Dichiarazione giudiziale di paternità: l’assenza di affectio del padre non esclude necessariamente un interesse del minore

Redazione 14/09/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 15158 dell’11 settembre 2012 la Cassazione ha dichiarato che la grande differenza di età e la mancata volontà di volersi occupare del minore non costituiscono elementi sufficienti per escludere l’interesse del minore alla dichiarazione giudiziale di paternità.

Nel caso di specie un anziano signore si era rifiutato di sottoporsi al test del DNA, negando la propria paternità, e sostenendo che in ogni caso, data la sua situazione familiare di uomo coniugato con tre figli, non avrebbe potuto occuparsi del ragazzo di sedici anni che asseriva di essere suo figlio.

Ad avviso dei giudici di legittimità la contrarietà all’interesse del minore può sussistere solo in caso di concreto accertamento di una condotta del preteso padre tale da giustificare una dichiarazione di decadenza della potestà genitoriale, ovvero di prova dell’esistenza di gravi rischi per l’equilibrio affettivo e psicologico del minore per la sua collocazione sociale.

«Tali rischi», si legge in sentenza, «devono risultare da fatti obiettivi, emergenti dalla pregressa condotta di vita del preteso padre, ed, in mancanza di essi, l’interesse del minore va di regola tenuto sussistente a prescindere dai rapporti di affetto che possano in concreto instaurarsi con il presunto genitore e dalla disponibilità di questo ad instaurarli, avendo riguardo al miglioramento obiettivo della sua situazione in relazione agli obblighi giuridici che ne derivano per il preteso padre».

Quindi, neppure l’assenza di affectio da parte del presunto padre o la dichiarazione di costui, convenuto con l’azione di dichiarazione giudiziale ex art. 269 del codice civile, di non voler adempiere i doveri morali inerenti la potestà genitoriale, sono state ritenute idonee ad escludere l’interesse del minore.

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