Diritto al rinnovo del permesso di soggiorno

Pavone Mario 13/04/06
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La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sulla rilevante questione del rinnovo del permesso di soggiorno in favore degli immigrati.
La Corte, con la sentenza n.2417 del 3/2/2006 della Prima sezione civile (1),ha affermato che il permesso di soggiorno puo’ essere concesso ad un cittadino extracomunitario anche se questi, al momento della richiesta, non ha dimostrato l’esistenza di redditi da lavoro.
Secondo la Suprema Corte ai fini del rilascio(o del rinnovo) è sufficiente che il cittadino straniero al momento del rilascio abbia iniziato un’attivita’ remunerativa.
La Corte ha chiarito,in sentenza, che ”la valutazione del possesso da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza va riferita non tanto al momento in cui viene presentata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, ma al momento in cui l’Autorita’ amministrativa e’ chiamata a pronunciarsi”.
Un cittadino algerino era stato espulso dal Prefetto di Pescara che, nel novembre 2002, osservava come all’immigrato fosse scaduto il permesso di soggiorno.
La situazione si modificava a favore dell’algerino dopo l’intervento del Tribunale di Pescara che, nell’aprile del 2003, osservava come lo stesso avesse diritto al permesso di soggiorno visto che ”da quattro mesi lavorava come operaio presso una ditta” e che era del tutto irrilevante il fatto che ”non avesse dimostrato il possesso di redditi per l’anno 2001”.
Contro il provvedimento si era opposto il Prefetto di Pescara, sostenendo che l’extracomunitario, entrato irregolarmente in Italia, aveva iniziato a lavorare solo da pochi mesi mentre non aveva dimostrato ”per tutto il 2001 e per buona parte del 2002 alcun reddito da lavoro”.
Secondo la sentenza in commento,per il rilascio del permesso di soggiorno e’ sufficiente che l’immigrato abbia iniziato una attivita’ remunerativa, in quanto la valutazione del possesso da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza va riferita non tanto al momento in cui viene presentata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, ma al momento in cui l’Autorita’ amministrativa e’ chiamata a pronunciarsi.
Già in precedenza la Suprema Corte, a Sezioni Unite,aveva stabilito che la presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l’espulsione "automatica" dello straniero.(2)precisando che l’espulsione potrà essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre la sua tardiva presentazione potrà costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato.
Secondo l’interpretazione della Corte,l’espulsione automatica in caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno presuppone la duplice condizione della scadenza del permesso da oltre sessanta giorni e della mancata proposizione della domanda di rinnovo e che, conseguentemente, l’infrazione all’obbligo del tempestivo rinnovo ricadrebbe nella sfera di operatività del precedente art. 5 della legge n. 40 del 1998 (attualmente art. 5, co. 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998) che prevede l’espulsione dello straniero solo a seguito del rifiuto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, e giustifica tale interpretazione con la considerazione che, proprio agli effetti di un più efficiente controllo e di una maggiore trasparenza dei flussi migratori, il superamento del mero automatismo dell’espulsione a fronte del ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo del permesso consentirebbe di evitare l’ingresso in clandestinità di quei soggetti che, avendo fatto scadere il termine per il rinnovo, si vedrebbero costretti a tale scelta per non poter più domandare il rinnovo del permesso di soggiorno senza incorrere nell’espulsione automatica dal territorio nazionale. 
La Corte di Cassazione ha in sostanza confermato con la sentenza n. 7892 la non perentorietà dei termini per la presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, ribadendo quanto già concluso dal Consiglio di Stato con la decisione 870/99.
Secondo quest’ultima decisione, in base all’art. 142 del T.U.L.P.S. 18 giugno 1931 n. 773,la finalità del permesso di soggiorno ‑ al pari degli oneri imposti dalla legge agli stranieri di comunicare alla questura il trasferimento della loro dimora ‑ è quello di consentire all’Au­torità di pubblica sicurezza di verificare immediatamente i requisiti del titolo dello straniero extracomunitario a soggiornare in Italia e, nel prosieguo, di localizzarlo ai fini del riscontro della sua permanenza. (4)
La mancata richiesta del permesso di soggiorno ovvero il mancato rinnovo del permesso già concesso, non legittimano sempre ad in ogni caso di per sè l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, dovendo l’Autorità di pubblica sicurezza valutare, specie in presenza di partico­lari situazioni, le ragioni di ordine pubblico che consigliano l’eventuale allonta­namento dello straniero(5)
Va,infatti, considerato che la mancata osservanza della prescrizione che richiede la presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno un mese prima della sua scadenza è del tutto priva di riflessi sulla validità del permesso, che permane con pienezza di effetti sino alla sua naturale scadenza; che, inoltre, non è previsto alcun collegamento tra questo primo termine e quello dei successivi sessanta giorni cosicché non può essere disposta l’espulsione neanche nei confronti di uno straniero con permesso di soggiorno scaduto se non siano decorsi almeno sessanta giorni dalla scadenza, dal momento che nell’ambito del termine di tolleranza previsto dalla legge non si fa distinzione tra lo straniero che abbia presentato tempestivamente la domanda di rinnovo e quello che invece non ne abbia chiesto il rinnovo un mese prima della scadenza.
Infine, l’art. 5 del D.Lgs. n. 268 del 1998 stabilisce che il rinnovo del permesso di soggiorno viene rifiutato solo quando manchino o vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato, e,cioè,quando il permesso sia stato erroneamente rilasciato in assenza delle condizioni di legge o quando esse siano venute meno successivamente, eccezion fatta per la perdita del posto di lavoro per l’esercizio del quale il permesso era stato rilasciato: ne consegue che tali previsioni -da ritenersi di stretta interpretazione per la loro incidenza negativa sul diritto di soggiorno -non consentono che il rinnovo del permesso possa essere rifiutato per la sempilice tardiva proposizione della domanda in mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda presentata fuori del termine, sicché il ritardo non rileva quando, pur dopo il decorso del termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni di legge per il soggiorno dello straniero il quale, ove ciò si verifichi, non ha alcun interesse a ritardare la presentazione della domanda di rinnovo.
Diverso è, invece, il caso in cui lo straniero, essendo incorso in una delle situazioni che precludono il rinnovo del permesso di soggiorno, si trattenga illecitamente sul territorio nazionale e presenti la domanda di rinnovo solo quando sia venuto nuovamente a trovarsi nelle condizioni richieste dalla legge, come si verifica, ad esempio nel caso di perdita del posto di lavoro subordinato non stagionale e infruttuosa iscrizione nelle liste di collocamento per tutta la residua durata di validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore a un anno (attualmente a sei mesi ai sensi dell’art. 22, co. 11, del D.Lgs. n. 286 del 1998 come sostituito dall’art. 18 della legge 30 luglio 2002, n. 189). In tal caso, infatti, il ritardo nella presentazione spontanea della domanda di rinnovo fino al ripristino delle condizioni di legge per il soggiorno dell’interessato potrà essere valutato agli effetti del diniego del rinnovo del permesso, sanzionandosi non già la mera inerzia dell’interessato, bensì il ritardo nella presentazione di una domanda di rinnovo che, tempestivamente presentata, non avrebbe trovato accoglimento.
In ogni caso, nella valutazione della condotta dello straniero che abbia presentato tardivamente la domanda di rinnovo va considerata l’incidenza della situazione di forza maggiore eventualmente adotta dall’interessato poiché, contrariamente a quanto viene osservato nella motivazione dell’ordinanza impugnata, l’espressa previsione della forza maggiore come causa di giustificazione valida solo nell’ipotesi di prima domanda del permesso di soggiorno non è argomento dal quale possa dedursi l’esclusione della sua operatività nell’ipotesi di mero rinnovo del permesso, in quanto la forza maggiore come causa di esclusione degli effetti pregiudizievoli di un comportamento sanzionato dalla legge è principio generale dell’ordinamento che opera anche in mancanza di espressa previsione, con il solo limite della presenza di preclusioni di ordine procedimentale, che nella specie, come già rilevato, non sono state introdotte dal legislatore.
In conseguenza, non potendo darsi prevalenza ad una interpretazione che subordini il riconoscimento del diritto al rinnovo del permesso di soggiorno alla mera osservanza dei termini stabiliti dalla legge per la sua presentazione, dev’essere ribadita la interpretazione già avanzata da questa Corte a sezione semplice, secondo cui la spontanea presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l’espulsione "automatica" dello straniero, la quale potrà essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre la sua tardiva presentazione potrà costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato.
In questo quadro di riferimento di inserisce la sentenza di recente emanata dalla Suprema Corte che chiarisce che il permesso di soggiorno può essere rinnovato anche se, nel momento in cui lo stesso presenta la domanda,è privo di redditi da lavoro.
Osserva la Corte che ai sensi dell’art. 5, comma 5, D.Lgs. 286/98 il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno e’ stato rilasciato, esso e’ revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’art. 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarita’ amministrative sanabili.
Ai sensi dell’art. 4, comma 3, del decreto legislativo l’ingresso in Italia e’ consentito allo straniero che dimostri la disponibilita’ di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.
Ai sensi dell’art. 6, comma 5, per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l’autorita’ di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilita’ di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.
Dal complesso di queste disposizioni risulta evidente che la disponibilita’ di mezzi di sussistenza va riferita al momento in cui viene chiesto il rilascio del permesso di soggiorno ovvero il suo rinnovo.
Il legislatore ha tuttavia previsto che si debba tener conto dei nuovi elementi che consentano il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (art. 5, comma 5, D.Lgs. 286/98).
Di conseguenza la valutazione del possesso da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza va riferita non tanto al momento in cui viene presentata la domanda di rinnovo del permesso, ma al momento in cui l’Autorita’ amministrativa e’ chiamata a pronunciarsi.
Era pertanto illegittimo il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno in favore del K., nel momento in cui questi aveva potuto dimostrare di svolgere una regolare attivita’ lavorativa, sia pur riferita al 2002 e non al 2001, vale a dire all’anno in cui era stata presentata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
Sul punto va registrato un importante intervento del TAR Lazio (6) che ha stabilito che le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di provvedere sulle richieste di permesso di soggiorno. Questo il principio in base al quale il Giudice Amministrativo ha accolto in parte il ricorso di un cittadino straniero contro la Prefettura di Roma che non si era pronunciata sulla sua domanda di legalizzazione di lavoro irregolare, risalente al 2002.
Secondo i giudici amministrativi il ricorso è fondato in quanto, nel caso in esame, essendo trascorso un notevole lasso di tempo dalla domanda, sussiste per l’amministrazione l’obbligo di provvedere e di concludere così in un termine ragionevole il procedimento amministrativo.
Siffatto obbligo si fonda ,inoltre, sull’art.2 della Legge 241/1990 che – benchè non contenga alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà del termine e né alla decadenza della potestà amministrativa – pur tuttavia pone un termine acceleratorio per la definizione del procedimento amministrativo.
 
Ostuni lì, Aprile 2006
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NOTE
(1) pubblicata da ********
(2)Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 20.05.2003 n° 7892
(3) Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 marzo ‑ 20 maggio 1999 n. 870
(4) Cons. Stato, Sez. IV, 3 giugno 1996, n. 722
(5)Cons. Stato; Sez. IV, 25 marzo 1993, n. 356
(6)Tar Lazio, sezione I ter , sentenza n. 5523/2005
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CASSAZIONE CIVILE,
Sezione I, Sentenza n. 2417 del 03/02/2006
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 18/11/2002 il Prefetto di Pescara disponeva l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino algerino K.O. per non essere in possesso di titolo per rimanere in Italia per effetto del mancato rinnovo del permesso di soggiorno, nonostante il TAR Abruzzo sezione distaccata di Pescara, avesse dichiarato irricevibile l’impugnazione del K. In quanto tardiva.
Osservava il Tribunale che il mancato rinnovo del permesso di soggiorno si fondava sulla mancata disponibilita’ da parte del K. Di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento.
Peraltro al momento in cui era stato pronunciato oil decreto l’opponente risultava assunto a tempo indeterminato a far tempo dal 15/7/2002 e dunque da circa quattro mesi presso una ditta di ***** dei ******* quale operaio comune.
Ad avviso del Tribunale la disciplina vigente (artt. 4, comma 3, 5, comma 5, 6, comma 5 D.lgs. 286/98) nel prevedere che all’atto dell’ingresso in Italia o al momento del rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero debba dimostrare la disponibilita’ di mezzi di sussistenza, si riferiva ad un requisito avente carattere di attualita’.
Non era pertanto rilevante che il K. Non avesse dimostrato il possesso di redditi per l’anno 2001.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara ha proposto ricorso per cassazione il Prefetto di Pescara con un unico motivo.
Il K. Non ha svolto attivita’ difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il Prefetto di Pescara deduce violazione degli artt. 13, comma 2, 4, comma 3, 5, comma 5, 6, comma 5, D.Lgs. 286/98 e difetto di motivazione.
L’art. 5 del D.lgs. 286/98 prevede che il permesso di soggiorno debba essere rifiutato quando mancano o vengono a mancare i requisiti per l’ingresso in Italia, tra cui anche la disponibilita’ di mezzi di sussistenza.
Lo stesso principio e’ affermato anche dall’art. 4, comma 3, D.Lgs. 286/98.
Ai sensi dell’art. 22 del decreto legislativo l’ingresso in Italia dello straniero e’ subordinato al visto del ****************** presso lo Stato di origine, previa esibizione dell’autorizzazione al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio della Questura competente.
Nel caso del K. questi, entrato irregolarmente in Italia, aveva beneficiato della sanatoria di cui al DPCM 16/10/1998, che era subordinata alla dimostrazione della possibilita’ di inserimento nel mercato del lavoro.
Egli peraltro aveva poi lavorato soltanto per quattro mesi, non dimostrando per tutto il 2001 e per buona parte del 2002 alcun reddito da lavoro subordinato.
Il ricorso non e’ fondato.
Va premesso che in questo caso non viene in esame, perche’ non e’ oggetto dei motivi di ricorso, la questione dei limiti del potere del giudice ordinario in sede di giudizio di opposizione avverso il decreto di espulsione dello straniero, ed in particolare se il Tribunale potesse sindacare nel merito il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno al fine di stabilire l’illegittimita’ del decreto di espulsione.
Il Tribunale di Pescara ha ritenuto di disapplicare il provvedimento di diniego dal permesso di soggiorno ed ha conseguentemente affermato l’illegittimita’ del provvedimento di espulsione, perche’ il K., pur risultando privo di adeguati mezzi di sussistenza per l’anno 2001, all’atto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, era invece titolare di un rapporto di lavoro subordinato a partire dal 15/7/2002 (il permesso di soggiorno precedentemente rilasciato scadeva il 18/9/2002).
L’Amministrazione ricorrente osserva in senso contrario che non e’ sufficiente il possesso attuale di un reddito di lavoro, requisito che deve invece sussistere sin dal momento della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, perche’ la ratio della disciplina dettata dagli artt. 4, comma 3 e 5 del D.Lgs. 286/98, e’ di impedire l’ingresso o la permanenza in Italia a soggetti privi di adeguati mezzi di sussistenza, che potrebbero pertanto essere dediti a traffici delittuosi o ad attivita’ illecite in generale.
Osserva la Corte che ai sensi dell’art. 5, comma 5, D.Lgs. 286/98 il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno e’ stato rilasciato, esso e’ revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’art. 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarita’ amministrative sanabili.
Ai sensi dell’art. 4, comma 3, del decreto legislativo l’ingresso in Italia e’ consentito allo straniero che dimostri la disponibilita’ di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.
Ai sensi dell’art. 6, comma 5, per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l’autorita’ di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilita’ di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.
Dal complesso di queste disposizioni risulta evidente che la disponibilita’ di mezzi di sussistenza va riferita al momento in cui viene chiesto il rilascio del permesso di soggiorno ovvero il suo rinnovo.
Il legislatore ha tuttavia previsto che si debba tener conto dei nuovi elementi che consentano il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (art. 5, comma 5, D.Lgs. 286/98).
Di conseguenza la valutazione del possesso da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza va riferita non tanto al momento in cui viene presentata la domanda di rinnovo del permesso, ma al momento in cui l’Autorita’ amministrativa e’ chiamata a pronunciarsi.
In altri termini occorre fare riferimento non alla situazione pregressa dello strani0ero, ma alle sue condizioni attuali.
Era pertanto illegittimo il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno in favore del K., nel momento in cui questi aveva potuto dimostrare di svolgere una regolare attivita’ lavorativa, sia pur riferita al 2002 e non al 2001, vale a dire all’anno in cui era stata presentata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
Il mancato svolgimento di attivita’ difensiva da parte dell’intimato esime dalla pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Roma, 23 set. 2005.
Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2006.

Pavone Mario

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