Convalida dimissioni lavoratrice madre da parte dell’ispettorato del lavoro

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 Onorevoli colleghi, l’articolo 33 (ora 37) riguarda la donna lavoratrice e certi suoi particolari problemi. Questo articolo è un riflesso vivo delle gravi ingiustizie che ancora si registrano nella vita italiana. Da qui a pochi anni noi dovremo perfino meravigliarci di aver introdotto questo articolo nel testo costituzionale e per avere dovuto sancire nella Carta Costituzionale che a due lavoratori di sesso diverso, ma che compiono lo stesso lavoro, spetta un uguale retribuzione. Così pure ci dovremo meravigliare di aver dovuto stabilire come norma costituzionale che le condizioni di lavoro, per quanto riguarda la donna, debbono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e materna. Cioè dovremo meravigliarci di aver dovuto introdurre una norma tanto naturale ed umana“. Così Maria Federici all’Assemblea Costituente nella seduta antimeridiana del 10 maggio 1947. La tutela della lavoratrice madre è un principio fondamentale sancito dall’articolo 37 della Costituzione ma è una norma tanto naturale ed umana, proprio come sosteneva l’ex deputata sopra ricordata. La legge italiana attua tale principio proteggendo la salute della lavoratrice madre e riconoscendo il diritto del bambino ad un’adeguata assistenza. In ottemperanza dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale, la disciplina relativa alla maternità è stata oggetto di continue modifiche nel corso del tempo, al fine di garantire in concreto l’effettivo svolgimento del ruolo di entrambi i genitori (madre e padre) nella cura e nell’assistenza della prole. Di seguito, un piccolo ripasso riepilogativo sui diritti imprescindibili per le madri lavoratrici. Le madri lavoratrici sanno bene quanto sia complicato conciliare il proprio lavoro con la famiglia. Tornare a lavorare dopo il periodo di maternità è sempre impegnativo ed esistono specifiche normative ideate per semplificare il rientro sia alle lavoratrici dipendenti che mamme lavoratrici autonome. Il datore di lavoro, secondo quanto stabilito dalla legge italiana, non può licenziare le madri lavoratrici dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di vita del bambino. Il divieto in questione è valido e dunque applicabile anche quando il datore di lavoro non era a conoscenza della gestazione della donna nel momento del licenziamento. Le madri lavoratrici inoltre non possono fare lavori notturni ovvero da mezzanotte fino alle sei del mattino a partire dall’inizio della gestazione fino al compimento del primo anno del piccolo. Non hanno l’obbligo di lavorare in orario notturno le mamme che hanno bambini con età al di sotto dei tre anni. Nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice è l’unico genitore affidatario, l’astensione dal lavoro notturno si prolunga fino al compimento del dodicesimo anno d’età.

Indice

1. La tutela delle lavoratrici madri (d.lgs.151/2001): Partiamo dalle dimissioni.

Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità( D.LGS 151/2001), oltre a dettare disposizioni in ordine alle assenze legittime dal lavoro, retribuite o meno, in capo alla lavoratrice ed al lavoratore aventi diritto, prevede una serie di ulteriori disposizioni poste a tutela dei soggetti medesimi, specialmente con riferimento alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro. Ma prima di spiegare più approfonditamente l’adempimento in questione, è il caso di inquadrare il tema più in generale delle dimissioni, un tema di assoluta attualità alla luce del diffuso fenomeno della Great resignation (il fenomeno delle great resignation in Italia è conosciuto anche come “Big Quit” o le “Grandi Dimissioni”). I lavoratori in generale possono unilateralmente recedere dal rapporto di lavoro presentando le dimissioni. Il recesso è consentito a condizione che si rispetti il periodo di preavviso in base alle previsioni della contrattazione collettiva di settore o del contratto individuale, fatta salva l’ipotesi delle dimissioni per giusta causa e specifici vincoli e limitazioni contrattuali. Il mancato rispetto del periodo di preavviso obbliga la parte che recede (lavoratore o datore di lavoro) a versare una indennità sostitutiva. Con riguardo alla natura giuridica, si ricorda che le dimissioni sono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza, ma indipendentemente dalla sua volontà di accettazione. Le parti possono consensualmente “stabilire di porre nel nulla le dimissioni con conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto” (Cassazione, sez. Lavoro 26 febbraio 2007, n. 4391).

2. Le diverse tipologie di dimissioni

1) Dimissioni con preavviso. Rientrano in questa categoria le dimissioni volontarie a cui il lavoratore può ricorrere per cessare il rapporto di lavoro in atto a fronte di nuove e più interessanti offerte professionali e nel rispetto del periodo di preavviso come in precedenza detto.
2) Dimissioni per giusta causa . Le dimissioni per giusta causa o senza preavviso possono essere presentate a fronte di un grave inadempimento contrattuale del datore di lavoro che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro e comporta il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso.Solo per fare qualche esempio, la giurisprudenza ha ritenuto sussistere la giusta causa di dimissioni in caso di: mancato pagamento della retribuzione o della contribuzione per il lavoratore; mobbing; molestie sessuali; comportamento ingiurioso del datore di lavoro o del superiore gerarchico; modifiche notevolmente peggiorative delle delle condizioni di lavoro che non rientrano nell’ipotesi del demansionamento, ecc).La giusta causa va provata dal lavoratore. Con le dimissioni per giusta causa scatta il diritto del lavoratore alla NASpI e l’obbligo del datore di lavoro di versare il ticket di licenziamento.
3)Dimissioni cd. Protette. Sono protette o più correttamente soggette a convalida presso l’ITL competente, individuato in base al luogo di lavoro o di residenza del lavoratore o della lavoratrice interessati, le dimissioni rassegnate (articolo 55, comma 4 del D.lgs. 151/2001): 1) dalla lavoratrice madre durante il periodo di gravidanza; 2) dalla lavoratrice e dal lavoratore nei primi 3 anni di vita del bambino ovvero nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento e, in caso di adozione internazionale, fino ai 3 anni dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento. Si ricorda inoltre, che ai sensi dell’art. 35 del D. Lgs. n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) le lavoratrici non possono essere licenziate nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta di pubblicazione del matrimonio ad un anno dopo la celebrazione delle nozze. Le dimissioni presentate sono nulle, salvo che siano confermate dall’interessata entro un mese all’ Ispettorato territoriale del lavoro. Il divieto non si applica alle lavoratrici addette ai servizi familiari e domestici. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento (articolo 54, D.lgs. 151/2001) non sono tenuti al preavviso.
4)Dimissioni durante il periodo di prova. Durante il periodo di prova si applica il principio della libera recedibilità. Il datore di lavoro e il lavoratore possono pertanto recedere liberamente dal rapporto di lavoro e senza obbligo di preavviso, dandone comunicazione per iscritto.

3. Dimissioni: come si comunicano

Le dimissioni volontarie o per giusta causa devono essere comunicate al Ministero del Lavoro, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica (art. 26, comma 1, Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151).Il lavoratore può provvedere personalmente alla trasmissione delle dimissioni telematiche, dotandosi di SPID o carta d’identità elettronica (CIE), oppure può avvalersi dei soggetti abilitati, come patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione, enti bilaterali, consulenti del lavoro e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Il lavoratore ha 7 giorni di tempo per revocare la comunicazione di dimissioni. La predetta procedura telematica “ad substantiamNON si applica:

  • alle dimissioni “protette”, la cui efficacia è subordinata alla “preventiva” convalida da parte dell’ITL competente per territorio (art. 55, D.Lgs. n. 151/2001);
  • ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;
  • al lavoro domestico;
  • alle dimissioni rese durante il periodo di prova.

Per la convalida delle dimissioni, l’INL ha rilasciato il modello di richiesta del colloquio online da inviare, compilato e sottoscritto, all’ITL competente mediante posta elettronica, allegando e copia di un valido documento di identità e della lettera di dimissioni preventivamente presentata dal lavoratore al datore di lavoro. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare la cessazione del rapporto al Centro per l’impiego con il modulo “Unilav” entro 5 giorni dall’evento. Se omette di effettuare la comunicazione è punito con la sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore. Viene invece applicata la sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro in caso di alterazione dei moduli per le dimissioni telematiche.

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4. Il punto sulle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri

Premesso che il D.Lgs 151/01 non ha carattere innovativo, in quanto si limita a coordinare varie disposizioni legislative vigenti in materia (non a caso si tratta infatti di un testo unico di raccolta delle norme vigenti), con tale decreto si è inteso rafforzare la tutela prevista nel caso di dimissioni in periodo di gravidanza della lavoratrice e nel periodo successivo al parto. La tutela è stata estesa anche al lavoratore padre che avesse fruito del congedo di paternità ed ai casi di adozione e di affidamento, senza considerare che l’art. 55 del decreto citato condiziona espressamente la risoluzione del rapporto alla convalida delle dimissioni da parte dell’allora servizio ispettivo del Ministero del Lavoro (oggi agli uffici dell’ITL). La lavoratrice madre che presenta dimissioni volontarie durate il periodo tutelato contro il licenziamento, quindi fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ha diritto a percepire il trattamento di NASpI, che, in via ordinaria spetta soltanto a coloro che perdono il lavoro involontariamente, quindi per licenziamento o dimissioni per giusta causa. A tal fine, tuttavia, la lavoratrice è obbligata a seguire una procedura particolare per presentare le proprie dimissioni volontarie, che devono essere convalidate presso l’ITL competente. Solo in presenza della convalida le dimissioni diventano effettive e danno diritto al sussidio di disoccupazione. La legge prevede inoltre che la lavoratrice che si dimette durante il primo anno di vita del bambino non è tenuta a rispettare gli ordinari termini di preavviso: il datore di lavoro è dunque tenuto a corrispondere la relativa indennità.
Divieto di licenziamento – Il nostro ordinamento prevede la non licenziabilità della lavoratrice dal momento dell’accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del figlio.
La legge prevede alcune fattispecie di deroga all’applicabilità di tale divieto, in caso di:

  • colpa grave della lavoratrice legittimante la cessazione del rapporto di lavoro;
  • cessazione dell’attività dell’azienda provata in cui la lavoratrice è stata assunta; • rapporto di lavoro risolto per scadenza del termine di durata;
  • mancato superamento del periodo di prova.

Al di fuori di questi casi, la risoluzione del rapporto di lavoro deve considerarsi nulla ad ogni effetto di legge, con contestuale comminazione della sanzione amministrativa da euro 1032,91 ad euro 2582,28 cui è esclusa la possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta in caso di ravvedimento su diffida da parte del datore di lavoro. Le uniche eccezioni a questi divieti si hanno in caso di:

  • licenziamento per giusta causa;
  • cessazione dell’attività aziendale;
  • mancato superamento del periodo di prova.

N.B. Il divieto di licenziamento si estende anche al lavoratore padre che fruisce al posto della madre del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino.
Convalida delle dimissioni – In caso di dimissioni volontarie presentate nei primi tre anni di vita del bambino, la lavoratrice ha diritto:

  • a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso;
  • a percepire la Naspi; il datore di lavoro sarà tenuto, in questo caso, a versare all’INPS il ticket di licenziamento, se le dimissioni vengono rese entro il primo anno di vita del bambino.

È opportuno ricordare che devono essere convalidate dall’ITL competente per territorio:

  • la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza;
  • la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.

5. Natura della convalida: Alla convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.

La procedura di dimissioni dal lavoro segue regole particolari al fine di evitare comportamenti fraudolenti del datore di lavoro. Nella norma vigente vige la presunzione che le dimissioni nel periodo di divieto non siano da ritenere frutto di una libera e volontaria scelta, ma coartate dalle esigenze di allevare la prole. La previsione della necessità di convalida delle dimissioni da parte degli uffici dell’Ispettorato territoriale del lavoro è da ritenere strumento finalizzato alla verifica della volontarietà, autenticità e spontaneità del recesso della prestatrice di lavoro rispetto alla presunzione di non spontaneità del recesso stesso, sicché tale imposizione di verifica esterna(convalida) non può essere considerata come rafforzamento della presunzione di non spontaneità, ma come dimostrazione del carattere relativo della presunzione stessa, con valorizzazione dei motivi delle dimissioni, che possono essere dovute anche alla maggiore convenienza di passare ad altro impiego ( CFR Cass . Civ., Sez. Lav., 17/6/2019, n. 16176).La convalida ha il fine di verificare la genuinità della decisione della lavoratrice o del lavoratore di lasciare il posto di lavoro, che non sia cioè frutto di condizionamento del datore di lavoro. Ricevuta la richiesta, l’ufficio avvia il procedimento che deve concludersi entro 45 giorni e che prevede che la lavoratrice o lavoratore sia ascoltato d’ufficio, per valutare se è consapevole di risolvere il rapporto di lavoro. All’uopo il funzionario dà informazione sui principali diritti previsti sulla maternità e sulla possibilità di rivolgersi alla consigliera provinciale di parità. Le suindicate disposizioni normative hanno un’evidente funzione “sociale”, finalizzata ad incentivare la genitorialità ed evitare risoluzioni dei rapporti di lavoro che non siano frutto di decisioni genuine e spontanee. Da qui la necessità di subordinare l’efficacia delle dimissioni alla convalida da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente.La legge prevede che l’efficacia delle dimissioni presentate nel periodo protetto dalla lavoratrice madre resta sospesa sino a quando viene effettuata la convalida. Senza convalida, dunque, le dimissioni non sono efficaci. La convalida delle dimissioni non è altro che un atto amministrativo con cui i funzionari dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro accertano la reale volontà della madre/del padre di lasciare il proprio posto di lavoro. Tale accertamento si fonda quasi esclusivamente sulle dichiarazioni, o meglio, sul colloquio con il funzionario, che dovrà informare la lavoratrice/lavoratore sui principali diritti riguardanti la genitorialità, per poi sincerarsi della genuinità delle dimissioni. A tal fine, il funzionario dovrà capire se la lavoratrice abbia ricevuto degli “incentivi all’esodo” o dinieghi, da parte del datore di lavoro, di orari flessibili o part-time ovvero se le dimissioni siano conseguenza del passaggio in altra azienda. Inoltre, la modulistica impone di acquisire precise indicazioni sull’azienda (ad esempio numeri di occupati e settore d’appartenenza e sul nucleo familiare, come ad esempio l’età dei figli, possibilità di cura della prole attraverso asili nido. Occorre evidenziare che, a differenza dall’omologo istituto della convalida delle dimissioni riferite alla generalità dei lavoratori, non esiste un preciso iter procedimentale. L’art.4, co.17, L. n.92/12 (riguardante la generalità dei lavoratori), infatti, prevede: • un termine di 30 giorni entro il quale il datore deve invitare il lavoratore alla convalida, a pena d’inefficacia delle dimissioni; • un termine di 7 giorni (a decorrere dall’invito) entro il quale il lavoratore potrà revocare le dimissioni (ius poenitendi) o rimanere inerte, determinando così la piena efficacia delle stesse. Riguardo alla diversa convalida delle dimissioni durante il periodo “protetto”, invece, l’inerzia del lavoratore determina in ogni caso la sospensione dell’efficacia delle dimissioni nonché la possibilità (almeno sulla carta) di revocarle fino al perfezionamento della convalida. Per far fronte a questa situazione d’incertezza, al datore di lavoro non rimane che invitare la lavoratrice a presentarsi innanzi ai servizi ispettivi della ITL competente per territorio, ovvero richiamarla in servizio. Solo il rifiuto o la perpetrante inerzia del lavoratore/ lavoratrice potrà determinare la definitiva estinzione del rapporto contrattuale. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto con un comunicato datato 19/05/2022, con il quale ha fornito nuove indicazioni operative, stante il venir meno del periodo emergenziale. Più precisamente, l’INL ha chiarito che non è più possibile utilizzare il modello di richiesta online, messo a disposizione durante il periodo di emergenza sanitaria. Tuttavia, è stata introdotta la possibilità di effettuare il colloquio con il personale dell’ITL anche da remoto, con colloquio “a distanza”, previa presentazione di un apposito modello messo a disposizione online dalla stessa ITL. Quest’ultimo deve essere compilato in ogni sua parte e sottoscritto dalla lavoratrice o dal lavoratore interessato che intende effettuare il colloquio con il funzionario “a distanza”, in alternativa a quello in presenza. Il nuovo modulo, compilato e sottoscritto, deve, poi, essere trasmesso al competente Ufficio ITL mediante posta elettronica. Al modulo, occorre allegare copia di un valido documento di identità e della lettera di dimissioni/risoluzione consensuale presentata al datore di lavoro, debitamente datata e firmata. Si rammenta che sono inefficaci le dimissioni rassegnate telematicamente dalla data del 12 marzo 2016 così come disciplinate dal D.Lgs. n. 151/2015. La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4919 del 03 marzo 2014, ha stabilito che, in caso di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del bambino è sempre dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso prevista dall’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 anche qualora le stesse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice, e dei soggetti ad essa equiparati, alle dipendenze di altro datore di lavoro.

6. La “ratio” della convalida

Ma da quale data decorrono le dimissioni? Si possono convalidare dimissioni a partire da date future? la questione attiene a problematiche di natura interpretativa sulla funzione e sulla ratio dell’istituto della convalida. La convalida è un istituto giuridico che consente a chi ha concluso un contratto invalido, nello specifico annullabile, di sanare tale patologia che rende incerto il negozio giuridico concluso. Con la convalida, infatti, il contraente decide di dare certezza e stabilità ad un atto che è nato “malato” e dalla cui malattia è derivata l’incertezza della produzione degli effetti. Colui che esercita il diritto alla convalida perde pertanto il diritto all’azione di annullamento ed esprime la volontà che si producano gli effetti del negozio. È disciplinata dall’articolo 1444 del codice civile e spetta a colui che è legittimato ad esercitare l’azione di annullamento del contratto annullabile.
Con riguardo alla natura giuridica, si ricorda che le dimissioni sono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza, ma indipendentemente dalla sua volontà di accettazione. Le parti possono consensualmente “stabilire di porre nel nulla le dimissioni con conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto” (Cassazione, sez. Lavoro 26 febbraio 2007, n. 4391).

7. La convalida delle dimissioni della lavoratrice madre nel periodo protetto è da interpretare in senso civilistico oppure ai sensi del diritto amministrativo?

Ai sensi dell’art. 21 nonies, comma 2, della l. n. 241 del 1990, che fa salva la possibilità del ricorso all’istituto della convalida (in cui è compresa anche la ratifica) del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole, l’Amministrazione ha il potere di convalidare o ratificare un provvedimento viziato. Del resto, il potere di sanatoria rientra in via di principio nella potestà di autotutela spettante all’Autorità amministrativa, senza entrare in contrasto con i principi di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nella misura in cui costituisce un implicito riconoscimento dei vizi da cui è affetto il provvedimento, anticipando la pronuncia del competente Giudice e nel contempo emendando l’azione amministrativa, senza attendere la instaurazione del giudizio e la successiva riedizione conformata del potere amministrativo all’esito di un giudicato, sempreché ovviamente si tratti di vizi che lasciano salvo l’eventuale successivo esercizio della funzione amministrativa. L’atto di convalida deve tuttavia contenere una motivazione espressa e persuasiva in merito alla sua natura e in punto di interesse pubblico alla convalida, essendo insufficiente la semplice e formale appropriazione da parte dell’organo competente all’adozione del provvedimento, in assenza dell’esternazione delle “ragioni di interesse pubblico” giustificatrici del potere di sostituzione e della presupposta indicazione, espressa, della illegittimità per incompetenza in cui sarebbe incorso l’organo che ha adottato l’atto recepito in via “sanante”. Pur se non è necessario che l’organo adottante il provvedimento di convalida debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, è invero quanto meno necessario che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà dell’organo di assumere tale atto (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2011, n. 2863). Nella fattispecie di che trattasi, sarebbe scontata la natura di atto provvedimentale amministrativo della convalida delle dimissioni protette delle lavoratrici madri  in capo all’organo di vigilanza ( all’ITL), ma in tal caso si “ Convalida o ratifica” un atto unilatere recettizio ( le dimissioni), si convalida la volontà espressa dal genitore di voler risolvere il contratto di lavoro e non è in capo all’amministrazione ( ITL) intervenire in merito al tempo in cui il rapporto si dovrà risolvere.Sulla natura giuridica della convalida si potrebbe dire che trattasi di un negozio integrativo per la validità del primo, parte integrante, quindi, di un’unica fattispecie complessa comprendente anche il negozio annullabile, che avrebbe gli stessi effetti di un negozio valido, la cui funzione è quella semplicemente di escludere eventuali  vizi inerenti la genuinità della decisione della lavoratrice madre o del lavoratore padre . Non si tratta di validare una rinuncia all’azione, di annullamento del recesso, ma la convalida in esame sarebbe un negozio autonomo da parte dell’ITL, avente la funzione di confermare l’interesse al permanere del recesso. La convalida non fa altro che indicare la mancanza di eventuali pregiudizi nella volontà di recedere dal contratto di lavoro. Questa teoria, però, si concilia sia con gli effetti retroattivi della convalida che con quelli futuri ( nel caso in cui la data delle dimissioni sarebbe futura) .Si potrebbe addirittura interpretare la convalida anche come un provvedimento di accertamento, con cui l’amministrazione prede atto che la parte che può esercitare l’azione di annullamento (le dimissioni in periodo protetto) dichiara di non avere interesse all’invalidazione del contratto.La convalida, quindi elimina la situazione di incertezza conseguente al vizio del negozio, fissando in modo certo e definitivo la situazione giudica; ciò che, appunto, è tipico del negozio di accertamento. Pertanto è condivisibile convalidare o ratificare una volontà espressa della lavoratrice madre ( o lavoratore padre) di risolvere il rapporto di lavoro nel periodo fino ai tre anni del minore

8. Dimissioni: aspetti previdenziali

Le dimissioni presentate successivamente al compimento del primo anno di età del figlio e fino al compimento del terzo anno di età, devono comunque essere convalidate secondo le disposizioni dettate dalla suddetta norma, ma non danno diritto alla lavoratrice dimissionaria, o al lavoratore, alle indennità stabilite dalla legge o dal contratto, tra cui, appunto, il preavviso. Possono beneficiare della Naspi tutte le lavoratrici dipendenti, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, anche assunte con rapporti part-time, a condizione che sussistano i seguenti due requisiti:
1.          possesso di almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni che precedono la cessazione del rapporto di lavoro; A tal fine si considerano utili solo i contributi effettivi derivantida rapporto lavorativo, per i quali il datore versa l’aliquota DS/Aspi. Possono comunque considerarsi utili anche i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione, ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
2.          30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; a tal fine vanno prese in considerazione le sole giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla loro durata oraria. Non rilevano dunque le assenze dal posto di lavoro dovute alla fruizione di specifici benefici previsti dalla legge come, ad esempio, le ferie, festività, permessi, congedi, malattia. I periodi di assenza dal lavoro per maternità obbligatoria, se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione, ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro, ove si verifichino o siano in corso nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, determinano un ampliamento di pari del periodo di dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate. L’ampliamento del periodo di osservazione si realizza anche per malattia e infortunio sul lavoro nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro.
 
La legge di bilancio 2022 ha previsto, solo per il 2022, un esonero pari al 50% dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, della durata di un anno, a partire dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità. Con la circolare INPS 19 settembre, n. 102, l’Istituto fornisce le indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all’esonero contributivo. Nella circolare sono indicate le categorie di lavoratrici che possono accedere al beneficio, la misura dell’esonero, i requisiti, la modalità di esposizione dei dati nel flusso UNIEMENS e le istruzioni contabili.

FORMATO CARTACEO

La cessazione del rapporto di lavoro

L’opera affronta, con approccio tecnico ma chiaro e lineare, tutta la disciplina relativa all’estinzione del rapporto di lavoro, dalle cause di cessazione agli aspetti processuali legati all’impugnazione del licenziamento. L’esperienza e le conoscenze dei Coautori hanno dato forma ad una trattazione sistematica e approfondita della materia, facendo del volume uno strumento di lavoro per quanti, da diversi punti di vista, si trovino ad occuparsi di questioni legate al licenziamento, individuale o collettivo, sia sul piano stragiudiziale che nell’ambito del processo vero e proprio; pertanto, senza pretese di esaustività, l’opera si rivolge ad avvocati, magistrati ed anche consulenti del lavoro. Particolare attenzione è dedicata alle diverse tipologie di licenziamento, nonché alle motivazioni per le quali il rapporto lavorativo arriva a cessazione, con trattazione delle ricadute specifiche di ciascuna fattispecie. Chiara Colosimo Magistrato, giudice del lavoro presso il Tribunale di Milano, referente per la struttura di formazione decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, relatrice e autrice sui principali temi del diritto del lavoro. Monica Bertoncini Magistrato, giudice del lavoro e coordinatrice della Sezione Lavoro del Tribunale di Bergamo, relatrice e docente in corsi di aggiornamento professionale e convegni. Riccardo Ponticelli Magistrato, giudice del lavoro presso il Tribunale di Cagliari, relatore in convegni in materia di diritto del lavoro. Alessandro Tonelli Avvocato giuslavorista del Foro di Milano, cassazionista, socio AGI, membro della Commissione Lavoro dell’Associazione Giovani Avvocati Milanesi. Nicola Roberto Toscano Avvocato giuslavorista del Foro di Bari, cassazionista, cultore di diritto del lavoro presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari, autore, docente del master post-laurea in “Gestione del lavoro e delle relazioni sindacali”.

A cura di Chiara Colosimo | Maggioli Editore 2021

Francesca Levato

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