Cassazione: no allo stato di adottabilità del minore se la madre affetta da disturbi psicologici accetta di sottoporsi ad un percorso di cura

Redazione 31/10/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 18563 del 29 ottobre 2012 i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso di una madre cui veniva tolto il figlio, con lo scopo di affidarlo ad un’altra famiglia.

La donna era stata protagonista di episodi violenti di rabbia nei confronti del bambino, dovuti alla sua personalità fragile ed al rapporto travagliato con un compagno che la picchiava, che era stato poi arrestato.

Accusata quindi di non avere accudito bene il piccolo, trovato in condizioni igieniche molto carenti nel periodo in cui si trovava con la mamma in una struttura assistenziale, la madre aveva dovuto rinunciare momentaneamente al piccolo, che era stato dichiarato in stato di adottabilità.

La Corte Suprema di legittimità tuttavia, ha ritenuto che chi risulta affetto da patologie mentali, anche di natura non transitoria, non deve necessariamente essere inadeguato al ruolo di genitore.

Poiché, infatti, c’è da tutelare in via prioritaria l’esigenza della prole di vivere con i genitori biologici, almeno nei limiti del possibile, anche in questi casi non deve ritenersi automatica la dichiarazione dello stato di adottabilità.

La condizione esistenziale può anche non coinvolgere il figlio al punto da impedirne lo sviluppo psico-fisico, e, soprattutto se il genitore momentaneamente in difficoltà si dichiara disponibile a seguire un percorso di presa in carico psicologica, bisogna privilegiare la famiglia biologica.

L’esame del giudice, continuano gli ermellini, deve essere condotto non sull’adulto ma sul minore, e soprattutto tenere conto delle prospettive future: risulta contraddittoria la decisione che da un lato non esclude che in prospettiva la donna possa mostrare un’evoluzione della capacità genitoriale, ma dall’altra dichiara l’adottabilità del minore perché il bambino ha l’urgenza di entrare in un nucleo familiare che lo tuteli.

I giudici di merito, nella fattispecie, non hanno tenuto conto della ctu secondo cui è possibile un reinserimento del minore nel contesto materno, nonché delle conclusioni di un altro esperto che attestano che la donna aveva chiuso col suo passato tormentato.

Perciò il giudice del rinvio dovrà nuovamente valutare la vicenda sulla base di questi parametri.

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