. 547).

Gli Ermellini hanno, quindi, rigettato l’equiparazione – fatta dalla difesa del ricorrente – della casella di posta elettronica alla “cassetta delle lettere” collocata nei pressi dell’abitazione, poiché detta “cassetta” non è affatto destinata a ricevere e custodire informazioni e non rappresenta una “espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato“, ma un contenitore fisico di elementi (cartacei e non) solo indirettamente riferibili alla persona.

Redazione

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