Danni estraneo al caseggiato: condizioni risarcimento

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L’estraneo al condominio che entra nel caseggiato senza adottare le normali cautele e cade su una parte fissa del grosso portone non può poi pretendere il risarcimento dei danni.
riferimenti normativi: art. 2051 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sentenza del 05/02/2013, n. 2660
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Tribunale di Milano –sez. X civ.- sentenza n. 3526 del 02-05-2023

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Indice

1. La vicenda


Un estraneo al condominio entrava in un caseggiato per partecipare occasionalmente ad un seminario di un’associazione con sede nel palazzo. Lo stesso “corsista”, udito il segnale di sblocco elettrico, spingeva in avanti il portone per accedere all’atrio quando il passo necessario per entrare veniva ostacolato da una barra di metallo fissata a terra e per questo inciampava cadendo rovinosamente; la caduta era dovuta alla struttura del portone, costituito da una barra di metallo, alta circa dodici centimetri, che rimaneva fissa a pavimento, per tutta la lunghezza dell’ingresso pedonale. Successivamente il corsista si rivolgeva al Tribunale chiedendo di accertare l’esclusiva responsabilità del condominio nella causazione del danno e la condanna dello stesso al risarcimento dei danni patrimoniali (per spese mediche, per fisioterapia, copia cartella clinica, visita medico-legale e costo del seminario cui non partecipava) e di quelli non patrimoniali.  A sostegno delle sue ragioni l’attore faceva presente che la barra fissa a pavimento era dello stesso colore grigio del serramento e non segnalata come parte fissa inamovibile; inoltre notava che, in seguito all’incidente quella barra era stata evidenziata con nastro adesivo a strisce bianche e rosse.
Il condominio si difendeva facendo presente che, indipendentemente dall’adesivo applicato, la presenza della barra a terra fissa risultava visibile anche da parte di un osservatore poco accorto: l’accesso dei pedoni si presentava arretrato rispetto alla struttura in ferro che circondava la porta per cui era intuibile che il portone non si sarebbe interamente aperto; inoltre evidenziava come l’ospite fosse già precedentemente malato, sicché avrebbe dovuto mantenere determinate cautele per entrare all’interno dei locali. In ogni caso veniva chiamata in causa la compagnia di assicurazione per essere manlevata in caso di accoglimento della domanda del corsista.

3. La soluzione


Il Tribunale ha dato torto al corsista. È emerso che il portone e la barra fissa non presentavano in sé nessuna caratteristica di pericolosità intrinseca. Secondo lo stesso giudice, quindi, una tale situazione oggettiva avrebbe richiesto che l’attore adottasse le cautele normalmente attese e prevedibili per superare senza danni quel manufatto tutt’altro che invisibile o anche soltanto poco visibile. Il Tribunale ha affermato, quindi, che i danni subiti dal corsista non sono derivati da un qualche dinamismo interno della cosa (il grosso portone), ma sono in realtà conseguenza di un intervento umano che ha interrotto il nesso causale tra il medesimo evento dannoso e la cosa inerte che costituiva il bene in custodia.

4. Le riflessioni conclusive


L’articolo 2051 c.c. nell’affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale.
In particolare si può parlare di responsabilità per danni da cose in custodia in presenza di due presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determini la configurazione nel caso concreto di insidia o trabocchetto; l’imprevedibilità e l’invisibilità di tale alterazione per il soggetto che, in conseguenza della situazione di pericolo, subisca un danno (Cass. civ., sez. III, 11/03/2021 n. 6826). La sentenza chiarisce che la prova del nesso causale è particolarmente rilevante e delicata nei casi in cui il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che al modo di essere della cosa si unisca l’agire umano ed in particolare quello del danneggiato, essendo essa di per sé statica e inerte. In tali casi, infatti, ai fini della prova del nesso causale, il danneggiato è tenuto a dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (Cass. civ., sez. VI – 3, 20/10/2015, n. 21212). Il principio è stato già affermato in relazione ad un caso in cui il danneggiato era inciampato in un cordolo, lasciato dagli operai che stavano eseguendo lavori stradali, andando a sbattere per sua colpa contro un mucchio di pietre (Cass. civ., sez. III, 05/02/2013, n. 2660).

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