Divorzio: il giudice dispone d’ufficio l’indagine sui redditi degli ex coniugi anche attraverso la Guardia di Finanza

Redazione 25/09/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 16094 del 21 settembre 2012 i giudici della Cassazione, respingendo il ricorso di un ricco industriale condannato a versare 8mila euro di mantenimento all’ex moglie, hanno chiarito i casi in cui il giudice può disporre d’ufficio indagini sul reddito dei contendenti e sul loro effettivo tenore di vita.

Premesso che il giudice del divorzio ne ha sempre la facoltà, tale facoltà diventa un vero e proprio obbligo quando il Tribunale non è riuscito a raccogliere prove sufficienti per la determinazione dell’assegno.

L’esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali con l’ausilio della polizia tributaria, continuano i giudici, che costituisce una deroga alle regole generali sull’onere della prova, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, e non può essere considerato come un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche; tale discrezionalità, tuttavia, incontra un limite allorquando vi siano istanze delle parti relative al riconoscimento e alla determinazione dell’assegno e nel giudizio non siano state raccolte prove sufficienti.

In questi casi, il giudice ha l’obbligo di disporre accertamenti d’ufficio, avvalendosi anche della polizia tributaria, per far luce sui redditi e i patrimoni degli ex coniugi in maniera tale da essere in grado di determinare l’assegno divorzile.

In merito invece alle infedeltà che possano aver escluso una riconciliazione, la Corte di legittimità ha precisato che, con riferimento all’assegno di divorzio, il criterio delle «ragioni della decisione», di cui parla l’articolo 5 della Legge n. 898 del 1970, se, per un verso, postula una indagine sulla responsabilità del fallimento del matrimonio in una prospettiva comprendente l’intero periodo della vita coniugale, e quindi una valutazione che attenga anche al comportamento dei coniugi successivo alla separazione, che abbia concretamente costituito un impedimento al ripristino della comunione spirituale e materiale ed alla ricostituzione del consorzio familiare, per altro verso deve essere inteso nel senso che il comportamento dei coniugi anteriore alla separazione resta pur sempre separato ed assorbito dalla valutazione effettuata al riguardo dal giudice della separazione.

Non è possibile, quindi, acquisire elementi nuovi sulle infedeltà dopo la separazione, sui quali fondare la decisione relativa all’importo dell’assegno di divorzio.

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