Atipicita’ di rapporti di lavoro e tutela della paternità e della maternità

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Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 disciplina anche l’applicazione degli istituti posti a tutela della maternità e della paternità a diverse fattispecie di attività lavorativa, caratterizzate da aspetti di specificità o atipicità rispetto all’ordinario rapporto di lavoro subordinato ed autonomo.

Per i lavoratori parasubordinati, quali ad esempio i lavoratori a progetto, in collaborazione coordinata e continuativa, in associazione in partecipazione, con esclusione dei co.co.co che svolgono le cosiddette prestazioni occasionali, da intendersi quelle attività lavorative espletate per un periodo non superiore a trenta giorni l’anno e con un compenso non superiore a cinquemila euro, l’iscrizione degli stessi alla Gestione Separata presso l’INPS consente loro di beneficiare sia del congedo di maternità ante e post partum, che dell’interdizione anticipata dal lavoro, al ricorrere delle condizioni ex lege.

Condizione legittimante alla corresponsione di tali benefici è l’iscrizione, in via esclusiva e non concorrente con altre gestioni previdenziali, alla predetta Gestione Separata, il non godimento di alcuna pensione, ed infine l’avvenuto versamento di almeno tre mensilità di contributi obbligatori nei dodici mesi precedenti l’inizio del congedo di maternità.

I medesimi dodici mesi vengono altresì presi in considerazione per la determinazione del reddito di riferimento, utile per il calcolo della relativa indennità, pari all’80% del reddito percepito dalla lavoratrice predetti dodici mesi antecedenti.

Alla lavoratrice spetta, altresì, il congedo parentale, nella misura del 30% del predetto reddito, per un periodo non superiore a tre mesi e fino al primo anno di vita del bambino.

Per i lavori socialmente utili, invece, alle lavoratrici spetta un’indennità di maternità pari all’80% dell’assegno mensile loro riconosciuto. Tuttavia, l’ordinamento non riconosce ad esse il congedo parentale, mentre rimane salva la possibilità di fruire dei riposi giornalieri orari per allattamento, retribuiti, entro il primo anno di vita del figlio.

Per quanto concerne i lavoratori a domicilio, anche in tal caso la normativa attribuisce ad esse il solo godimento dell’indennità di maternità, oltre che il collocamento in interdizione anticipata dal lavoro, ma con esclusione non solo del congedo parentale, bensì anche dei riposi giornalieri orari, anch’essi non fruibili.

Poiché il lavoro a domicilio non è astrattamente compatibile con altre forme di lavoro verso altri soggetti, il datore di lavoro, prima di collocare la lavoratrice a domicilio in astensione dal lavoro per maternità, deve farsi consegnare dalla stessa una dichiarazione dalla quale risulti che non sono in essere altri rapporti di lavoro con diversi committenti.

La lavoratrice a domicilio, inoltre, prima di essere collocata in congedi di maternità, è tenuta a consegnare al committente i beni ricevuti e/o il lavoro ancora da espletare, qualora non ancora ultimato. In ogni caso, l’indennità di maternità è corrisposta dall’INPS nella misura pari all’80% della retribuzione quotidiana spettante, in quella provincia, ai lavoratori aziendali in possesso della qualifica di operaio.

Per le lavoratrici del settore agricolo, invece, se sono state assunte a tempo indeterminato, valgono le regole ordinarie previste dal T.U. in argomento; se sono invece titolari di rapporto di lavoro a tempo determinato, hanno diritto all’indennità per congedo di maternità, nonché per congedo parentale, solamente se, nell’anno precedente all’accertamento della gravidanza, hanno effettuato almeno 51 giornate lavorative.

Qualora, di contro, non sono in possesso di tale requisito contributivo, si può tener conto delle giornate lavorative prestate nell’anno della gravidanza, e precedentemente alla data di inizio del congedo di maternità ante partum.

Infine, le lavoratrici addette ai servizi domestici o similari, hanno diritto alla sola indennità per congedo di maternità, con esclusione del congedo parentale, per malattia del figlio e dei riposi giornalieri orari.

Per questa categoria di lavoratori, il riconoscimento dell’indennità di maternità richiede il requisito del versamento di almeno 52 contributi settimanali nei 24 mesi antecedenti all’inizio del congedi di maternità ante partum, anche in settori di lavoro diversi e non necessitando la costanza di un rapporto di lavoro al momento della presentazione della domanda volta al collocamento in astensione per maternità.

In alternativa a tale requisito, l’indennità per congedo di maternità può essere riconosciuta anche se la lavoratrice possiede, nei 12 mesi antecedenti l’inizio dell’astensione ante partum, 26 contributi settimanali, in qualsiasi settore lavorativo, purché in ciascuna settimana risultino versati contributi pari ad un minimo di 24 ore lavorative.

Per quanto concerne, infine, le madri che, al momento della gravidanza o del parto, non espletano alcuna attività lavorativa e non posseggono una pregressa contribuzione sufficiente a beneficiare del congedo per maternità, il T.U. riconosce ad esse un assegno mensile, pari a cinque mensilità di un importo stabilito annualmente dall’INPS. Condizione necessaria e sufficiente per ottenere tale emolumento è il possesso, da parte del nucleo familiare della madre, di un reddito non superiore al valore ISE – indicatore della situazione economica relativo ad una famiglia composta di tre soggetti.

Avv. Schepis Fabio

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