La sentenza del TAR Lazio, Sez. IV, del 14 ottobre 2024, n. 17613, richiama la problematica relativa all’onere motivazionale delle commissioni di concorso in sede di procedura concorsuale. In particolare, siamo nell’ambito di un concorso per il reclutamento di personale amministrativo, inquadrato nella Ctg. EP, posizione economica EP1, ora Area delle Elevate Professionalità, del comparto Istruzione e Ricerca, bandito dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” per le esigenze dell”Amministrazione Generale e delle strutture dell’Ateneo.
Indice
1. La vicenda: i criteri di valutazione della prova orale di concorso
Nella sentenza citata, il ricorrente, non conseguendo l’ammissione alla prova orale ha presentato ricorso deducendo l’“illegittimità dei criteri di valutazione della prova scritta – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12 d.P.R. n. 487/1994. e 97 Cost. Illegittimità per manifesta irragionevolezza e illogicità”.
Rileva il ricorrente che, a fronte della previsione del bando che intendeva superata la prova scritta con il conseguimento di 21/30 punti, la commissione ha individuato tre criteri di valutazione[1] attribuendo a ciascuno di essi 10 punti. Sennonché, l’attribuzione del mero voto numero ai già menzionati fattori, senza collegamento a un giudizio e senza l’individuazione di sotto-criteri, non consentirebbe di comprendere l’iter logico seguito dalla commissione, con conseguente illegittimità della valutazione così espressa.
Con una seconda censura formulata nel già menzionato ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente contesta, altresì, l’irragionevolezza dei giudizi espressi dalla commissione.
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2. Il voto numerico come chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute
Il TAR Lazio si è espresso considerando il ricorso e i motivi aggiunti infondati. In particolare, la sentenza specifica che il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione di concorso, in quanto già contiene una motivazione di tale giudizio. Per tale conclusione, richiama la costante giurisprudenza amministrativa, secondo la quale “Il voto numerico, in mancanza di una contraria disposizione, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione di concorso, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni; quale principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato e la significatività delle espressioni numeriche del voto, sotto il profilo della sufficienza motivazionale in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza, la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto[2]”.
Inoltre, la giurisprudenza ha precisato che “i criteri di valutazione delle prove scritte non necessitino di particolare analiticità e devono mantenere una certa flessibilità ed elasticità” e che, laddove la commissione abbia “individuato il peso specifico di ciascun criterio enucleato dal bando e ha specificamente attribuito a ciascuno di detti criteri una distinta valutazione” , i candidati sono stati posti “nelle condizioni di comprendere attraverso il voto numerico attribuito quali aspetti della […] prova ne abbiano determinato l’esito non sufficiente”[3].
Nel caso di specie, come già indicato, a fronte della previsione del bando per cui la prova scritta si considerava superata con l’attribuzione di 21/30 punti, la commissione ha individuato i tre criteri di valutazione assegnando a ognuno di essi 10 punti. La valutazione delle prove è stata condotta, quindi, attribuendo un punteggio per ciascuno di detti criteri, risultando la votazione complessiva dalla loro sommatoria. Tale modus operandi è del tutto conforme alle indicazioni giurisprudenziali sopra ricordate, avendo consentito a ciascun candidato di comprendere in relazione a quali aspetti l’elaborato è risultato sufficiente o insufficiente e costituendo il già menzionato voto numerico, siccome rapportato a criteri di massima predeterminati, ragionevole bilanciamento delle esigenze di speditezza e trasparenza dell’azione amministrativa.
3. Conclusione
In conclusione, deve essere quindi riconosciuta all’amministrazione e alla commissione valutatrice un’ampia discrezionalità nell’esercizio dell’attività di individuazione dei criteri di valutazione nell’ambito di una procedura selettiva di un concorso pubblico, con conseguente limitazione del relativo sindacato di legittimità del giudice amministrativo alle sole ipotesi di manifesta irragionevolezza, illogicità od abnormità dei criteri
Inoltre, occorre ricordare che il giudizio della commissione in materia di prove concorsuali comporta una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attenendo alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile sul piano della legittimità per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, emergenti dalla stessa documentazione e tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione[4].
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Note
[1] attinenza dell’elaborato al tema proposto; completezza descrittiva – anche sotto il profilo normativo; chiarezza espositiva e capacità di sintesi.
[2] Consiglio di Stato, II, 28.11.2023, n. 10180, e 22.4.2022, n. 3057; Id, III, 7.6.2021, n. 4367, e 29.1.2021, n. 864; Id., IV, 2.9.2021, n. 6201;
[3] Cons. St., V, 19.9.2024, n. 7685.
[4] cfr., ex multis, Consiglio di Stato, III, 14.9.2023, n. 8319.
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