Canoni di locazione insoluti? La competenza spetta al tribunale (Nota a Cass. civ., ordinanza 30 luglio 2019, n. 20554)

Redazione 07/10/19
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di Alessandro Nascosi

Sommario

1. Il caso

2. La tesi estensiva in favore del giudice di pace

3. La tesi restrittiva che radica la competenza in capo al tribunale

4. La posizione assunta dalla Cassazione

1. Il caso

Il proprietario di un immobile ad uso abitativo, dopo aver ottenuto lo sfratto per morosità nei confronti del conduttore, ricorreva al tribunale ordinario per ottenere la pronuncia di un decreto ingiuntivo per la somma di € 2.000 a seguito del mancato versamento dei canoni di locazione. In sede di opposizione al decreto ingiuntivo, il conduttore eccepiva l’incompetenza per valore del tribunale adito adducendo che, stante l’ammontare della somma della quale si ingiungeva l’adempimento, la cognizione della causa sarebbe dovuta rientrare nella sfera di competenza del giudice di pace. Il tribunale, in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’opponente, declinava con ordinanza la propria competenza, statuendo che la causa dovesse seguire le ordinarie regole di competenza per valore e pertanto essere affidata al giudice di pace. Avverso l’ordinanza veniva proposto regolamento necessario di competenza da parte dell’opposto soccombente. Attraverso la decisione del 10 gennaio-30 luglio 2019, n. 20554, la Corte di cassazione adita in sede di regolamento a norma dell’art. 42 c.p.c. ha avuto modo di assumere una ferma posizione, riconoscendo la competenza al tribunale ogniqualvolta viene promossa una domanda avente per oggetto il mancato pagamento dei canoni derivanti da un rapporto di locazione. La decisione in esame consente di svolgere alcune riflessioni che coinvolgono, all’atto pratico, alcune zone d’ombra nella distribuzione della competenza tra giudice di pace e tribunale, al fine di stabilire, a quale giudice occorre rivolgere la domanda per il recupero delle somme dovute a titolo di canoni di locazione rimasti insoluti. La questione, particolarmente sentita nella pratica delle aule di giustizia, pone sul tappeto le difficoltà di individuare la regola di competenza applicabile alle domande giudiziali che, pur trovando la propria fonte in un contratto di locazione (od in termini simili anche in un contratto affitto di azienda o di comodato), si concretizzano in un’autonoma istanza di pagamento di somme di denaro (ossia al di fuori dello sfratto per morosità che consente di inserire la domanda monitoria all’interno dell’atto di intimazione), lasciando (tendenzialmente) sottostante il rapporto sostanziale.

2. La tesi estensiva in favore del giudice di pace

Come osservato, la S.C. è intervenuta in un acceso dibattito che ha visto contrapporsi due differenti impostazioni in ordine all’attribuzione di competenza in materia di locazione allorquando il proprietario di un’unità abitativa agisca per conseguire (generalmente attraverso la richiesta di un decreto ingiuntivo) quanto legittimamente dovuto nell’ipotesi di inadempimento dei canoni locatizi. Orbene, ad avviso di un primo orientamento (di carattere “estensivo”) per stabilire la competenza dell’organo giurisdizionale occorre fare riferimento esclusivamente al petitum e ciò indipendentemente dalla circostanza che la controversia trovi la propria origine in un rapporto sostanziale che coinvolge un bene immobile[1]. Secondo questo indirizzo l’oggetto del processo è rappresentato soltanto dal diritto fatto valere avente per oggetto una somma di denaro, mentre il rapporto giuridico sostanziale riguardante il bene immobile da cui trae origine il diritto azionato rimane sullo sfondo del giudizio e oggetto di cognizione solo in via incidentale. Sulla base di questo ragionamento, ritenendo che la controversia abbia per oggetto unicamente il diritto relativo ad un bene mobile (ossia un credito pecuniario) e pertanto un petitum mediato concernente il conseguimento di un bene delle vita quale una somma di denaro, allora è semplice ritenere che la competenza è demandata per valore al giudice di pace a norma dell’art. 7, comma 1°, c.p.c., considerando come “causa relativa a beni mobili…ogni controversia, personale o reale, di accertamento, di condanna o costitutiva, relativa ad cosa mobile, anche se diretta all’attuazione di un obbligo pecuniario, che sia sinallagmaticamente collegato con un immobile[2]. Nelle “cause relative a beni mobili” possono quindi annoverarsi tutte quelle controversie nelle quali si disquisisce di cose mobili (nell’accezione che si ricava per esclusione dall’art. 812 c.c.), nonchè le liti che si riferiscono a diritti volti all’attuazione di un obbligo pecuniario seppur collegato a un diritto reale immobiliare, con la conseguenza che il giudice onorario sarà competente a giudicare sulle azioni personali inerenti beni immobili e più specificamente sulle azioni finalizzate a conseguire la condanna all’adempimento di obbligazioni pecuniarie che presentino un collegamento sinallagmatico con un bene immobile. Pertanto, seguendo quest’orientamento ed applicando le regole ordinarie sul valore della causa, la competenza si rinviene in capo al giudice di pace, essendo sufficiente per radicare il processo innanzi al giudice onorario il semplice fatto dell’esistenza della pretesa creditoria (petitum immediato, ovviamente nei limiti del valore del giudice adito) a prescindere dalla causa e dal titolo del credito fatto valere, che può trovare la propria causa petendi in un immobile[3]. Nella prospettiva che oggetto del giudizio e della relativa pronuncia definitoria sia il solo diritto fatto valere nei termini di valore del giudice adito, potrebbe affermarsi che il rapporto giuridico sottostante avente come presupposto un bene immobile, rimanga estraneo all’oggetto del giudizio rilevando soltanto in via incidentale. In altri termini, risulterebbero comprese nell’ambito della competenza del giudice onorario tutte le cause relative a beni mobili, purché rientrino nella sua competenza per valore, potendosi quindi incardinare cause inerenti un diritto di credito, reale o potestativo di fronte al giudice di pace.

1 In questo senso in giurisprudenza v. Cass., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582, in Riv. dir. proc. 2012, pagg. 1391 ss., con nota di Zulberti, Sulla nozione di “cause relativa a beni mobili” come oggetto della competenza del giudice di pace, la quale, pur propendendo per la competenza del giudice pace per tutte le controversie relative a beni mobili fino ad € 5.000, statuisce che nell’ipotesi in cui una parte chieda l’accertamento con efficacia di giudicato ex art. 34 c.p.c. del rapporto di diritto o di fatto con l’immobile e sempre che tale richiesta non appaia ictu oculi infondata e strumentale, la competenza del giudice onorario dovrà lasciare spazio alla sfera del tribunale; Cass., 20 luglio 2010, n. 17039, in Foro it. on line (la quale ha stabilito che una controversia avente per oggetto il risarcimento del danno arrecato da terzi al proprietario di un immobile è assoggettata al criterio della competenza per valore determinato dalla domanda avente per oggetto una somma di denaro senza che rilevi il titolo di godimento del bene); Trib. Reggio Calabria, 9 gennaio 2017. In dottrina v. Finocchiaro, G, La competenza del giudice di pace per “le cause relative a beni mobili”, in Riv. dir. proc., 2011, pagg. 643 e ss.; Cecchella, in Acone-Capponi-Cecchella-Manzo, Il giudice di pace, Napoli, 1992, pag. 110; Acone, Il giudice di pace (dal dibattito culturale alla legge istitutiva), in Riv. dir. proc., 1992, p. 1116; Celeste, Giudice unico e controversie locatizie, in Arch. loc. cond., 1998, pagg. 321 se ss.; sembrano porsi in tale direzione anche Auletta-Panzarola, sub art. 7, Competenza per materia e valore. Competenza per territorio, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2015, pagg. 8 e ss.; Luiso, Diritto processuale civile, I, Milano, 2017, pagg. 93, a parere del quale al giudice di pace spettano le controversie, nei limiti del suo valore e salva diversa previsione di legge, non soltanto attinenti a diritti (reali o personali) su beni mobili, ma anche quelle in cui il bene immobile viene in considerazione non quale oggetto di un diritto reale, ma come punto di riferimento di un diritto diverso; Miozzo, La competenza ed il regolamento di competenza, Diritto processuale civile, I, Trattati giuridici, diretto da Dittrich, Torino, 2019, pag. 225. Con riferimento alla figura e alla competenza del conciliatore v. Segré, Della competenza per materia e valore, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da Allorio, I, pagg. 120; D’Onofrio, Commento al nuovo codice di procedura civile, I, Padova, 1941, pagg. 14.

2 Cass., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582, cit.

3 La questione oggetto della presente potrebbe essere estesa non soltanto ai canoni di locazione non versati, ma anche ad altre fattispecie quali per esempio il pagamento del prezzo dell’immobile alienato, il risarcimento dei danni cagionati dall’immobile.

3. La tesi restrittiva che radica la competenza in capo al tribunale

Una differente interpretazione (di carattere “restrittivo”) è offerta da un indirizzo giurisprudenziale che, al fine della determinazione del giudice competente, occorre tenere in considerazione non soltanto il petitum della domanda bensì anche la causa petendi[4]. Secondo questa impostazione il giudice di pace è competente a conoscere la controversia allorquando gli elementi identificativi della domanda abbiano per oggetto un bene mobile. Tale interpretazione si fonda in particolare sull’ultima parte dell’art. 7, comma 1°, c.p.c. (“…quando dalla legge non sono attribuite ad altro giudice) ove si prevede che la competenza per valore del giudice di pace assume i tratti di una competenza residuale[5] ed opera soltanto in mancanza di un deferimento della competenza ratione materiae in capo ad un altro giudice.

Tuttavia per le controversie immobiliari (comprendenti sia le domande aventi per oggetto un diritto reale o personale ed altresì le domande riferite ad un diritto di credito che trova la propria fonte in un rapporto sostanziale alla cui base vi è un bene immobile) il criterio del valore deve cedere il passo a quello della materia essendo le cause immobiliari devolute alla cognizione del tribunale[6]. In tali casi, infatti, la competenza si radica in forza della situazione sostanziale dedotta in giudizio con la diretta conseguenza che vengono sottratte alla competenza del giudice onorario tutte le vertenze che nascono da rapporti devoluti alla sfera di cognizione di un altro giudice, anche se l’esistenza del rapporto sostanziale (dedotto come causa petendi) non sia contestata ed il giudizio abbia per oggetto in via esclusiva l’adempimento di obbligazioni pecuniarie nei limiti della competenza per valore del giudice di pace[7].

4 La competenza per materia è collegata all’aspetto qualitativo della controversia individuato dal legislatore attraverso il riferimento al tipo di rapporto giuridico dedotto in causa dal quale trae la propria fonte il diritto azionato in giudizio. Ne consegue che dovrà prevalere il criterio della materia ogniqualvolta sussiste un criterio di devoluzione della competenza che fa riferimento alla tipologia di rapporto giuridico dedotto in gioco, rendendo così irrilevante il residuale criterio del valore.

5 Cass., 7 febbraio 2008, n. 2945, in Foro it. on line; Cass., 3 marzo 2004, n. 4304, ivi, Cass., 28 novembre 2001, n. 15100, ivi

6 Cass., 19 dicembre 2006, n. 27142, in Foro it. on line; Cass., 31 gennaio 2006, 2143, ivi; Cass., 28 maggio 2004, n. 10300, ivi; Cass., 3 marzo 2004, n. 4304, ivi; Cass., 3 dicembre 1996, n. 10787, ivi; Giudice di pace di Reggio Emilia 14 ottobre 2014, in www.giudicedipace.it .; Giudice di Pace di Eboli, 30 maggio 2011, ivi. In dottrina in questo senso Zulberti, op. cit., pag. 1397, nota 22; Marinelli-Widman, sub art. 7 , Codice di procedura civile. Commentario, I, diretto da Consolo, Milano, 2018, pag. 309. Peraltro percorrendo a ritroso le modiche legislative emerge chiaramente che il giudice di pace non è mai stato competente a decidere della materia locatizia. Infatti, la soppressione del giudice conciliatore, a cui un tempo era attribuito il contenzioso locatizio, prescinde del tutto dall’istituzione del giudice di pace, essendo le funzioni del conciliatore transitate al pretore in data 30 aprile 1995, in virtù dell’art. 89 della l. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente la competenza su tali controversie è trasmigrata dal pretore al tribunale (art. 49 del d.lgs. n. 51 del 1998).

7 Con riferimento alla precedente figura del conciliatore v. sul punto Cass., 7 dicembre 1996, n. 10922, in Foro it. on line; Cass., 13 febbraio 1992, n. 1733, ivi.

4. La posizione assunta dalla Cassazione

Su questo fervente dibattito è di recente intervenuta la S.C. che, attraverso la decisione in commento, ha attribuito la competenza al tribunale in materia di locazione, e più nello specifico in ordine alle controversie per l’adempimento dei canoni non corrisposti. Il lineare ragionamento compiuto dalla Corte prende avvio dalla soppressione della competenza del pretore (e quindi dell’art. 8 c.p.c.) ad opera del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 (v. in particolare gli artt. 1 e 49 del medesimo d.lgs.) al quale era attribuita in via esclusiva la competenza in materia di locazioni e comodato di immobili urbani, nonché di affitto di aziende. Orbene, l’art. 8 c.p.c. che aveva sempre regolato la competenza per materia dell’ufficio giudiziario pretorile, attribuiva espressamente a questo organo giurisdizionale le controversie in materia di locazione, comodato di immobili urbani, affitto di azienda (oltre alle azioni possessorie e nunciatorie). L’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 51 del 1998 prevedendo l’eliminazione dell’ufficio del pretore ha contestualmente statuito che “fuori dei casi in cui è diversamente disposto dal presente decreto, le relative competenze sono trasferite al tribunale ordinario” con l’immediato effetto che le controversie precedentemente attribuite al pretore sono demandate con la medesima natura e qualificazione delle singole tipologie di controversie, alla competenza ratione materiae del tribunale, quale giudice unico togato di primo grado[8]. Pertanto, afferma la Cassazione, se il legislatore avesse voluto trasferire tali cause ad un altro giudice in primo grado, l’avrebbe espressamente previsto con una disposizione ad hoc variando così il criterio di competenza che radica le controversie locatizie.

L’interpretazione offerta dalla Corte appare del tutto condivisibile, dal momento che, in prima battuta, tende a valorizzare la volontà del legislatore del 1998 che, all’atto della soppressione dell’ufficio del pretore, ha inteso disporre integralmente il passaggio al tribunale dell’intera materia delle locazioni, preservando così l’unitarietà della competenza originaria del pretore. Ma ciò che è più rilevante è la preminenza – che la corte ribadisce – del criterio della materia su quello del valore, facendo così prevalere la natura della causa dell’obbligazione oggetto del giudizio. Ne discende che ogni controversia in materia di locazione[9] accede alla competenza del tribunale (e non a quella per valore del giudice onorario) poiché se per un verso quest’organo giurisdizionale è esclusivamente subentrato alla competenza del soppresso ufficio pretorile ereditandone in toto le competenze, per altro verso non sussiste una norma che attribuisca in modo diretto una competenza in materia locatizia già del pretore ad un altro giudice diverso dal tribunale. E’ facile dunque constatare che nessuna disposizione dell’intervento riformatore sul finire degli anni ’90 contempla la devoluzione al giudice di pace di una competenza specifica sulle controversie locatizie, la cui attribuzione all’organo giurisdizionale non si determina sulla base del criterio del valore bensì di quello prevalente della materia. La competenza per materia ha dunque carattere inderogabile e prevale su quella per valore con la conseguenza che, trovandoci nel campo delle locazioni, la cognizione spetta al tribunale[10], subentrato dal 1998 in tutte le controversie locatizie a prescindere dal valore precedentemente di competenza dell’ufficio del pretore. Ne discende quindi che le locazioni rimangono incardinate dinnanzi al tribunale a prescindere dal genere di processo (ordinario o monitorio) con cui vengono trattate e ciò in forza anche del disposto di cui all’art. 637 c.p.c. che prevede espressamente che la domanda di ingiunzione va rivolta al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria[11].

Infine, l’art. 447-bis c.p.c. nel richiamare le norme applicabili alle vertenze in materia di locazioni individua come giudice competente in secondo grado la Corte d’appello, la quale a norma dell’art. 341 c.p.c. è il giudice del gravame avverso le sentenze del tribunale[12]. Per concludere, le argomentazioni portate dalla decisione della S.C. appaiono maggiormente rispondenti alla ratio legis seguita dal legislatore nel corso degli interventi normativi succedutesi negli ultimi decenni, ed al contempo si lascia apprezzare poiché cerca di dirimere un conflitto nella ripartizione delle competenze che ha generato una serie di prassi non univoche (sovente supportate da protocolli adottati dai singoli tribunali, v. per esempio il tribunale di Cremona) all’interno degli uffici giudiziari, foriere pertanto di incertezze applicative tra gli operatori del diritto nell’individuazione del giudice competente.

8 Si esprimono in questa direzione anche Cass., 28 maggio 2004, n. 10300, cit., Cass., 20 febbraio 2002, n. 2471, in Foro it. on line. In dottrina v. Trisorio Liuzzi, Tutela giurisdizionale delle locazioni, Napoli, 2005, p. 64.

9 Le cause in materia locatizia non sono circoscritte soltanto all’accertamento dell’esistenza, validità, efficacia, risoluzione di un contratto di locazione (Cass., 24 luglio 2001, n. 10070, in Foro it. on line; Cass., 6 ottobre 1998, n. 9907, ivi), ma coinvolgono altresì le vertenze inerenti l’inadempimento dei canoni di locazione, la restituzione del deposito cauzionale, il pagamento degli interessi maturati sulle rispettive somme, il versamento degli oneri accessori condominiali.

10 Per quanto concerne la competenza territoriale occorre fare riferimento al tribunale del luogo in cui risulta situato l’unità immobiliare oggetto del contratto di locazione, comodato e affitto.

11 Va poi tenuto presente che trattandosi di una domanda monitoria promossa davanti al tribunale in materia di locazione, l’eventuale giudizio di opposizione andrà proposto nelle forme del rito locatizio ex art. 447-bis c.p.c. Diversamente, forti perplessità sorgerebbero qualora si accogliesse l’indirizzo che demanda la competenza al giudice di pace, poiché in tali casi non risulterebbe chiaro se il giudizio oppositivo dovesse essere instaurato con l’atto di citazione (come sembra preferibile) ovvero con il ricorso introduttivo del rito locatizio.

12 Cass., 20 marzo 2007, n. 6672.

Redazione

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