Corte dei Conti – Giudizi di responsabilità amministrativa per danno erariale – Sezione Giurisdizionale Basilicata – Sentenza n. 61/2007 – Uso illecito dell’apparecchio telefonico dell’ufficio per fini personali – Configurabilità – Dolo del centralinista

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La decisione che si commenta riguarda una delle ipotesi più frequenti che vengono sottoposte all’attenzione della magistratura contabile quali quelle che concernono l’utilizzo degli strumenti di lavoro anche per fini privati da parte dei dipendenti pubblici.
In tali casi, l’ordinamento prevede che l’impiego di tali strumenti sia consentito solo per fini rigorosamente istituzionali e che quindi ogni diverso utilizzo non occasionale vada comunque sanzionato.
I soggetti coinvolti sono stati già giudicati in sede penale con esiti differenti: mentre un impiegato veniva prosciolto per insussistenza del fatto, per gli altri due attori il giudice pronunciava sentenza di condanna ai sensi dell’art. 444 c.p.
Successivamente, avendo uno di quest’ultimi provveduto a risarcire quanto dovuto all’Amministrazione danneggiata, veniva esercitata azione erariale nei confronti dell’unico soggetto rimasto inadempiente per il recupero della somma così come accertata dal giudice penale.
Rivestono particolare interesse nel provvedimento in questione, le modalità in concreto osservate dall’A.G. contabile nell’esercizio del potere riduttivo rimesso alla stessa dalla legge ex art.83 R.D. n.2440 del 1923, nonché ex art.52 del R.D. n.1214 del 1934 e art.19 D.P.R. 10.1.1957 n. 3 poiché concernenti un illecito di natura dolosa per il quale solitamente non si ricorre a tale facoltà.
Giova ricordare che specie nei casi di notevole riduzione dell’addebito, debba esservi sempre adeguata motivazione che, invece, non occorre se si nega l’applicazione del potere riduttivo. In sintesi: se l’illecito è doloso, il potere riduttivo dell’addebito non si applica (ex plurimis: Corte dei conti Sezione Lombardia 1478/2003); se è gravemente colposo se ne può fare applicazione .
A tale riguardo, il Collegio richiama la giurisprudenza formatasi sull’applicazione in concreto dell’istituto (Corte dei conti Sezione I 18.3.2003 n.105/A; Corte dei conti Sezione III 14.5.1998 n.132/A; Corte dei conti Sezione II 13.6.1997 n.78/A; Sezioni Riunite 19.4.1990 n.662/A) e ritiene che possa darsi rilievo, nell’esercizio di tale potere riduttivo, alle modeste condizioni reddituali del convenuto oltre che alle particolari condizioni emotive in cui il fatto dannoso si è verificato; il giudicante, infatti ha riscontrato lo stato di particolare “depressione emotiva” in cui il convenuto centralinista veniva sovente a trovarsi nell’espletamento delle proprie mansioni, depressione peraltro generata dalle particolari condizioni psico-fisiche segnate da una grave riduzione della vista con conseguente ridotta capacità relazionale.
Tale conclusione si pone, peraltro secondo i giudici, in linea con quella tesi che, sintetizzando le diverse posizioni assunte da dottrina e giurisprudenza sul fondamento e sulla “ratio” del potere riduttivo, pur riconoscendo alla responsabilità amministrativa una natura fondamentalmente patrimoniale, ha affermato che il giudizio amministrativo contabile, accanto all’esigenza riparatoria, deve perseguire, per espresso dettato normativo, anche esigenze più squisitamente sanzionatorie.
Il Collegio osserva, infine, come ulteriore circostanza favorevole e determinante per comminare la sanzione in forma ridotta è la particolare condotta osservata e mantenuta dal citato in causa a seguito dell’ammissione della propria responsabilità in ordine alla contestata ed accertata illecita utilizzazione dell’apparecchio telefonico, e tradottasi nel parziale ristoro delle ragioni creditorie dell’Amministrazione danneggiata attraverso la restituzione di una somma – a mezzo di versamento bancario.
Segue la sentenza.
 
 
* A cura dell’Ufficio Stampa
 
SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA BASILICATA
Presidente: ***************** – Relatore: **************
FATTO
In data 3.10.2006 l’ufficio della locale Procura Regionale della Corte dei conti depositava presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale per la XXXXXXX atto di citazione – preceduto da rituale invito a dedurre ex art.5, comma 1 della legge n.19 del 1994 – nei confronti del sig. XXXXXXX, al quale veniva contestata la perpetrazione di un danno, pari ad € 4.229,70, patito dalla XXXXXXX XXXXXXX presso la quale, nella sede di XXXXXXX, questi prestava servizio in qualità di centralinista, e derivante dalla utilizzazione dell’apparecchio telefonico in dotazione degli uffici della stessa sede di XXXXXXX della XXXXXXX XXXXXXX, per ragioni meramente ed esclusivamente personali.
L’iniziativa risarcitoria intrapresa dalla locale Procura Regionale traeva origine da una nota informativa del 13.5.2000 con la quale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di XXXXXXX informava il locale organo requirente della Corte dei conti di aver esercitato l’azione penale verso XXXXXXX – convenuto odierno –           D.D. e R.D.: il primo nella qualità di centralinista della XXXXXXX XXXXXXX sede di XXXXXXX, il secondo nella qualità di centralinista, organicamente inserito nel personale della provincia di XXXXXXX ma temporaneamente distaccato presso il Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di XXXXXXX, ed il terzo nella qualità di dirigente dell’Ufficio Affari generali organizzativi della XXXXXXX XXXXXXX sede di *******: ai predetti soggetti veniva contestato il reato di peculato – per i primi due – ed il reato di favoreggiamento – per il terzo.
Il relativo procedimento penale si concludeva, con riferimento alla posizione del R.D., con sentenza di non luogo a procedere per l’insussistenza del fatto; per gli altri due, al contrario,   la vicenda penale si concludeva con sentenza di patteggiamento ai sensi dell’art.444 c.p.p.
Dalle risultanze degli atti acquisiti dalla istruttoria penale emergeva, con tutta evidenza, che i due centralinisti avevano utilizzato l’apparecchio telefonico in dotazione dell’ufficio presso il quale prestavano servizio per motivi personali. L’accertamento del fatto veniva peraltro corroborato dalle ammissioni della condotta in tal senso tenuta rese dagli stessi imputati, conseguentemente condannati anche se con sentenza c.d. “patteggiata”.
La Procura Regionale evidenziava come un danno fosse comunque stato cagionato alla XXXXXXX XXXXXXX: tale danno veniva individuato nel complesso degli addebiti delle conversazioni telefoniche svolte dai predetti per motivi personali e quantificato in € 4.229,70 per il XXXXXXX ed € 617,70 per il D.D..
A seguito delle deduzioni trasmesse con riferimento al rituale invito, il sig. D.D., rappresentava e dimostrava di aver provveduto a risarcire alla XXXXXXX XXXXXXX il danno da questa patito. L’avv. ********************, invece, in qualità di difensore del sig. XXXXXXX, ammetteva le responsabilità del proprio assistito, sottolineava le disagiate condizioni dello stesso e chiedeva di essere ammesso a risarcire il danno in forma dilazionata.
Sulla scorta di tali deduzioni la Procura Regionale provvedeva ad archiviare, per intervenuta eliminazione del danno in contestazione, la posizione del sig. D.D. ed invece, non ritenendo di poter adottare alcuna decisione in ordine alla richiesta di “dilazione di pagamento” avanzata dal difensore del XXXXXXX, si determinava nel formalizzare, verso quest’ultimo, l’atto di citazione per cui è oggi causa.
Con memoria depositata presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale in data 21.2.2007, il sig. XXXXXXX si costituiva in giudizio. Nella memoria di costituzione all’uopo prodotta veniva ribadito quanto già dedotto in sede istruttoria; veniva rappresentato – e dimostrato – di aver già provveduto a risarcire la XXXXXXX XXXXXXX – Amministrazione di appartenenza danneggiata – della somma di € 2.000,00, all’uopo allegando ricevuta dell’effettuato bonifico bancario; veniva conclusivamente invocato l’ampio uso del potere riduttivo da parte di questa Corte dei conti giudicante, al cui valido esercizio allegava la sussistenza di condizioni economiche disagiate, le modalità particolari in cui i fatti contestati produttivi di danno si svolsero e, da ultimo, l’apprezzabile buona volontà del convenuto odierno di non lasciare comunque impregiudicate le ragioni creditorie dell’Amministrazione regionale.
All’odierna udienza di discussione, l’avv. ******************, presente in udienza su delega dell’avvocato costituito ******************** ed il Pubblico Ministero ribadivano sinteticamente le rispettive posizioni di causa. Il Pubblico Ministero, in particolare, affermava di non opporsi all’esercizio dell’invocato potere riduttivo, sì come richiesto dal difensore costituito tanto in sede di deduzioni istruttorie quanto in sede di formazione di memoria di costituzione.
All’esito della discussione, quindi, la causa veniva trattenuta per la decisione.  
     
DIRITTO
 
La vicenda di danno portata all’esame del Collegio reca indubbiamente i tratti di un malcostume alquanto diffuso nelle Amministrazioni Pubbliche, sostanziantesi nella impropria – ed indebita – utilizzazione di apparecchiature telefoniche ordinariamente strumentali all’esercizio dell’attività amministrativa, ed invece utilizzate per esaudire e soddisfare esigenze di carattere personale che, in quanto non correlate al conseguimento ottimale e “fisiologico” degli obbiettivi dell’Amministrazione, rivelano “ex se” la propria carica di illiceità dannosa.
Nel caso in esame, la stessa ammissione del XXXXXXX di aver utilizzato il telefono degli uffici della sede di XXXXXXX della XXXXXXX XXXXXXX, desumibile dalle risultanze della istruttoria penale conclusasi con la richiamata sentenza di condanna “patteggiata”, rende conclamata ed evidente l’intervenuta integrazione di un danno, correttamente elaborato e definito dal conteggio degli scatti telefonici rilevati su linee e contatti non riconducibili all’uso proprio dell’Ufficio o dell’esercizio dell’attività amministrativa, e determinato in € 4.229,70.
Sussistendo, pertanto, l’esistenza di un danno e la riconducibilità dello stesso alla condotta dell’odierno convenuto, il Collegio deve esaminare, in ossequio alle norme sostanziali e processuali disciplinanti l’accertamento della responsabilità amministrativa, l’addebitabilità dello stesso al convenuto odierno nella misura intera, ovvero in quella ridotta, sì come risultante dalla utilizzazione del potere riduttivo, invocato dalla difesa del convenuto e non contestato da parte attrice.
A tale riguardo, il Collegio richiama la giurisprudenza formatasi sul punto (Corte dei conti Sezione I^ 18.3.2003 n.105/A; Corte dei conti Sezione III^ 14.5.1998 n.132/A; Corte dei conti Sezione II^ 13.6.1997 n.78/A; Sezioni Riunite 19.4.1990 n.662/A) e ritiene che possa darsi rilievo, nell’esercizio del potere riduttivo, anche alle modeste condizioni reddituali del convenuto, le quali, unitamente alle particolari condizioni emotive in cui il fatto dannoso si è verificato, anche rappresentate dal difensore nella memoria di costituzione allorquando è stato sottolineato lo stato di particolare “depressione emotiva” in cui il XXXXXXX veniva sovente a trovarsi nell’espletamento delle proprie mansioni, depressione generata dalle particolari condizioni psico-fisiche segnate da una grave riduzione della vista con conseguente ridotta capacità relazionale, si rivelano idonee a fondare e giustificare la riduzione dell’addebito. Tale conclusione si pone, peraltro, in linea con quella tesi che, sintetizzando le diverse posizioni assunte da dottrina e giurisprudenza sul fondamento e sulla “ratio” del potere riduttivo, pur riconoscendo alla responsabilità amministrativa una natura fondamentalmente patrimoniale, ha affermato che il giudizio amministrativo contabile, accanto all’esigenza riparatoria, deve perseguire, per espresso dettato normativo, anche esigenze più squisitamente sanzionatorie.
Il Collegio osserva, poi, come la particolare condotta osservata e mantenuta dall’odierno convenuto a seguito dell’ammissione della propria responsabilità in ordine alla contestata ed accertata illecita utilizzazione dell’apparecchio telefonico, e tradottasi nel parziale ristoro delle ragioni creditorie dell’Amministrazione danneggiata attraverso la restituzione – a mezzo di versamento bancario – della somma di € 2.000,00 valga ulteriormente a suffragare e giustificare la correttezza dell’esercizio del potere riduttivo a questa Corte rimesso dalla legge ex art.83 R.D. n.2440 del 1923, nonché ex art.52 del R.D. n.1214 del 1934 e art.19 D.P.R. 10.1.1957 n.3. Viene, così, in altre parole, valorizzato ed integrato un ulteriore elemento soggettivo inerente alle particolari condizioni del soggetto condannato.
Svolte queste premesse, essendo preciso intento del Collegio garantire alla disposta condanna una finalità, comunque risarcitoria o riparatoria, si ritiene di dover condannare, per le ragioni sopra esposte, facendo uso del potere riduttivo, il sig. XXXXXXX al risarcimento della somma di € 2.800,00, comprensiva di rivalutazione monetaria.
Della somma di € 2.000,00 – che risulta versata a parziale ristoro del danno – dovrà tenersi conto in sede di esecuzione della presente sentenza.  
    
P.Q.M.
 
 La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Basilicata, ogni contraria domanda ed eccezione respinte:
a)       condanna il sig. XXXXXXX al risarcimento in favore della XXXXXXX XXXXXXX, del danno contenuto, in applicazione del potere riduttivo, in € 2.800,00 comprensivi di rivalutazione monetaria, con imputazione, in fase esecutiva, di quanto già versato;
b)       dalla data di pubblicazione della presente sentenza decorrono interessi legali fino al soddisfo;
c)       le spese seguono la soccombenza e vengono determinate nella misura di € 151,09 (Euro centocinquantuno/09).
 Così deciso in Potenza, nella Camera di Consiglio del 13 marzo 2007.
Depositata in Segreteria il 26.04.2007

Crucitta Giuseppe – Francaviglia Rosa

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