Controlli ex post del datore di lavoro, legittimi se prescindono dalla mera sorveglianza dell’adempimento della prestazione

Redazione 27/02/12
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Lilla Laperuta

Legittimamente può essere ispezionata la corrispondenza telematica del dipendente una volta emerso l’illecito, se il controllo non è rivolto a monitorare l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, bensì il comportamento suscettibile di ledere l’immagine dell’azienda. Il principio è stato asserito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 2722 del 23 febbraio.Secondo i giudici della Cassazione questa tipologia di controlli, diretta ad accertare eventuali comportamenti illeciti dei lavoratori, non contrasta né con l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, che sancisce, con alcune deroghe, il divieto di utilizzare impianti audiovisivi e altre apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, né con l’art. 114 del D.Lgs. 196/2003 in materia di salvaguardia dei dati personali. È stato convalidato quindi il licenziamento per giusta causa nei confronti dell’ex dirigente bancario «per aver divulgato a mezzo di messaggi di posta elettronica, diretti a estranei, notizie riservate concernenti un cliente dell’Istituto e di aver posto in essere, grazie alle notizie in questione, operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggio personale».

Nella fattispecie, il bilanciamento fra il diritto alla riservatezza del dipendente e il diritto del datore di lavoro di tutelare il proprio patrimonio, si conclude considerando preminente proprio quest’ultima situazione giuridica, giacché nella tutela del patrimonio si annoverano non solo la sicurezza del complesso dei beni aziendali, ma anche quella dell’immagine esterna dell’azienda (l’istituto bancario) così come accreditata presso il pubblico.

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