Delitto di corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio

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     Indice

  1. Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)
  2. Breve casistica giurisprudenziale
  3. Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)

1. Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)

La fattispecie delittuosa della corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.) è disciplinata dal libro secondo del codice penale – dei delitti in particolare – titolo II – dei delitti contro la pubblica amministrazione – capo I – dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un delitto procedibile d’ufficio (art. 50 c.p.p.) e di competenza del tribunale collegiale (art. 33 bis c.p.p.). E’ consentito l’arresto in flagranza.

La norma è posta a presidio del buon andamento e della trasparenza della Pubblica Amministrazione censurando i comportamenti sia dei pubblici ufficiali sia degli incaricati di un pubblico servizio.

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Testualmente la norma in commento dispone che: “Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio.

In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo [32 quater]”.

Il primo dell’art. 320 del codice penale è stato rivisto dall’’art. 1, co. 75 della Legge 6 novembre 2012, n. 190 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione – (c.d. Legge Severino dal nome dell’allora Guardasigilli sotto il Governo Monti). Il testo del comma previgente era il seguente: “Le disposizioni dell’articolo 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all’articolo 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato”.

La norma in scrutinio prescrive che le fattispecie delittuose di cui agli artt. 318 cod. pen. – corruzione per l’esercizio della funzione – e 319 cod. pen. – corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio – trovino applicazione anche nei confronti dell’incaricato di un pubblico servizio ovvero nei riguardi di tutti quei soggetti che esercitano una mansione contrassegnata dall’esercizio di una funzione pubblica pur essendo priva dei relativi poteri che, di solito, si accompagnano.

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2. Breve casistica giurisprudenziale

“Il professore universitario che facilita la carriera universitaria di uno studente, agevolandone il conseguimento della laurea e supportandolo nel conseguimento del dottorato di ricerca, in cambio di incarichi di consulenza conferiti dal padre del ragazzo, dirigente sanitario, non commette corruzione. (…) Per la Corte di Cassazione, nel caso di specie, manca quella “qualificata probabilità di colpevolezza”, necessaria per giustificare gli arresti domiciliari, che deve basarsi sulla “valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi”. (Cass. Pen. Sez. V, 26 novembre 2018, n. 14377).

“Non è configurabile il delitto di corruzione per atto di ufficio – secondo la disciplina vigente prima delle modifiche introdotte dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 all’art. 320 cod. pen. – nei confronti del dipendente della Società Autostrade per l’Italia, perché, pur rivestendo quest’ultimo la qualifica di incaricato di pubblico servizio, non può essere considerato un pubblico impiegato”. (Cass. Pen n. 10759/2018).

“Il consulente tecnico di ufficio nominato nell’ambito di un procedimento arbitrale non assume la qualità di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, in quanto egli esplica funzione ausiliaria in relazione ad un istituto, l’arbitrato, di natura privatistica, ed a favore di soggetti, gli arbitri, che non sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.” (Fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità del reato di corruzione). (Cass. Pen. n. 5901/2013).

Con riferimento alla qualità di incaricato di pubblico servizio si segnala il seguente arresto giurisprudenziale: “In tema di corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, per l’attribuzione della qualità di incaricato di pubblico servizio occorre che l’attività concretamente esercitata dal soggetto sia disciplinata da norme di diritto pubblico ovvero, con atto normativo anche di rango inferiore, deve essere assunta come propria dallo Stato o da un altro ente pubblico, sicché deve essere chiara la natura pubblicistica di tale attività in quanto diretta a realizzare in via immediata le finalità dell’ente pubblico, concretantesi in un servizio rivolto alla generalità dei cittadini”. (Cass. Pen. n. 2549/2004).

Da ultimo, si evidenza che all’esito del procedimento penale, nel caso di condanna per la fattispecie delittuosa di cui all’art. 320 c.p. troverà attuazione l’applicazione della misura accessoria dell’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione di cui all’art. 32 quater c.p.

 3. Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)

L’articolo 321 del codice penale testualmente dispone che: “Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’articolo 319, nell’articolo 319 bis, nell’articolo 319 ter e nell’articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità [32 quater]”. Per completezza dell’esposizione, giova ricordare che il suddetto articolo è stato sostituito dall’art. 11 della Legge 26 aprile 1990, n. 86 – Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione – e modificato dall’art. 2 della Legge 7 febbraio 1992, n. 181 – Modifiche al codice penale in tema di delitti contro la pubblica amministrazione – .

La finalità dell’articolo in scrutinio è quella di ampliare il novero dei comportamenti censurabili a scapito del corruttore nonché della persona indotta, sollecitando l’azione di censura dei comportamenti scorretti mediante la segnalazione o denuncia di pubblici funzionari infedeli.

L’articolo così come disciplinato dal legislatore dispone che, per ciò che concerne le fattispecie delittuose di corruzione e induzione indebita a dare, si applicano le medesime pene anche nei confronti dell’extraneus, ovvero il cittadino privato, alla funzione pubblica, configurando i summenzionati reati a concorso necessario. Di fatto il codice allarga le pene irrogate al corrotto anche al corruttore, potendo benissimo il soggetto attivo del reato un privato con la necessità che il soggetto attivo sia comunque un funzionario pubblico.

 “Correttamente viene ritenuta la sussistenza del reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio nel caso di organizzatori di corsi di formazione professionale controllati dalla Regione i quali, in cambio di corrispettivo in danaro, assicurino agli allievi il conseguimento del titolo professionale senza l’osservanza del prescritto obbligo di presenza alle lezioni”. (Cass. pen. n. 47191/2004). “In tema di confisca di immobili in seguito a reati fiscali, è corretto il criterio utilizzato per stabilire il valore degli immobili che si basi sulle informazioni dell’Agenzia del Territorio circa le reali dimensioni dell’immobile ed utilizzi le valutazioni indicate dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare”. (Cass. Pen. n. 42639/2013).

Infine, giunti alle conclusioni, giova ricordare che secondo la Corte di Cassazione: “La natura necessariamente concorsuale del delitto di corruzione implica che all’assoluzione per insussistenza del fatto, in separato procedimento, dell’imputato del delitto di corruzione passiva in atti giudiziari faccia seguito, nell’altro procedimento, l’assoluzione con identica formula del corruttore attivo e dei suoi intermediari, dovendosi escludere la sussistenza dell’intero fatto corruttivo”. Sempre nella medesima sentenza la Corte enuclea il seguente principio: “Allorché il delitto di corruzione si realizza secondo il suo schema principale e tipico, accettazione della promessa e conseguimento dell’utilità, il reato viene commesso con due essenziali attività, strettamente legate fra di loro e l’una funzionale all’altra, l’accettazione della promessa e il ricevimento dell’utilità, con il quale finisce per coincidere il momento consumativo, versandosi in un’ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo”. (Cass. Pen. 04 maggio 2006, n. 33519).

Leggi anche: Corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.)

Avvocato Rosario Bello

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