Comune omette “progetto individuale di vita” per disabile: danno esistenziale

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Sì al risarcimento del danno non patrimoniale verso la minore disabile e i suoi genitori, come conseguenza della mancata attivazione verso la disabile (art. 3 c. 3, l. n. 104/1992) del cd. “progetto individuale di vita” (di cui all’art. 14 l. n. 328/2000), che ogni comune di riferimento deve predisporre, d’intesa con le unità sanitarie locali, nell’ambito delle risorse all’uopo rese disponibili, dietro richiesta dell’interessato. Lo ha stabilito il Tar Reggio Calabria, sentenza 5 ottobre 2023 n. 748.
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TAR Calabria -sez. Reggio Calabria- sentenza n.748 del 5-10-2023

Sentenza TAR RC 748/2023 310 KB

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Indice

1. Il progetto “individuale di vita”


Risulta finalizzato alla piena integrazione delle persone disabili (di cui all’art. 3 della l. n. 104/1992) nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro che ciascun comune di riferimento deve predisporre, nell’ambito delle risorse all’uopo rese disponibili, su richiesta dell’interessato. Tale progetto, la cui predisposizione rientra nella sfera di competenza dei comuni i quali provvedono “d’intesa con le aziende unità sanitarie locali” (c. 1, art. 14, l. n. 328/2000), per come previsto dal comma 2 del citato art. 14 “comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale o al Profilo di funzionamento, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, il Piano educativo individualizzato a cura delle istituzioni scolastiche, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare”.

2. La prova del danno esistenziale


In ipotesi di violazione dei diritti del minore disabile costituzionalmente garantiti e protetti può farsi luogo al risarcimento del danno esistenziale, individuabile negli effetti che la diminuzione, anche temporanea, delle ore di assistenza, ha sullo sviluppo del disabile in situazione di gravità, in considerazione dell’interruzione del processo di promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”, e quantificabile in via equitativa, trattandosi di nocumenti di indole non economica, ex artt. 1226 e 2056 c.c.  Nel peculiare caso in esame, la spettanza del bene della vita è stata dimostrata non soltanto dalla documentazione medica, ma soprattutto dall’accertamento giurisdizionale, di natura cautelare, già operato dal Tribunale che, tramite un’ordinanza del 2019, aveva condannato l’Azienda Sanitaria a provvedere, direttamente o indirettamente, in favore della minore, all’erogazione di 20 ore settimanali di terapia con metodo ABA ovvero, in subordine, a sostenere l’onere economico di tale terapia con diritto di rivalsa dei ricorrenti.


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3. La nozione di pregiudizio


Il danno di tipo esistenziale, secondo il Tar, deve essere viene inteso come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale accezione di danno esistenziale è stata elaborata ed è abitualmente usata per i soggetti la cui esistenza non è in partenza minata da disabilità psico-fisiche, e rispetto ai quali, dunque, il pregiudizio è più immediatamente percepibile, passandosi da una situazione originaria di pienezza a una di limitazione. Per il caso di soggetti minori e disabili gravi, la nozione di pregiudizio, e la sua esigenza di prova cui è ancorata la risarcibilità, deve tenere conto del fatto che esso incide su esistenze, le cui abitudini ed i cui assetti si presentano già gravemente compressi e portatrici di condizioni di forte sofferenza.

4. Il comportamento ritenuto lesivo


Per il collegio non è, quindi, meramente limitativo ed impeditivo di una pur meritevole aspirazione di vita, bensì è un comportamento negligente che omette di rimuovere, in una situazione che per di più per il soggetto è anche di assolvimento di un obbligo, nella specie quello scolastico, quei limiti incolpevoli da cui il destinatario, soggetto particolarmente debole in quanto disabile e pure minore d’età, è gravato.

5. La liquidazione


Per l’effetto, la domanda risarcitoria è stata accolta, con la conseguente condanna del Comune, il cui silenzio è stato dichiarato illegittimo, e a cui il Legislatore attribuisce in via diretta e immediata il potere di predisporre, su richiesta dell’interessato, il progetto individuale, sia pure “d’intesa con le aziende unità sanitarie locali” (art. 14 L. n. 328/2000). In favore dei genitori del minore disabile è stata liquidata la complessiva somma di € 500,00 ciascuno, e in favore della minore € 1.000,00, a titolo di danni non patrimoniali subiti per effetto del mancato riscontro, da parte del Comune, all’istanza di attivazione del progetto di vita individuale. Su tali somme devono essere calcolati, quali accessori naturali del credito, la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale, sulla somma originaria via via rivalutata, anno per anno, da calcolarsi dalla scadenza dei 30 giorni decorrenti dalla presentazione dell’istanza rimasta inevasa, fino al soddisfo.

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