Autotutela della P.A., solo il richiamo ai gravi motivi e il principio di proporzionalità possono legittimare la sospensione degli effetti di un provvedimento

Redazione 20/12/12
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Lilla Laperuta

Nell’esercizio del potere di autotutela (ius poenitendi) di cui è titolare, l’amministrazione pubblica può non soltanto riesaminare i propri precedenti provvedimenti amministrativi e ritirarli, a fronte di una riconosciuta illegittimità o inopportunità, degli stessi, ma può altresì sospenderne, cautelativamente e temporaneamente, gli effetti. Quest’ultima facoltà, tuttavia, deve essere giustificata dalla necessità di consentire lo svolgimento dell’attività istruttoria e delle verifiche indispensabili per la corretta assunzione della determinazione finale di riesame. La precisazione è fornita dalla V sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6507 del 18 dicembre.

In particolare, nella citata sentenza i giudici di palazzo Spada hanno affermato che, affinché tale potere cautelare possa ritenersi correttamente esercitato, come del resto previsto anche dal secondo comma dell’art. 21quater L. 241/1990, «è indispensabile che sussistano gravi ragioni, cioè circostanze tali da rendere quanto meno inopportuno che un provvedimento emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente riconoscibili, continui a svolgere i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente alterare e compromettere il substrato fattuale sul quale incide».

Non solo. Ad avviso del Collegio, il richiamo ai gravi motivi, che soli possono legittimare la sospensione degli effetti di un provvedimento, implica, ancora, che il provvedimento di sospensione debba essere altresì adeguato e proporzionato rispetto al fine concreto che con esso l’amministrazione intende perseguire, con puntuale motivazione al riguardo.

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