Coppie di fatto, la disciplina del mantenimento

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Dopo circa trent’anni, tre anni fa con la Legge Cirinnà si è avuta una regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto omo ed eterosessuali.

Sono stati ampliati i diritti dei conviventi di fatto anche in caso di cessazione del rapporto, anche se le coppie non sposate che si separano, non godono degli stessi benefici che sono riconosciuti a due coniugi.

In caso di separazione di una coppia sposata il giudice può obbligare il coniuge che si trova in una situazione economica più agiata a versare l’assegno di mantenimento periodico all’ex partner, se lo stesso non avesse redditi adeguati da consentirgli il mantenimento del tenore di vita precedente, però lo stesso non avviene tra le coppie di fatto.

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I tipi di convivenza

In ottemperanza alle modifiche apportate dalla legge Cirinnà, oggi la convivenza si può realizzare in tre modi diversi.

Una semplice convivenza di fatto, quando la coppia convive in modo stabile e continuativo.

Una convivenza regolata da un contratto di convivenza.

Una convivenza registrata attraverso una dichiarazione ad hoc, presentata dalla coppia all’anagrafe del Comune di residenza.

A norma dell’articolo 1 comma 50 e seguenti, della Legge 76/2016, nel secondo dei casi sopra elencati, i conviventi stipulano tra loro un contratto di convivenza al fine di regolare i loro rapporti economici.

In questo contratto possono stabilire quello che preferiscono, compreso il pagamento di un mantenimento in caso di separazione.

Il contratto deve essere redatto, in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata e sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne devono attestare la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Il contenuto del contratto è indicato dal legislatore e deve contenere:

le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle possibilità di ognuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo.

Il regime patrimoniale della comunione dei beni, così come disciplinato dal  libro I titolo VI capo VI sezione III del Codice civile.

Le coppie conviventi ammesso che possono adottare come regime patrimoniale quello della comunione dei beni, sono libere di regolare i modi di contribuzione alle necessità della vita comune, stabilendo anche che entrambi provvederanno alle spese ordinarie e a quelle straordinarie.

La coppia si può anche recare al Comune e registrare la convivenza.

I due conviventi devono dichiarare all’ufficio anagrafe di costituire una coppia di fatto e di coabitare nella stessa casa.

La dichiarazione può essere sottoscritta davanti all’ufficiale di anagrafe o inviata attraverso fax o per via telematica.

I dichiaranti possono ottenere il certificato di stato di famiglia e acquistano diversi diritti.

Se la coppia si separa saranno dovuti gli alimenti ma esclusivamente in presenza di determinate condizioni.

La convivenza e l’assegno di mantenimento

Prima che entrassero in vigore le discipline di tre anno fa, si riteneva che tra i conviventi non dovesse sussistesse nessun diritto reciproco al mantenimento né durante la convivenza né dopo la sua cessazione.

La legge, anche se ha disciplinato vari aspetti ed effetti delle convivenze, non ha previsto un automatico diritto al mantenimento per i conviventi che si lasciano, salvo quando lo stesso sia stato previsto nel contratto di convivenza.

In questo contratto i coniugi possono stabilire il pagamento di una somma di denaro, a periodi o in un’unica soluzione, a tutela del soggetto economicamente più debole.

Si tratta di un mantenimento che si può equiparare a quello previsto per le coppie sposate che scatta, però, se previsto di comune accordo dai partner.

Se per le coppie sposate non si accordano sull’ammontare del mantenimento, sarà il giudice a stabilirne l’importo che va versato all’ex con il reddito più basso.

Per le coppie conviventi il giudice potrà condannare al versamento del mantenimento se previsto nel contratto di convivenza.

Più precisamente nel contratto di convivenza la coppia si potrà accordare sull’ammontare del mantenimento nonché sulle modalità di pagamento, se a rate o in un’unica soluzione, sulla durata, se per un periodo proporzionale o pari a quello della durata della convivenza, e sulle modalità di pagamento, attraverso assegno o bonifico bancario/postale.

Per le coppie che registrano in Comune la loro unione e per quelle di fatto, la Legge Cirinnà ha stabilito l’obbligo di versare gli alimenti a carico della parte economicamente più debole se in presenza di determinate condizioni, vale a dire se versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al suo mantenimento (art. 1 comma 65  L. n. 76/2016).

La durata e la misura degli alimenti

Gli alimenti non spettano a tempo indeterminato ma vengono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.

L’obbligo di versare il mantenimento durerà più anni, quanto più lungo è stato il periodo nel quale i due soggetti convivevano.

In relazione alla misura degli alimenti, la stessa va determinata stando al dettato dell’articolo 438 comma 2 del codice civile, vale a dire in modo proporzionale al bisogno di chi li chiede e alle condizioni economiche di chi li deve somministrare.

Se ci sono altri familiari il convivente deve pagare gli alimenti in favore dell’ex partner se lo stesso abbia tentato di ottenerli prima senza riuscirci, dagli altri soggetti obbligati, che sono espressamente indicati all’articolo 433 del codice civile.

La richiesta deve essere stata formulata prima al coniuge, ai figli, anche se adottivi, ai genitori, agli ascendenti adottanti, ai generi e nuore, al suocero e alla suocera, se presenti.

I conviventi precedono i fratelli e le sorelle.

La domanda degli alimenti può essere proposta per quelle convivenze che sono cessate dopo l’entrata in vigore della normativa relativa alla legge Cirinnà.

Se la convivenza è finita prima di quella data non troverà applicazione quanto previsto dalla stessa legge.

Sul punto:”Coppie di fatto: la registrazione all’anagrafe e i contratti di convivenza”

La domanda giudiziale e gli alimenti

La richiesta degli alimenti deve essere proposta davanti al tribunale attraverso atto di citazione.

La competenza spetta al giudice ordinario in composizione monocratica, senza il pubblico ministero.

La controversia in materia di alimenti è regolata all’articolo 433 e ss dal Codice civile (art. 433 e ss. c.c.) e da quello di procedura civile (Art. 163 e ss cod. proc. Civ.).

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