Codice dei contratti pubblici tra proposte, novita’ e revisione “omnibus”

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Il D.Lgs. n. 50/2016 c.d. “Codice dei Contratti Pubblici” non rappresenta sicuramente un prodotto finito, né  può essere assunto a esempio di chiarezza espositiva; la sua nascita è stata tormentata ed è sempre stato oggetto di aspre critiche.

E dunque, per – tentare di – garantire la certezza dei rapporti giuridici e la chiarezza del Codice, il Legislatore nazionale, annualmente in sede di approvazione della manovra finanziaria, non risparmia sorprese e modifiche che interessano – ma non migliorano – il settore degli appalti pubblici.

Non fa eccezione la recente l. n. 145/2018 c.d. “Legge di Bilancio 2019”, che, pur inserendo alcune modifiche di pregevole interesse, non è stata certo accompagnata dai lavori di ristrutturazione normativa annunciati pubblicamente e tanto richiesti dagli operatori del settore.

Le prime modifiche

Ad onore del vero, i tentativi di modifica sistematica del Codice dei Contratti sono stati rivelati ben prima della manovra finanziaria, ovvero con il D.L. n. 135/2018 c.d. “Semplificazioni”. Ebbene delle importanti modifiche promesse dal Legislatore già in questa sede (si veda: semplificazione della progettazione per le manutenzioni; innalzamento delle soglie per il ricorso al prezzo più basso; eliminazione dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori; semplificazione della verifica della documentazione amministrativa; modifica ai requisiti generali, agli incentivi, ecc.) nulla è rimasto, ad eccezione della parziale modifica relativa ai gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) D.Lgs. n. 50/2016. Modifica, quest’ultima, che non aiuterà certamente il processo di metabolizzazione del dettato normativo relativo alla spinosa questione della “risoluzione contrattuale per inadempimento” dell’operatore economico, ma che anzi lascia alla stazione appaltante una discrezionalità – forse – fin troppo ampia.

La Legge di Bilancio 2019

Come detto, se il D.L. de qua ha deluso le attese del settore, in compenso la Legge di Bilancio 2019 ha introdotto alcune disposizioni accolte con timido favore sia dalle amministrazioni che dagli operatori economici.

In particolare, la manovra finanziaria ha previsto, tra tutti, (i) l’innalzamento, per gli acquisti di beni e servizi, della soglia da 1.000€ a 5.000 € per non incorrere nell’obbligo di ricorrere al MEPA e (ii) l’innalzamento – per il solo anno 2019 – della soglia per l’affidamento diretto di lavori per importi pari o superiori a 40.000 € ed inferiori a 150.000 €, “previa consultazione di almeno 3 operatori economici”, nonché l’innalzamento della soglia della procedura negoziata con almeno dieci operatori economici, per importi pari o superiori a 150.000 e inferiori a 350.000 euro.

Le suddette novità – si badi lungi dal costituire una rivoluzione copernicana nel settore – rappresentano, certamente, un piccolo passo verso una revisione “omnibus” della materia de qua. Vero è che il Codice non ha mai conosciuto, dalla nascita, alcun periodo di tregua normativa, forse necessaria al fine del consolidamento delle disposizioni in esso contenute. Si spera, dunque, che il Legislatore nazionale, abbandonando la logica dei “ritocchi”, riesca a rilanciare la materia degli appalti pubblici attraverso un unico, ponderato, intervento normativo.

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