Corruzione per esercizio della funzione e competenze dell’atto

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Per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione basta che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio rientri nelle competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto.
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Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 45124 del 5-10-2023

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Indice

1. La questione: la corruzione


Il Tribunale del riesame di Roma annullava un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, limitatamente a dei capi di accusa aventi ad oggetto, rispettivamente, il reato di corruzione per l’esercizio della funzione e il reato di falso ideologico per i quali erano stati applicati congiuntamente l’obbligo di dimora e il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di 9 mesi in sostituzione della misura degli arresti domiciliari.
Ciò posto, avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione la difesa che, tra i motivi ivi addotti, deduceva plurimi vizi della motivazione in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, dopo avere ricostruito la vicenda sottoposta al suo scrutinio giurisdizionale, gli Ermellini ritenevano, tra le argomentazioni poste a sostegno della reiezione dell’impugnazione in questione, come, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, ciò, che rilevava ai fini della sussistenza del reato in oggetto, era l’estensione in via di fatto della sfera operativa del pubblico ufficiale in un settore comunque ricompreso nell’ambito funzionale proprio dell’amministrazione di appartenenza, facendosene conseguire da ciò come il Tribunale capitolino avesse fatto una corretta applicazione del principio secondo il quale, ai fini della configurabilità del reato di corruzione per l’esercizio della funzione, non è determinante il fatto che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio sia ricompreso nell’ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto (Sez. 6, n. 13406 del 13/02/2019; Sez. 6, n. 23355 del 26/02/2016).
Pertanto, per le ragioni esposte (unitamente ad altre), il ricorso era rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione, basta che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio rientri nelle competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, ai fini della configurabilità del reato di corruzione per l’esercizio della funzione, non è determinante il fatto che l’atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio sia ricompreso nell’ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell’ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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