Complessità ambigua L’irresistibile impulso alla “cementificazione normativa”

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Jakobson nella sua ipotesi linguistica parla di due specificità su cui lavoriamo, una sull’asse della selezione l’altra su quello della combinazione, vi è pertanto un repertorio di parole in cui scegliere i termini per combinarli successivamente secondo determinate regole fino ad ottenere la possibile creazione di figure retoriche quali metafore e metonimia.

Caratteristiche condivise dal linguaggio umano sono le proprietà di intenzionalità, ossia la volontà di comunicare qualcosa al fine di modificare il pensiero e quindi l’atteggiamento di qualcuno, sintattiche, per cui vi è una organizzazione interna articolata in una struttura coerente, e proposizionali, capaci di trasmettere informazioni (Thorpe), il linguaggio umano è quindi, come ci ricorda Chomsky, non solo informativo ma fornito di una capacità articolare tale da poter essere usato per dimostrare, fuorviare ad anche giocare.

La grammatica di cui è fornito il linguaggio è un sistema generato ricorsivamente con leggi fisse e invariabili ma applicate in modo non specificato (forma del linguaggio di Humboldt), si ha pertanto un’autopoiesi linguistica ossia una autoriproduzione del sistema, senza tuttavia una eccessiva restrizione metodologica tale da non permettere uno studio di sistemi sufficientemente astratti e complessi, dove la ricchezza non risiede nei modelli strutturali bensì nei sistemi di regole su cui si fondano e vengono elaborati, si ha un superamento del “puro repertorio comportamentale” (Chomsky).

Ci ricorda Dretske che la maggior parte delle nostre rappresentazioni sono convenzionali, esse veicolano informazioni secondo nostri precisi disegni, scopi e desideri, questo comporta la possibile modifica degli artefatti in rapporto ad una realtà che non è unica ma frantumata in una serie infinita di relazioni, una causalità teleologica che si inserisce nella triangolazione tra due o più individui e la “realtà esterna” (Davidson) dove la normazione è parte del “gioco”, senza quest’aspetto non emergerebbe sia l’oggettività del pensiero né il suo contenuto empirico sul mondo esterno, tanto che Wittgenstein ci suggerisce l’impossibilità senza la creazione di un tale spazio di una qualsiasi definizione sociale di “verità” che non può ridursi al solo gioco linguistico.

Vi è nel linguaggio quella che Saussurre definisce “la legge fatale” dell’alterazione nel tempo , un mutamento necessario dagli effetti incalcolabili dove il significato non può non essere isolato dalla struttura linguistica , questa tuttavia rientra anche in una prospettiva sociologica dove la genesi dei fatti collettivi e quindi linguistici avviene mediante l’imitazione (Tarde), possono pertanto esservi diverse teorie corrette della realtà non potendole svincolare dai criteri da noi usati, ma gli stessi singoli enunciati acquistano un determinato significato non isolatamente bensì all’interno di un più vasto sistema linguistico, dove il rapporto tra linguaggio e realtà è mediato da una complessa relazione cognitiva (Putman).

Il sistema linguistico è pertanto al contempo sufficientemente preciso per trasmettere informazioni e flessibile per manovrarle e manipolarle secondo precisi scopi, vi è tuttavia in esso una indefinibilità casuale che viene ad intrecciarsi con la complessità crescente del sistema sociale e la sua frammentarietà, dove già di partenza vi era una storia divisa in una miriade di identità, le operazioni autopoietiche alla base delle varie gerarchie sistemiche non fanno che riconfermare la crescente complessità culturale ed organizzativa di cui la ricchezza linguistica ne è testimonianza, nascono relazioni di condizionamento tra le varie unità di per sé complesse, una volta formata l’autopoiesi è ricorsivamente chiusa e tende automaticamente ad adattarsi all’ambiente, solo interventi esterni possono indurla al cambiamento necessario alla sopravvivenza evolutiva, dove anche per il sistema normativo relazioni ricorsive di comunicazione e unità auto-riproduttive ne costituiscono gli elementi formativi (Addario), con la discriminazione nelle operazioni tra ambiente interno od esterno al sistema, dove vi è la necessità di regolare le relazioni produttive tra elementi interni.

Si assiste attualmente ad un moltiplicarsi di identità correlate alla presente frammentazione sociale, frutto del riflettersi nella società e nell’organizzazione lavorativa dell’innovazione tecnologica, i molteplici livelli di identità si basano sia sul linguaggio che sulle azioni passate e future, in un processo dinamico che presuppone un viaggio mentale che è innanzitutto un artefatto culturale quale “previsione sullo stato del mondo” (Nathan), in questo si inserisce la normazione come volontà di regolamentare il processo creativo in una identificazione tra lavoro prescritto e lavoro reale impedendo la dinamica innovativa, si passa da un eccesso all’altro in un moltiplicarsi di codici dove la norma sclerotizza la dinamica relazionale (Berthoz).

Le decisioni sono prese secondo un rapporto affidabilità/prevedibilità in cui l’affidabilità è l’adeguatezza all’ambiente mentre la prevedibilità è la massimizzazione della ricompensa sulla base dei valori, una concezione quella di Koechlin che si viene a contrapporre a quella della scelta puramente neuro economica, l’incertezza diventa una potente molla verso nuove soluzioni in una mente posta tra la memoria delle azioni passate e la propria limitatezza nella possibilità di manipolazione del numero di strategie, tuttavia l’interagire delle singole varie strategie porta ad una ricchezza di variabilità in contrasto con il principio della normazione, in un rapporto dialettico costante tra creatività e omologazione  (Ohlmann), dove vi è una tensione tra i due estremi dell’universale e del particolare, del collettivo e dell’individuale, della regola e del suo superamento, nel quale la norma codifica la condotta semplificando l’infinità dell’interagire ma crea anche gli scarti e la sua necessaria messa in discussione (Berthoz), dobbiamo evitare che nei momenti di criticità prevalga la sola interpretazione restrittiva in funzione di una stabilizzazione.

Il reclamare una serie di diritti a scadenza secondo le nostre opportunità, negando o più semplicemente obliando i nostri doveri, evitando le domande, conduce ad una ulteriore complessità fondata sull’ambiguità dell’irrisolto contrasto tra diritti, in cui la caoticità creativa diventa elemento di frammentazione, dove ognuno rivendica la tutela conflittuale del proprio diritto diventando di fatto elemento di “cementificazione normativa” con un continuo processo circolare dai risultati ambigui.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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