Divieto triennale di concessione di benefici penitenziari: non operatività

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Il divieto triennale ex art. 58-quater ord. pen. non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova di cui all’art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
>>>Corte di Cassazione -sez. I pen.- sentenza n. 49298 del 4-11-2022<<<
(Riferimenti normativi: L., 26 luglio 1975, n. 354, art. 58-quater; d.P.R., 9 ottobre 1990, n. 309)

Indice

1. La questione

Il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava un reclamo proposto avverso un provvedimento di inammissibilità dell’istanza di permesso-premio per fare visita al nucleo familiare, emesso dal Magistrato di sorveglianza.
In particolare, era ribadita in questa occasione la preclusione prevista dall’art. 58-quater Ord. Pen. per il mancato rispetto del termine di tre anni dal provvedimento di revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova terapeutico, disposta dal Tribunale di sorveglianza in un precedente provvedimento.
Ciò posto, avverso tale decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione, deducendosi violazione di legge con riferimento all’art. 58-quater O.P. e vizio di motivazione in ciascuna delle tre declinazioni normative.
Nel dettaglio, il ricorrente, con questa impugnazione, dopo avere specificato che la revoca della misura alternativa era stata disposta a causa del sopravvenire di un ulteriore titolo esecutivo che, a sua volta, aveva determinato il superamento della soglia massima di quattro anni di pena, prevista come limite per l’affidamento in prova terapeutico, osservava come, invece, all’opposto, la preclusione triennale non sia automatica, ma basata su valutazioni concrete del caso specifico imperniate sulla condotta del condannato risultante incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa.
Tal che se ne deduceva come potesse trovare applicazione nel caso di specie l’indicato art. 58-quater 0.P., peraltro nemmeno citato nel provvedimento di revoca.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Gli Ermellini osservavano prima di tutto che, secondo una consolidata giurisprudenza della Cassazione, ribadita pure in questa occasione, il «divieto triennale ex art. 58-quater ord. pen. di concessione di benefici penitenziari al condannato, nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in quanto il fallimento di quest’ultimo, oltre a non essere espressamente contemplato fra le misure “pregiudicanti” di cui al comma 2 dell’art. 58-quater cit., in considerazione della peculiare situazione dei soggetti che ne fruiscono, non può determinare alcuna presunzione assoluta di incapacità del condannato di conformazione ai benefici che hanno finalità di rieducazione comune» (Sez. 1, n. 17821 del 11/03/2021; Sez. 1, n. 24099 del 04/03/2021; Sez. 1, n. 26010 del 06/07/2020; Sez. 1, n. 75 del 29/11/2019); in altre parole, tali pronunce hanno affermato che l’art. 58-quater Ord. Pen., stabilendo limiti all’ordinaria fruizione dei benefici dallo stesso contemplati, è disposizione di stretta interpretazione e, quindi, insuscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi espressamente previste.
Oltre a ciò, era altresì richiamata la ratio, di matrice costituzionale e giurisprudenziale, di tale esenzione atteso che è il contenuto delle prescrizioni imposte all’affidato a rendere peculiare l’istituto della revoca nelle ipotesi previste dall’art. 94 T.U. stup., rivestendo tali prescrizioni una specifica valenza riabilitativa e terapeutica, attraverso cui si persegue la finalità di recuperare il condannato, liberandolo dalla dipendenza da cui è affetto, tenuto conto altresì del fatto che il fallimento, o anche solo l’inefficace perseguimento di tale obiettivo, in rapporto all’atteggiamento dimostrato dall’affidato rispetto al trattamento, è alla base della decisione di revocare la misura di cui all’art. 94 T.U. stup., anche indipendentemente da comportamenti del condannato di segno manifestamente trasgressivo (Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013; Sez. 1, n. 27854 del 22/05/2013), rilevandosi al contempo come queste conclusioni siano corroborate dai principi affermati dalla Corte costituzionale secondo cui l’affidamento in prova ex art. 94 T.U. stup., pur «inserendosi come species del genus dell’affidamento in prova già previsto dall’ordinamento penitenziario, rappresenta una risposta […] differenziata dell’ordinamento penale conformata alla (e giustificata dalla) singolarità della situazione dei suoi destinatari, vale a dire le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti» (Corte cost., n. 377 del 1997), e fermo restando che, in questa cornice, deve tra l’altro rilevarsi che, nelle ipotesi di affidamento in prova concesso ex art. 94 T.U. stup., l’istituto della revoca assume una valenza sanzionatoria solo eventuale, che, sul piano effettuale, ne impedisce l’integrale assimilazione all’affidamento in prova di cui all’art. 47 O.P..
Di talchè se ne faceva discendere che, non solo mancano «elementi idonei di contesto a sostegno dell’interpretazione estensiva del richiamo che l’art. 58-quater Ord. pen. opera all’undicesimo comma del precedente art. 47, ma dall’analisi logico-sistematica l’interprete agevolmente ne ricava di contrari, in grado di validare in via definitiva una diversa opzione ermeneutica di tipo testuale» (Sez. 1, n. 75 del 29/11/2019, omissis, cit.).
L’impugnata ordinanza era di conseguenza annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Palermo per un nuovo giudizio.

3. Conclusioni

Fermo restando che, come è noto, l’art. 58-quater, co. 3, legge n. 354/1975 prevede che il “divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento in cui è ripresa l’esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2” ossia, come recita questo comma, quello con cui è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell’art. 47, comma 11, dell’art. 47-ter, comma 6, o dell’art. 51, primo comma, legge n. 354/1975, la decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che tale divieto triennale non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova di cui all’art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Si afferma difatti in tale pronuncia, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che il divieto triennale ex art. 58-quater ord. pen. di concessione di benefici penitenziari al condannato, nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 trattandosi di una disposizione (vale a dire l’art. 58-quater) di stretta interpretazione e, quindi, insuscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi espressamente previste.
Ove invece sia disposta la revoca dei benefici penitenziari perché si è proceduto alla revoca dell’affidamento in prova a norma dell’art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ben si potrà contestare un provvedimento di questo genere, ricorrendo in Cassazione.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere che positivo.

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Emanuela Pezone

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