Autoriciclaggio, bitcoin e trasferimenti dei profitti a società estere

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Scopo ultimo dello scritto è quello di “sfruttare” la tecnica delle cd. “note a sentenza” per operare delle più ampie digressioni teoriche inerenti alle tematiche dell’autoriciclaggio, delle criptovalute (“bitcoin” nel caso di specie) nonché della fiscalità internazionale o, comunque, dei trasferimenti di profitti in società con sede estera.

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Indice

1. Premessa

Occorre porre l’accento sul caso concreto, oggetto della pronuncia n. 2868 del 25/01/2022.
In essa si legge testualmente che: “[…] il Tribunale di La Spezia, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, disponeva nei confronti del ricorrente, ex art. 648 quater c.p., il sequestro preventivo anche per equivalente, del profitto dei reati di autoriciclaggio contestati ai capi C e D della imputazione provvisoria di cui al capo A) trasferendo, poi, i relativi profitti a società estere operanti nel settore della compravendita di cosiddette “cripto valute” (in particolare, bitcoin) tramite bonifici in Euro effettuati da carte Postepay intestate per lo più a soggetti prestanome ma anche a sé stesso. Il sequestro è stato disposto fino alla concorrenza di Euro 222.956,00 […]”.

2. Autoriciclaggio: le problematiche penalistiche della fattispecie criminosa

Visto il rilievo assunto dalla fattispecie nell’analisi delle questioni giuridiche sottese al caso in esame, appare opportuno disegnare gli elementi fondamentali dell’art. 648 ter1 c.p.:
Art. 648-ter.1 (Autoriciclaggio)
·      Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
·      ((La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.
·      Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo ((416-bis.1)).
·      Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
·      La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
·      La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
·      Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
La disposizione racchiude in sé una fattispecie plurioffensiva ed è stata oggetto di burrascosi dibattiti ricostruiti e risolti dalla sentenza della Corte di cassazione Penale, Sez. II, n. 17235 del 18 Aprile 2018. Scendendo nel dettaglio, la Suprema Corte è stata chiamata a decidere (pur non esistendo nel nostro ordinamento lo stesso principio di stare decisis noto in ben altri sistemi giuridici) in via più chiara e definitiva chi debba essere chiamato a rispondere del su indicato delitto.
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3. Le fattispecie affini

·      Premessa: la soggettività ristretta
[3.3.8.] La diversificazione dei titoli di reato in relazione a condotte lato sensu concorrenti non deve meravigliare, non costituendo una novità per il sistema penale vigente, che ricorre a questa soluzione in alcuni casi di realizzazione plurisoggettiva di fattispecie definite dalla dottrina “a soggettività ristretta” (ovvero fattispecie che vedono come soggetti agenti solo alcune categorie di persone, capaci di “macchiarsi” di un determinato delitto).
·      Il delitto di evasione
[3.3.8.1.] Ad esempio, con riferimento al delitto di evasione (art. 385 c.p.), costituente, come l’autoriciclaggio, reato proprio, il concorso di terzi estranei non detenuti è autonomamente incriminato a titolo di procurata evasione, ex art. 386 c.p., valorizzando come osservato dalla dottrina, <<il diverso giudizio di colpevolezza che investe la condotta dell’intraneo e dell’estraneo (l’istintiva tendenza alla libertà incide infatti in chiave di attenuazione sulla rimproverabilità soggettiva del recluso, rispetto a chi non si trovi ristretto in carcere>>.
·      Infanticidio art. 578 cp.
[3.3.8.2.] Analogamente, in tema di infanticidio, si prevede un trattamento sanzionatorio diverso per la madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, in quanto tali riferibili soltanto alla madre (art. 578, comma 1, cp.) e per coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma (art. 578, comma 2, cp.): la dottrina ha, in proposito, osservato che la possibilità del concorso di terzi estranei nel reato proprio cd. “a soggettività ristretta” commesso dalla madre <<è stata si contemplata, ma sottoposta ad un regime così peculiare da contraddire i canoni basilari della disciplina del concorso nel reato>>.

4. I soggetti attivi del delitto di autoriciclaggio

[3.3.11.1.] Ciò premesso, e ribadito che, all’indomani della novella entrata in vigore il 1° gennaio 2015, la diversa condizione dell’intraneus rispetto al passato attiene esclusivamente al profilo della sua punibilità, non esiste alcuna ragione (…) per la quale la sopravvenuta incriminazione dell’autoriciclaggio dovrebbe incidere sulla rilevanza penale delle condotte di riciclaggio poste in essere dall’extraneus, sia quanto al titolo, sia quanto al conseguente trattamento sanzionatorio.
[3.3.12.] (…) Deve concludersi che l’art. 648-ter1 c.p. prevede e punisce come reato unicamente le condotte poste in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo-presupposto, in precedenza non previste e punite come reato. Diversamente (…) le condotte concorsuali poste in essere da terzi estranei per agevolare la condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto, titolare del bene di provenienza delittuosa “riciclato”, conservano rilevanza penale quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall’art. 648-bis c.p. più gravemente di quanto non avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato ex artt. 110/117 e 638 ter1 c.p.
[3.3.12.1.] Questa conclusione non trova decisivo ostacolo nella previsione di cui all’art. 648-ter1, comma 7, c.p., il quale, attraverso il rinvio all’ultimo comma dell’art. 648 c.p. prevede che le disposizioni in tema di autoriciclaggio, come quelle in tema di ricettazione, si applichino <<anche quando l’autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto>>.

5. La minor gravità del trattamento sanzionatorio

[3.3.10.] la previsione di un trattamento sanzionatorio meno grave per il delitto di autoriciclaggio trova giustificazione unicamente con la considerazione del minor disvalore che anima la condotta incriminata, se posta in essere (non da un extraneus, bensì) dal responsabile del reato presupposto, il quale abbia conseguito disponibilità di beni, denaro ed altre utilità ed abbia inteso giovarsene, pur nei modi oggi vietati dalla predetta norma incriminatrice, risultando responsabile di almeno due delitti (quello non colposo presupposto e l’autoriciclaggio), non necessariamente in concorso ex art. 81 cp..

6. Criptovalute e c.d. “bitcoin” – I rapporti tra “autoriciclaggio” e “bitcoin”

Il tema dell’autoriciclaggio consente agevolmente di passare al secondo argomento: quello della “moneta virtuale” o “bitcoin”.
Il collante tra le due tematiche è chiaramente espresso da questo passaggio della pronuncia in esame: “l’analisi del Tribunale circa il riscontro dei requisiti dell’autoriciclaggio è rigorosa, puntuale ed apprezzabile nell’interpretazione della normativa di riferimento, correttamente applicata al caso in esame, di acquisto di moneta virtuale (bitcoin) con il denaro provento delle truffe”.
Argomentando dal passaggio, è evidente come l’autoriciclaggio possa riguardare l’acquisto di moneta virtuale con denaro di provenienza illecita.
Ciò premesso, occorre chiarire che le problematiche prima affrontate in ordine ai soggetti attivi che possono (o non possono) essere puniti a titolo di autoriciclaggio sono emerse realmente nel caso di specie.
In un passaggio della sentenza è stato sostenuto che: 
·      […] In primo luogo, l’acquisto di moneta virtuale con denaro di provenienza illecita ad opera dell’autore del reato presupposto non poteva configurare l’autoriciclaggio per difetto del requisito dell’impiego in attività speculativa, così come contestato nell’incolpazione, posto che non erano state poste in essere operazione con finalità di lucro, tese a conseguire cioè un guadagno in base alla differenza tra prezzi attuali e quelli futuri (l’acquisto di bitcoin non era diretto a speculare su oscillazioni di valore della moneta virtuale, peraltro da tempo costantemente in perdita) […]”;
·      […] Da ultimo, al fine della configurazione della fattispecie criminosa in esame, la condotta doveva essere di ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa dei beni oggetto del reato presupposto e non già del suo autore (l’intestatario della moneta virtuale); l’account impegnato dall’indagato consentiva comunque di individuare gli specifici bitcoin acquistati […].

7. La posizione della Suprema Corte in ordine ai rapporti tra presupposti applicativi dell’autoriciclaggio e acquisto di moneta virtuale tramite proventi delle truffe

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il quale, nell’affrontare le questioni attinenti ai presupposti del delitto di autoriciclaggio, avrebbe negato la natura speculativa ed occulta all’acquisto di moneta virtuale con i proventi delle truffe, secondo i Supremi Giudici il Tribunale ben avrebbe individuato la competenza territoriale sulla base del reato più grave ossia il delitto di autoriciclaggio atteso l’evidente vincolo di connessione con il reato presupposto di truffa.
·      Le caratteristiche del reato di autoriciclaggio
“[…] il reato di autoriciclaggio ha natura istantanea e si consuma nel momento in cui vengono poste in essere le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione di beni costituenti l’oggetto materiale del delitto presupposto (Cass. sez. 2, Sent. n. 38838 del 04/07/2019 – Dep. 20/09/2019 – Rv. 277098), nel caso in esame il denaro proveniente dalla commissione delle truffe è stato utilizzato per l’acquisto di criptovalute tramite l’effettuazione di una serie di bonifici, partiti dal conto corrente acceso presso la banca on line X, con sede nel circondario di Milano, ed indirizzati ad una banca tedesca.
La condotta finalizzata all’occultamento della provenienza delittuosa si è realizzata, quindi, nella prospettiva accusatoria, rilevante per la determinazione della competenza, con gli atti dispositivi (bonifici) con i quali le somme di provenienza illecita sono state impiegate per comprare moneta virtuale[…]”.
·      I criteri di identificazione della competenza territoriale
Ai fini della individuazione della competenza territoriale, rileva il luogo di impiego del denaro (da provento delle truffe a prezzo di acquisto di “bitcoin”) ossia il conto corrente sul quale le somme sono confluite dalle persone offese, vittime dei raggiri, e destinate al mercato estero, con la conseguenza che occorre fare riferimento al Tribunale del luogo in cui si trova l’istituto bancario in cui l’agente ha aperto quel conto corrente ed ha operato da remoto, dando disposizioni per immettere nel circuito finanziario il capitale illegittimamente acquisto.

8. I trasferimenti dei profitti presso le società estere: cenni inerenti alla fiscalità internazionale

Per affrontare la questione si rende necessario comprendere quale sia il significato del concetto di     <<cd. fiscalità internazionale>>.
Secondo alcuni, esso comprenderebbe l’analisi dell’insieme degli apparati normativo-fiscali presenti nello scenario economico-globalizzato.
Pertanto, lo scopo della fiscalità internazionale andrebbe individuato nell’esigenza di “[…] preservare i principi transnazionali di equità e di assenza di distorsione […]” (tratto da: ELEMENTI DI FISCALITA’ INTERNAZIONALE  E NUOVA TERRITORIALITA’ IVA:  Risvolti pratici nei servizi su  import/export e nei servizi di  intermediazione, Relatori: Dott. Michele Maria Rossini, Dott. Guido  Doneddu, Dott.ssa Laura Agudio, Auditorium R. Ricci).
Norma di particolare rilievo in questo panorama è l’art. 167 TUIR, rubricato “Disposizioni relative ai redditi prodotti all’estero ed ai rapporti internazionali”.
In questa sede, per cercare di contemperare utilità pratica e velocità di lettura, si riportano i commi fondamentali della disposizione.
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3;
2. Ai fini del presente articolo si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;
b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.
3. Ai fini del presente articolo, si considerano altresì soggetti controllati non residenti:
a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;
b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168 ter.
4. La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:
– a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento. La tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti è pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio. A tal fine, il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti deve essere oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato;
– b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie:
1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale; 
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario; 
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.
4-bis. […].
4-ter.  […] Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per tre esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile. Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non è revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione […].
4-quater. Le disposizioni di cui al comma 4-ter si applicano a condizione che i bilanci di esercizio sono oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.
5. […].
6. Ricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del presente articolo, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente […].
7.  […].
8.  […].
9. […].
10. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti. […] In questo caso, tuttavia, le imposte pagate in Italia dai soggetti di cui al comma 1 si aggiungono al costo fiscalmente riconosciuto delle quote del predetto organismo […].
11. L’Agenzia delle Entrate, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni del presente articolo in base al comma 5 […].
12. […].
13. […].

10. I passaggi salienti della sentenza n. 2868/2022 della Cassazione

Il ricorrente contesta la considerazione a mente della quale le transazioni operate tramite la cripto valuta “bitcoin” si possa ritenere (totalmente) anonime.
Infatti, la mancanza di anonimato emergerebbe dalla circostanza secondo la quale ogni movimentazione avvenuta in cripto valuta verrebbe registrata in una sorta di “libro contabile digitale” (denominato: distributed ledger).
Inoltre, tale registrazione sarebbe di dominio pubblico, accessibile costantemente da chiunque.
1.1. Ancora, venivano poste in evidenza la seguente censura:
1.     Violazione di legge per avere il Tribunale travisato la condotta del ricorrente, che non sarebbe stata quella di “reinvestire” i proventi del reato presupposto ma, così come aveva sottolineato il Giudice per le indagini preliminari nel respingere l’originaria richiesta di sequestro preventivo, di “acquistare” cripto-valute che sarebbero servite per pagare i servizi del sito internet che effettuava la pubblicità delle prostitute, così esulandosi da una condotta di autoriciclaggio.
1.2. La posizione della Corte.
Secondo la Suprema Corte, il ricorrente agiva per mezzo di società estere adibite all’operazione di cambio valuta.
“[…] Tali transazioni, peraltro, avvenivano, in molti casi e secondo le contestazioni accusatorie, attraverso prestanome intestatari fittizi delle carte Postepay dalle quali erano effettuati bonifici verso le società estere. Ne conseguiva, in punto di diritto, che le operazioni così descritte – attraverso il trasferimento di valuta verso società estere che si interponevano nell’acquisto di criptovalute ed effettuate anche a mezzo di prestanome – ponevano un serio ostacolo alla identificazione del ricorrente come beneficiario finale delle transazioni ed effettivo titolare di bitcoin acquistati non da lui ma dalle società estere che fungevano da “exchanger di criptovalute” . Si ricordi in proposito che, ai fini dell’integrazione del reato di autoriciclaggio, non occorre che l’agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza Sez. 2, n. 36121 del 24.05.2019, Draebing. Tale operazione di “trasferimento” veniva effettuata dal ricorrente servendosi di società estere che effettuavano professionalmente il cambio di valuta, nella specie da Euro in bitcoin, inserendo, pertanto, nel circuito economico-finanziario, gli Euro di provenienza illecita poi utilizzati (“cambiati”) per l’acquisto di bitcoin. All’attività di cambio della valuta deve essere attribuito carattere finanziario, tanto che in Italia essa è regolamentata dalla legge ed il soggetto che la esercita deve essere iscritto in appositi registri  […]”.

11. Conclusioni

In conclusione, appare evidente come l’intreccio fitto sin qui emerso tra diritto tributario, diritto penale e fiscalità internazionale richieda una conoscenza trasversale delle tre materie citate. La riflessione, nella sua banalità, non fa altro che giustificare quegli intricati orientamenti dottrinali che vedevano il diritto tributario come una disciplina complessa, capace di racchiudere il diritto costituzionale, il diritto internazionale e comunitario, il diritto amministrativo, il diritto penale, il diritto processuale civile e penale, nonché il diritto del lavoro, il diritto civile ed il diritto commerciale. Gli stessi sono stati ritenuti superati dal principio di autonomia. Pur tuttavia, leggendo sentenze come queste, ci si potrebbe domandare se davvero la configurazione del diritto tributario come branca del diritto autonoma sia la scelta giusta o se, per contro, non possa esser meglio tornare alle teorie cd. pluralistiche.

Micaela Lopinto

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