Diffamazione a mezzo stampa e pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante

Redazione 02/08/07
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Rassegna giurisprudenziale
 
SOMMARIO:
 
A. IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
1. DIFFAMAZIONE IN GENERALE
1.1. ELEMENTO SOGGETTIVO
1.2. ELEMENTO OGGETTIVO
1.3. PERSONA OFFESA
1.4. DIFFAMAZIONE A MEZZO INTERNET
1.5. AUTORITA’ GIUDIZIARIA COMPETENTE
2. SCRIMINANTI
2.1.DIRITTO DI CRONACA
2.1.1.         REQUISITI: A) VERITA’ DELLA NOTIZIA, B) CONTINENZA ESPOSITIVA, C) INTERESSE PUBBLICO
2.1.1.1 Verità della notizia
2.1.1.2 Interesse pubblico
2.1.1.3. Continenza
2.1.1.4. Pubblicazione di un’intervista o di dichiarazioni altrui
2.1.2. CASISTICA
2.1.2.1. Cronaca giudiziaria
2.1.2.2. Opera cinematografica e diffamazione
2.1.2.3. Pubblicazione di un’interrogazione o interpellanza parlamentare
2.2.1.4. Altre fattispecie
2.2.DIRITTO DI CRITICA
2.2.1.     DIRITTO DI CRITICA E DIRITTO DI CRONACA. DIFFERENZE.
2.2.2.     LIMITI DEL DIRITTO DI CRITICA IN GENERALE. INTERESSE PUBBLICO
VERITA’ DEL FATTO OGGETTO O PRESUPPOSTO DI CRITICA
2.2.4.     CONTINENZA DELLA CRITICA
2.2.5.     CASISTICA
2.2.5.1. Critica politica
2.2.5.2. Critica giudiziaria
2.2.5.3. Altre fattispecie
2.3. DIRITTO DI SATIRA
2.4. ERRORE SU CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
3. RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE E DELL’EDITORE
3.1  AUTONOMIA DEL REATO DI OMESSO CONTROLLO RISPETTO AL REATO DI  DIFFAMAZIONE
3.2. PROCEDIBILITA’ A QUERELA
3.3. REATO DI OMESSO CONTROLLO: STRUTTURA
3.4. RESPONSABILITA’ DEL GESTORE DI UN BLOG. ANALOGIE CON LA RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE.
 
B. RESPONSABILITA’ CIVILE PER DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
1. DIFFERENZE TRA ILLECITO CIVILE E REATO DI DIFFAMAZIONE
2. PERSONE CIVILMENTE RESPONSABILI
3. RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE
4. RIPARAZIONE PECUNIARIA
5. TRIBUNALE COMPETENTE PER IL GIUDIZIO CIVILE DI DIFFAMAZIONE
 
C. PUBBLICAZIONI A CONTENUTO IMPRESSIONANTE O RACCAPRICCIANTE
 
 
 
A.    IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
1.      DIFFAMAZIONE IN GENERALE
 
Diffamazione – Elementi.
I requisiti della diffamazione sussistono allorquando concorrano l’elemento dell’offesa indiretta (cioè perpetrata in assenza del soggetto passivo) e quello della comunicazione con più persone, la quale è immancabile in caso di diffusione di una notizia a mezzo stampa, sicché sussiste il diritto al risarcimento del danno allorquando l’individuo venga leso dall’attribuzione, in un articolo giornalistico, di un fatto illecito inesistente.
Cassazione civile , sez. III, 27 giugno 2006 , n. 14774 in Giust. civ. Mass. 2006, 6
 
Diffamazione a mezzo stampa mediante la distribuzione di volantini – Possibile.    
Il reato di diffamazione a mezzo stampa può essere commesso mediante la distribuzione di volantini, anche se essi non rechino l’indicazione “comunicato stampa” né contengano la richiesta di pubblicazione.
L’art. 595 cod. pen. sanziona la diffamazione a mezzo della “stampa” totalmente prescindendo dalla circostanza che si sia, o meno, a fronte di una pubblicazione periodica, o che lo stampato rechi, o meno, la notazione “comunicato stampa”.
Cassazione civile, sez. III, n. 13089 del 5 giugno 2007 in www.legge-e-giustizia.it
 
1.1. ELEMENTO SOGGETTIVO
 
Dolo del reato di diffamazione a mezzo stampa – Elementi utili per la valutazione.
Nella valutazione del dolo del reato di diffamazione a mezzo stampa, ed in particolare della diligenza adoperata dal giornalista per verificare la veridicità della notizia riportata, occorre accertare se il fatto narrato risulti escluso da evidenze inequivocabili oppure carente di qualsiasi supporto probatorio, ovvero invece risulti suffragato da alcune evidenze (le fonti del giornalista o informazioni raccolte successivamente all’articolo ma che depongono nel senso della esistenza dei fatti narrati).
Tribunale Milano, 4 aprile 2003 in Giur. merito 2004, 106
 
Valutazione dell’elemento soggettivo del reato di diffamazione – Omissione – Rileva.
In tema di diffamazione col mezzo della stampa, tacere circostanze di fatto che modificano, qualificano e completano la notizia, può essere frutto tanto di malizia, quanto di mera dimenticanza; ne consegue che una tale omissione deve essere apprezzata nell’ambito dei profili soggettivi del reato in questione.
Cassazione penale, sez. V, 26 febbraio 2003, n. 19804 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 20, 95
 
1.2. ELEMENTO OGGETTIVO
 
Individuazione del contenuto diffamatorio della informazione.
Ai fini della individuazione del contenuto diffamatorio della informazione contenuta in un articolo giornalistico, deve essere valutato sia il testo letterale dello scritto pubblicato, sia il complesso della informazione, rappresentata dal testo stesso, dalla sua interpretazione, dalle immagini che l’accompagnano, dai titoli e sottotitoli, dal modo di presentazione e da ogni altro elemento utile.
Cassazione penale, sez. V, 26 febbraio 2003, n. 19804 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 20, 95
 
Carattere diffamatorio di uno scritto – Analisi dell’intero articolo e del complesso della pubblicazione.
Il carattere diffamatorio di uno scritto non può essere desunto da una lettura “atomistica” dello stesso, dovendosi giudicare la portata offensiva dell’articolo, non solo delle singole espressioni in esso contenute, ma dall’intero contenuto espositivo dell’articolo e dal complesso della pubblicazione. (Nel caso in esame il Giudice ha ritenuto che la frase “figlio d’arte fallito” usata da un critico in un proprio articolo – diffuso via internet – avente uno spiccato carattere satirico, non manifestasse una volontà di oltraggiare o comunque di offendere il querelante).
Uff. Indagini preliminari Milano, 2 ottobre 2002 in Foro ambrosiano 2002, 465
 
Espressioni allusive o dubitative – Lesione della reputazione.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, le espressioni usate dal giornalista devono, di norma, essere intese in ragione del significato proprio delle parole secondo la connessione delle stesse. Ne consegue che, se è vero che può integrare la condotta del reato in questione anche l’espressione allusiva o dubitativa e se è vero che il contesto comunicativo può determinare il mutamento del significato corrente delle parole, è, a maggior ragione, vero che, se si vuole utilizzare in senso improprio una locuzione, si ha l’obbligo di chiarire adeguatamente i confini semantici entro i quali si intende contenerla.
Cassazione penale, sez. V, 14 novembre 2002, n. 2372 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 6, 97
 
Assenza di espressioni obiettivamente offensive – Lesione della reputazione – Fattispecie.
In tema di diffamazione, la mancanza di epiteti ed espressioni obiettivamente offensive non comporta necessariamente la esclusione della lesione del bene della reputazione, quando vengono rappresentate condotte che, comunque, determinano ingiustificato discredito dell’immagine della persona, anche da un punto di vista professionale.
Cassazione penale, sez. V, 21 novembre 2002, n. 7377 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 10, 103
 
Delitto di diffamazione e lesione della reputazione altrui.
Il danno conseguente alla diffamazione non può esaurirsi alla pura sofferenza ma determina una rilevante limitazione della sfera privata e professionale, incapace di estendersi pienamente come avrebbe potuto in assenza di tale illecita invasione, la cui immagine determinata dalla diffamazione modifica illecitamente la reale proiezione sociale della persona vittima, finendo per influenzare anche pesantemente le attività personali e professionali, indipendentemente dal grado di sofferenza con la quale la vittima affronta tale evento.
 
1.3. PERSONA OFFESA
 
Diffamazione nei confronti di una categoria di persone – Legittimazione dell’Ordine a presentare la querela
Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati è legittimato a proporre querela per il reato di diffamazione a mezzo stampa non solo per tutelare le posizioni soggettive proprie, ma anche l’onore ed il prestigio della categoria, quando non sia possibile individuare gli eventuali singoli destinatari delle affermazioni offensive, che invece, per la loro genericità, coinvolgono la reputazione della collettività degli avvocati nel suo complesso.
Cassazione penale, sez. V, 26 ottobre 2001, n. 1699 in Cass. pen. 2002, 3024
 
Contenuti diffamanti non riferibili a soggetti concretamente individuabili – Diffamazione a mezzo stampa – Non ricorre.
Deve dichiararsi l’insussistenza del fatto allorché in un articolo giornalistico i contenuti ipoteticamente diffamanti non appaiono concretamente riferibili a soggetti specificamente individuabili (tra cui collocare i querelanti).
Tribunale Isernia, 16 gennaio 2003 in Giur. merito 2003, 2525
 
Diffamazione nei confronti di entità giuridiche, associazioni, enti di fatto.
Le entità giuridiche, associazioni, enti di fatto privi di personalità giuridica, quali partiti, fondazioni, comunità religiose, corpi amministrativi e giudiziari, sono anch’essi titolari dei beni dell’onore e della reputazione, che si concretizzano nella considerazione esterna che la collettività loro riconosce.
Di conseguenza, tali entità possono essere destinatarie di una attività diffamatoria come tali e, quindi, avere la capacità di divenire soggetti passivi del delitto di diffamazione e di attivarsi attraverso i propri legali rappresentanti per la loro tutela. Tuttavia, il riconoscimento della legittimazione alle associazioni in senso lato e agli enti di fatto privi di personalità giuridica, perché possano assumere la qualità di soggetti passivi dei delitti contro l’onore, presuppone l’accertamento in concreto di un onore sociale, collettivo, concettualmente ammissibile, quale bene morale appartenente a tutti i soci, associati, componenti o membri, come un unicum capace di percepirne l’offesa.
Cassazione penale , sez. V , 26 ottobre 2001 , n. 1188 in D&G – Dir. e Giust. 2002, f. 7, 75
 
1.4. DIFFAMAZIONE A MEZZO INTERNET
 
Diffamazione a mezzo internet – Diffamazione aggravata – Sussiste.
La pubblicazione su un sito internet di una notizia diffamatoria, nella specie consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, integra il reato di diffamazione aggravata ex art. 595, commi 2 e 3, c.p., in quanto commessa avvalendosi di un mezzo di pubblicità quale deve essere considerato internet, essendo lo stesso accessibile a chiunque.
Tribunale Milano, sez. VIII, 16 novembre 2005 in Foro ambrosiano 2005, 4 419
 
Diffamazione a mezzo internet – Tribunale competente – Luogo dove viene percepita l’offesa.
La diffamazione, in quanto reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono la espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato.
(Coerentemente, sostiene la Cassazione, la Corte territoriale ha fatto riferimento alla missiva ricevuta dal giornalista, il quale, proprio a seguito di essa, si collegò con il sito e prese visione del suo contenuto).
Cassazione penale, sez. V, 21 giugno 2006, n. 25875 in www.diritto-in-rete.com
 
Diffamazione a mezzo internet – Prova della conoscenza dei terzi del messaggio diffamatorio – Necessaria.
Senza la prova della conoscenza presso terzi, la diffamazione sul web è solo tentata.
Tribunale Teramo, 6 febbraio 2002 in Dir. e prat. soc. 2002, f. 6, 77
 
Assenza di prova della conoscenza dei terzi – Tentativo di diffamazione – Ricorre.
Ove sia mancata la prova che effettivamente dei visitatori cibernauti siano entrati nel sito internet contenente un messaggio diffamatorio, secondo i principi generali del diritto penale, deve ritenersi integrata l’ipotesi del tentativo, giacché, con l’apertura del sito e l’inserimento delle notizie e dei messaggi diffamanti, si realizza una condotta idonea tecnicamente e volta in modo non equivoco a diffondere nel web tali contenuti.
Tribunale Teramo, 30 gennaio 2002 in Giur. merito 2002, 772
 
Diffamazione a mezzo internet – Conoscenza del messaggio da parte di terzi – Non si presume.
In caso di messaggi diffamatori collocati su pagine web accessibili da Internet, ricorre l’ipotesi di diffamazione solo nel momento in cui si prova che vi siano stati accessi al sito mediante il quale vengono diffuse le affermazioni lesive della reputazione. Non è, invece, possibile presumere la conoscenza del messaggio da parte di terzi, in quanto il messaggio diffamatorio è raggiungibile solo da chi è a conoscenza del sito o da chi vi capiti casualmente durante la navigazione.
Tribunale Teramo, 6 febbraio 2002 in Dir. e prat. soc. 2002, f. 6, 77
 
Diffamazione a mezzo internet – Delitto si consuma nel luogo dove i terzi percepiscono le espressioni ingiuriose.
Nel caso in cui il delitto di diffamazione sia commesso per il tramite di un sito web, il delitto è consumato nel luogo dove i terzi percepiscono le espressioni ingiuriose.
Tribunale Bari, 20 maggio 2003 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 23, 83
 
Diffamazione a mezzo internet – Tribunale competente.
Il giudice italiano competente a conoscere della diffamazione compiuta mediante l’inserimento nella rete telematica (internet) di frasi offensive e/o immagini denigratorie, anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all’estero e purché l’offesa sia stata percepita da più fruitori che si trovino in Italia; invero, in quanto reato di evento, la diffamazione si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono la espressione ingiuriosa.
Cassazione penale, sez. V, 27 dicembre 2000, n. 4741, in Dir. & Formazione 2002, 1727
 
Diffamazione a mezzo internet – Non si applicano le disposizioni speciali previste per la diffamazione a mezzo della stampa o con l’uso del mezzo della radio televisione.
Alla diffamazione realizzata mediante divulgazione di frasi offensive tramite un sito web non sono applicabili le disposizioni speciali previste per la diffamazione commessa con l’uso del mezzo della stampa o con l’uso del mezzo della radio televisione stante il divieto di analogia in materia penale. La particolare capacità divulgativa del mezzo telematico comporta, invece, l’applicazione della circostanza aggravante relativa all’uso del mezzo di pubblicità prevista, nel codice penale, per la diffamazione in generale.
Tribunale Oristano, 25 maggio 2000 in Riv. it. dir. e proc. pen. 2001, 1405
 
Diffamazione con il mezzo radiotelevisivo.
È corretto l’esercizio dell’azione penale con citazione diretta nel caso di imputazione di diffamazione con il mezzo radiotelevisivo aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato rivolta nei confronti dell’autore immediato della diffamazione e del direttore responsabile: la l. 223/1990, infatti, estende l’aggravante di cui all’art. 13 1. n. 47/1948 (aggravante ad effetto speciale che prevede la pena da 1 a 6 anni di reclusione, per cui l’azione penale deve essere esercitata con richiesta di udienza preliminare) solo ai soggetti di cui all’art. 30 comma 1 e cioè al concessionario privato o pubblico ovvero ai soggetti da loro delegati al controllo della trasmissione. Nei confronti dell’autore immediato e del direttore (a meno che sia espressamente delegato al controllo dal concessionario), la normativa applicabile risulta essere quella della 1. n. 223/1990 e dunque, ai fini di cui di all’art. 550 c.p.p., non possono essere tenuti in considerazione i limiti di pena previsti dall’art. 13 1. 47/1948, bensì quelli comuni dell’art. 595 c.p., che rientrano nei casi di citazione diretta a giudizio.
Tribunale Milano, 13 dicembre 2001 in Foro ambrosiano 2002, 370
 
Diffamazione a mezzo internet.
Perfeziona la fattispecie di diffamazioneaggravata ai sensi dell’art. 595 comma 3 c.p. la creazione di un sito Internet, recante messaggi ed immagini dal contenuto erotico, al quale viene associato il nome e il recapito telefonico di persona realmente esistente, allo scopo di arrecarle o consentire a terzi molestie e nocumento alla reputazione.
Tribunale Trani, 18 febbraio 2003 in Cass. pen. 2003, 3956
 
Responsabilità del provider per diffamazione solo se sussiste colpa in concreto.
Affinché il “provider”, che si limiti ad ospitare sui propri “server” i contenuti di un sito Internet predisposto dal cliente, possa rispondere per le attività illecite poste in essere da quest’ultimo, non è possibile ravvisare un’ipotesi di colpa presunta, ma è necessario che sussista la colpa in concreto, ravvisabile, ad esempio, laddove venuto a conoscenza del contenuto diffamatorio di alcune pagine web, non si attivi immediatamente per farne cessare la diffusione in rete.
Tribunale Napoli, 04 settembre 2002 in Giur. napoletana 2002, 427
 
1.5. AUTORITA’ GIUDIZIARIA COMPETENTE
 
Diffamazione a mezzo stampa – Competenza per materia – Tribunale in composizione monocratica.
In tema di riparto delle attribuzioni in relazione alla composizione del giudice, il reato di diffamazione commesso col mezzo della stampa è attribuito alla cognizione del giudice in composizione monocratica, giacché la disposizione dell’art. 21 l. 8 febbraio 1948 n. 47 – che indicava il “tribunale” quale organo pluripersonale competente a giudicare il reato in questione – risulta oramai superata dalle nuove norme di ordinamento giudiziario e da quelle processuali che enunciano la regola generale della composizione monocratica del tribunale salvo tassative deroghe espressamente stabilite dalla legge e non è consentita una interpretazione estensiva che prefiguri ulteriori riserve di collegialità per fattispecie di reato, in origine attribuite da leggi speciali al tribunale o al pretore, in relazione alla particolare rilevanza della materia o del bene giuridico tutelato. (Nella specie, la Corte ha osservato che l’art. 48 ord. giud., nel testo sostituito dall’art. 14 d.lg. 19 febbraio 1998 n. 51, prescrive che il tribunale giudica in composizione monocratica salvo che sia diversamente stabilito dalla legge e l’art. 33 bis c.p.p., nel testo sostituito dall’art. 10 l. 16 febbraio 1999 n. 479, prevede che il tribunale giudica in composizione monocratica in tutte le ipotesi non previste dall’art. 33 bis c.p.p. e da altre disposizioni di legge che indichino la composizione del giudice in relazione alla specifica funzione da svolgere ovvero alla specifica figura di reato alla sua cognizione attribuita).
Cassazione penale , sez. I, 21 marzo 2001 , n. 16668 in Cass. pen. 2002, 2817 (s.m.)
 
Diffamazione semplice – Competenza per materia – Giudice di pace.
La diffamazione operata mediante affissione in bacheca di un comunicato sindacale avente contenuto offensivo non può ritenersi realizzata "a mezzo stampa o con qualunque altro mezzo di pubblicità" e dunque non integra la fattispecie aggravata di cui all’art. 595 comma 3 c.p. di competenzadel tribunale, ma rientra nella competenzadel giudice di pace ai sensi dell’art. 4 lett. a) d.lg. 28 agosto 2000 n. 274.
Giudice di pace Monza, 02 novembre 2004  in Corriere del merito 2005, 66
 
Diffamazione a mezzo stampa – Competenza per territorio – Tribunale del luogo di prima diffusione, che è quello della tipografia.
La competenza territoriale per i reati di diffamazione con il mezzo della stampa appartiene al giudice del luogo in cui si trova la tipografia dalla quale gli stampati sono usciti per essere distribuiti e messi in circolazione.
Cassazione penale , sez. I, 21 dicembre 2005 , n. 7259 in CED Cass. pen. 2006, 234065
 
Luogo di prima diffusione coincide con il luogo della stampa – Uscito lo stampato dalla tipografia si verifica l’immediata possibilità che esso venga letto da altre persone – Presunzione.
Nei procedimenti per reati commessi con il mezzo della stampa, la competenza per territorio va determinata con riferimento al luogo di cosiddetta prima diffusione, il quale di solito coincide con quello della stampa, nella ragionevole presunzione che, una volta uscito lo stampato dalla tipografia, si verifica l’immediata possibilità che esso venga letto da altre persone e, quindi, la diffusione dello stesso in senso potenziale. È irrilevante che il luogo di confezionamento della rivista sia diverso dal luogo di stampa, essendo ormai fissato sul supporto cartaceo l’articolo destinato alla lettura ed essendo ormai divenuta definitiva e potenzialmente leggibile l’opera giornalistica.
Uff. Indagini preliminari Monza, 22 marzo 2004 in Foro ambrosiano 2004, 18
 
Luogo di stampa non coincidente con il luogo di prima distribuzione al pubblico – Competenza territoriale.
In materia di competenzaterritoriale dei reati commessi a mezzo stampa (nella specie diffamazione ) rileva il luogo di prima diffusione dello stampato. Il concetto di “prima diffusione dello stampato” deve essere correttamente e logicamente interpretato superando quella visione formalistica e poco aderente all’essenza concreta del reato, secondo cui il reato si consuma non appena il giornale esce dalla sfera privata di disponibilità della tipografia, in sostanza nel momento in cui i distributori ricevono le copie dallo stampatore. Tale soluzione, che interpreta il concetto di diffusione solo in senso potenziale, tralascia di considerare l’aspetto profondo dell’offensività del reato: reato che cagiona un danno alla persona offesa nel luogo e nel momento in cui il giornale può essere visto per la prima volta da un insieme significativo ed indeterminabile di lettori/utenti, dovendosi relegare all’indifferenza e all’indimostrabilità sul piano penale la circostanza che qualcuno dei distributori apra il pacco delle copie a lui consegnate e acquisisca in forma sporadica e casuale la notizia offensiva destinata secondo la volontà dell’agente alla generalità degli utenti. In via generale, quindi, qualora il luogo di stampa non coincida con il luogo di prima distribuzione al pubblico e tale luogo sia facilmente verificabile, sarà il luogo di prima distribuzione a dover essere utilizzato come criterio prioritario per individuare la competenzaterritoriale. Qualora invece la diffusione avvenga contemporaneamente in più luoghi e non sia quindi facilmente determinabile il luogo e il momento in cui l’offensività del reato si sia concretamente per la prima volta dispiegata, il luogo di stampa del quotidiano o della rivista rimarrà il criterio in base al quale individuare la competenzaterritoriale. (Nella fattispecie il Giudice ha ritenuto competente il tribunale di Milano in relazione ad un articolo pubblicato sulle pagine milanesi di un quotidiano nazionale, che risulta stampato in edizione locale nel comune di Paderno Dugnano appartenente al circondario del tribunale di Monza, sull’assunto che tale comune si trova alle porte di Milano e non vi è dubbio che prime destinatarie di ogni edizione giornaliera del quotidiano, completa delle sue pagine milanesi, siano già dalle primissime ore del nuovo giorno le numerose edicole notturne aperte in città, con la conseguente immediata vendita di un numero elevato di copie e l’eventuale realizzazione del fatto offensivo tramite la sua diffusione presso un insieme indeterminato di persone).
Uff. Indagini preliminari Milano, 02 gennaio 2003 in Foro ambrosiano 2003
 
Inapplicabilità del criterio relativo al luogo di stampa – Non si applica l’art. 8 c.p.p. ma l’art. 9 c.p.p.
La competenza nel reato di diffamazionecommesso a mezzo di periodici diffusi sul territorio nazionale con edizioni teletrasmesse si radica nel luogo di consegna delle c.d. copie d’obbligo, attesa l’inapplicabilità del criterio relativo al luogo di stampa in ragione della pluralità di tipografie. Qualora l’esatto accertamento di tale luogo fosse estremamente difficoltoso e l’individuazione del luogo di stampa finisse per essere arbitraria, soccorrono i criteri suppletivi e sussidiari di cui all’art. 9 c.p.p.
Uff. Indagini preliminari Monza, 21 aprile 2005 in Corriere del merito 2005, 935
 
Criterio del luogo di stampa in caso di quotidiano teletrasmesso a diverse sedi dove viene stampato – Non è applicabile.
Nel caso di diffamazione a mezzo stampa commessa attraverso un quotidiano composto in luoghi diversi e da questi teletrasmesso ai centri stampa locali che provvederanno alla diffusione (oppure attraverso un quotidiano teletrasmesso dalla redazione centrale a cinque sedi regionali e da queste materialmente stampato), per l’individuazione del giudice competente non può operare il criterio tradizionale del giudice del luogo ove il testo ha avuto la sua prima diffusione; di conseguenza, giudice competente ratione loci a conoscere del suddetto reato sarà quello del luogo dove sono state depositate le copie d’obbligo.
Procura Repubblica Roma, 08 aprile 2004 in D&G – Dir. e giust. 2005, 15 10
 
Luogo di uscita dalla tipografia non determinabile – Si fa riferimento al luogo in cui vengono depositate le “copie d’obbligo”.
La competenza per territorio del reato di diffamazione con il mezzo della stampa non può che identificarsi nel luogo di prima diffusione dello stampato che inevitabilmente coincide con il luogo di uscita dalla tipografia. Solo se tale luogo non è determinabile neppure a seguito delle indagini che il p.m. è tenuto a svolgere per determinare il “locus commissi delicti”, trovano applicazione le regole suppletive, di cui all’art. 9 c.p.p., ed in particolare il luogo ove vengono depositate le cd. "copie d’obbligo".
Tribunale Milano, 22 febbraio 2005in Foro ambrosiano 2005, 17
 
Luogo in cui vengono depositate le “copie d’obbligo” – Non rileva.
Il criterio che identifica il luogo di prima diffusione nel deposito delle cd. “copie d’obbligo” non è convincente in quanto non solo è sfornito di qualsiasi riferimento normativo, ma non ha rapporto alcuno con la presumibile conoscenza dell’articolo, essendo diretto il deposito delle copie in Questura a scopi del tutto differenti.
Uff. Indagini preliminari Milano, 21 aprile 2005in Foro ambrosiano 2005, 18
 
2.      SCRIMINANTI
Cause di giustificazione – Nozione.
Ogni esimente consiste in un quid pluris, rispetto agli estremi di reato connesso ad un interesse prevalente su quello protetto dalla norma incriminatrice, per cui il fatto non è punibile.
Cassazione penale , sez. V, 19 gennaio 2005, n. 7595 in Giur. it. 2005, 2360
 
2.1.DIRITTO DI CRONACA
 
2.1.1.         REQUISITI: A) VERITA’ DELLA NOTIZIA, B) CONTINENZA ESPOSITIVA, C) INTERESSE PUBBLICO
 
Diritto di cronaca – Fondamento costituzionale.
L’operatività della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca, prevista dall’art. 51 c.p., rinviene il proprio addentellato costituzionale nel diritto di libera manifestazione del pensiero, espressamente riconosciuto ad ogni cittadino dall’art. 21 cost.
Uff. Indagini preliminari Bari, 12 gennaio 2005 in Giurisprudenzabarese.it 2005
 
Diritto di cronaca e diritto alla reputazione – Limiti.
Il diritto soggettivo alla tutela dell’onore e della reputazione trova i propri limiti nei diritti, altrettanto garantiti sul piano costituzionale, alla libera espressione e divulgazione del pensiero. Ne discende che, qualora ricorra un interesse dei consociati ad essere informati ed a partecipare al dibattito sociale e politico, anche le notizie potenzialmente lesive dell’altrui reputazione restano divulgabili lecitamente, in quanto penalmente scriminate ed improduttive di responsabilità civile, a condizione che non venga travalicato il limite dell’esercizio dei diritti tutelati dall’art. 21 cost.
Tribunale Milano, 3 marzo 2003 in Riv. pen. 2004, 876
 
Limiti del diritto di cronaca – Verità dei fatti – Interesse pubblico – Continenza.
In tema di diffamazione a mezzo stampa (periodica) sussiste, da parte del giornalista, legittimo esercizio del dritto di cronaca solo allorché siano rispettate le seguenti condizioni, presupposti per l’applicabilità dell’esimente del diritto di cronaca: a) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa), della notizia, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca delle notizie. Verità che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni o sofismi obiettivamente idonei a creare rappresentazIoni della realtà oggettiva false (in tutto o in parte) nella mente del lettore (o ascoltatore) in parte rilevante); b) la continenza e cioè il rispetto dei requisiti minimi di forma che debbono caratterizzare la cronaca e anche la critica (e quindi tra l’altro l’assenza di termini esclusivamente insultanti); c) la sussistenza di un interesse pubblico all’informazione.
Cassazione civile, sez. III, 19 gennaio 2007 , n. 1205 in Guida al diritto 2007, 12 69;  Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8.
 
Diritto di cronaca – Limiti.
Il diritto di cronaca (e di critica) è la libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, anche lesivi della reputazione, sancito in linea di principio dall’art. 21 Cost. e regolato dalla L. 8 febbraio 1948 n. 47. Esso è considerato legittimamente esercitato dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità quando ricorrano le seguenti condizioni: a) utilità sociale dell’informazione; b) verità (oggettiva o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti, che non è rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o anche solo colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente collegati ai primi da mutarne completamente il significato; c) forma civile dell’esposizione, cioè non eccedente rispetto allo scopo informativo da perseguire, improntata a serena obiettività, almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui tutti hanno diritto (continenza).
Cassazione civile, sez. III, n. 6973 del 22 marzo 2007 in www.legge-e-giustizia.it
 
2.1.1.1 Verità della notizia
 
$ A. Caratteri della verità: oggettiva, attuale. Verità putativa.
 
Verità – Documenti ufficiali.
La lesione dell’onore e della reputazione altrui non si realizza quando la notizia diffusa sia vera per essere contenuta in un documento ufficiale.
Cassazione civile, sez. III, 24 maggio 2002, n. 7628 in Giust. civ. Mass. 2002, 916
 
Attribuzione di un reato – Diritto di cronaca – Requisiti.
Va ricondotta al legittimo esercizio del diritto di informazione anche l’attribuzione ad un soggetto di un reato, quando non si traduca in una enunciazione immotivata ma possa ricavarsi, con l’ordinario raziocinio dell’uomo medio e con minore o maggiore fondamento, dalla concatenazione di un certo numero di fatti veri, obiettivamente e correttamente riferiti, che rivestano interesse per una collettività più o meno vasta di soggetti.
Cassazione civile , sez. III, 13 gennaio 2005, n. 559 in Giust. civ. Mass. 2005, 1; Conforme: Cassazione civile, sez. III, 10 gennaio 2003, n. 196 in Giust. civ. Mass. 2003, 50
 
Attualità della notizia – Fatto risalente nel tempo – Verifica di fatti sopravvenuti – Necessaria.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità della scriminante del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, occorre avere riguardo alla verità della notizia quale risulta nel momento in cui viene diffusa, con la conseguenza che, nel caso in cui la notizia riguardi un fatto oggetto di denuncia risalente nel tempo – bisognevole di una verifica da parte del giudice e, quindi, suscettibile di modifiche – è necessario che il giornalista verifichi nel momento della sua pubblicazione se siano nelle more intervenute circostanze capaci di avere influito sulla verità del fatto. Pertanto, non sussiste l’esimente del diritto di cronaca, sotto il profilo putativo, allorché sia impossibile per il giornalista attualizzare la verifica della notizia risalente in ragione della inaccessibilità delle nuove fonti informative, coincidenti con gli organi di indagine penale, giacché tale inaccessibilità lungi dal comportare l’abdicazione del dovere di controllo, implica la non pubblicazione della notizia incontrollabile, ovvero la precisazione che la verità del fatto non è stata ancora accertata nella sua sede naturale.
Cassazione penale , sez. V, 4 marzo 2005, n. 15986 in Ced Cassazione 2005, RV232131
 
Verità putativa e attendibilità della fonte.
La formulazione della risposta fornita dall’intervistato nei termini riportati in capo di imputazione ha – perché non proveniente da un quivis de populo, bensì da un soggetto qualificato come relatore della Commissione Bicamerale sui problemi della giustizia, in tale veste interpellato – una seria valenza rafforzativa della veridicità della notizia agli occhi dell’intervistatore.
L’avere il giornalista intervistato sull’argomento in questione un soggetto particolarmente qualificato ed autorevole – che, nell’esprimere la propria “opinione”, ha implicitamente dato per pacifico il fatto stesso – rappresenta, indubbiamente, un momento di accurata attività di controllo sulla verità della notizia percepita quale esigibile dal giornalista.
Cassazione penale, sez. V, 9 luglio 2004, n. 37435 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 36, 36
 
Verità putativa – Accurata verifica del giornalista – Necessaria.
Il legittimo esercizio del diritto di cronaca presuppone la fedeltà dell’informazione, cioè l’esatta rappresentazione del fatto percepito dal giornalista, che deve rendere inequivoco il tipo di percezione, spiegando se è relativa al contenuto della notizia o alla notizia in sé come fatto storico ed inoltre se è diretta ovvero indiretta. La verità della notizia può anche essere solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca; pertanto l’esimente del diritto di cronaca opera se il giornalista in buona fede ritenga vera una notizia che si riveli falsa in un secondo momento, sempre che l’abbia accuratamente verificata. (Nella specie, relativa all’attribuzione all’attore di azioni di molestia sessuale in danno di una dipendente, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il dolo della diffamazione, nonostante la produzione di sentenze di proscioglimento del ricorrente dai reati di atti di libidine e lesioni volontarie, sulla base del fatto, di per sé idoneo, che nel giudizio penale era passata in giudicato l’affermazione della sua responsabilità per ingiurie a sfondo sessuale).
Cassazione civile , sez. III, 08 febbraio 2007 , n. 2751 in Giust. civ. Mass. 2007, 2
 
Verità putativa – Affidamento in buona fede del giornalista – Non è sufficiente.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente putativa del diritto di cronaca è ipotizzabile solo quando, pur non essendo obiettivamente vero il fatto riferito, il cronista abbia assolto l’onere di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l’affidamento, se pur in buona fede, sulla fonte.
Cassazione penale , sez. V, 11 marzo 2005, n. 15643 in D&G – Dir. e giust. 2005, 22 94
 
Verità putativa e verosimiglianza – Differenze.
La lesione dell’onore e della reputazione altrui non si verifica quando la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, condizionato dall’esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva della notizia pubblicata; l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell’esposizione (cosiddetta continenza). In particolare, quanto al primo presupposto soltanto la correlazione rigorosa fra fatto e notizia realizza l’interesse pubblico all’informazione, sotteso all’art. 21 cost., e rende non punibile la condotta ai sensi dell’art. 51 c.p., sempre che ricorrano anche la pertinenza e la continenza. Ne consegue che il giornalista ha l’obbligo di controllare l’attendibilità della fonte informativa, a meno che non provenga dall’autorità investigativa o giudiziaria, e di accertare la verità del fatto pubblicato, restando altrimenti responsabile dei danni derivati dal reato di diffamazione a mezzo stampa, salvo che non provi l’esimente di cui all’art. 59, ultimo comma, c.p. e cioè la sua buona fede. A tal fine la cosiddetta verità putativa del fatto non sussiste per la mera verosimiglianza dei fatti narrati, essendo necessaria la dimostrazione dell’involontarietà dell’errore, dell’avvenuto controllo – con ogni cura professionale, da rapportare alla gravità della notizia e all’urgenza di informare il pubblico – della fonte e della attendibilità di essa, onde vincere dubbi e incertezze in ordine alla verità dei fatti narrati. (Nella specie in un articolo giornalistico era stata attribuita ad un soggetto, oltre all’imputazione per appropriazione indebita, anche quella di emissione di assegni a vuoto e truffa aggravata, riferibile ad altro soggetto; la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il reato di diffamazione senza accertare se il giornalista era incorso in errore involontario nel senso sopraindicato).
Cassazione civile , sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2271 in Giust. civ. Mass. 2005, 2
 
Verità putativa – Accertamenti del giornalista alla stregua di quanto conosciuto o conoscibile alla data di pubblicazione dell’articolo – Necessari.
La verità putativa delle notizie pubblicate deve essere accertata alla stregua di quanto conosciuto o conoscibile dal giornalista alla data di pubblicazione dell’articolo e non certo all’esito finale del relativo giudizio penale (intervenuto anni dopo).
Cassazione civile , sez. III, 31 marzo 2006 , n. 7506 in Resp. civ. e prev. 2006, 11 1887
 
Verità della notizia – Verifica senza alterazioni – Verosimiglianza – Non rileva.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente, anche putativa, del diritto di cronaca giudiziaria allorché manchi la necessaria correlazione tra il fatto narrato e quello accaduto, il quale implica l’assolvimento dell’obbligo di verifica della notizia e, quindi, l’assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto esposto, nonché il rigoroso obbligo di rappresentare gli avvenimenti quali sono, senza alterazioni o travisamenti di sorta, risultando inaccettabili i valori sostitutivi, quale quello della verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di innocenza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi. (In applicazione di tale principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva assolto l’imputato – il quale aveva riferito in un articolo pubblicato il giorno dopo il rinvio a giudizio della parte offesa per il reato di omissione di atti d’ufficio, di indebiti vantaggi derivanti dalla mancata tassazione di plusvalenze, che nulla avevano in comune con il reato contestato – in virtù del dubbio circa l’esistenza della scriminante del diritto di cronaca, pur avendo evidenziato che si trattava di articolo connotato da superficialità e, quindi, privo dei necessari controlli nonché dall’intento di pubblicare una notizia scandalistica).
Cassazione penale , sez. V, 14 febbraio 2005, n. 12859 in Ced Cassazione 2005, RV231687
 
Omissioni colpose o dolose o insinuazioni idonee a influenzare il lettore – Verità – Non sussiste.
La verità della notizia non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false (in tutto od in parte rilevante).
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8
 
Travisamento o omissione di fatti rilevanti – Verità – Non sussiste.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esercizio del diritto di cronaca non può ritenersi fedele al requisito della veridicità dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore.
Cassazione penale, sez. V, 15 marzo 2002, n. 15176 in Cass. pen. 2003, 3025
 
Diffusione di una notizia diffamatoria – Pubblicazione intervista/rettifica – Non scrimina.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di un’intervista-rettifica della persona offesa, che costituisce espressione dell’obbligo, penalmente sanzionato, di ristabilire prontamente la verità (ex art. 8 l. 8 febbraio 1948 n. 47), non riveste efficacia scriminante con riguardo alla diffusione della precedente notizia diffamatoria.
Cassazione penale, sez. V, 2 luglio 2002, n. 32364 in Cass. pen. 2003, 2656
 
$ B. Casi in cui non è richiesta la verità della notizia
 
Articolo giornalistico di carattere valutativo – Requisito della verità – Non è necessario.
In tema di diffamazione, quando il discorso giornalistico ha una funzione prevalentemente valutativa, non pone un problema di veridicità di proposizioni assertive e i limiti scriminanti del diritto garantito dall’art. 21 cost. sono solo quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione.
Cassazione penale, sez. V, 22 febbraio 2002, n. 15174 in Cass. pen. 2003, 1899
 
Elementi essenziali della notizia – Verità – Necessaria – Elementi superflui e insignificanti – Verità – Non è necessaria.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, per l’operatività della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. è necessario che la verità oggettiva dei fatti, intesa come rigorosa corrispondenza alla realtà, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l’essenza e la sostanza dell’intero contenuto informativo della notizia riportata. I dati superflui, insignificanti ovvero irrilevanti, ancorchè imprecisi, in quanto non decisivi nè determinanti, cioè capaci da soli di immutare, alterare, modificare la verità oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell’esercizio del diritto di informazione ed escludere l’operatività della causa di giustificazione. (In applicazione del principio suesposto non è stata ritenuta idonea ad escludere l’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, a fronte della notizia vera dell’arresto di un soggetto per plurimi episodi di concussione, l’addizione di notizie imprecise sul numero delle persone concusse- 60 anzichè 38 come indicato nella ordinanza cautelare – nonchè sulla entità degli illeciti proventi – 300 milioni di lire anzichè, come affermato nel provvedimento coercitivo, non superiori ai cento milioni).
Cassazione penale , sez. V, 21 settembre 2005, n. 37463 in CED Cass. pen. 2005, 232324
 
Inesattezze che non incidono sull’essenza del fatto narrato – Irrilevanti.
Allorché non vi sia perfetta coincidenza tra la sintesi giornalistica di fatti apparsi su organi di stampa e le dichiarazioni verbalizzate in atti processuali, deve ritenersi ugualmente sussistente l’esercizio del diritto di cronaca allorché la parte non coincidente sia da annoverare tra le inesattezze della notizia giornalistica da considerarsi non relative all’essenza e alla sostanza del fatto storico riferito e, quindi, tali da non costituire una violazione della verità essenziale del fatto riportato dalla cronaca giornalistica. (Fattispecie relativa ad una non perfetta coincidenza tra una sintesi giornalistica delle dichiarazioni rese ai magistrati da un pentito ed il contenuto dei verbali relativi a tali dichiarazioni).
Uff. Indagini preliminari Milano, 2 gennaio 2003 in Foro ambrosiano 2003, 157; Conforme: Uff. Indagini preliminari Roma, 18 aprile 2002 in Cass. pen. 2002, 2517
 
2.1.1.2 Interesse pubblico
 
Giornali – Cani da guardia della democrazia e delle istituzioni.
In linea teorica non può negarsi che la critica sia legittima anche quando ha ad oggetto l’attività giudiziaria. La libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 Cost. come dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee o critiche su temi d’interesse pubblico, dunque soprattutto sui modi d’esercizio del potere qualunque esso sia, senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche. La natura di diritto individuale di libertà ne consente, in campo penale, l’evocazione per il tramite dell’art. 51 C.P. (come giustificazione), e non v’è dubbio che esso costituisca diritto fondamentale in quanto presupposto fondante la democrazia e condizione dell’esercizio di altre libertà. All’interno delle società democratiche deve di conseguenza riconoscersi alla stampa e ai mass media il ruolo di fori privilegiati per la divulgazione extra moenia dei temi agitati all’interno delle Assemblee rappresentative e per il dibattito in genere su materie di pubblico interesse, ivi compresi la giustizia e l’imparzialità della magistratura. Il ruolo fondamentale nel dibattito democratico svolto dalla libertà di stampa non consente in altri termini di escludere che essa si esplichi in attacchi al potere giudiziario, dovendo convenirsi con la giurisprudenza della Corte EDU allorché afferma che i giornali sono i “cani da guardia” (watch-dog) della democrazia e delle istituzioni, anche giudiziarie. Proprio la Giurisprudenza EDU ha costantemente ribadito che questi ultimi costituiscono il mezzo principale diretto a garantire un controllo appropriato sul corretto operato dei giudici. Sulle medesime premesse, la giurisprudenza della Suprema Corte ha già da tempo riconosciuto come sia, da un lato, “di enorme interesse per la comunità nazionale la corretta e puntuale esplicazione dell’attività giudiziaria e, dall’altro, come critica e cronaca giornalistica volte a tenere o a ricondurre il giudice nell’alveo suo proprio vadano non solo giustificate, ma propiziate”. Maggiore è il valore dell’attività esercitata più grande è d’altra parte la imprescindibilità del dibattito pubblico. E se più rigidi sono apparsi i limiti apposti dalla giurisprudenza alla critica nei confronti delle istituzioni giudiziarie, essi trovano ragione soprattutto nel fatto che, a differenza di quel che accade per altri soggetti pubblici, il dovere di riservatezza generalmente impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti.
Cassazione penale, sez. V,  n. 25138 del 2 luglio 2007 in www.legge-e-giustizia.it
 
Affermazioni delle persone coinvolte in un fatto di cronaca – Interesse pubblico – Sussiste.
Costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, in quanto giustificato dall’interesse pubblico alla conoscenza delle varie reazioni ad un fatto illecito costituito da uno stupro di gruppo, il riferire, da parte del giornalista, mantenendosi in una posizione di obiettiva terzietà, anche le affermazioni, in sè e per sè diffamatorie nei confronti della vittima dello stupro, espresse dai parenti dei presunti autori del fatto.
Cassazione penale , sez. V, 16 dicembre 2004, n. 4009 in Riv. pen. 2005, 560
 
Fatti attinenti all’amministrazione della giustizia – Interesse pubblico – Sussiste.
L’interesse sociale alla diffusione della notizia è assolutamente evidente quando la medesima si riferisce ad un procedimento penale coinvolgente pesantemente magistrati in vicende corruttive e che, dunque, ripropone il tema della corretta amministrazione della giustizia e della stessa sua credibilità.
Cassazione penale , sez. V, 09 luglio 2004, n. 37435 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 36, 36
 
Pubblicazione di una memoria difensiva di un imputato – Interesse pubblico – Scriminante per il curatore e l’editore.
Non si configura il delitto di diffamazione a mezzo stampa a carico dell’editore e del curatore, allorquando in un libro venga riprodotta una memoria difensiva di un imputato in un procedimento penale, che pure contenga elementi lesivi all’onore di terzi, se il contenuto della memoria difensiva rivesta un preminente interesse per il pubblico in ragione dei fatti e delle persone cui si riferisce e se l’editore e il curatore non vi aggiungono ulteriori commenti o informazioni tese a confermare o comunque ad avvalorare i fatti riportati. In tal caso non è penalmente responsabile neanche l’imputato che ha redatto la memoria, pur se partecipe della sua pubblicazione.
Tribunale Milano, 21 novembre 2001 in Cass. pen. 2002, 2194
 
2.1.1.3. Continenza
 
Continenza formale e sostanziale.
Il diritto di cronaca deve esprimere una narrazione rigorosa e veritiera dei fatti, caratterizzata dalla continenza dell’esercizio del corrispondente diritto, sia nel suo contenuto (continenza sostanziale), sia nel modo in cui esso si estrinseca (continenza formale). Ciò posto, per essere sostanzialmente continente, la cronaca non solo deve riferire fatti veri, ma deve anche essere completa (in una fattispecie in cui pur essendo stata data la notizia vera di un arresto, questa non era stata riferita in modo completo essendo stato omesso di riferire l’immediata successiva scarcerazione dell’incolpato).
Cassazione civile , sez. lav., 07 dicembre 2005 , n. 26999 in Resp. civ. e prev. 2006, 7-8 1289 (NOTA) nota PERON
 
Requisiti del diritto di cronaca – Continenza formale e sostanziale.
La continenza va intesa sia come correttezza formale, sia come limite sostanziale, individuabile in ciò che è strettamente necessario per soddisfare l’interesse generale alla conoscenza di determinati fatti di rilievo sociale, e che va accertato in base ad un’indagine orientata verso il risultato finale della comunicazione e vertente imprescindibilmente, in particolare, sui seguenti elementi: 1) accostamento di notizie, quando esso sia dotato di autonoma attitudine diffamatoria; 2) accorpamento di notizie che produca un’espansione di significati; 3) uso di determinate espressioni nella consapevolezza che il pubblico le intenderà in maniera diversa o addirittura contraria al loro significato letterale; 4) tono complessivo della notizia e titolazione.
Cassazione civile, sez. III, 13 febbraio 2002, n. 2066 in Giust. civ. Mass. 2002, 230 – Conforme:Cassazione civile, sez. III, 24 maggio 2002, n. 7628 in Studium Juris 2002, 1260
 
Requisiti del diritto di cronaca. Devono ricorrono cumulativamente.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, per l’applicazione della scriminante dell’esercizio del diritto è necessaria non solo la verità oggettiva del fatto, ma anche la correttezza dell’esposizione dello stesso (cosiddetta continenza), che consta di due aspetti, uno formale ed uno sostanziale, ciascuno dei quali deve ricorrere nel caso concreto perché l’esimente possa operare; in particolare, quando i fatti oggetto della notizia pubblicata non siano veri, nè il giornalista abbia dimostrato d’aver compiuto una seria verifica circa l’attendibilità della fonte da cui li ha appresi, la sola continenza formale, ovvero il modo in cui essi sono stati presentati, non può di per sè costituire una esimente.
Cassazione civile, sez. III, 23 luglio 2003, n. 11455 in Giust. civ. Mass. 2003, f. 7-8
 
Correttezza formale dell’esposizione – Nozione.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, qualora il fatto non sia stato già valutato in sede penale, devesi tenere presente che la divulgazione di una notizia lesiva della reputazione può essere considerata lecita e come tale rientrante nel diritto di cronaca quando vi sia un interesse pubblico alla conoscenza del fatto, e vi sia correttezza formale dell’esposizione che non travalichi lo scopo informativo. Ciò non implica, tuttavia, che la notizia debba essere riportata nella sua forma narrativa più elementare, perchè, soprattutto quando la divulgazione avviene tramite stampa o altri strumenti di informazione, deve considerarsi lecito che la notizia medesima venga accompagnata da altre informazioni, sempre che non siano immaginarie ma utili alla migliore comprensione della notizia medesima da parte dei lettori, in quanto solo in tale modo il diritto di cronaca trova una sua valida giustificazione.
Cassazione civile , sez. III, 18 aprile 2006 , n. 8953 in Giust. civ. Mass. 2006, 4
 
Continenza espositiva – Accertamento – Costume sociale – Rileva.
In tema di diffamazione, la continenza delle espressioni usate, che deve comunque connotare l’esercizio del diritto di critica e di cronaca, non può essere apprezzata con riferimento al livello dello scontro verbale tra l’agente ed il suo eventuale contendente, ma in relazione al costume sociale ed alle modalità espressive comunemente diffuse.
Cassazione penale, sez. V, 13 febbraio 2002, n. 8692 in D&G – Dir. e Giust. 2002, f. 19, 75
 
Continenza espositiva – Titolo di un articolo giornalistico – Valutazione autonoma.
In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo stampa, presupposto per l’applicabilità dell’esimente del diritto di cronaca è la “continenza” del fatto in esso, che consta di due aspetti, uno formale e uno sostanziale, ciascuno dei quali deve ricorrere nel caso concreto perché l’esimente possa operare; in particolare, può configurarsi una violazione del canone della continenza formale, ovvero di un onere di presentazione misurata della notizia, anche sulla base della considerazione autonoma del titolo di un articolo giornalistico rispetto al testo dell’articolo.
Cassazione civile, sez. III, 23 luglio 2003, n. 11455 in Giust. civ. Mass. 2003, f. 7-8
 
Continenza espositiva – Accertamento – Oggettiva verità e gravità dei fatti – Rilevano.
In tema di diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di fatti determinati, qualora venga invocata l’esimente del diritto di cronaca e di critica, il limite della continenza espositiva, oltre il quale detta esimente non può essere riconosciuta, va verificato anche con riguardo alla oggettiva verità o meno dei fatti attribuiti alla persona offesa, essendo lecito al giornalista riferire o commentare una notizia con termini anche particolarmente severi ed aspri quando questi siano comunque adeguati a rendere al lettore l’idea della gravità di un fatto realmente decaduto, specie nell’ipotesi in cui questo presenti profili di rilevante interesse pubblico.
Cassazione penale , sez. V, 20 aprile 2005, n. 19381 in Riv. pen. 2005, 954
 
Presentazione del fatto sproporzionata alla sua importanza – Diffamazione – Ricorre.
La diffamazione a mezzo stampa può configurarsi anche quando il fatto riferito è vero ma viene esposto in modo unilaterale e incompleto, con riferimento ad altre vicende arbitrariamente ad esso collegate e con una presentazione complessiva sproporzionata alla sua importanza, sì da travalicare lo scopo informativo. Quando ciò si verifica, ne risulta violato il principio della continenza formale dell’esposizione. Può ravvisarsi una violazione del canone della continenza formale, ovvero della presentazione misurata della notizia, anche sulla base della considerazione autonoma del titolo di un articolo giornalistico rispetto al testo dell’articolo (nella specie, relativa alla notizia su un quotidiano locale della condanna di un giudice per un illecito penale, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistere la diffamazione, risarcita con la somma di 100 milioni di lire, in relazione alla collocazione in prima pagina della notizia, con titolo a caratteri cubitali accompagnato da sottotitoli messi in risalto e dalla foto del soggetto leso, alla utilizzazione di un’intera pagina interna del giornale corredata da due foto, caratteri manifestamente sproporzionati alla rilevanza dell’episodio, senza considerazione del carattere non definitivo della condanna e con presentazione complessiva unilateralmente colpevolista, con riferimenti a vicende private arbitrariamente collegate al fatto, travalicando lo scopo informativo. La presentazione complessiva del servizio era tale da ingenerare, infatti, l’immediata impressione di un giudizio perentorio di colpevolezza).
Cassazione civile , sez. III, 18 aprile 2006 , n. 8953 in Giust. civ. Mass. 2006, 4
 
Espressioni colorite per vivacizzare la narrazione – Diffamazione – Non ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, va esente da responsabilità il giornalista che abbia stigmatizzato il merito di un provvedimento emesso da un magistrato riferendo, tra l’altro, che le scelte del predetto magistrato erano state giudicate non convenienti o non condivisibili dagli altri giudici dello stesso ufficio, considerato che la coloritura giornalistica di talune espressioni contenute nell’articolo era volta soltanto a vivacizzare la narrazione delle vicende (nella specie; è stato ritenuto conforme al parametro della continenza riferire che un magistrato avesse "caldeggiato" una proposta avanzata da una delle parti in un procedimento pendente davanti alla propria giurisdizione e che i magistrati appartenenti allo stesso ufficio fossero rimasti "di stucco" dinanzi alle scelte del loro collega).
Tribunale Caltanissetta, 3 febbraio 2004 in Foro it. 2004, II, 309
 
2.1.1.4. Pubblicazione di un’intervista o di dichiarazioni altrui
 
Pubblicazione di intervista diffamatoria – Oneri di verifica del giornalista. 
Il giornalista, il quale – ancorché non abbia contribuito a formare l’altrui dichiarazione – propagandone il contributo all’esterno ne diviene sostanziale coautore e quindi consapevole strumento di diffamazione, è tenuto ad accertare la verità della dichiarazione medesima e a verificare che non difetti il requisito della continenza e, cioè, che essa non consista in insulti, in espressioni gratuite e non necessarie, volgari, umilianti, dileggianti o, comunque, diffamatorie. Ne consegue che la condotta del giornalista che, pubblicando un comunicato stampa di terzi, riporti dichiarazioni oggettivamente lesive dell’altrui reputazione, che integrino gli estremi della contumelia, non è scriminata dall’esercizio del diritto di cronaca per il solo fatto che il giornalista abbia riportato fedelmente il contenuto di una dichiarazione di terzi senza aggiungere alcun suo allusivo, suggestivo o provocatorio commento.
Cassazione civile , sez. III, 18 ottobre 2005 , n. 20137 in D&G – Dir. e giust. 2006, 4 32.
 
Intervista in sé – Interesse pubblico – Sussiste.
La riproduzione “alla lettera”, da parte del giornalista, delle dichiarazioni oggettivamente diffamatorie rese dal soggetto intervistato non integra di per sè la scriminante del diritto di cronaca, che sussiste invece quando il fatto in sè dell’intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti (ad esempio, rilevanti cariche pubbliche ricoperte dai soggetti coinvolti nella vicenda o loro indiscussa notorietà in un determinato ambiente), alla materia in discussione e al più generale contesto dell’intervista, presenti profili di interesse pubblico all’informazione, tali da escludere la possibilità di censura da parte dell’intervistatore e da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo.
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8; conforme: Cassazione penale , sez. un., 30 maggio 2001 n. 37140 in Foro it. 2001, II, 629
 
Verità del fatto oggetto della notizia e verità della notizia – Compito del giornalista di distinguere i due aspetti.
In sede di responsabilità aquiliana da diffamazione a mezzo stampa, il significato di "verità oggettiva della notizia" va inteso sotto un duplice significato, potendo tale espressione /essere intesa sia come verità del fatto oggetto della notizia, sia come verità della notizia come fatto in sé e, quindi, indipendentemente dalla verità del suo contenuto. Il fatto riferito può non essere affatto vero, e ciò tuttavia non esclude che può essere ben vero che un soggetto lo racconti. Occorre, però, che tale propalazione costituisca di per sé stessa un "fatto" così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse. Va tuttavia specificato che, in questo caso, il cronista ovviamente ha il dovere di mettere bene in evidenza che la verità asserita non si estende al contenuto del racconto, ma si limita a registrare il fatto storico in sé considerato, che una determinata notizia circola pubblicamente nonché di riferirne anche le fonti di propalazione. per le doverose, conseguenti assunzioni delle rispettive responsabilità. Ciò deve essere fatto dal cronista contestualmente alla sua comunicazione, non potendo legittimamente effettuarlo solo successivamente in sede di giudizio. Infatti il diritto di cronaca presuppone la fedeltà dell’informazione, cioè l’esatta rappresentazione del fatto percepito dal cronista, il quale deve curare di rendere inequivoco al destinatario della comunicazione il tipo di percezione, se relativa al contenuto della notizia o alla notizia in sé come fatto storico, e inoltre se diretta ovvero indiretta derivandone in tale seconda ipotesi il debito riscontro dei fatti, comportamenti e situazioni per attribuire attendibilità alla notizia così percepita e poi trasmessa.
 
Pubblicazione di un’intervista – Differenze con l’ordinaria attività giornalistica.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, quando espressioni di carattere potenzialmente diffamatorio siano presenti all’interno di dichiarazioni, riportate dal giornalista tra virgolette, rese da soggetto che si colloca in una posizione di rilevanza nella vita politica, sociale, economica o culturale del Paese e le cui opinioni siano pertanto meritevoli di essere conosciute dal pubblico, prevale, sulla posizione soggettiva del singolo eventualmente diffamato, l’interesse del lettore ad essere informato, assumendo le stesse il valore di strumento di informazione idoneo ad orientarne il giudizio. In tale contesto deve riconoscersi a favore del giornalista la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca in presenza dei seguenti presupposti, parzialmente diversi rispetto a quanto richiesto per l’ordinaria attività giornalistica: le dichiarazioni devono essere state effettivamente rese, venire correttamente riportate e deve essere stata verificata la verità di eventuali elementi fattuali presenti nelle stesse (verità del “fatto intervista”); l’argomento trattato deve essere di rilievo quantomeno in un determinato settore, restando in ipotesi privo di giustificazioni, per il giornalista, riportare gratuitamente asserzioni lesive dell’onore altrui riguardanti la vita privata di una persona anche nota (interesse pubblico); le dichiarazioni devono essere state rilasciate da un personaggio pubblico qualificato nel settore nell’ambito del quale esse sono state rese, così come analoghe caratteristiche deve rivestire il soggetto nei cui confronti siano dirette le affermazioni potenzialmente offensive (criterio di “proporzionalità”); infine il giornalista deve avere mantenuto una posizione di imparzialità limitandosi a rendere conoscibili le opinioni espresse.
Uff. Indagini preliminari Milano, 4 marzo 2003 in Foro ambrosiano 2003, 157; conforme: Tribunale Como, 27 gennaio 2005 in Redazione Giuffrè 2005; conforme: Cassazione penale , sez. V, 08 maggio 2002 , n. 613 in Dir. & Formazione 2002, 1551
 
Verità attiene al fatto che l’intervistato ha effettivamente esposto le affermazioni riportate dal giornalista.
Nel caso in cui il giornalista intervistatore si limiti a riferire parole effettivamente dette dell’intervistato senza modifiche o commenti, affinché possa parlarsi di legittima espressione del diritto di cronaca e si applichi quindi l’esimente dalla responsabilità civile per danni, debbono sussistere i seguenti elementi: a) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché l’intervista sia stata raccolta in modo serio e diligente) circa il fatto che nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dal giornalista il soggetto intervistato ha effettivamente esposto le affermazioni in questione; verità che non è rispettata quando, pur essendo vere le affermazioni riferite, ne siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciute altre, idonee a mutare pesantemente il significato delle prime; ovvero quando, con il ricorso ad accostamenti suggestionanti di singole affermazioni dell’intervistato capziosamente scelte e/o mutamenti dell’ordine di esposizione delle medesime, si pervenga ad una presentazione dell’intervista oggettivamente idonea a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) una rappresentazione della realtà dell’intervista medesima falsa in tutto od in parte (rilevante); b) l’esistenza di un interesse pubblico all’informazione in questione, derivante dalla qualità dei soggetti coinvolti, dalla materia in discussione o da altre caratteristiche dell’intervista.
Cassazione Civile, sez. III, n. 23366 del 15 dicembre 2004 in Diritto & Giustizia 2004; conforme: Tribunale Milano, 16 settembre 2005 in Giustizia a Milano 2005, 63
 
Dichiarazioni di un personaggio di alto rilievo – Pubblicazione integrale – Continenza – Non rileva.
Salvo valutazioni caso per caso di situazioni limite – come per interviste di scarso o nullo interesse pubblico per il tema trattato o il soggetto intervistato, o interviste che contengano solo ingiurie o attacchi gratuiti – il giornalista intervistatore non è punibile per esercizio legittimo del diritto di cronaca indipendentemente dalla continenza delle parole usate dall’intervistato, laddove le dichiarazioni rese da un personaggio di alto rilievo creano di per sè la notizia e sono meritevoli di essere integralmente pubblicate in quanto soddisfano l’interesse della collettività all’informazione indirettamente protetto dall’art. 21 cost.
Uff. Indagini preliminari Milano, 17 gennaio 2002 in Foro ambrosiano 2002, 170
 
Pubblicazione di un’intervista – Elementi da cui si desume l’interesse pubblico.
Il giornalista che assume una posizione imparziale può essere scriminato in forza dell’esercizio del diritto di cronaca quando l’intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al contesto dell’intervista, presenti profili di interesse pubblico all’informazione, tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo (nel caso di specie il tribunale non ha ritenuto sussistente l’interesse pubblico, per l’assenza di notorietà dei personaggi coinvolti e la limitata rilevanza dell’argomento che non giustificava l’opportunità di riportare il contenuto offensivo dell’intervista).
Tribunale Milano, 15 aprile 2002 in Foro ambrosiano 2002, 322; conforme: Cassazione penale, sez. I, 8 aprile 2003, n. 27778 in Riv. pen. 2003, 1069; conforme: Cassazione civile, sez. III, 25 febbraio 2002, n. 2733 in Giust. civ. Mass. 2002, 303
 
Veridicità delle dichiarazioni dell’intervistato – Si può desumere dalla sua autorevolezza.
Nel caso di intervista a contenuto oggettivamente diffamatorio, l’intervistatore ed il direttore responsabile del giornale non rispondono del delitto di diffamazione, per la sussistenza della scriminante della verità putativa, se l’autorevolezza della persona intervistata, valutata in una con tutte le circostanze del caso concreto, lasciava ragionevolmente presupporre la veridicità delle dichiarazioni rese dall’intervistato.
Cassazione penale, sez. V, 9 luglio 2004, n. 37435 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 36, 36
 
Pubblicazione di un’intervista – Contenuto non immediatamente offensivo – Diffamazione – Non sussiste.
Il giornalista che ha pubblicato missive ed interviste diffamanti non è per ciò responsabile del delitto di diffamazione allorché gli scritti non siano immediatamente offensivi nel contenuto o verosimilmente falsi nelle attribuzioni, e comunque abbiano rilievo pubblicistico.
Tribunale Messina, 3 dicembre 2001 in Giur. merito 2002, 1019
 
Indicazione che le opinioni riportate sono altrui – Dovere del giornalista.
Il giornalista non risponde per avere pubblicato un’intervista a contenuto diffamatorio, quando abbia correttamente indicato che le opinioni riportate sono altrui, e non abbia mostrato – neanche surrettiziamente – di aderire a esse.
Cassazione penale , sez. V, 16 dicembre 2004 , n. 4009 in D&G – Dir. e giust. 2005, 9 37
 
Il fatto che una notizia circoli e il fatto oggetto della notizia – Differenze – Il giornalista non deve creare equivoci.
Quanto ai requisiti di verità e correttezza dell’informazione giornalistica, che giustificano la lesione dell’altrui reputazione, non esistono fonti informative privilegiate, dalle quali il giornalista sia autorizzato ad attingere la notizia senza vagliarla; ed ove il fatto propagato dal giornalista sia costituito da una notizia reputata interessante in quanto tale, la correttezza dell’informazione esige che non sorga dubbio che altro è il fatto che circoli quella notizia, altro è la verità del fatto di cui al contenuto della notizia stessa (nella specie, la causa di giustificazione è stata esclusa, essendosi considerata palese la consapevolezza di creare l’equivoco di cui sopra).
Tribunale Salerno, 6 febbraio 2003 in Giur. merito 2003, 2440
 
Intervista utilizzata strumentalmente per esprimere personali opinioni – Diritto di cronaca – Non ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non ricorre la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca nel caso della pubblicazione di un’intervista che non si manifesti come pura e semplice illustrazione del pensiero dell’intervistato, ma sia utilizzata dal giornalista come occasione per esprimere sue personali opinioni al riparo di una fonte che solo apparentemente si manifesta come terza.
Cassazione penale , sez. V, 21 giugno 2005, n. 27236 in D&G – Dir. e giust. 2005, 34 95
 
Pubblicazione di un’intervista – Scriminante si estende anche al direttore e all’editore.
Il direttore e l’editore del giornale che ospita un articolo sottoscritto da una alta personalità politica, non diversamente da quanto avviene nel caso di intervista ad un tale personaggio da parte di un giornalista neutrale, non rispondono di concorso in diffamazione se l’articolo presenta prevalenti profili di interesse pubblico all’informazione, per la qualità dei soggetti coinvolti, per la materia in discussione e per il più generale contesto in cui si pone.
Tribunale Roma, 12 luglio 2002 in Giur. merito 2002, 1286
 
Pubblicazione di un’intervista – Scriminante si estende anche all’intervistato.
È applicabile la scriminante del diritto di cronaca sia in capo al giornalista intervistatore (ed al direttore del giornale) che all’intervistato, quando le affermazioni riportate rispettino i limiti interni della scriminante stessa, costituiti dalla verità dei fatti, dalla continenza, dalla forma e dalla congruità di quanto riportato nella pubblicazione. (Fattispecie nella quale il Giudice ha ritenuto la fondatezza di quanto riportato nell’articolo di cronaca sulla base della circostanza che lo stesso contenuto era stato oggetto di varie vicende amministrative con implicazioni disciplinari per la persona coinvolta).
Uff. Indagini preliminari Milano, 8 maggio 2003 in Foro ambrosiano 2003, 313
 
2.1.2. CASISTICA
 
2.1.2.1. Cronaca giudiziaria
 
Contenuto dichiarazioni dell’autorità giudiziaria – Verifica del giornalista – Non necessaria.  
Con riferimento alla cronaca giudiziaria, cioè a quei casi in cui la notizia pubblicata attiene al fatto costituito da una dichiarazione resa in sede giudiziaria. In questo caso il giornalista si pone quale semplice intermediario tra i fatti e le situazioni realmente accaduti nell’attività giudiziaria e l’opinione pubblica e non è tenuto a svolgere specifiche indagini sull’attendibilità del dichiarante (testimone, coimputato, pentito). Nell’ambito della cronaca giudiziaria il diritto-dovere del giornalista di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati, non può passare attraverso il controllo della verità del fatto dichiarato o dell’attendibilità del dichiarante. Richiedere al giornalista di controllare la verità delle dichiarazioni rilasciate in sede giudiziaria significherebbe pretendere dallo stesso l’onere di indagini analoghe a quelle giudiziarie e creare le premesse per impedire o rendere assolutamente disagevole la cronaca giudiziaria, poiché solo all’esito della sentenza definitiva potrebbe considerarsi la verità delle dichiarazioni rese. In conclusione, con riferimento alla cronaca giudiziaria, va enunciato il principio secondo cui il criterio della verità sostanziale della notizia – condizione affinché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore e della reputazione possa considerarsi espressione del lecito diritto di cronaca – non riguarda il contenuto della dichiarazione e l’attendibilità del dichiarante. La “verità” va riferita al fatto rappresentato e, cioè, al fatto che vi sia stata effettivamente quella dichiarazione in sede giudiziaria, con indicazione del contesto giudiziario nel quale è stata resa, se ciò è necessario per fornire completezza di informazione al lettore. E’ comunque necessario, per l’applicazione della scriminante, che i concetti e le parole riportate siano effettivamente rispondenti al reale contenuto della dichiarazione e dell’atto giudiziario, senza alterazioni del significato sostanziale che possano creare per il lettore una realtà diversa da quella effettivamente attribuibile alla dichiarazione, cosicché il giornalista si pone quale semplice intermediario tra i fatti e le situazioni realmente accaduti nell’attività giudiziaria e l’opinione pubblica. Resta ovviamente ferma la necessità dei requisiti della pertinenza e della continenza. E, in particolare, quanto al requisito della pertinenza, viene in rilievo l’interesse pubblico a quello specifico processo, per le più svariate ragioni, che vanno dalla rilevanza del caso alla notorietà dei personaggi coinvolti. L’accertamento e la valutazione di questi elementi sono rimessi al giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità, se sorretti da adeguata e logica motivazione.
Cassazione civile, sez. III, n. 12358 del 24 maggio 2006 in Giust. civ. Mass. 2006, 5
 
Divulgazione di notizie risultanti dagli atti processuali – Controllo della verità dei fatti – Non necessario.      
Con riferimento al diritto di cronaca giudiziaria, il criterio della verità oggettiva dei fatti non riguarda il fatto in sé oggetto della vicenda giudiziaria, bensì la situazione accaduta nell’ambito dell’attività giudiziaria; il giornale nel riportare la notizia del rinvio a giudizio, é solo tenuto a riportare le notizie risultanti dagli atti processuali, ma non a controllare la verità dei fatti o l’attendibilità della denunciante, che costituisce specifica attività del processo. Ne consegue che, di fronte alla notizia certa del procedimento penale e dell’imputazione a carico dell’attore, non spettava al giornalista svolgere indagini autonome, anche interpellando l’imputato, finalizzate a verificare la veridicità dei fatti sottostanti al processo (peraltro ancora in fase dibattimentale) e la fondatezza delle tesi dei consulenti tecnici o del provvedimento giudiziario di rinvio a giudizio, essendo sufficiente che i concetti e le parole riportate fossero rispondenti al contenuto degli atti giudiziari o delle dichiarazioni inserite nel fascicolo e che la fonte giudiziaria fosse verificabile, requisiti tutti soddisfatti nel caso specifico in esame.
Tribunale Venezia, sez. III, 19 gennaio 2007 in Redazione Giuffrè 2007
 
Riportare le valutazioni degli inquirenti su un presunto responsabile di reato – Diritto di cronaca – Ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, esercita correttamente il diritto di cronaca (e dunque è scriminato ai sensi dell’art. 51 c.p.) il giornalista che, nel dare conto di quanto affermato dagli inquirenti nel corso di una conferenza stampa, riporti anche le valutazioni e gli apprezzamenti da costoro formulati sulla personalità di colui che, a seguito di attività di indagine, è stato identificato quale presunto responsabile del reato per il quale si procede.
Cassazione penale, sez. V, 18 febbraio 2004, n. 11920 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 23, 102
 
Pubblicazione di notizie officiose non accertate – Diritto di cronaca – Non ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, poiché non può ritenersi di per sè attendibile la confidenza di un ufficiale di polizia giudiziaria, il cronista, che raccolga, al di fuori delle comunicazioni ufficiali fornite nel corso di una conferenza stampa, ulteriori notizie relative ad attività di indagine, deve assumersi l’onere di verificarle direttamente e di dimostrarne la pubblica rilevanza. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che avevano ravvisato la sussistenza del delitto di diffamazione in un’ipotesi in cui il giornalista aveva riferito nell’articolo la falsa notizia, appresa nel corso di colloqui informali con un operatore di polizia giudiziaria, del ritrovamento di reperti archeologici sospetti nella casa di un indagato).
Cassazione penale, sez. V, 19 novembre 2001 n. 41135  in Riv. it. dir. e proc. pen. 2002, 1462
 
Pubblicazione di una memoria difensiva di un imputato – Interesse pubblico – Scriminante per il curatore e l’editore.
Non si configura il delitto di diffamazione a mezzo stampa a carico dell’editore e del curatore, allorquando in un libro venga riprodotta una memoria difensiva di un imputato in un procedimento penale, che pure contenga elementi lesivi all’onore di terzi, se il contenuto della memoria difensiva rivesta un preminente interesse per il pubblico in ragione dei fatti e delle persone cui si riferisce e se l’editore e il curatore non vi aggiungono ulteriori commenti o informazioni tese a confermare o comunque ad avvalorare i fatti riportati. In tal caso non è penalmente responsabile neanche l’imputato che ha redatto la memoria, pur se partecipe della sua pubblicazione.
Tribunale Milano, 21 novembre 2001 in Cass. pen. 2002, 2194
 
Diritto di difesa e il diritto di cronaca – Differenze – Assenza di interesse pubblico – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa non è configurabile la scriminante del diritto di cronaca per il solo fatto che il contenuto dell’articolo diffamatorio sia riproduttivo di un’arringa difensiva svolta in sede dibattimentale poiché nel processo l’esposizione di fatti obiettivamente lesivi dell’altrui reputazione è scriminata dall’esercizio del diritto di difesa mentre la pubblicazione sulla stampa degli stessi fatti può perdere il carattere dell’illiceità solo se giustificata dall’interesse generale alla conoscenza della notizia e se questa sia riportata in termini corretti, precisi e non ambigui. Ne consegue che in assenza di dette condizioni la pubblicità del dibattimento non può valere di per sè a legittimare la pubblicazione della notizia in quanto la possibilità di presenziare allo svolgimento del giudizio da parte di un numero più o meno ampio di persone non può essere equiparata alla divulgazione della notizia, col mezzo della stampa, ad un numero indeterminato di lettori.
Cassazione penale, sez. I, 15 novembre 2001, n. 4462 in Cass. pen. 2003, 901
 
Informazione parziale su un’operazione di polizia – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
Integra il delitto di diffamazione con il mezzo della stampa la condotta del cronista che, nel dare notizia di una operazione di polizia giudiziaria, riporti solo una delle ipotesi investigative illustrate dagli inquirenti nel corso di conferenza stampa appositamente indetta.
Cassazione penale, sez. V, 24 settembre 2001, n. 43450 in Cass. pen. 2003, 135 (s.m.)
 
2.1.2.2. Opera cinematografica e diffamazione
 
Diritto di cronaca a mezzo di opera cinematografica – Diritto di cronaca a mezzo stampa – Analogie e differenze.
I criteri interpretativi elaborati dalla giurisprudenza in tema di cronaca giudiziaria sono applicabili anche all’opera cinematografica, quando l’intero filmato si richiami al contenuto di atti e documenti dell’autorità giudiziaria, contenga cartelli esplicativi con analoghe precisazioni e tale risulti il complessivo ambito di riferimento dell’opera in considerazione del taglio eminentemente realistico e quasi documentaristico della stessa. Il limite della verità della cronaca giudiziaria si atteggia pertanto come fedele corrispondenza della narrazione al contenuto degli atti e degli accertamenti processuali compiuti dalla magistratura. Non sussiste alcun formale ostacolo che impedisca all’autore di un film di esercitare attraverso di esso il diritto di cronaca, spettando il medesimo a chiunque quale diretta estrinsecazione del diritto previsto dall’art. 21 cost. Non potendosi procedere ad una totale assimilazione della cinematografia alla stampa, dovendosi tenere conto delle peculiarità derivanti dalla natura creativa della prima, l’uso del mezzo cinematografico comporta alcune specifiche valutazioni. Da un lato occorre analizzare se l’autore dell’opera abbia inteso utilizzare la versione filmica per narrare una vicenda non ancora giudizialmente definita con l’intento di ripercorrere un accertamento giudiziale ancora "in itinere"; in secondo luogo si rende senz’altro peculiare e particolarmente penetrante l’accertamento dei requisiti ritenuti necessari per la configurazione della scriminante. La forza evocatrice delle immagini e la carica emotiva che suscitano nello spettatore impongono, diversamente dallo scritto la necessità di analizzare l’intero contesto entro il quale il film si snoda (sequenza e concatenazione delle immagini, scelta dei personaggi e sottolineature musicali) (Il tribunale ha ritenuto configurabile il diritto di cronaca in quanto l’opera cinematografica ricalcava in maniera pedissequa una dettagliatissima ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre non si traggono dal film illazioni circa l’attribuzione di responsabilità al ricorrente quale autore di un omicidio).
Tribunale Roma, 10 maggio 2002 in Dir. informatica 2002, 821
 
Opera cinematografica e informazione – Rispetto dei limiti del diritto di cronaca – Irrilevanza delle finalità di lucro.
Anche nei confronti di un’opera filmica vale la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca (nella specie: giudiziaria), a condizione che sia ben chiaro l’intento di ripercorrere un accertamento giudiziale tuttora "in itinere", che la rielaborazione artistica non abbia comportato un travisamento, anche non voluto, dei fatti narrati, sempre che l’impiego di tecniche "di effetto" (inquadrature, primi piani, etc.) non si traduca in una inutile aggressione del soggetto raffigurato, esorbitante rispetto allo scopo informativo, tenuto anche conto della maggiore lesività dell’eventuale riconosciuta diffamazione per il soggetto passivo del reato.
Nemmeno in caso di esercizio di diritto di cronaca attraverso un’opera cinematografia è rilevante che l’attività venga esercitata per finalità di lucro, e pertanto non è necessario acquisire il consenso dell’interessato.
Tribunale Roma, 3 maggio 2002 in Giur. merito 2003, 529;conforme: Tribunale Roma, 26 marzo 2002 in Dir. informatica 2002, 818
 
2.1.2.3. Pubblicazione di un’interrogazione o interpellanza parlamentare
 
Pubblicazione del testo diffamatorio di un’interrogazione parlamentare – Verifica della veridicità del contenuto – Non necessaria.
Costituisce legittima espressione del diritto di cronaca, quale esimente della responsabilità civile per danni, la pubblicazione di un’interrogazione parlamentare dal contenuto oggettivamente diffamatorio, sempre che (e solo che) corrisponda al vero la riproduzione (integrale o per riassunto) del testo dell’interrogazione medesima, essendo priva di rilievo, per converso, l’eventuale falsità del suo contenuto, che il giornalista non ha il dovere di verificare, pur avendo l’obbligo di riprodurlo in forma impersonale ed oggettiva, quale semplice testimone, senza dimostrare, cioè, con commenti o altro, di aderire comunque al suo contenuto diffamatorio ed abbandonare, così, la necessaria posizione di narratore asettico ed imparziale del fatto interrogazione.
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8; conforme: Cassazione civile, sez. III, 19 dicembre 2001, n. 1599 in Danno e resp. 2002, 515
 
Nominativo del soggetto cui fa riferimento un’interrogazione parlamentare – Può essere esplicitato.
Può verificarsi che il contenuto di un’interrogazione parlamentare faccia chiaro riferimento ad un soggetto, indicando elementi precisi per la sua individuazione da parte degli esperti del settore, senza tuttavia nominarlo.
In questa ipotesi non snatura il diritto di cronaca l’attività del giornalista che esplicita tale nominativo, ma, in relazione a questo plus rispetto all’interrogazione, deve accertare la corrispondenza degli elementi soggettivi forniti nell’interrogazione ed il soggetto da lui individuato. In altri termini il giornalista ancora una volta non risponde della verità dei fatti indicati nell’interrogazione parlamentare, ma ne risponde nei soli limiti in cui egli ha ritenuto che i fatti indicati nell’interrogazione si riferissero ad un determinato soggetto, non esplicitato nell’interrogazione, se, invece, l’interrogazione non si riferiva a quel soggetto. Si rimane, quindi, sempre nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di cronaca giornalistica se l’articolo relativo ad un’interrogazione parlamentare chiarifica anche al lettore medio, quello che già risulta chiaro agli esperti del settore relativamente al contenuto di tale interrogazione.
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8.

Diffusione interpellanza o interrogazione parlamentare – Indicazione della
formula dubitativa o interrogativa dell’atto o della sua fonte – Necessaria.
È configurabile il delitto di diffamazione col mezzo della stampa nel caso di diffusione del contenuto offensivo di una interpellanza o interrogazione parlamentare, qualora sia omessa la formula dubitativa o interrogativa dell’atto, la quale ha l’effetto di escludere la rispondenza dei fatti a verità obiettiva non ancora accertata, o quando il titolo dell’articolo che contiene la notizia venga presentato in maniera da presentare l’accadimento del fatto senza riferimento alla fonte ed alla forma in cui è stato prospettato.
Cassazione penale, sez. V, 30 gennaio 2002, n. 13159 in D&G – Dir. e Giust. 2002, f. 22, 75
 
Diffusione interrogazione parlamentare – Aggiunta di elementi che travisano i fatti -Condanna del giornalista.
In tema di diffamazione commessa col mezzo della stampa, non può essere invocata la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca da parte del giornalista che, pubblicando il testo integrale di una interrogazione parlamentare fondata su presupposti non corrispondenti a verità, corredi l’articolo di un titolo e di una introduzione tali da indurre il lettore a ritenere che l’autore dell’articolo condivida ed avvalori le affermazioni fatte dal parlamentare.
Cassazione penale, sez. V, 9 ottobre 2002, n. 38246 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 5, 103
 
Diffusione interrogazione parlamentare – Non rispetto dei limiti del diritto di cronaca – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
La legittimità del diritto di cronaca presuppone che il giornalista riproduca l’interrogazione parlamentare "asetticamente", ossia in forma impersonale ed oggettiva a modo di semplice testimone. Se, invece, abbandonando la posizione di imparziale narratore del fatto-interrogazione, dimostri, con commenti od altro, di approvare o di aderire, comunque, al suo contenuto diffamatorio, non potrà che farsi applicazione della regola generale che presiede all’esercizio del diritto di cronaca: nel senso che il giornalista dovrà provare, per andare esente da responsabilità, la verità intrinseca del fatto riferito, l’interesse pubblico alla sua conoscenza, la correttezza formale dell’esposizione.
Cassazione civile, sez. III, 19 dicembre 2001, n. 15999 in Resp. civ. e prev. 2002, 1396
 
2.2.1.4. Altre fattispecie
 
Pubblicazione di una lettera accusatoria senza alcun tipo di accertamento – Responsabilità penale del giornalista – Mera segnalazione della lettera al direttore – Diffamazione – Non ricorre.
Il giornalista il quale riceva una lettera contenente accuse nei confronti di terzi non può pubblicarla integralmente, se non si sia previamente accertato della identità del mittente, della attendibilità della fonte e dell’interesse pubblico alla divulgazione della notizia.
Il giornalista il quale, ricevuta una lettera dal contenuto diffamatorio, la segnali al direttore raccomandandone la pubblicazione, non risponde del delitto di cui all’art. 595 c.p., a meno che non sia dimostrato che tale condotta abbia avuto un effetto decisivo sulla determinazione del direttore del giornale di pubblicare la lettera.
Cassazione penale, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 46226 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 1, 23
 
Pubblicazione di notizie false e interpretazioni fantasiose di fatti contestati in via generica ad un soggetto – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
Integra gli estremi della diffamazione, senza che possa invocarsi l’esimente del diritto di cronaca, la pubblicazione di articoli giornalistici, relativi ad un magistrato nei cui confronti era stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, con la contestazione dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, falsità ideologica e abuso d’ufficio, nei quali si riferivano fatti non veri (nella specie, per aver aggiunto circostanze false, che inducevano a prospettare la commissione, da parte del magistrato, anche del reato di corruzione), si dava un’interpretazione del tutto fantasiosa degli abusi contestati in via generica (nella specie, per aver affermato che ai boss in carcere sarebbe stato concesso, con la complicità del magistrato, un trattamento di favore) e si utilizzava una forma espositiva non corretta (nella specie, per aver accostato la fotografia del magistrato a quella di un noto boss mafioso, il quale avrebbe dichiarato che l’arresto del primo era frutto di “dicerie” di pentiti).
Tribunale Palermo, 11 giugno 2002 in Danno e resp. 2002, 1237
 
Accostamento ad un’indagine giudiziaria del nome di una persona non coinvolta – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
L’accostamento ad un’indagine giudiziaria, in una pagina di un quotidiano ad essa interamente dedicata, del nome di una persona, che non vi è in alcun modo coinvolta, non può ritenersi scriminato dall’esercizio del diritto di cronaca e ha, pertanto, carattere diffamatorio.
Tribunale Milano, 13 aprile 2000 in Foro it. 2000, I,3004
 
Aggiungere alla notizia ulteriori circostanze false e insinuanti – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
L’esimente del diritto di cronaca non può essere invocata dal giornalista che, negli articoli in cui dà conto delle dichiarazioni con cui un soggetto ha leso la reputazione di un terzo, aggiunga ulteriori circostanze, oggettivamente false, atte ad accreditare presso il pubblico un’ impressione di veridicità del contenuto delle anzidette dichiarazioni (nella specie, oltre a riferire la circostanza che un pentito di camorra, in sede di interrogatorio, aveva fatto il nome di un magistrato, quale persona conosciuta e contattata da esponenti di clan malavitosi, il giornalista diffondeva le notizie, non veritiere, dell’invio di un’informazione di garanzia al magistrato e della sua convocazione presso la procura generale della Corte di cassazione).
Cassazione civile, sez. III, 26 luglio 2002, n. 11060 in Danno e resp. 2003, 41
 
2.2.DIRITTO DI CRITICA
2.2.1. DIRITTO DI CRITICA E DIRITTO DI CRONACA. DIFFERENZE.
 
Diritto di critica – Nozione – Bilanciamento tra libera manifestazione del pensiero e reputazione altrui.
Il diritto di critica non si concreta, come quello di cronaca, nella narrazione di fatti, ma si esprime mediante un giudizio o un’opinione, che, come tale, non può essere rigorosamente obiettiva. Nondimeno non può ritenersi che la critica sia sempre vietata pur se idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero.
Cassazione civile , sez. III, 13 giugno 2006, n. 13646 in Giust. civ. Mass. 2006, 6; conforme: Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8.
 
Diritto di critica – Fondamento costituzionale – Art. 21 cost.
L’operatività della scriminante dell’esercizio del diritto di critica, prevista dall’art. 51 c.p. – che si sostanzia nella libertà di esprimere valutazioni, dissensi o consensi rispetto alle opinioni od alle condotte altrui, specie se di rilevanza pubblica – rinviene il proprio addentellato costituzionale nel diritto di libera manifestazione del pensiero, espressamente riconosciuto ad ogni cittadino dall’art. 21 cost.
Uff. Indagini preliminari Bari, 15 dicembre 2004 in Giurisprudenzabarese.it 2005,
 
Diritto di critica – Si applica a tutti i cittadini e non solo ai giornalisti.
In tema di diffamazione, il diritto di critica non compete al solo giornalista e dunque non è efficace, quale causa di esclusione dell’antigiuridicità, solo per quel che riguarda il reato commesso col mezzo della stampa, atteso che nè l’art. 21 cost., nè l’art. 51 c.p. autorizzano una simile lettura restrittiva; ne consegue che il diritto di critica (correttamente esercitato) spetta a tutti, costituendo uno dei fondamenti della vita di relazione in un corpo sociale ordinato secondo i principi della democrazia e del liberalismo ed è assolutamente necessario per la esistenza dello Stato di diritto.
Cassazione penale , sez. V, 06 dicembre 2005, n. 5103 in D&G – Dir. e giust. 2006, 14 59
 
Diritto di critica – Manifestazione in sedi istituzionali o medianiche – Non necessaria.
Il diritto di critica può manifestarsi anche in maniera estemporanea, non essendo necessario che si esprima nelle sedi, ritenute più appropriate, istituzionali o mediatiche, ove si svolgono dibattiti fra i rappresentanti della politica ed i commentatori; diversamente, verrebbe indebitamente limitato, se non conculcato, il diritto di manifestazione del pensiero che spetta al comune cittadino; irrilevante, dunque, è la circostanza che nella specie la censura sia stata esternata nei corridoi di un palazzo di giustizia, che appare anzi particolarmente idoneo, come sede privilegiata, a suscitare riflessioni sul tema della legalità e del rispetto della legge.
Cassazione penale , sez. V, 07 giugno 2006 , n. 19509 in D&G – Dir. e giust. 2006, 25 40
 
Diritto di critica e diritto di cronaca – Differenze.
Il diritto di critica non si concreta, come quello di cronaca, nella narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio, o, più genericamente, in una opinione, la quale, come tale, non può che essere fondata su un’interpretazione dei fatti e dei comportamenti e quindi non può che essere soggettiva, cioè corrispondere al punto di vista di chi la manifesta.
Cassazione civile, sez. III, 11 gennaio 2005, n. 379 in Giust. civ. Mass. 2005, 1; Cassazione Sezione Terza n. 27141 del 19 dicembre 2006 in www.legge-e-giustizia.it
 
Discorso giornalistico a carattere valutativo su temi di rilevanza sociale – Riferimento a precisi dati fattuali – Non è richiesto.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, è configurarle l’esimente del diritto di critica – distinto e diverso dal diritto di cronaca – quando il discorso giornalistico abbia un contenuto esclusivamente valutativo e si sviluppi nell’alveo di una polemica intensa e dichiarata, frutto di opposte concezioni, su temi di rilevanza sociale, senza trascendere ad attacchi personali finalizzati – come nella specie – all’unico scopo di aggredire l’altrui sfera morale, non richiedendosi neppure – a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca – che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre, però, che il nucleo ed il profilo essenziale di questi non siano strutturalmente travisati e manipolati.
Cassazione penale , sez. fer., 08 agosto 2006 , n. 29453 in D&G – Dir. e giust. 2006, 34 59
 
Critica e insulto – Differenze.
Ciò che distingue la critica dall’invettiva (o dall’insulto) è il fatto che la prima è argomentata, il secondo è gratuito. Per ritenersi validamente (e non solo formalmente) argomentato, un giudizio critico deve essere corredato da una “spiegazione” che renda manifesta al destinatario del messaggio la ragione della censura. Come è ovvio, non è necessario che tale destinatario (e, dunque, l’interprete e, dunque, il giudicante) condivida l’iter argomentativo e/o le conclusioni del criticante, essendo sufficiente che l’uno e le altre presentino un carattere minimo di logicità e non contrastino col senso comune.
Cassazione penale, sez. V, n. 11662 del 20 marzo 2007 in www.legge-e-giustizia.it; Cassazione penale , sez. V, 04 marzo 2005, n. 15001 in D&G – Dir. e giust. 2005, 25 80
 
2.2.2. LIMITI DEL DIRITTO DI CRITICA IN GENERALE. INTERESSE PUBBLICO
 
Decisione di esporre pubblicamente le proprie vicende personali – Diritto di critica – Ricorre.
Se è pur vero che l’esercizio del diritto di critica non può spingersi sino a ledere l’onore e il decoro delle persone, aggredendone i diritti della sfera personale, è altresì vero che colui il quale decide di esporre le proprie vicende personali in una trasmissione televisiva le rende per ciò solo pubbliche, e deve pertanto accettare che esse possano formare oggetto di critica da parte di terzi. Ne consegue che costituisce legittimo esercizio del diritto di critica censurare, anche in modo sarcastico o polemico, una trasmissione televisiva e le dichiarazioni rese da chi vi ha partecipato, fermo restando il limite della continenza verbale.
Cassazione penale , sez. V, 08 luglio 2005, n. 30879 in D&G – Dir. e giust. 2005, 42 52
 
2.2.3.      VERITA’ DEL FATTO OGGETTO O PRESUPPOSTO DI CRITICA
 
Verità del fatto – Richiesta – Percezione differente dello stesso accadimento – Possibile.
L’esimente del diritto di critica può rendere non punibili espressioni anche aspre e giudizi che di per sé sarebbero diffamatori, tesi a stigmatizzare un comportamento realmente tenuto dal personaggio pubblico, ma non può scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta, utilizzata come fondamento per la critica.
Non vi può essere alcun dubbio che il fatto che costituisce il presupposto delle espressioni critiche debba essere vero, perché non può essere assolutamente consentito attribuire ad una persona comportamenti mai tenuti o frasi mai pronunciate e poi esporlo a critica come se quelle parole e quei fatti fossero davvero a lui attribuibili. E’ certamente vero che la verità assoluta non esiste e che la realtà non può essere percepita in modo differente; cosicché può accadere che due narrazioni dello stesso fatto presentino delle divergenze, talvolta anche marcate, perché ciascuno può dare risalto ad aspetti specifici dello stesso accadimento, determinando così percezioni e, quindi, conseguenti valutazioni differenti. Ma ciò non può accadere per specifici comportamenti attribuiti ad una persona.
Cassazione penale, sez. V, n. 7662 del 23 febbraio 2007 in www.legge-e-giustizia.it
 
Riferimento a precisi dati fattuali – Non necessario.
L’esimente del diritto di critica è senza dubbio configurabile quando il discorso giornalistico abbia un contenuto prevalentemente valutativo e si sviluppi nell’alveo di una polemica intensa e dichiarata, su temi di rilevanza sociale, senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all’unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, non richiedendosi neppure – a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca – che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale di questi non siano strumentalmente travisati e manipolati.
Cassazione penale, sez. V, n. 11662 del 20 marzo 2007 in www.legge-e-giustizia.it
 
Riferimento a precisi dati fattuali – Non necessario.
A differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca, non si richiede che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo e il profilo essenziale di questi non siano strumentalmente travisati e manipolati.
Questa affermazione va non di meno intesa non già nel senso che la critica possa essere del tutto avulsa da ogni riferimento alla realtà sostanziale, ma nel senso che, proprio perché attività speculativa e congetturale, attraverso la lettura o la rivisitazione di fatti veri, la stessa non può pretendersi del tutto asettica, quasi fedele riproposizione di quegli accadimenti, perché,se così fosse, sarebbe cronaca e non già giudizio di valore. Insomma, la critica deve pur sempre riferirsi ad un determinato evento, sia esso artistico, socio-politico, storico, culturale, letterario o religioso, ma – per sua stessa natura – consiste nella rappresentazione, per l’appunto critica, di quello stesso fatto e, dunque, nella sua elaborazione. Ed il giudizio, che per definizione la sostanzia, non può essere rigorosamente obiettivo ed imparziale, in quanto è ineludibile espressione del retroterra culturale e formativo di chi lo formula e – nel caso della critica politica – anche delle sue opzioni ideologiche.
Cassazione penale, sez. V,  n. 6419 del 21 febbraio 2005 in www.legge-e-giustizia.it
 
Verità del giudizio critico (non richiesta) e verità del fatto oggetto di critica (richiesto) – Differenze.
La critica, per sua natura, non può essere fondata se non su un’interpretazione di fatti e comportamenti e tale interpretazione non può che essere soggettiva e, cioè, corrispondente al punto di vista di chi la manifesta. I giudizi critici non sono, perciò, mai suscettibili di valutazioni che pretendano di ricondurli a verità oggettiva.
Ciò che va specificato è che, mentre il giudizio critico su un fatto (inteso in senso ampio) è necessariamente soggettivo e può essere come tale condiviso o meno dai consociati, il fatto, presupposto ed oggetto della critica, deve corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, come nell’esercizio del diritto di cronaca.
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8
 
Nella valutazione del diritto di critica rileva il grado di verità e di certezza del fatto dal quale trae spunto il giudizio critico.
Quando l’esercizio del diritto di critica vada a collidere con la tutela dei diritti della personalità degli interessati, è necessaria un’opera di bilanciamento tra le peculiarità espressive della critica ed il grado di verità e di certezza del fatto o del comportamento dal quale trae lo spunto il giudizio critico. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che il collegamento della figura di un ufficiale, arrestato provvisoriamente dal giudice istruttore nell’ambito delle indagini su di un reato di strage ad episodi criminali verificatisi in precedenza in altra città non fosse espressione di lecita critica, essendo stato anche taciuto che, per quei fatti, l’ufficiale era stato assolto dall’imputazione di favoreggiamento).
Cassazione civile , sez. III, 07 dicembre 2005, n. 26999 in Giust. civ. Mass. 2005, 12
 
Critica – Riscontro nella realtà fattuale – Lecita – Ricostruzione volontariamente distorta della realtà – Illecita.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esercizio del diritto di critica pur assumendo necessariamente connotazioni soggettive ed opinabili, in particolare quando, come nella specie, abbia per oggetto lo svolgimento di pubbliche attività di cui si censurino le modalità di esercizio e le disfunzioni e si suggeriscano i provvedimenti da adottare, richiede – unitamente al rispetto del limite della rilevanza sociale e della correttezza delle espressioni usate – che, comunque, le critiche trovino riscontro in una corretta e veritiera riproduzione della realtà fattuale e che, pertanto, esse non si concretino in una ricostruzione volontariamente distorta della realtà, preordinata esclusivamente ad attirare l’attenzione negativa dei lettori sulla persona criticata. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto incensurabile la decisione con cui il giudice di merito ha escluso l’operatività dell’esimente del diritto di critica nei confronti di una giornalista, la quale aveva pubblicato svariati articoli con i quali accusava il presidente di un ente regionale di una "cattiva e allegra gestione", insinuando la sussistenza di illeciti senza che vi fosse la minima prova degli stessi).
Cassazione penale , sez. V, 30 novembre 2005, n. 9373 in CED Cass. pen. 2006, 233887

Strumentalità del fatto rispetto al giudizio critico.
In tema di diffamazione, la natura strumentale del fatto rispetto al diritto di critica (nel campo della cd. “critica di costume”) comporta che chi tale diritto esercita deve ritenersi che abbia rispettato il limite della verità se il fatto dal quale egli “muove” è stato riferito correttamente nelle sue linee essenziali, in quanto la manifestazione del pensiero, in tal caso, non è volta a diffondere tra il pubblico la conoscenza di un accadimento, ma un’opinione in relazione a un accadimento, assunto come emblematico dei tempora e dei mores di una determinata categoria di persone, individuate con riferimento a un’area geografica, a una fascia sociale eccetera.
Cassazione penale , sez. V, 21 giugno 2006 , n. 24509 in D&G – Dir. e giust. 2006, 41 72
 
2.2.4. CONTINENZA DELLA CRITICA
 
Diritto di critica – Limite della continenza formale e sostanziale.
Anche il diritto di critica è, come quello di cronaca, condizionato all’osservanza del limite della continenza, che viene in considerazione non solo sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione, ma anche sotto il profilo sostanziale consistente nel non eccedere i limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse.
Cassazione civile , sez. III, 04 luglio 2006 , n. 15270 Giust. civ. Mass. 2006, 7-8
 
Diritto di critica – Estrinsecazione anche nell’uso di un linguaggio colorito e pungente – Differenza con il diritto di cronaca.
In tema di dirittodi cronaca e di critica, i termini adottati ed il taglio dato ad un articolo di giornale costituiscono emanazione della cultura, sensibilità ed esperienza del redattore ed implicano un livello di partecipazione personale, più o meno elevato, che necessariamente fa degradare l’obiettività assoluta dell’informazione a canone tendenziale. E’ però questo il contenuto del diritto di critica, cioè il diritto del giornalista di esprimere la propria visione della vita e della società.
Deve quindi ben distinguersi la cronaca dalla critica, riconoscendo che con quest’ultima si manifesta la propria opinione, che non può pertanto pretendersi assolutamente obiettiva e che può essere esternata anche con l’uso di un linguaggio colorito e pungente.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con la quale si era ritenuto corretto, siccome rispondente al comune sentire, un giudizio critico di disvalore morale espresso in termini pacati e civili, ancorché perentori, sulla sconveniente regola di una chiesa di pretendere il pagamento anticipato di ogni servizio, anche quando le prestazioni erano, in definitiva, pressoché inesistenti ovvero richieste da povera gente).
Cassazione penale, sez. V, n. 7662 del 23 febbraio 2007 in www.legge-e-giustizia.it; Cassazione civile, sez. III, 31 marzo 2006 , n. 7605 Giust. civ. Mass. 2006, 3
 
Limite della continenza – Superato quando le espressioni adottate sono denigratorie e sproporzionate rispetto alla gravità del fatto.
Il limite al diritto di critica è esimente del delitto di diffamazione nella misura in cui appaia essenziale e necessario alla comunicazione ai terzi del messaggio informativo:
anche termini corrosivi sono assolutamente ammissibili, quando giovino al migliore risultato di informazione. Il limite della continenza deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo che il giornalista risulta essersi prefisso. Occorre, quindi valutare la proporzionalità dei termini adoperati per rapporto all’esigenza di evidenziare la gravità dell’accaduto quando questo presenti oggettivi profili di interesse pubblico.
Cassazione penale , sez. V, 13 dicembre 2005, n. 208 in CED Cass. pen. 2006, 233054
 
Continenza – Nozione – Non è assenza di polemica o offensività ma assenza di toni ingiuriosi o volgari.
In tema di richiesta di risarcimento del danno per le offese contenute in un atto processuale di parte, il diritto di critica, allorché implichi un giudizio di disvalore, idoneo ad incidere sulla reputazione e sul prestigio professionale della persona nei cui confronti la critica è rivolta, è condizionato, quanto alla legittimità del suo esercizio, all’osservanza del limite della continenza. Continenza che non consiste nell’assenza di polemica e/o offensività oggettiva delle espressioni, ma nell’assenza di toni meramente ingiuriosi o volgari, e nell’assenza della mera finalità di svilire e indicare a disprezzo pubblico la persona oggetto delle critica medesima.
Tribunale Monza, 2 febbraio 2006 in Redazione Giuffrè 2006
 
2.2.5. CASISTICA
 
2.2.5.1. Critica politica
Continenza e critica politica.
L’applicazione della scriminante del diritto di critica politica, pur nell’ambito della polemica tra avversari di contrapposti schieramenti ed orientamenti, di per sè improntata ad un maggior grado di virulenza, presuppone che la critica sia espressa con argomentazioni, opinioni, valutazioni, apprezzamenti che non degenerino in attacchi personali o in manifestazioni gratuitamente lesive della altrui reputazione, strumentalmente estese anche a terreni estranei allo specifico della contesa politica, e non ricorrano all’uso di espressioni linguistiche oggettivamente offensive ed estranee al metodo ed allo stile di una civile contrapposizione di idee, oltre che non necessarie per la rappresentazione delle posizioni sostenute e non funzionali al pubblico interesse. Un limite di continenza, dunque, necessariamente ancor più rigoroso ove esso venga riguardato, non nella prospettiva di una contesa fra gruppi politici contrapposti, ma si iscriva – come nella specie – in una “polemica” unilateralmente promossa attraverso l’arbitrario inserimento di magistrati all’interno di un supposto schieramento politico antagonista.
Cassazione penale , sez. fer., 08 agosto 2006 , n. 29453 in D&G – Dir. e giust. 2006, 34 59; conforme: Cassazione penale , sez. I, 10 giugno 2005, n. 23805 in Ced Cassazione 2005, RV231764
 
Continenza in ipotesi di critica politica – Elementi di valutazione.
Per stabilire se l’esercizio del diritto di critica nei confronti di un uomo politico abbia rispettato il limite della continenza verbale, il giudice di merito deve tenere conto dei seguenti parametri: a) le singole parole non possono essere estrapolate dal contesto, ma vanno valutate in una con esso; b) l’estensione del diritto di critica è tanto maggiore, quanto più elevate siano le funzioni pubbliche ricoperte dalla persona criticata; c) la natura offensiva delle singole espressioni usate va sempre comparata con l’indignazione suscitata dalla condotta della persona criticata; d) la natura diffamatoria delle affermazioni deve escludersi quando esse siano manifestazione non di malanimo personale, ma di polemica politica (sulla base di tale motivazione, la Suprema corte ha cassato la sentenza di condanna di un imputato il quale aveva proferito all’indirizzo del presidente del Consiglio dei ministri l’espressione «Fatti processare, buffone! Rispetta la legge, rispetta la democrazia o farai la fine di Ceausescu e di don Rodrigo»).
Cassazione penale , sez. V, 07 giugno 2006, n. 19509 in D&G – Dir. e giust. 2006, 25 18
 
Utilizzo di frasi forti ed offensive.
In materia di diffamazione, l’esercizio del diritto di critica politica consente l’utilizzo di frasi forti e offensive che, quando non sfociano in espressioni di gratuita aggressione dell’altrui onore, possono costituire un modo per condannare e criticare le modalità adottate dagli avversari politici.
Tribunale Arezzo, 30 novembre 2005 in Redazione Giuffrè 2006
 
Competizioni politiche – Toni aspri di disapprovazione – Consentiti – Attacco personale alla sfera privata dell’offeso – Non consentito.
Il diritto di critica sancito dall’art. 21 Cost. consente, nel corso delle competizioni politiche o sindacali, toni aspri di disapprovazione e il limite di tale condotta è dato dalla condizione che la critica non trasmodi in attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell’offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell’avversario. (A questi principi – ha affermato la Cassazione – la Corte di Roma si è attenuta spiegando le ragioni per le quali ha ritenuto che l’affissione del manifesto e la definizione delle parti civili come “giuda” non fossero da intendere come attacco personale, ma come atto politico dell’imputato; questi infatti, nella veste di commissario di una sezione di un partito politico, aveva inteso portare a conoscenza degli elettori la scelta, altrettanto politica, delle parti civili di dissociarsi dalla linea ufficiale del gruppo, ponendosi anche nelle condizioni di subire una successiva espulsione dal partito. In tale cornice – ha affermato la Corte – la comunicazione riguardava un tradimento a connotato chiaramente politico e del tutto scevro da profili di corruttela, dai quali il termine “giuda”, nell’uso comune, è ormai disancorato).
Cassazione penale, sez. V, n. 29935 del 12 settembre 2006 in www.legge-e-giustizia.it
 
 
Critica politica – Convinzioni del politico non poste pubblicamente in discussione – Devono essere escluse.
In tema di diffamazione, nel caso di critica politica, il divieto di ricorrere ad argomenti relativi alla sfera personale vige solo quando detti argomenti siano correlati a quanto rimane estraneo alla disputa e, quindi, coperto da riservatezza; ne consegue che devono essere sottratte alla polemica solo le convinzioni e le attitudini che l’uomo politico non pone pubblicamente in discussione con il suo comportamento o non offre al giudizio degli elettori, quale ragione di scelta della sua persona a preferenza di altre.
Cassazione penale , sez. V, 19 gennaio 2005, n. 7595 in D&G – Dir. e giust. 2005, 16 55
 
Attribuzione ad un avversario politico un fatto oggettivamente falso – Diffamazione – Ricorre.
Non sussiste l’esimente del diritto di critica qualora, nel corso di un dibattito televisivo di natura politica, si attribuisca all’avversario un fatto oggettivamente falso, penalmente rilevante e, pertanto, lesivo della sua reputazione. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure l’affermazione – da parte del giudice di merito – di responsabilità nei confronti dell’imputato che aveva attribuito all’avversario politico, nel corso di una trasmissione televisiva, reati di natura corruttiva e concussoria).
Cassazione penale , sez. V, 25 febbraio 2005, n. 12807 in Ced Cassazione 2005, RV231696
 
Espressioni gratuite volte a screditare l’avversario politico – Diffamazione – Ricorre.
Si ha abuso del diritto di critica quando si utilizzano espressioni gratuite non pertinenti ai temi apparentemente in discussione, volte a screditare l’avversario politico mediante l’evocazione di una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale, piuttosto che a criticarne i programmi o le azioni.
Tribunale Como, 14 gennaio 2005 in Redazione Giuffrè 2005
 
Pubblicazione in un quotidiano di una lettera diffamatoria senza alcun riscontro nei fatti – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di critica politica qualora – in una lettera inviata al direttore di un quotidiano e ivi pubblicata – dopo aver rappresentato l’inopportunità di un incarico affidato da un ente pubblico a soggetto allineato in precedenza, in qualità di appartenente ad una data corrente politica, all’opposizione, si indichi – con un parallelismo ingiustificato perché privo di riscontro nei fatti – nel destinatario di detto incarico un corrotto amministratore al pari di altri che erano al centro di disavventure giudiziarie per le quali avevano subito la custodia cautelare in carcere, in quanto il diritto di critica, sancito dall’art. 21 cost. consente nelle dispute politiche e sindacali toni di disapprovazione anche aspri, a condizione che non si trasmodi in attacchi personali e non si sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell’avversario.
Cassazione penale , sez. V, 17 novembre 2004, n. 6465 in Ced Cassazione 2005, RV231398
 
2.2.5.2. Critica giudiziaria
 
Accusa ad un magistrato di svolgere indagini politiche – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
Non sussiste l’esimente del diritto di critica allorché un magistrato del Pubblico Ministero venga accusato di svolgere indagini politiche, in quanto una siffatta espressione, evocando l’intento di favorire una determinata forza politica a scapito di un’altra, assume portata offensiva, risolvendosi in un attacco alla sfera morale della persona.
Esula, dunque, dalla scriminante del diritto di critica, politica o giornalistica, l’accusa di asservimento della funzione giudiziaria ad interessi personali, partitici, politici, ideologici, ovvero accuse di strumentalizzazione di quella funzione per il conseguimento di finalità divergenti da quelle che debbono guidare l’operato del Pubblico Ministero, stanti le attribuzioni ed i doveri istituzionali che caratterizzano la posizione ordinamentale di tale organo.
Cassazione penale , sez. fer., 08 agosto 2006 , n. 29453 in D&G – Dir. e giust. 2006, 34 59
                                          
Accusa ad un p.m. di svolgere indagini politiche – Diffamazione – Ricorre.
Non sussiste l’esimente del diritto di critica allorché un giornalista, nel corso di una trasmissione televisiva, accusi un magistrato del p.m. di svolgere indagini politiche, in quanto tale espressione, evocando l’intento di favorire una determinata forza politica a scapito di altre assume portata offensiva, risolvendosi in un attacco alla sfera morale della persona.
Cassazione penale , sez. V, 01 luglio 2005, n. 29509 in Ced Cassazione 2005, RV232300
 
Accusa ad un magistrato di svolgere attività illegittima per incompatibilità – Esclusione qualsiasi illecito disciplinare a carico del magistrato – Diffamazione – Ricorre.
È immune da censure la decisione con cui il giudice di appello affermi l’insussistenza dell’esimente di cui all’art. 51 c.p. per il superamento del limite della continenza, nel caso in cui il giornalista abbia con reiterati articoli accusato un magistrato di svolgere attività illegittima per incompatibilità, dopo che i competenti organi di vigilanza (nella specie il Consiglio superiore della magistratura ed il Ministro della giustizia), ebbero ad escludere qualsiasi rilievo, anche di carattere disciplinare, in merito a tale accusa, con la conseguenza che le pubblicazioni successive alle prime notizie si caratterizzano come ritorsioni persecutorie nei confronti del magistrato che aveva in precedenza condannato il giornalista e, comunque, appaiono chiaramente estranei all’interesse pubblico dell’informazione.
Cassazione penale , sez. V, 13 dicembre 2005, n. 208 in CED Cass. pen. 2006, 233054
 
2.2.5.3. Altre fattispecie
 
Esercizio del diritto di critica storica.
In tema di diffamazione a mezzo stampa (art. 595 c.p.), l’esercizio del diritto di critica storica postula l’uso del metodo scientifico che implica l’esaustiva ricerca del materiale utilizzabile, lo studio delle fonti di provenienza e il ricorso ad un linguaggio corretto e scevro da polemiche personali. Ne deriva che il giudice al fine di stabilire il carattere storico dell’opera, oggetto di contestazione, deve accertare l’esistenza – quanto meno sotto forma di indizi certi, precisi e concordanti – delle fonti indicate ed utilizzate dall’autore per esprimere i propri giudizi, con la conseguenza che è illegittima la decisione con cui il giudice di merito pervenga alla affermazione di responsabilità in ordine al delitto di cui all’art. 595 c.p., da un canto, limitando il diritto della difesa alla controprova e, in particolare, impedendole di pervenire alla prova storica dei fatti posti a fondamento della tesi sviluppata nell’opera suddetta e, dall’altro, pervenendo ad una valutazione di offensività di alcune frasi estrapolandole dal contesto (nella specie di circa trecento pagine), il cui vaglio è necessario per pervenire ad un giudizio obiettivo e completo e, quindi, per stabilire se l’opera in contestazione ricada sotto la tutela dell’art. 21 cost. o sotto quella più ampia dell’art. 33 cost.
Cassazione penale , sez. V, 11 maggio 2005, n. 34821 in CED Cass. pen. 2005, 232562
 
Esercizio del diritto di critica in ambito militare.
In contesti sociali per i quali vige una disciplina comportamentale più rigorosa, quali quelli assoggettati ad un regolamento di disciplina (come avviene per i corpi militari ed anche per il personale dell’amministrazione della pubblica sicurezza), deve coerentemente intendersi che il diritto di critica, oltre a trovare un limite nelle norme penali, debba essere esercitato con modalità tali da non travalicare i principi di correttezza espressamente stabiliti dalla normativa in materia disciplinare, non potendosi ammettere che la finalità di critica costituisca causa di giustificazione di ogni tipo di infrazione alle regole di comportamento da applicarsi nell’ambito particolare considerato.
Consiglio Stato , sez. IV, 27 aprile 2005, n. 1949 in Foro amm. CDS 2005, 4 1104 (s.m.) (s.m.)
 
Esercizio del diritto di critica sindacale.
L’intervista televisiva rilasciata dal rappresentante sindacale, nella quale vengano riportate circostanze nonché lamentele dei lavoratori su fatti già oggetto in precedenza di confronto sindacale (nella specie, il reale funzionamento dei sistemi di controllo della corrispondenza a fini di sicurezza) deve considerarsi non già come attività denigratoria, bensì come legittimo esercizio del diritto di critica sindacale; conseguentemente costituisce comportamento antisindacale il licenziamento disciplinare del rappresentante sindacale che tali dichiarazioni abbia rilasciato.
Tribunale Milano, 20 luglio 2004 in D.L. Riv. critica dir. lav. 2004, 876
 
2.3. DIRITTO DI SATIRA
 
Nozione di satira.
La satira è quella manifestazione del pensiero (talora di altissimo livello) che nei tempi si è addossata il compito di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene.
Cassazione penale, sez. I, 24 febbraio 2006, n. 9246 in D&G – Dir. e giust. 2006, 17 49
 
Diritto di satira – Fondamento costituzionale – Art. 21 cost. – Nozione – Diritto di critica esercitato in forma sarcastica ed ironica – Criteri di verità, interesse pubblico e continenza – Necessaria elasticità.
Deve rilevarsi in via generale che il diritto di satira e’ riconosciuto e tutelato nell’ordinamento quale particolare espressione della liberta’ di manifestazione del pensiero e di critica ed è dunque ricompreso nell’ambito di tutela garantita dall’art. 21 Cost.
Invero se per un verso la satira non si propone di rappresentare una situazione o un fatto nei suoi termini reali ed effettivi, tuttavia dalla realtà stessa trae spunti per l’espressione di un giudizio critico su di essa tramite riferimenti ed immagini di natura comica e paradossale.
In tale prospettiva la satira si configura quale diritto di critica esercitato in forma sarcastica ed ironica e pertanto, in relazione all’intrinseca esasperazione grottesca dei toni che in genere la contraddistinguono, la valutazione del legame funzionale tra la forma espressiva e il giudizio critico-valutativo che essa comunque manifesta non può implicare il rigoroso rispetto di parametri espressivi improntati a criteri di stretta razionalità e di adeguatezza in genere richiamati a proposito del diritto di critica. Tali criteri risulterebbero di fatto incongrui rispetto a raffigurazioni satiriche in forma sarcastica e paradossale, cui per antica tradizione si connettono anche espressioni ed immagini non di rado pesanti e velenose. E’ evidente tuttavia che la necessaria elasticità di valutazione della forma espressiva della rappresentazione satirica non può spingersi fino al limite di giustificare anche l’ingiuria gratuita, svincolata cioè da qualsiasi concreto riferimento ad un giudizio critico – sia pure aspro nei toni – che trovi comunque fondamento attendibile nel quadro degli elementi dialettici e di fatto che hanno dato origine al tema della polemica.
Tribunale di Milano 7 settembre 2004 in Riv. internet 2005, 1 27
 
Diritto di satira. Fondamento costituzionale – Artt. 21, 9, 33 cost.
Il diritto di satira, garantito dagli art. 9, 21 e 33 cost., può essere esercitato solo nei limiti della coerenza causale tra la qualità della dimensione pubblica del personaggio ed il contenuto artistico ed espressivo del messaggio. Con la conseguenza che, pur caratterizzandosi per i suoi scopi caricaturali e dissacratori, che consentono di non rispettare fedelmente la realtà dei fatti, il diritto stesso non può essere asservito al fine meramente oltraggioso od offensivo nei confronti del soggetto interessato, nè può comportare una illecita intromissione negli ambiti di riserbo e riservatezza spettanti allo stesso.
Tribunale Roma, 24 ottobre 2001 in Dir. autore 2002, 328
 
Critica che si risolve in allusione, gratuitamente offensiva, a fatti inesistenti – Non è satirica.
Non può considerarsi satirica la critica che trascende l’ambito di un’interpretazione esasperata e finanche maliziosa di un accadimento reale – ma pur sempre volta a suscitare ilarità nel lettore – finendo per risolversi in allusione, gratuitamente offensiva, a fatti inesistenti.
Cassazione penale, sez. V, 9 ottobre 2001, n. 36348 in Dir. & Formazione 2001, 1028
 
Diritto di satira è soggetto al limite della continenza.
L’esercizio del diritto di satira, espressione della libertà di manifestazione del pensiero, è pur sempre soggetto al limite della continenza verbale e della funzionalità delle espressioni adottate rispetto allo scopo di denuncia sociale che l’autore della satira intende perseguire. Ne consegue che non può ritenersi legittima espressione del diritto di satira la ridicolizzazione dell’aspetto fisico di una persona, compiuta in termini aggressivi e senza alcuna connessione con la finalità dello scritto.
Cassazione penale, sez. I, 24 febbraio 2006 , n. 9246 in D&G – Dir. e giust. 2006, 17 49
 
Diritto di satira – Correttezza della forma espositiva.
Il requisito della correttezza della forma espositiva (cosiddetta continenza) sussiste non solo per l’informazione di cronaca ma anche per i commenti di natura critica e per la satira.
Anche il diritto di satira, quale particolare forma del diritto di critica non può essere sganciato da ogni limite di forma espositiva; l’esigenza della continenza si ravvisa anche nel caso in cui si adoperino vignette e caricature e quindi a maggior ragione non può essere negata quando, come nel caso di specie, la satira si esprima in forma esclusivamente verbale.
Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2000, n. 14485 in Giust. civ. Mass. 2000, 2275 in Danno e resp. 2001, 29 e in Giur. it. 2001, 1360
 
Diritto di satira -Correttezza del linguaggio – Richiesta.
In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di cronaca e di critica sono esercitati legittimamente e costituiscono causa esimente quando risultino contenuti nei limiti della verità della notizia, dell’interesse pubblico a conoscere i fatti, in rapporto alla loro attualità ed utilità sociale, della correttezza delle espressioni usate nell’ambito di un’informazione obiettiva e serena. Ciò avviene anche nei confronti del diritto di satira che deve pertanto essere esercitato nei limiti imposti dalla qualità pubblica delle vicende, nonché dalla notorietà del personaggio e dalle circostanze oggetto delle rappresentazioni. (Nella specie è stato ritenuto che nessuna causa di giustificazione può riconoscersi di fronte ad una situazione che certamente ed inequivocabilmente ha ecceduto dalla semplice satira, dall’indirizzo ironico, dall’umorismo ed è trasmodata in vera contumelia e denigrazione).
Il diritto di satira, benché destinato a prevalere sul confliggente diritto all’onore e alla riservatezza del soggetto preso di mira non può trasformarsi in diritto del libero insulto, travalicando il limite della correttezza del linguaggio e calpestando quel minimo di dignità che la persona umana reclama.
Tribunale Trento, 15 gennaio 1999 in Giust. pen. 1999, II, 362
 
Satira su privati cittadini – Maggior tutela – Necessaria.
In tema di critica giornalistica, la necessità del rispetto dei diritti fondamentali della personalità comporta, che lo stesso diritto di satira, assurto ad autonoma esimente nella più recente giurisprudenza, non può risolversi in una immotivata impunità di linciaggio, in particolare quando il bersaglio non siano i cd. poteri forti, esponenti di spicco dei pubblici poteri, soggetti politici o divi dello spettacolo, il cui ruolo e notorietà implicano la costante sottoposizione al giudizio della pubblica opinione, bensì privati cittadini, la cui offesa della reputazione comporta le sanzioni, civili e penali comminate dall’ordinamento.
Tribunale Lecco, 21 agosto 2001 in Giur. milanese 2002, 121
 
Diritto di satira come diritto autonomo – Tesi.
In tema di diffamazione con il mezzo di stampa è configurabile l’esimente del diritto di satira, distinto da quelli di cronaca e di critica, che mira all’ironia sino al sarcasmo e comunque all’irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile, se non un fatto o comportamento storico, l’opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sè devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all’analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere. Sul piano della continenza, infine, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell’espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito, secondo cui è superato il limite della continenza in una vignetta, che lede la femminilità dell’offesa, raffigurata nell’atto di praticare una fellatio al microfono di cui è dotato il seggio senatoriale, la qual cosa suscita disprezzo verso la sua persona).
Cassazione penale, sez. V, 20 ottobre 1998, n. 13563 in Cass. pen. 2000, 588
 
Ipotesi di una colorita appendice della notizia – Diritto di satira – Sussiste.
Non può considerarsi lesiva dell’altrui reputazione o travalicante i limiti di un corretto esercizio del diritto di cronaca e di satira la rappresentazione caricaturale di un personaggio pubblico – in quanto assessore regionale, prima, e parlamentare, poi -, sulla prima pagina del giornale diffuso nell’ambito territoriale corrispondente al suo collegio elettorale, in cui questi appare con un ventaglio di banconote in mano, trattandosi nella specie di una colorita appendice della notizia pubblicata dal medesimo giornale ed afferente il coinvolgimento di tale personaggio in indagini relative a fattispecie di reato di estrema gravità (quali l’associazione a delinquere e la corruzione nell’esercizio delle pubbliche funzioni).
Tribunale Civitavecchia, 02 marzo 2007in Redazione Giuffrè 2007
 
Caricature con scopo denigratorio – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
In tema di diffamazione con il mezzo della stampa, non sussiste l’esimente del diritto di satira nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati posta in essere allo scopo di denigrare l’attività professionale da questi svolta, attraverso l’allusione a condotte lesive del dovere funzionale dell’imparzialità che, in ragione della previsione costituzionale che ne impone la soggezione solo alla legge, ha come destinatari anche i magistrati del p.m. (Fattispecie relativa a un “pezzo giornalistico” di costume, con “taglio” satirico ove, accanto a rappresentazioni caricaturali dei tratti fisionomici dei magistrati interessati, si faceva trapelare lo svolgimento di attività istituzionali svolte per finalità persecutorie in danno di appartenenti ad una formazione politica).
Cassazione penale, sez. V, 9 ottobre 2001, n. 36348 in Dir. & Formazione 2001, 1028
 
Diritto di satira – Connotazioni soggettive ed opinabili – Dimostrazione della veridicità – Non è richiesta.
Premesso che la satira non è cronaca di un fatto, ma riproduzione ironica di una situazione ed espressione di un giudizio sul fatto, che necessariamente assume connotazioni soggettive ed opinabili e che per definizione non si presta ad una dimostrazione di veridicità, vanno assolti dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa gli autori di un articolo giornalistico dove, con tono satirico e paradossale, si fa allusione a un giudice “fidato” disposto, nel compiere indagini sulle “Coop rosse”, ad assecondare un disegno politico finalizzato a delegittimare il “pool” di “Mani pulite”.
Tribunale Roma, 14 gennaio 2002 in Foro it. 2003, II, 67
 
Superamento del limite della continenza – Diffamazione a mezzo stampa – Ricorre.
Nell’esercizio del diritto di satira politica, il limite della continenza può ritenersi superato quando nello scritto vengano poste in dileggio le fattezze fisiche e le qualità strettamente personali della persona, senza alcun nesso col contenuto “politico” dello scritto.
Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2000, n. 14485 in Giust. civ. Mass. 2000, 2275 in Danno e resp. 2001, 29 e in Giur. it. 2001, 1360
 
2.4. ERRORE SU CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
 
Notizia falsa ma diligente vaglio delle fonti – Diffamazione a mezzo stampa – Non ricorre – Art. 59, comma IV, c.p. – Si applica.
Nel reato di diffamazione a mezzo stampa, a fini dell’applicazione della scriminante del corretto esercizio del diritto di cronaca, è applicabile il disposto dell’art. 59 comma ultimo c.p., per cui il giornalista sarà in colpa – con conseguente esclusione del reato – quando si sia rappresentato la possibile falsità della notizia, avendola però esclusa mediante un diligente (cioè conforme al comportamento che avrebbe tenuto nelle stesse circostanze il giornalista-tipo) vaglio delle fonti e dei riscontri; il giornalista verserà in dolo quando il dubbio sulla falsità non sia stato risolto o sia stato risolto mediante un procedimento che il giornalista sa essere insufficiente, negligente, difforme dalle regole deontologiche.
Tribunale Milano, 4 aprile 2003 in Giur. merito 2004, 106
 
Errore anche colposo sulla sussistenza del diritto di cronaca – Colpevolezza del giornalista – Esclusa.
In tema di reati contro l’onore, poiché l’art. 59 comma 4 c.p. prevede che l’errore colposo sulla causa di giustificazione esclude la colpevolezza quando il reato contestato non è punibile a titolo di colpa, il giornalista non è punibile per l’esercizio putativo del diritto di cronaca.
Cassazione penale, sez. V, 8 aprile 2003, n. 22869 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 27, 98
 
3. RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE E DELL’EDITORE
Pubblicazione di un articolo senza nome – Responsabilità diretta del direttore – Articolo sottoscritto – Direttore risponde del “reato proprio” ex art. 57 c.p.
La pubblicazione di un articolo senza nome comporta l’attribuzione di questo alla redazione e cioè al direttore responsabile del periodico; la firma apposta sull’articolo, infatti, ha la funzione di individuare la persona che si assume professionalmente la responsabilità delle notizie pubblicate. Pertanto nel caso di articolo sottoscritto il direttore è chiamato a rispondere solo del "reato proprio" previsto dall’art. 57 c.p., mentre il direttore che consente la pubblicazione di un articolo anonimo, ne assume in prima persona la responsabilità. Non si tratta, al riguardo, di una "responsabilitàoggettiva", bensì di una consapevole condotta volta a diffondere uno scritto diffamatorio.
Cassazione penale, sez. V, 10 gennaio 2001, n. 16988 in Cass. pen. 2002, 2345
 
3.1   AUTONOMIA DEL REATO DI OMESSO CONTROLLO RISPETTO AL REATO DI DIFFAMAZIONE
 
Diffamazione ex art. 595 c.p. – Fattispecie ex art. 57 c.p. – Reati autonomi.
Nel caso degli art. 595 e 57 c.p. trattasi di due reati autonomi: quest’ultimo rappresenta una fattispecie a sè stante di reato e non un’ipotesi anomala di concorso nel reato di diffamazione commesso dall’autore.
Cassazione penale, sez. V, 20 settembre 2001, n. 36863 in Cass. pen. 2002, 1653
 
Diffamazione del giornalista – Evento del reato colposo del direttore.
La diffamazione commessa dal giornalista con il mezzo della stampa rappresenta l’evento del reato colposo attribuibile al direttore responsabile, ai sensi dell’art. 57 c.p. La condotta omissiva di costui, infatti, consiste nel non aver attivato i dovuti controlli per evitare che, col mezzo della stampa e sul periodico da lui diretto, si ledesse la reputazione di terze persone. Ne consegue che, se il delitto ex art. 595 c.p. non risulta essere stato posto in essere nella sua interezza (vale a dire: se non risultano presenti tanto la condotta, quanto l’elemento psicologico), la fattispecie colposa omissiva prevista a carico del direttore non può trovare applicazione.
Cassazione penale, sez. V, 22 gennaio 2003, n. 7998 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 10, 105
 
Corretto esercizio del diritto di critica e di cronaca – Direttore va assolto.
In tema di omesso controllo (art. 57 c.p.), va mandato assolto con la formula "il fatto non sussiste" il direttore del giornale sul quale sia stato pubblicato un articolo dal contenuto offensivo della reputazione altrui, quando sia stato riconosciuto (o sia riconoscibile) al giornalista il corretto esercizio del diritto di critica (o di cronaca).
Cassazione penale , sez. V, 04 marzo 2005, n. 15001 in D&G – Dir. e giust. 2005, 25 80
 
3.2.    PROCEDIBILITA’ A QUERELA
 
Querela nei confronti dell’autore del reato di diffamazione – Non si estende al direttore responsabile dell’omesso controllo.
La querela proposta contro l’autore per il reato di diffamazione commessa con il mezzo della stampa di cui all’art. 595 c.p. non è estensibile al direttore responsabile che ha omesso il controllo dello stampato, integrando la fattispecie di cui all’art. 57 c.p.
Cassazione penale, sez. V, 20 settembre 2001, n. 36863 in Cass. pen. 2002, 1653
 
Querela nei confronti del giornalista e del direttore – Regole per la querela nei confronti del direttore.
Se nella querela per diffamazione a mezzo stampa il querelante abbia chiesto procedersi congiuntamente ed indifferentemente nei confronti dell’autore dello scritto e del direttore del giornale che l’ha pubblicato, l’azione per il delitto di cui all’art. 57 c.p. nei confronti del direttore (per omesso colposo controllo della pubblicazione) è improcedibile, a meno che il querelante abbia espressamente manifestato la volontà che il direttore fosse punito per il reato colposo a lui ascrivibile, ovvero abbia presentato una querela “polivalente” (cioè con la formula “chiedo la punizione per qualsiasi reato fosse ravvisabile”).
Cassazione penale, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 4622 in D&G – Dir. e Giust. 2004, f. 1, 23
 
Querela genericamente proposta nei confronti del direttore responsabile – Non perseguibile.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, attesa l’autonomia dell’ipotesi colposa prevista dall’art. 57 c.p. a carico del direttore responsabile per omesso controllo sul contenuto della pubblicazione, deve escludersi che essa sia perseguibile allorché il querelante si sia limitato ad indicare tanto l’autore dello scritto quanto il direttore responsabile come correi nel reato di diffamazione in suo danno, occorrendo invece che nella querela sia esplicitamente espressa la volontà che il direttore responsabile venga perseguito a titolo di colpa per omesso controllo ovvero che si proceda per qualsiasi ipotesi di reato riscontrabile a suo carico.
Cassazione penale, sez. I, 31 agosto 2001, n. 34543 in Ced Cassazione 2001, RV219748
 
Querela proposta nei confronti del direttore – Art. 123 c.p. – Non si applica – Art. 58 bis – Si applica.
L’art. 123 c.p. stabilisce che la querela si estende di diritto a tutti coloro che hannocommesso il reato: è necessario, perché ciò avvenga, che vi sia concorso di più soggetti nell’identico reato. Non è applicabile il principio dell’estensibilità della querela nel caso di reati distinti, ancorché connessi fra loro, nè nel caso in cui sia ascrivibile a più cause indipendenti tra loro, e cioè a cause poste in essere da una pluralità di persone. A riprova dell’inestensibilità dell’art 123 c.p. milita anche il disposto dell’art. 58 bis c.p. il quale, prevedendo un particolare effetto estensivo della querela proposta contro il direttore nei confronti dell’autore dello stampato diffamatorio, è norma derogatoria eccezionale al più generale principio dell’inestensibilità.
Cassazione penale, sez. V, 20 settembre 2001, n. 36863 in Cass. pen. 2002, 1653, conforme: Cassazione penale, sez. V, 6 novembre 2000, n. 4595 in Cass. pen. 2002, 2344
 
Querela proposta nei confronti dell’autore – Accertata la reale volontà di chiedere la punizione del direttore – Querela si estende al direttore.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, la querela proposta nei confronti dell’autore dell’articolo diffamatorio si estende al direttore responsabile del reato di omesso controllo sulla pubblicazione a norma dell’art. 57 c.p., purché la reale volontà del querelante sia intesa a chiedere comunque la punizione anche di quest’ultimo, a nulla rilevando che nell’atto di querela manchi un espresso riferimento alla predetta norma incriminatrice.
Cassazione penale, sez. V, 22 novembre 2001, n. 45249 Cass. pen. 2002, 3764
 
3.3.    REATO DI OMESSO CONTROLLO: STRUTTURA
 
Delitto di diffamazione – Evento del reato colposo attribuibile al direttore responsabile
Poiché il delitto di diffamazione commesso dal giornalista con il mezzo della stampa rappresenta l’evento del reato colposo attribuibile al direttore responsabile, ai sensi dell’art. 57 c.p., la condotta omissiva di quest’ultimo consiste specificamente nel non aver attivato i dovuti controlli per evitare che – col mezzo della stampa e sul periodico da lui diretto – si ledesse dolosamente la reputazione di terze persone; ne consegue che, se il delitto di cui all’art. 595 comma 3 c.p. non risulta essere stato consumato per carenza dell’elemento psicologico, la fattispecie colposa omissiva prevista a carico del direttore non può trovare applicazione.
Cassazione penale, sez. V, 26 febbraio 2003, n. 19827 in D&G – Dir. e Giust. 2003, f. 20, 94
 
Reato del direttore del giornale ex art. 57 c.p. – Dimostrazione della negligenza del direttore – Necessaria.
Il reato previsto dall’art. 57 c.p. va ricondotto alla categoria delle fattispecie colpose di evento. Ne consegue che il direttore o redattore responsabile, la cui attività si sostanzia in una supervisione per impedire che vengano commessi reati, esaminando, controllando e verificando i fatti oggetto della narrazione, non può essere ritenuto responsabile per non avere egli saputo che la foto della persona intervistata era stata scattata indebitamente dai suoi collaboratori.
Tribunale Trento, 16 gennaio 2001 in Riv. pen. 2001, 849
 
Dovere di vigilanza del direttore.
Il direttore responsabile di un periodico ha il dovere di vigilare sul contenuto dello scritto prima di autorizzarne la pubblicazione, e di controllare la verità sostanziale di quanto narrato, specie quando, come nel caso di cui ci si occupa, si tratti di articolo pubblicato in prima pagina concernente personaggi pubblici.
Tribunale Bari, 07 febbraio 2005 in Giurisprudenzabarese.it 2005,
 
Pubblicazione in prima pagina di un titolo dal contenuto diffamatorio palese – Non aver impedito la pubblicazione – Macroscopico difetto di diligenza.
In tema di omesso esercizio del dovere di controllo sul contenuto del periodico da parte del direttore responsabile dello stesso e della conseguente responsabilità ex art. 57 c.p., costituisce macroscopico difetto di diligenza il non aver impedito la pubblicazione in prima pagina di un titolo dal contenuto diffamatorio palese, che attiene ad un tema di indubbio interesse generale ed in cui sono coinvolte personalità di primario rilievo pubblico.
Tribunale Monza, 3 novembre 2000 in Foro ambrosiano 2001, 337
 
Direttore dimissionario – Effettiva cessazione delle funzioni – Esonero dalla responsabilità penale.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore dimissionario del periodico può ritenersi esonerato dalla responsabilità penale derivante dalla pubblicazione di un articolo diffamatorio solo quando alle dimissioni si accompagni l’effettiva cessazione delle funzioni inerenti all’incarico ricoperto. (Nella specie la Corte ha ritenuto che le dimissioni del direttore non fossero di per sè idonee ad affermare o ad escludere la sua responsabilità penale, ma che occorresse accertare, da parte dei giudici di merito, la violazione concreta del dovere di controllo sulla pubblicazione e quindi verificare se, indipendentemente dalle dimissioni, il direttore avesse o meno continuato di fatto ad esercitare le sue mansioni in seno al giornale).
Cassazione penale, sez. V, 29 settembre 2000, n. 11958 in Cass. pen. 2002, 233
 
3.4. RESPONSABILITA’ DEL GESTORE DI UN BLOG. ANALOGIE CON LA   RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE.
 
Gestore di un blog – Equiparato al direttore responsabile di una testata giornalistica stampata.
Essendosi provato che un soggetto che ha in disponibilità la gestione del blog, egli risponde ex art. 596 bis c.p., essendo la sua posizione identica a quella di un direttore responsabile.
O, meglio, colui che gestisce il blog altro non è che il direttore responsabile dello stesso, pur se non viene formalmente utilizzata tale forma semantica per indicare la figura del gestore e proprietario di un sito Internet, su cui altri soggetti possano inserire interventi.
Ma, evidentemente, la posizione di un direttore di una testata giornalistica stampata e quella di chi gestisce un blog ( e che, infatti, può cancellare messaggi) è identica.
Il gestore di un blog ha infatti il totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi.
Diversamente, vi è responsabilità penale ex art. 596 bis cp.
Tribunale Aosta 26 maggio 2006, n. 553 in www.interlex.it
 
Autorizzazione a pubblicare un articolo secondo una procedura metodologicamente scorretta – Reato ex art. 57 c.p. – Ricorre.
Integra l’ipotesi di reato di cui all’art. 57 c.p. la condotta del direttore responsabile di un quotidiano il quale autorizzi la pubblicazione di un articolo contenente notizie raccolte dal giornalista, secondo una procedura metodologicamente scorretta, sotto il profilo della affidabilità della fonte e dei necessari riscontri storici e, quindi, senza esplicare alcun controllo sulla verità sostanziale di quanto narrato.
Cassazione penale, sez. V, 2 luglio 2002, n. 32364 in Cass. pen. 2003, 2656
 
Foto della persona intervistata era stata scattata indebitamente – Ignoranza del direttore – Non può essere ritenuto responsabile.
 Il reato previsto dall’art. 57 c.p. va ricondotto alla categoria delle fattispecie colpose di evento. Ne consegue che il direttore o redattore responsabile, la cui attività si sostanzia in una supervisione per impedire che vengano commessi reati, esaminando, controllando e verificando i fatti oggetto della narrazione, non può essere ritenuto responsabile per non avere egli saputo che la foto della persona intervistata era stata scattata indebitamente dai suoi collaboratori.
Tribunale Trento, 16 gennaio 2001 in Riv. pen. 2001, 849
 
Accertamenti cui è tenuto il direttore di un periodico – Responsabilità ex art. 57 c.p.
Il direttore responsabile di un periodico contenente annunci di soggetti privati è tenuto, nell’espletamento dei suoi compiti di controllo, a verificare la certezza della notizia e, quindi, ad impartire disposizioni affinché sia accertata l’identità dei richiedenti l’annuncio, assicurandosi che le dette disposizioni siano eseguite. Neconsegue che, in assenza di detti adempimenti, egli è tenuto a rispondere della pubblicazione di annunci che, in quanto falsi, cagionino l’offesa del bene penalmente tutelato ex art. 57 c.p.
Cassazione penale, sez. V, 12 ottobre 2000, n. 11881 in Cass. pen. 2002, 1416
 
 
 
 
B.     RESPONSABILITA’ CIVILE PER DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
 
1. DIFFERENZE TRA ILLECITO CIVILE E REATO DI DIFFAMAZIONE
 
Dimostrazione nel giudizio risarcitorio di dimostrare la verità di quanto dichiarato – Possibile.
Colui il quale, rispondendo ad un’intervista, accusi un terzo di fatti a contenuto oggettivamente diffamatorio, è tenuto a risarcire il danno alla persona diffamata, se nel giudizio risarcitorio non riesca a dimostrare la verità di quanto dichiarato.
Tribunale Roma, 25 luglio 2003 in Giur. romana 2004, 91
 
Illecito civile della diffamazione a mezzo stampa – Condotta complessiva dell’autore dell’illecito – Rileva.
Ai fini di verificare la sussistenza dell’illecito civile consistente nella diffamazione realizzata a mezzo della stampa, rileva la condotta complessiva dell’autore dell’illecito, unitariamente considerata, mentre essa non può essere moltiplicata per quanti sono gli atti con i quali è stata portata a compimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto la responsabilità per diffamazione in relazione ad uno dei vari articoli di una campagna giornalistica, prendendone in considerazione il titolo, l’occhiello, il suo contenuto e le fotografie di corredo non come fatti distinti ma come un unico contesto del quale aveva sanzionato il risultato diffamatorio, rigettando la domanda del ricorrente laddove riteneva che ciascuna riproduzione non autorizzata delle fotografie a corredo di altri articoli, non ritenuti diffamatori, dovesse essere considerata una diversa espressione della diffamazione).
Cassazione civile , sez. III, 26 settembre 2005 , n. 18782 in Giust. civ. Mass. 2005, 7/8
 
Illecito civile di diffamazione – Provocazione – Esimente del reato di diffamazione – Non può essere invocata nel giudizio civile.
Il soggetto convenuto in giudizio davanti al giudice civile, come responsabile di diffamazione a mezzo stampa, non può invocare l’esimente della provocazione prevista dall’art. 599 cod. pen. La provocazione infatti, non può venire in evidenza per escludere o ridurre la responsabilità risarcitoria. In materia di ingiuria o diffamazione, tale esimente prevista dall’art. 599, secondo comma, del codice penale, rileva ai fini della punibilità dell’imputato e non anche ai fini della obbligazione di risarcimento dei danni e,  in tale situazione, la obbligazione risarcitoria permane, sussistendo la illiceità civilistica nel fatto ingiurioso.
Cassazione civile , sez. III, 18 ottobre 2005 , n. 20137 in D&G – Dir. e giust. 2006, 4 32
                                              
2. PERSONE CIVILMENTE RESPONSABILI
 
Responsabilità civile dell’articolista e dell’editore – Indipendenza dalla responsabilità del direttore.
In tema di responsabilità per diffamazione a mezzo stampa rispondono solidalmente l’articolista e l’editore del giornale, trattandosi di un’ipotesi speciale rispetto alle norme generali sulla responsabilità civile e tale responsabilità è del tutto indipendente da quella del direttore del giornale e può essere affermata anche quando quest’ultima non sussista.
Tribunale Monza, 4 novembre 2003 in Giur. merito 2004, 919
 
Responsabilità solidale del proprietario e dell’editore.
Il proprietario e l’editore, essendo responsabili civilmente per i danni conseguenti ai reati commessi col mezzo della stampa in solido con il direttore e l’autore dell’articolo, sono obbligati per l’intero nei confronti del danneggiato ma con diritto di regresso nei rapporti interni con gli altri coobbligati secondo la gravità delle rispettive colpe e le conseguenze che ne sono derivate.
 
Responsabilità dell’editore – Fondamento art. 11 l. 47/1948 e non art. 2043 c.c.
La responsabilità dell’editore va affermata ex art. 11 l. n. 47 del 1948 e non ai sensi dell’art. 2043 c.c. dal momento che il citato art. 11 costituisce disciplina speciale e tipica rispetto a quella generale di cui agli art. 2043 ss. c.c.
Tribunale Torino, 25 marzo 1998 in Resp. civ. e prev. 1999, 1130
 
Obbligazione risarcitoria del responsabile civile – Danno non patrimoniale – Rileva.
La obbligazione risarcitoria del responsabile civile ha la stessa estensione di quella dell’autore del fatto reato e, pertanto, comprende anche la responsabilità per il danno non patrimoniale, suscettibile di essere azionata verso ogni soggetto, che dell’evento è tenuto a rispondere. (Nel caso di specie il principio è stato affermato a proposito della responsabilità dell’editore di un quotidiano in relazione al danno conseguente a una diffamazione a mezzo stampa).
Cassazione civile, sez. III, 3 marzo 2000, n. 2367 in Giust. civ. Mass. 2000, 518
 
3. RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE
 
Responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa – Danno patrimoniale.
Nella diffamazione a mezzo stampa il danno patrimoniale va provato specificamente, e dunque la parte interessata non è esonerata dalla prova nè del quantum nè dell’an, non potendo considerarsi operativa alcuna forma di presunzione.
Tribunale Monza, 4 novembre 2003 in Giur. merito 2004, 919
 
Responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa – Danno non patrimoniale.
Decisa in sede penale la responsabilità dei convenuti in ordine ad un commesso reato di diffamazione a mezzo stampa, il giudice civile chiamato a quantificare il danno non patrimoniale deve prendere in considerazione le condizioni sociali del danneggiato, la collocazione professionale, l’entità del patema d’animo sofferto in relazione al contesto sociale, l’utile ricavato dalla pubblicazione, le condizioni economiche del responsabile, la notorietà del personaggio, il tipo di notizia, l’intensità dell’elemento psicologico, la diffusione della pubblicazione, le modalità di esposizione dei fatti, l’ampiezza e risalto dei fatti diffamatori, il tempo trascorso dai fatti e l’esistenza di articoli analoghi.
Tribunale Venezia, 5 giugno 2002 in Dir. eccl. 2003, II, 64
 
Elementi per valutare il danno non patrimoniale.
Ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale deve tenersi conto della notorietà del diffamato, del tipo di notizia diffusa, dell’intensità dell’elemento psicologico del diffamante, della diffusione del quotidiano, delle modalità con cui è stato confezionato l’articolo.
Tribunale Venezia, 29 febbraio 2000 in Danno e resp. 2001, 536
 
Notizia lesiva dell’altrui reputazione inserita in quotidiani locali – Maggiore facilità di diffusione.
In tema di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, qualora la divulgazione della notizia lesiva della altrui reputazione sia avvenuta su quotidiani a diffusione solamente locale, l’elemento della comunicazione a più persone della notizia diffamatoria relativa ad un soggetto che vive e lavora nel luogo medesimo deve considerarsi “in re ipsa”, poiché la notizia, in un ambito territoriale più ristretto, si propaga con maggiore facilità e si rivolge specificamente alla sfera dei consociati tra i quali è destinata a creare il discredito sociale.
Cassazione civile, sez. III, 1 agosto 2002, n. 11420 in Giust. civ. Mass. 2002, 1423
 
Notizia inserita in quotidiani di un’area geografica in cui la vittima non ha alcun centro di interessi – Risarcimento -Riduzione – Possibile.
Il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dal soggetto diffamato a mezzo stampa può essere ridotto, tenuto conto del fatto che la pubblicazione su cui sono apparsi gli articoli offensivi è diffusa prevalentemente in un’area geografica (nella specie, la Sicilia) in cui la vittima (nella specie, un magistrato residente ed operante a Reggio Calabria) non ha alcun centro di interessi, nemmeno marginale.
Tribunale Palermo, 11 giugno 2002 in Danno e resp. 2002, 1237
 
Diffamato non si avvale del diritto di rettifica – Risarcimento del danno – Riduzione – Possibile.
Il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dal soggetto diffamato a mezzo stampa può essere ridotto, tenuto conto delle conseguenze pregiudizievoli che la vittima avrebbe potuto attenuare se si fosse avvalsa del diritto di rettifica ad essa spettante.
Tribunale Palermo, 11 giugno 2002 in Danno e resp. 2002, 1237
 
4. RIPARAZIONE PECUNIARIA
 
Riparazione pecuniaria – Natura di sanzione civile – Collegamento con la responsabilità penale.
La riparazione pecuniaria prevista dall’art. 12 legge 47/1948, per l’ipotesi di reati commessi a mezzo della stampa, non ha natura di risarcimento bensì di sanzione civile collegata ad una responsabilità penale per diffamazione a mezzo stampa.
Tribunale Roma, sez. I, 06 luglio 2004 , n. 20943 in D&G – Dir. e giust. 2004, 43 88; conforme: Tribunale Roma, 31 ottobre 2002 in Giust. civ. 2003, I,1936
 
Riparazione pecuniaria – Si aggiunge e non si sostituisce al risarcimento del danno causato dall’illecito diffamatorio.
La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 legge n. 47 del 1948, nell’ipotesi di diffamazione commessa col mezzo della stampa, si aggiunge, e non si sostituisce, al risarcimento del danno (sia patrimoniale, sia non patrimoniale) causato dall’illecito diffamatorio.
Tribunale Messina, sez. I, 10 febbraio 2006 in Giurisprudenza locale – Messina 2006; conforme: Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2000, n. 14485 in Giust. civ. Mass. 2000, 2275
 
Riparazione pecuniaria – Può essere richiesta anche all’editore e direttore solo se concorrenti con l’articolista.
La corresponsione di una somma a titolo di riparazione pecuniaria non può essere richiesta all’editore e al direttore del giornale quando gli stessi non risultano concorrenti con l’articolista nel medesimo reato, ciò perché l’istituto della diffamazione a mezzo stampa presuppone la commissione di un reato completo nei suoi elementi e risponde ad una finalità afflittiva che lo rende inestensibile in via analogica.
Tribunale Monza, 4 novembre 2003 in Giur. merito 2004, 919
 
Riparazione pecuniaria – Collegata alla ravvisabilità del delitto di diffamazione a mezzo stampa.
La sanzione civile consistente nella riparazione pecuniaria prevista dall’art. 12 l. n. 47 del 1948 è collegata alla ravvisabilità del delitto di diffamazione a mezzo stampa, in capo allo stesso soggetto cui imporre la sanzione, e non può essere inflitta a soggetto diverso, pur eventualmente responsabile sotto il profilo civilistico; ne consegue che il direttore responsabile del giornale, esclusane la correità col giornalista autore dello scritto diffamatorio, non può essere condannato dal giudice civile alla riparazione pecuniaria in favore della persona diffamata.
Tribunale Roma, sez. I, 06 luglio 2004 , n. 20943 in D&G – Dir. e giust. 2004, 43 88
 
Sanzione pecuniaria ex art. 12 legge n. 47/1948 – Applicabile al direttore condannato per il delitto di diffamazione.
L’irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 legge n. 47 del 1948, nell’ipotesi di diffamazione commessa col mezzo della stampa, presuppone l’accertamento della sussistenza, a carico del direttore responsabile, di tutti gli elementi costitutivi del delitto di diffamazione. Essa pertanto non può essere comminata ove la responsabilità del direttore responsabile sia dichiarata per omesso controllo colposo della pubblicazione, e non per concorso doloso nel reato di diffamazione.
Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2000, n. 14485 in Giust. civ. Mass. 2000, 2275
 
Riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 l. 47/1948 – Non applicabile al direttore responsabile del reato ex art. 57 c.p.
In tema di obbligazioni nascenti da reato, non è applicabile al direttore del giornale, resosi responsabile del delitto di omesso controllo, di cui all’art. 57 c.p., l’istituto della riparazione pecuniaria, previsto dall’art. 12 l. n. 47 del 1948 (che consente alla persona offesa di richiedere, oltre al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 185 c.p., la corresponsione di somma di denaro in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato).
Cassazione penale, sez. V, 26 ottobre 2001, n. 1188 in D&G – Dir. e Giust. 2002, f. 7, 75
 
Riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 l. 47/1948 – Applicabile anche al direttore responsabile ex art. 57 c.p. – Orientamento minoritario.
In tema di diffamazione col mezzo del mezzo stampa, la persona offesa può richiedere anche al direttore del giornale, ritenuto responsabile del delitto di omesso controllo ai sensi dell’art. 57 c.p., la riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 l. 8 febbraio 1948 n. 47, che prevede il versamento di una somma, determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato, atteso che a detta riparazione è tenuto, non solo l’autore dello scritto diffamatorio, ma chiunque abbia contribuito a cagionare l’evento tipico del reato, sia in concorso, sia per aver omesso di impedire l’evento stesso, essendo a tanto giuridicamente obbligato.
Cassazione penale, sez. V, 15 marzo 2002, n. 15114 in Cass. pen. 2003, 899
 
5. TRIBUNALE COMPETENTE PER IL GIUDIZIO CIVILE DI DIFFAMAZIONE
 
Illecito civile di diffamazione – Competenza territoriale – Art. 20 c.p.c. – Giudice del luogo dove vengono diffuse le notizie –  Copia del quotidiano originariamente teletrasmessa dalla redazione del quotidiano – Non rileva.
In tema di azione risarcitoria per diffamazionea mezzo stampa, giudice territorialmente competente sulla domanda è quello del luogo ove è avvenuta la prima diffusione dello scritto, luogo che coincide con il luogo della stampa del quotidiano, a nulla rilevando il fatto che la copia del quotidiano sia stata originariamente teletrasmessa dalla redazione del quotidiano
Tribunale Monza, 18 febbraio 2005 in Giur. merito 2005, 7/8 1547 (s.m.) (s.m.)
 
Diffamazione a mezzo di stampa periodica – Competenza territoriale – Giudice del luogo dove è stampato – Notizie trasmesse da agenzie di stampa – Competente il giudice del luogo in cui si sono verificati i danni.
In tema di risarcimento del danno extracontrattuale per lesione del diritto alla reputazione conseguente alla diffusione di notizie trasmesse da un’agenzia di stampa, il forum commissi delicti, ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente a decidere la causa ai sensi dell’art. 20 c.p.c., non può essere identificato nel luogo in cui la notizia diffamatoria è stata resa pubblica attraverso la stampa. L’inesistenza di un periodico o testata in senso materiale e la circostanza che i dispacci di agenzia vengono notoriamente trasmessi per via telematica, vuoi sul territorio nazionale vuoi all’estero, rendendo contestuale la ricezione delle notizie da parte degli abbonati, rendono infatti inapplicabile la presunzione di priorità temporale della pubblicità delle stesse nel luogo in cui vengono diffuse, che è alla base, in caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa periodica, dell’individuazione del giudice competente con quello del luogo in cui il periodico viene stampato. Trattandosi di un evento dannoso “a raggiera” e “contestuale”, trovano invece applicazione i principi elaborati in riferimento all’illecito commesso con l’impiego di strumenti di comunicazione a diffusione multipla e generalizzata, che conducono ad identificare il forum commissi delicti nel luogo in cui si sono verificati i danni, patrimoniali e non, derivanti dall’evento diffamatorio, ovvero nel luogo in cui il soggetto offeso aveva il proprio domicilio all’epoca del fatto; il domicilio, infatti, in quanto sede principale degli affari e degli interessi, rappresenta il luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione, essendo il relativo pregiudizio intimamente correlato all’ambiente economico e sociale in cui l’offeso medesimo vive ed opera, sicché solo con la percezione del contenuto diffamatorio delle notizie in quel determinato contesto prende concretamente vita il processo di svalutazione dell’immagine del soggetto anzidetto, tale da determinare un danno per quest’ultimo.
Cassazione civile , sez. I, 23 settembre 2005 , n. 18665 in Giust. civ. Mass. 2005, 6
 
Competente il giudice del luogo dove si è prodotto il danno – Trasmissioni televisive registrate.
In tema di risarcimento del danno extracontrattuale per lesione del diritto alla reputazione conseguente alla diffusione di una trasmissione televisiva, il giudice territorialmente competente a decidere la causa, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., deve essere identificato nel rispetto dei principi costituzionali sulla precostituzione del giudice, tenendo conto della struttura dell’illecito aquiliano, del mezzo tecnico con cui il danno viene inferto e della disciplina di ipotesi affini. Ne consegue, in relazione al primo criterio, che è da escludere la competenza“ambulatoria” dei giudici di tutti i luoghi in cui è avvenuta la divulgazione lesiva, che non consente di fissare criteri oggettivi per l’individuazione preventiva del giudice. Nè rileva, quale luogo in cui sorge l’obbligazione risarcitoria, il luogo in cui si è verificato il fatto, bensì quello in cui si è prodotta l’altra componente dell’illecito civile, il danno, atteso che ai fini della responsabilità civile ciò che si imputa è il danno consequenziale, patrimoniale o non patrimoniale, e non il fatto in quanto tale (forum damni). In considerazione delle caratteristiche del mezzo, che consente la trasmissione “in diretta”, “in differita” ovvero “in registrata”, il danno di cui si chiede il risarcimento si verifica nel momento della diffusione della trasmissione, essendo indifferente la circostanza che la registrazione e la produzione del programma siano avvenute in precedenza, poichè è il luogo in cui il soggetto in quel tempo aveva il domicilio quello in cui si verificano gli effetti negativi dell’offesa alla reputazione, in quanto nel contesto ambientale in cui il danneggiato, che agisce in giudizio, vive ed opera si realizza la percezione del contenuto diffamatorio della trasmissione, restando così individuato il giudice territorialmente competente. (In motivazione la S.C. ha osservato che tali conclusioni risultano confermate dalla circostanza che nella convenzione di Bruxelles più norme, riprese dal Regolamento Ce n. 44/2001, danno rilievo al domicilio dell’attore, configurabile come la parte più debole del rapporto, così come le disposizioni di origine comunitaria sulla protezione del consumatore si riferiscono al foro del domicilio del consumatore stesso; inoltre ha tratto argomento di sostegno dall’art. 30 della legge n. 223 del 1990, che ha assunto come forum commissi delicti, nel caso del reato di diffamazionecommesso attraverso l’impiego del mezzo radiotelevisivo, quello del luogo di residenza della persona offesa, allorquando venga a quest’ultima attribuito un fatto determinato, e dal fatto che tale disciplina sia stata considerata giustificata dalla Corte cost. nella sentenza n. 42 del 1996, con la precisazione che un’analoga espressa previsione normativa non era necessaria in materia civile, perché la competenza territoriale del medesimo giudice è individuabile sulla base del coordinamento dell’art. 20 c.p.c. con gli art. 2043 e 2059 c.c.).
Cassazione civile , sez. III, 01 dicembre 2004 , n. 22586 in D&G – Dir. e giust. 2005, 6 18
 
Competente il giudice del luogo dove si è prodotto il danno – Diffamazione a mezzo internet.
Il “luogo in cui è sorta l’obbligazione” è il luogo in cui si è verificato il danno, patrimoniale o morale, conseguente al fatto illecito. Ciò comporta che, in caso di una lesione della reputazione perpetrata a mezzo Internet lamentata da una persona giuridica, l’obbligazione di risarcire il danno patrimoniale ed il danno morale può ritenersi sorta esclusivamente allorché i predetti danni si siano verificati, sia pure quale conseguenza dell’evento diffamatorio, e quindi – salva diversa situazione fattuale prospettata dal danneggiato – nel luogo del domicilio o della sede del soggetto offeso, posto che il danno risarcibile diviene concreto con riferimento agli effetti del discredito che derivano al danneggiato nel suo ambiente prima e più che altrove.
Cassazione civile , sez. III, 08 maggio 2002 , n. 6591 in Resp. civ. e prev. 2002, 1327
 
Competente il giudice del luogo dove il danneggiato ha il proprio domicilio – Diffamazione a mezzo internet.
In caso di obbligazione risarcitoria ex art. 2043 e 2059 c.c., conseguenti a diffamazioneposta in essere via Internet tramite l’inserimento di un messaggio all’interno di un newsgroup, il foro competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c. è quello del luogo in cui il danneggiato ha il proprio domicilio, in quanto, essendo la sede principale dei propri affari ed interessi, è questo il luogo in cui le conseguenze negative dell’illecito diffamatorio si producono in misura più rilevante.
Cassazione civile , sez. III, 08 maggio 2002 , n. 6591 in Resp. civ. e prev. 2002, 1327
 
Competente il Tribunale del luogo dove risiede l’autore dell’illecito –  Primo orientamento
Nel caso di diffamazione compiuta autonomamente da diversi giornali, tutti gli autori dell’illecito possono essere convenuti, nel giudizio civile di risarcimento, innanzi al giudice del luogo di residenza di uno qualsiasi tra essi.
Tribunale Roma, 12 febbraio 2002 in Giur. romana 2002, 152
 
Giurisdizione transfrontaliera in caso di lesione della reputazione per diffamazione a mezzo stampa.
Con riferimento al criterio del “luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto” utilizzato dall’art. 5 n. 3 della Convenzione di Bruxelles, la giurisdizione in ordine ad una domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad una diffamazione a mezzo stampa appartiene, oltre che al giudice dello Stato del convenuto responsabile dell’illecito, anche al giudice del luogo nel quale è diffusa la pubblicazione, ma non anche al giudice del domicilio della persona offesa o del luogo ove questi sostenga di aver subito un pregiudizio alla sua reputazione, quando la pubblicazione non sia distribuita in questo Stato
Cassazione civile, ss.uu., 21 giugno 2006 n. 14287 in Dir. Informatica, 2006, 545
 
C. PUBBLICAZIONI A CONTENUTO IMPRESSIONANTE O RACCAPRICCIANTE
Comune sentimento della morale – Limite interno all’esercizio del diritto di cronaca.
Il comune sentimento della morale cui fa riferimento l’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47, richiamandosi al complesso di valori spirituali e sociali avvertiti come tali dalla comunità con immediatezza di consenso, si pone come limite interno all’esercizio del diritto di cronaca in quanto esprime il valore fondamentale del rispetto della persona e della dignità umana che trova protezione nell’art. 2 cost. e va a controbilanciare l’altro valore costituzionale espresso dall’art. 21 cost. su cui si fonda il diritto di cronaca. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che integrasse la fattispecie di cui all’art. 15 l. cit. che richiama l’art. 528 c.p. – salvo poi assolvere gli imputati per l’intervenuta prescrizione del reato – la condotta di due giornalisti e del direttore del relativo giornale i quali, essendo a conoscenza del contenuto di foto che mostravano la vittima dell’omicidio uccisa in modo raccapricciante ed impressionante, pubblicavano tali stampati a corredo dell’articolo di commento dal titolo “Nella villa del delitto”).
Cassazione penale , sez. III, 27 aprile 2001 , n. 23356 in Riv. pen. 2001, 730
 
Reato ex art. 15 legge 47/1948 – E’ legittimo costituzionalmente – Comune sentimento della morale – Collegato al rispetto della persona umana ex art. 2 cost.
 
Non è fondata, con riferimento agli art. 3, 21 comma 6 e 25 cost., la q.l.c. dell’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47 (Disposizioni sulla stampa) – il quale, nel sanzionare penalmente, ai sensi dell’art. 528 c.p., l’utilizzazione di "stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale e l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti", lederebbe il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie, quello della libertà di stampa e i principi di ragionevolezza e eguaglianza, perché non offrirebbe idoneo fondamento giustificativo alla punizione di coloro che diffondano siffatte immagini – in quanto la disposizione impugnata, estesa anche al sistema radiotelevisivo pubblico e privato dall’art. 30 comma 2 l. 6 agosto 1990 n. 223, non intende andare al di là del tenore letterale della formula quando vieta gli stampati idonei a "turbare il comune sentimento della morale", vale a dire, non soltanto ciò che è comune alle diverse morali del nostro tempo, ma anche alla pluralità delle concezioni etiche che convivono nella società contemporanea, e cioè il contenuto minimo del rispetto della persona umana, valore che anima l’art. 2 cost., alla luce del quale va letta la previsione incriminatrice denunciata; sicché, la descrizione dell’elemento materiale del fatto-reato, indubbiamente caratterizzato dal riferimento a concetti elastici, trova nella tutela della dignità umana il suo limite.
Corte costituzionale, 17 luglio 2000 , n. 293 in Giur. cost. 2000, 2239
 
Comune sentimento della morale – Non è indeterminato – Il suo limite è rappresentato dalla tutela della dignità umana.
È manifestamente infondata, in riferimento all’art. 21, comma 6, e 25, comma 2, cost., la q.l.c. dell’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47, il quale, estendendo la norma incriminatrice dell’art. 528 c.p. agli “stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale e l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti”, violerebbe il principio di determinatezza dell’illecito penale e amplierebbe il limite del “buon costume” posto dalla Costituzione alle pubblicazioni a stampa, in quanto tale previsione – come già ritenuto con la sentenza n. 293 del 2000 – sfugge alle censure prospettate dal momento che, pur facendo indubbiamente perno su concetti elastici, trova il suo limite di operatività nel rispetto della persona umana che anima l’art. 2 cost., alla luce del quale essa va pertanto letta.
Corte costituzionale, 05 aprile 2002 , n. 92 in Giur. cost. 2002, 814
 
 
Immagini raccapriccianti – Non si ravvisa reato se vi è un intrinseco valore informativo.
Non integra l’elemento oggettivo del reato previsto e punito dall’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47 la trasmissione, durante un telegiornale, di un servizio giornalistico sulle atrocità di un conflitto civile, avvenuto con modalità obiettivamente percepibili come dotate di intrinseco valore informativo (Nella specie trattavasi di immagini, tra le quali quelle in primo piano di cadaveri putrefatti, teste mozzate e scheletri impiccati, trasmesse durante il telegiornale delle ore 19.30 dall’emittente televisiva Telemontecarlo, accompagnate da commenti e seguite da una intervista telefonica).
 
Il comune sentimento della morale, non può ritenersi aggredito dall’attività di informazione che, pur ponendosi, per le scene di violenza documentale, ai confini del limite massimo oltre il quale essa travalica la tutela della dignità personale, tuttavia, proprio per la sua intrinseca natura, non entri in contrasto con esso.
Tribunale Roma, 25 novembre 2003 in Dir. informatica 2004, 76
 
 
 
Pubblicazione a contenuto raccapricciante o impressionante – Fattispecie.
Rispondono del reato di pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante, previsto dall’art. 15 1. n. 47 del 1948, il direttore di un settimanale e i due giornalisti autori di un articolo pubblicato col corredo di fotografie a colori riproducenti le immagini del cadavere di una donna uccisa, cosi come rinvenuto nell’immediatezza dell’omicidio, con particolari impressionanti e raccapriccianti delle tracce sul corpo e sugli indumenti, e delle nudità del corpo medesimo e delle modalità di esecuzione del delitto, tali da turbare il comune sentimento della morale e l’ordine delle famiglie.
Cassazione penale , sez. III, 27 aprile 2001 in Foro it. 2001, II, 446
 
Reato ex art. 15 legge 47/1948 – Elemento oggettivo ed elemento soggettivo.
Per la sussistenza del reato di pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante previsto e punito dall’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47 deve ritenersi sufficiente, sul piano oggettivo, l’idoneità delle immagini pubblicate ad offendere il comune sentimento della morale, nel cui concetto non può non essere ricompreso il sentimento della pietà verso i defunti, e sul piano soggettivo, il dolo generico, consistente nella cosciente volontà di pubblicare immagini impressionanti e raccapriccianti recanti in astratto detta idoneità, mentre è irrilevante lo scopo perseguito dall’autore di mantenere viva l’esecrazione e la condanna per il fatto cui le immagini si riferiscono.
Tribunale Roma, 03 febbraio 1995 in Dir. informatica 1996, 43
 
Reato ex art. 5 legge 47/1948 – Elemento soggettivo.
Per l’integrazione del dolo, nel reato previsto e punito dall’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47, non occorre un compiacimento o adesione dell’autore per l’oggetto della pubblicazione perché la legge, nel caso in esame, non ha inteso limitare la punibilità ad una specifica direzione assunta dalla volontà dell’agente. Nel reato previsto e punito dall’art. 15 l. 8 febbraio 1948 n. 47 non ha efficacia esclusiva del dolo nè la finalità, o motivazione, della pubblicazione, nè il dissenso, pur dichiarato contestualmente alla pubblicazione stessa. (Nella specie trattavasi di foto dell’on. Moro, nudo all’obitorio, accompagnate da un articolo di commento contro la strage, nel quale venivano evidenziate le finalità di carattere storico della pubblicazione).
Cassazione penale , sez. III, 09 giugno 1982 in Cass. pen. 1984, 417  

Redazione

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