Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 31493 del 2 agosto 2012 i giudici di legittimità hanno confermato la condanna a carico di una donna che aveva prodotto una documentazione falsa al fine di ottenere prestazioni previdenziali.
L’imputata aveva inoltrato domande all’Inps per beneficiare della disoccupazione agricola, dalle quali risultava che la stessa aveva lavorato per oltre cento giorni nelle annualità 2003 e 2004 nei campi in un paesino dell’Aspromonte, circostanza attestata dai registri di un sedicente datore di lavoro.
Ma dall’istruttoria era emerso che in quel periodo non c’erano campi in cui lavorare nel Comune indicato, e, comunque, non risultava effettuata nessuna coltivazione.
La donna allora aveva eccepito che l’istanza rivolta all’ente previdenziale non aveva poi raggiunto l’obiettivo e che quindi non si era configurato nessun reato: secondo la difesa, infatti, il reato di truffa aggravata non potrebbe realizzarsi solo in virtù della semplice richiesta, per quanto fondata su dichiarazioni false.
E pertanto il comportamento sarebbe riconducibile a mero illecito amministrativo.
I giudici della Cassazione sono però di diverso avviso, ed hanno ravvisato nella fattispecie il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, sia pure nella forma tentata, che consiste proprio nella produzione di dichiarazioni fraudolente al fine di ottenere sussidi pubblici.
Alla donna, incensurata, sono state riconosciute le attenuanti generiche.
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