Corte dei Conti – Giudizi di responsabilità amministrativa per danno erariale – Sezione Giurisdizionale Bolzano – Sentenza n. 28 dell’1 giugno 2007 – Illecito erariale per abuso di posizione, mancata prestazione di servizio e lesione all’immagine – Config

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Con la sentenza n. 28/2007, la Sezione Giurisdizionale Bolzano, condanna un Comandante di Polizia ferroviaria, già giudicato in sede penale per diversi reati (abuso d’ufficio, estorsione ecc.), per plurimi illeciti erariali derivanti dall’uso abusivo delle strumentazioni di lavoro ovvero dall’assenza arbitraria dal servizio.
La Sezione, giunge a tale determinazione sulla base dei riscontri fattuali effettuati nonché in relazione alla condotta processuale del tutto inerte osservata dall’agente di polizia in tale sede.
A tal proposito, il Collegio, richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia, qualifica tale comportamento rinunciatario come un’ammissione implicita da parte dell’agente in merito ai fatti contestati.
D’altra parte, i giudici contabili hanno già precisato che: “nei giudizi per responsabilità amministrativa, il comportamento processuale completamente rinunciatario dei convenuti può essere dal giudice interpretato, ai sensi dell’art. 116 comma 2 c.p.c., come sostanzialmente ammissivo dei fatti di causa” (Corte dei conti, Sez. Sardegna sent. n. 125/96).
Sullo stesso tenore si è espressa la Corte dei conti, Sez. Lombardia con la sent. n. 27/95: “il comportamento processuale di una parte può costituire anche unica fonte di prova e convincimento, o comunque elemento di valutazione delle prove già acquisite al processo; pertanto, la circostanza che il convenuto non abbia risposto all’invito a dedurre, né si sia costituito in giudizio o abbia inviato memorie personali dopo la notificazione dell’atto di citazione può essere interpretata come sostanziale ammissione dei fatti a lui contestati.”
Per finire, anche la giurisprudenza amministrativa ha più volte evidenziato la valenza della succitata norma del codice di rito: “il comportamento processuale dell’amministrazione che omette di dare compiuta esecuzione agli incombenti istruttori può essere valutato, in forza dei principi desumibili dall’art. 116 c.p.c. (applicabili anche al processo amministrativo), come ammissione dei fatti allegati dalla controparte a sostegno della propria impugnativa” (ex plurimis, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 1625/06).
La Sezione, infine, addebita al militare anche il danno per lesione all’immagine definito in via equitativa ex art. 1226 c.c…
Qui la pronuncia.
 
* A cura dell’Ufficio Stampa
SEZIONE GIURISDIZIONALE DI BOLZANO
Presidente: **************** – Relatore : ***********
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 
A)   Con atto introduttivo depositato il 28 dicembre 2006 è stato convenuto dinanzi a questa Sezione – per sentirsi condannare al pagamento in favore dell’Erario della somma di € 19.116,61, oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio – il sig. G.L., all’epoca dei fatti in questione vice sovrintendente della Polizia di Stato e comandante della Stazione Polfer di #########, il quale – secondo quanto espone il requirente – “per finalità del tutto estranee ai propri compiti d’ufficio, aveva abusato della propria posizione per addebitare alla propria amministrazione di appartenenza costi indebiti per ore straordinarie mai effettuate, assentandosi altresì ingiustificatamente dal proprio servizio per curare i propri interessi privati, in ordine ai quali usufruiva anche delle strutture del proprio ufficio.
Il Procuratore regionale richiama in proposito la sentenza dibattimentale n. 244/06, depositata il 27 aprile 2006, con la quale il Tribunale di Bolzano ha pronunciato condanna penale nei confronti del sunnominato “in ordine ai delitti p. e p. dagli artt. 81 cpv., 479, 640, comma 1 e 2 n. 1, 14 comma 1 e 2 c.p. e 110, 605 comma 1 e 2 n. 2 e 317 c.p., per le seguenti fattispecie:
– per essersi procurato, nella sua veste di ispettore di Polizia in servizio quale comandante dell’Ufficio del Posto di Polizia ferroviaria di #########, un ingiusto profitto nella misura della retribuzione percepita per le ore ordinarie e straordinarie in cui attestava essere presente contrariamente a verità, con pari danno dell’Amministrazione di appartenenza,
– nonché per avere fatto uso personale delle autovetture di servizio di cui aveva la disponibilità nella sua qualità di cui sopra, – per essersi appropriato della linea telefonica del Posto di Polizia ferroviaria di ######### di cui aveva la disponibilità effettuando personalmente n. 274 telefonate a contenuto privato, per complessive 17 ore, 57 minuti e 17 secondi,
– collegandosi inoltre abusivamente ad internet tramite la linea telefonica dello stesso Posto per complessive 49 ore, 23 minuti e 22 secondi e spedendo direttamente numerosi fax dalla medesima linea telefonica inerenti l’attività privata relativa alla A.C. #########, associazione per la quale detta utenza telefonica veniva costantemente utilizzata,
– nonché per avere, abusando della sua qualità di assistente della Polizia di Stato, indotto O.A. e ***** a pagargli un portasci per la sua autovettura privata con il pretesto di effettuare indagini in merito alle continue minacce e ai danneggiamenti di cui era vittima la famiglia B.-O.,
– inoltre per avere privato Milano ********* della sua libertà personale prelevandolo dall’officina di A. P. e portandolo al Posto di Polizia ferroviaria di #########, ivi trattenendolo per tre ore senza alcun motivo di servizio e senza redigere alcuna relazione di servizio,
– costringendo altresì A. P. a consegnare Lire 1.000.000 in contanti quale contropartita per aver rilasciato M. F. e per non intraprendere ulteriori provvedimenti nei confronti di questo, reati commessi in un periodo di tempo che va dal mese di febbraio dell’anno 1998 al 21.12.2002 come dai punti a), b), c), g) e i) del capo di imputazione trascritto nella sentenza di cui sopra, alla quale si fa riferimento.
Il P.M., sull’assunto che “le assenze arbitrarie dal servizio sono ampiamente e dettagliatamente documentate dalla sentenza di condanna del Tribunale penale di Bolzano”, contesta al convenuto un ammontare di € 4.116,61 per emolumenti indebitamente percepiti, risultante, secondo i prospetti redatti dall’Amministrazione di appartenenza, dalla somma dei seguenti importi: rispettivamente € 3.009,84 per prestazioni lavorative ed € 851,85 per prestazioni di lavoro straordinario non effettivamente rese, nonché € 254,92 per l’indennità di trasferta erogata per la reggenza della suddetta Stazione Polfer dal 7 febbraio 2003 – data di arresto del G.L. – fino alla designazione del nuovo responsabile.
Al danno patrimoniale come sopra individuato, prosegue il requirente, “si aggiunge il danno all’immagine sicuramente subito dall’amministrazione in dipendenza del comportamento antidoveroso del proprio dipendente, che ha trovato ampio risalto sugli organi di informazione locali”, danno quantificato nella misura di € 15.000,00-.
Quanto al presupposto soggettivo della responsabilità amministrativa, afferma il requirente che “la sussistenza dell’elemento psicologico delle fattispecie dannose caratterizzate da dolo, ovvero dalla consapevolezza del convenuto che i propri comportamenti antidoverosi erano idonei a cagionare danno alla propria amministrazione, è insito nelle concrete modalità dell’azione.
B)   Nella pubblica udienza il P.M. ha insistito sull’integrale accoglimento della azionata pretesa, sottolineando la valenza della richiamata sentenza penale, pur se non passata in giudicato, da cui emergerebbe un “quadro desolante” che va ben oltre il danno materiale computato dall’Amministrazione, avendo il G.L., nella sua attività di “faccendiere in diversi ambiti”, gravemente abusato della sua “posizione esponenziale”, con conseguente “notevole ricaduta sull’opinione pubblica a livello provinciale, se non nazionale”, di talché la operata quantificazione del danno all’immagine andrebbe intesa come una misura non diminuibile.
C)   Ciò posto, rileva innanzitutto la Sezione che l’odierno convenuto ha ritenuto di non svolgere alcuna attività difensiva, non avendo fornito alcun riscontro né all’invito a dedurre (notificato in data 29 agosto 2006), né all’atto di citazione (notificato in data 2 febbraio 2007).
Orbene, reputa il Collegio che, a fronte della documentata pretesa attorea, un siffatto contegno vale senz’altro a corroborarla, come in effetti la giurisprudenza contabile ha già avuto modo di precisare: “nei giudizi per responsabilità amministrativa, il comportamento processuale completamente rinunciatario dei convenuti può essere dal giudice interpretato, ai sensi dell’art. 116 comma 2 c.p.c., come sostanzialmente ammissivo dei fatti di causa” (Sez. Sardegna125/96).
Ancor più attinente alla presente situazione è la massima tratta da Sez. Lombardia 27/95: “il comportamento processuale di una parte può costituire anche unica fonte di prova e convincimento, o comunque elemento di valutazione delle prove già acquisite al processo; pertanto, la circostanza che il convenuto non abbia risposto all’invito a dedurre, né si sia costituito in giudizio o abbia inviato memorie personali dopo la notificazione dell’atto di citazione può essere interpretata come sostanziale ammissione dei fatti a lui contestati.”
D’altronde, anche la giurisprudenza amministrativa ha più volte evidenziato la valenza della succitata norma del codice di rito: “il comportamento processuale dell’amministrazione che omette di dare compiuta esecuzione agli incombenti istruttori può essere valutato, in forza dei principi desumibili dall’art. 116 c.p.c. (applicabili anche al processo amministrativo), come ammissione dei fatti allegati dalla controparte a sostegno della propria impugnativa” (così, ex plurimis, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 1625/06).
La domanda attrice si appalesa quindi pienamente fondata, ivi compreso l’invocato ristoro del pregiudizio arrecato all’immagine ed al prestigio della Polizia di Stato.
Si condividono integralmente in proposito le considerazioni del requirente, che di seguito si riportano: <<…l’azione di responsabilità amministrativa contabile non è solo finalizzata al recupero del pregiudizio patrimoniale subito dalla P.A., ma si prefigura di garantire interessi ulteriori quale appunto l’immagine, la cui tutela riveste per le persone giuridiche la stessa rilevanza che per le persone fisiche assume il rispetto del diritto al proprio buon nome e alla propria reputazione. Ne consegue che il danno all’immagine della P.A. è un danno esistenziale che si produce nello stesso momento in cui viene accertata la commissione di azioni o omissioni illecite, che per la loro gravità e per la loro rilevanza sociale non possono che compromettere il decoro dell’amministrazione dalla quale il funzionario infedele dipende. Al riguardo è stato autorevolmente precisato che “la lesione dell’immagine è un effetto diretto ed immediato dell’accertamento dell’abuso della pubblica funzione” che causa “secondo comune esperienza, un deterioramento del rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’istituzione pubblica, la quale viene percepita come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, finita nelle mani di soggetti dediti a perseguire soltanto illeciti interessi particolari…” (Corte conti, Sez. II, 26.1.2004, n. 27/A).   Il diritto all’immagine leso, pur inerendo ad un bene immateriale, è tuttavia suscettibile di valutazione economica e il conseguente danno subito dalla P.A. si traduce in un pregiudizio che deve essere quantificato. L’entità del danno può essere desunta da criteri oggettivi, attinenti alla gravità dell’illecito commesso in relazione, tra l’altro, alle modalità della sua perpetrazione, da criteri soggettivi, relativi alla collocazione che il responsabile ha nell’organizzazione amministrativa ed alla sua capacità di rappresentare l’Amministrazione (nella specie il G.L. rivestiva l’alta funzione di comandante ****** di #########) ed infine da criteri sociali, basati sulle capacità esponenziali dell’ente interessato, sulle sue dimensioni territoriali, sulla rilevanza delle funzioni al medesimo intestate, oltre che sulla ampiezza della diffusione e del risalto dato all’illecito (cfr. ex plurimis Sez. Bolzano, 7 dicembre 2001 n. 7). Sotto quest’ultimo profilo assume particolare rilievo il clamor fori suscitato da una vicenda a rilevanza anche penale, che costituisce senz’altro principio di prova in base al quale il giudice può procedere ad una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. Infatti l’ampio risalto dato dai media ai comportamenti gravemente antidoverosi di G.L. emerge dalla copiosa raccolta di articoli di stampa prodotta [sono stati depositati al riguardo ben 17 articoli, tratti dai quotidiani locali] >>.
L’operata quantificazione del danno in questione per un importo di € 15.000,00 appare pertanto equa, se non addirittura contenuta rispetto alla ‘diffusività ambientale’ dei comportamenti in questione.
Ed infatti, in un recente caso pure relativo ad un tutore dell’ordine – un militare della Guardia di Finanza condannato per danno all’immagine – la Magistratura contabile non ha mancato di affermare che “la lesione si estende a tutta la struttura della Polizia tributaria” (Sez. I 185/05).
D)   Così accertata la fondatezza della pretesa attorea, occorre infine pronunciarsi in ordine alla decorrenza dei richiesti oneri accessori, distinguendo all’uopo tra le due poste di danno:
1) in ordine al danno patrimoniale (€ 4.116,61-), vengono in rilievo entrambi i predetti oneri, secondo i seguenti criteri di computo:
▪ la rivalutazione monetaria, trattandosi nella specie di danno a formazione progressiva (cfr. Sez. I 62/90 e SS.RR. 836/93), è da conteggiare dalla data di percezione dell’ultima remunerazione non spettante, rispettivamente dalla data dell’ultima erogazione relativa all’indennità di trasferta, fino alla pubblicazione della presente sentenza;
▪ gli interessi legali sono da conteggiare, sulle somme rivalutate, dalla data della suddetta pubblicazione fino al soddisfo effettivo;
2) in ordine al danno all’immagine, definito in via equitativa ex art. 1226 c.c. (€ 15.000,00-), vengono in rilievo i soli interessi legali, da conteggiare dalla data della suddetta pubblicazione fino al soddisfo effettivo.
Alla soccombenza segue la condanna alle spese di giudizio.
 
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale di Bolzano, definitivamente pronunciando, condanna il convenuto G.L. al pagamento, in favore dell’Erario, dei seguenti importi:
1) a titolo di danno patrimoniale: € 4.116,61 (quattromilacentosedici,61);
    – alla suddetta somma è da aggiungere, fino alla pubblicazione della presente sentenza, la rivalutazione monetaria a far tempo dalla data di percezione dell’ultima remunerazione non spettante, rispettivamente dalla data dell’ultima erogazione relativa all’indennità di trasferta;
     – sulla somma rivalutata saranno computati gli interessi legali, dalla data della prefata pubblicazione sino al soddisfo effettivo;
2) a titolo di danno all’immagine: € 15.000,00 (quindicimila);
     – su detta somma saranno computati gli interessi legali, dalla data della pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo effettivo.
Le spese di giustizia seguono la soccombenza e si liquidano in € ………………………………………………….
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Bolzano, nella Camera di consiglio del 17 maggio 2007.
depositato in segreteria 01 giu 2007

Crucitta Giuseppe – Francaviglia Rosa

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