D. lgs. 150/09, vale tutto e il contrario di tutto?

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Molto si è scritto in questi mesi in merito alla c.d. riforma Brunetta della Pubblica Amministrazione, attuata con il D.Lgs. 150/09.

Se da un verso la dottrina ha assunto posizioni che, tutto sommato, appaiono unitarie, le prime applicazioni pratiche hanno invece reso manifeste divergenze di vedute, con pronunce di giudici di merito (Trib. Torino) o circolari applicative (si veda quella ANCI) che si discostano in modo netto dalla posizione dei primi commentatori.

E così, mentre lo scorso 2 aprile Luigi Oliveri titolava su Italia Oggi “contratto anche senza sindacato”, lo stesso giorno il Giudice del Lavoro di Torino, su ricorso ex art. 28 L. 300/70, ha precisato, in applicazione dell’art. 65 commi 1 e 2 – oltre al comma 4 per gli Enti periferici – del D.Lgs. 150/09, che le parti hanno tempo fino al 31.12.2010 per adeguare i contratti integrativi e che solo dall’1 gennaio 2011 i contratti integrativi attualmente vigenti non saranno più applicabili per quanto non adeguato.

Ciò significa, così interpretando il significato dei primi due commi dell’art. 65 del D.Lgs. 150/09, che la disciplina prevista nei contratti collettivi integrativi non viene a mutare per la sola entrata in vigore del Decreto Brunetta, ma continua a produrre i propri effetti, entro i termini temporali sopra previsti, senza che la singola Amministrazione possa unilateralmente modificarli.

Se cioè un contratto integrativo ha disciplinato in un determinato modo un istituto, ad esempio quello della banca delle ore, tale contratto non potrà essere modificato senza l’accordo delle parti, dovendo il disposto di cui all’art. 54 co. 3-ter del 150/09 coordinarsi con quanto previsto ai primi due commi del successivo art. 65 del medesimo Decreto.

Vale la pena a questo punto osservare che il citato art. 65 richiama in toto anche le disposizioni previste al Titolo III del Decreto, cosicché si dovrebbe dedurre che anche tutta la parte relativa agli artt. da 17 a 31 non diverrebbe automaticamente applicabile.

Ciò, evidentemente, si riferisce a quegli istituti per cui già lo stesso Titolo III non prevede termini diversi e, naturalmente, a condizione che si tratti di istituti soggetti alla contrattazione.

Esulano pertanto dal richiamo operato le progressioni di carriera (ex art. 24 del Decreto), per le quali dal 1° gennaio 2010 le Amministrazioni pubbliche coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici con riserva del 50% a favore del personale interno, in possesso del titolo di studio per l’accesso dall’esterno.

È pacifico che il principio di cui all’art. 62 che ha introdotto il co. 1-bis all’art. 52 del D.Lgs. 165/01 è generale dell’ordinamento, di diretta attuazione di norma costituzionale.

Purtuttavia, benché norma entrata in vigore il 15.11.2010 (decimo quinto giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), ha visto la presenza di termine “dilatorio” allo 01.01.2010 proprio ad opera del predetto art. 24.

Ammessa quindi l’esistenza di un termine dilatorio, non si ravvisa nulla di scandaloso nel ritenere possibile una ulteriore dilazione per particolari enti territoriali, quali le Autonomie Locali e le Regioni. Anzi, in tale senso orientato appare l’intento del Legislatore, il quale all’art. 31 del 150 ha volutamente inserito, al comma 4, che, nelle more dell’adeguamento degli ordinamenti ai principi di cui – fra gli altri – all’art. 24 commi 1 e 2 si applicano le disposizioni vigenti e solo decorso tale termine si applicherà quanto previsto nel Titolo III del Decreto, fino alla data di emanazione della disciplina regionale e locale.

Vi è quindi un principio, generale, sancito dal nuovo art. 52 del D.Lgs. 165/01, un primo termine di adeguamento allo 01.01.10 per le Amministrazioni dello Stato e un ulteriore termine massimo stabilito nel 31.12.10 per le Amministrazioni delle Regioni e delle Autonomie Locali.

Proprio il fatto che il Legislatore preveda l’emanazione di una disciplina regionale e locale futura che possa modificare quella nazionale la dice lunga sulla specificità di questi Enti e sulla diversità di applicazione delle norme.

A tali conclusioni, giungendovi anche con diverse considerazioni, è giunta l’ANCI nelle proprie linee guida, laddove ha ammesso la possibilità per gli Enti Locali di adoperarsi secondo le vecchie regole valide per le progressioni verticali fino al 31.12.2010.

A nostro avviso però, in ambito locale, possono essere espletate non solo le progressioni verticali già programmate nel 2009, ma anche quelle che venissero programmate nel 2010. Naturalmente a condizione che vengano terminate entro il 31 dicembre.

Una interpretazione del testo legislativo diversa, infatti, condurrebbe ad un non senso delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 del Decreto Brunetta.

A chi sostiene che si tratti di un principio di diretta attuazione costituzionale è facile obiettare che anche le progressioni verticali, se nel limite del 50% dei posti a disposizione, rispecchiano il dettato costituzionale – come più volte evidenziato dalla giurisprudenza – e che, come detto, lo stesso legislatore prevede una futura emanazione di una disciplina regionale e locale che ben potrà derogare in materia a quanto previsto da quella nazionale, il Decreto 150 appunto.

 

 

Spadone Luigi

Dottore in giurisprudenza

Segretario organizzativo UIL FPL del Verbano Cusio Ossola e responsabile uffici vertenze e contrattazione della medesima organizzazione

 

 

Noretta Diego

Avvocato

Esperto in controversie del pubblico impiego, svolge la propria attività nel Foro di Verbania

Dott. Spadone Luigi

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