Cosa occorre per l’integrazione della fattispecie di danneggiamento con minacce alla persona prevista dall’art. 635, comma 1, cod. pen.?

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 635, co. 1)

Indice:

Il fatto

La Corte di Appello di Torino, investita dall’impugnazione proposta dall’imputato, aveva riqualificato un reato di tentato omicidio nelle violazioni di cui agli artt. 612, 339 e 635, comma 3 n. 1), cod. pen. e, per l’effetto, aveva rideterminato la pena inflitta all’imputato per questo episodio nonché per i reati di porto in luogo pubblico di un fucile a canna lunga commesso, minaccia grave commessa con armi, danneggiamento con minaccia, porto in luogo pubblico di una pistola ed esplosione di un colpo in luogo abitato.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che deduceva i seguenti motivi: 1) vizio della motivazione in ordine alla valutazione probatoria delle dichiarazioni rese dalle persone offese con riferimento a tutti i reati per cui è intervenuta condanna; 2) violazione di legge in relazione agli artt. 612 e 84, ultimo comma, cod. pen., nonché vizio di motivazione in ordine ai reati contestati ai capi G) e H) della rubrica. 

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era reputato nel suo complesso infondato sicché era rigettato per le seguenti considerazioni.

In particolare, quanto al primo motivo, gli Ermellini lo ritenevano aspecifico e, comunque, manifestamente infondato in quanto, a loro avviso, il ricorrente non si era confrontato con il reale apparato argomentativo della sentenza impugnata.

Ciò posto, quanto al secondo motivo, i giudici di piazza Cavour lo stimavano privo di pregio posto che – una volta fatto presente che, da un lato, l’entità del turbamento psichico determinato dall’atto intimidatorio sul soggetto passivo, da cui dipende il carattere grave della minaccia postulato dall’art. 612, comma 2, cod. pen., può essere desunta, oltre che dal tenore delle espressioni verbali profferite, dal contesto nel quale esse si collocano e dalla personalità dei soggetti coinvolti (ex multis Sez. 5, n. 8193 del 14/01/2019; Sez. 6, n. 35593 del 16/06/2015), dall’altro, per l’integrazione della fattispecie di danneggiamento con minacce alla persona prevista dall’art. 635, comma 1, cod. pen. è sufficiente che queste ultime siano contestuali al fatto produttivo del danneggiamento «nel senso che il danneggiamento deve essere stato compiuto quando è ancora in atto la condotta violenta o minacciosa tenuta dall’agente, anche se la stessa non sia finalizzata a rendere possibile l’esecuzione del danneggiamento mediante l’intimidazione esercitata nei confronti del soggetto passivo, con la conseguenza che, in questa ipotesi, il reato di minaccia è assorbito in quello di danneggiamento aggravato» (Sez. 2, Sentenza n. 1377 del 12/12/2014; nello stesso senso cfr. Sez. 5, n. 15643 del 13/12/2019; Sez. 6, n. 16563 del 15/03/2016, che sottolineano come la ragione della incriminazione deve essere ravvisata nella maggiore pericolosità manifestata dall’agente nella esecuzione del reato), tali giudici evidenziavano, una volta accertata in fatto l’autonomia dei due episodi, seppur commessi nell’abito di un disegno criminoso unitario, come, secondo la loro opinione, non vi fosse spazio per l’assorbimento della condotta meno grave secondo il paradigma del reato complesso, difettando le condizioni strutturali dell’istituto previsto dall’art. 84 cod. pen., individuate anche di recente dalla Sezioni unite nella «sostanziale unitarietà del fatto», intesa non solo come contestualità spaziale e temporale dei singoli fatti criminosi sussunti della fattispecie assorbente, ma anche nella loro collocazione in una comune prospettiva finalistica (Sez. U, n. 38402 del 15/07/2021).

Si affermava infine che, dal rigetto del ricorso, ne conseguiva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito cosa occorre per l’integrazione della fattispecie di danneggiamento con minacce alla persona prevista dall’art. 635, comma 1, cod. pen..

Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, si afferma che, per l’integrazione della fattispecie di danneggiamento con minacce alla persona prevista dall’art. 635, comma 1, cod. pen. è sufficiente che queste ultime siano contestuali al fatto produttivo del danneggiamento nel senso che il danneggiamento deve essere stato compiuto quando è ancora in atto la condotta violenta o minacciosa tenuta dall’agente, anche se la stessa non sia finalizzata a rendere possibile l’esecuzione del danneggiamento mediante l’intimidazione esercitata nei confronti del soggetto passivo, con la conseguenza che, in questa ipotesi, il reato di minaccia è assorbito in quello di danneggiamento aggravato.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la configurabilità di tale fattispecie di reato.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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