Assoluta impossibilità a dare assistenza alla prole

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In cosa consiste l’”assoluta impossibilità” a dare assistenza alla prole all’art. 275, co. 4, c.p.p.
>>>Corte di Cassazione -sez. I pen.-sentenza n. 49601 del 2-11-2022<<<

Indice

1. La questione

Il Tribunale del riesame di Catanzaro, in funzione di giudice dell’appello cautelare, respingeva un appello presentato da un indagato contro l’ordinanza con cui era stata respinta l’istanza di sostituzione con gli arresti domiciliari della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, disposta con ordinanza dal G.I.P. del Tribunale di Vibo Valentia, per il reato dell’art. 416-bis cod. pen..
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la difesa che, tra i motivi addotti, per quello che rileva in questa sede, deduceva violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione in relazione agli art. 274 e 299 c.p.p. perché, a suo avviso, il Tribunale avrebbe omesso di valutare, ai fini della richiesta di sostituzione della misura inframuraria con quella degli arresti domiciliari, l’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., norma applicabile attesa la particolare situazione familiare dell’indagato, padre di prole di età inferiore ai sei anni, cui la moglie era impossibilitata a dare assistenza in quanto lavoratrice dipendente a tempo pieno.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il motivo suesposto era stimato infondato.
In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatta conclusione perché, a loro avviso, la pronuncia de qua era conforme alla lettura della norma dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., sulla “assoluta impossibilità” della madre di assistenza al figlio di età inferiore a sei anni del detenuto sottoposto a custodia cautelare in carcere “secondo cui 1″assoluta impossibilità” per la madre di dare assistenza al minore, prevista dall’art. 275, comma quarto, cod. proc. pen. quale condizione per escludere l’applicazione o il mantenimento della custodia in carcere nei confronti del padre di prole di età inferiore a sei anni, si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal “deficit” assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori” (Sez. 6, n. 35806 del 23/06/2015; conforme Sez. 4, n. 23268 del 19/04/2019); in definitiva, per beneficiare della norma di favore dell’art., 275, comma 4, cod. proc. pen. deve essere ravvisabile una situazione nella quale si palesi un difetto assistenziale, e che tale difetto assistenziale non sia altrimenti colmabile.
Invece, per il Supremo Consesso, siffatte situazioni, alla luce dei documenti presenti in atti e citati nel provvedimento impugnato e nel ricorso (la comunicazione di assunzione; la certificazione sanitaria; le autocertificazioni dei nonni sulle loro condizioni di salute), non erano state ritenute sussistenti dal Tribunale nel caso in esame in modo del tutto logico.

3. Conclusioni

Fermo restando che, come è noto, l’art. 275, co. 4, primo periodo, cod. proc. pen. statuisce che, quando “imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero (il ndr.) padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”, la decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito in cosa consiste questa assoluta impossibilità.
Si afferma difatti in questo pronunciamento, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che siffatta assoluta impossibilità si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal “deficit” assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo, dovuta alla mancata, valida ed efficace presenza di entrambi i genitori, nel senso che deve sussistere una situazione nella quale si palesi un difetto assistenziale, e che tale difetto assistenziale non sia altrimenti colmabile e, dunque, risolvibile in altro modo.
Tale provvedimento, quindi, ben può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare tale condizione impossibilitante che, come visto prima, consente la non applicazione (e sua protrazione) della custodia cautelare in carcere (salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza).
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, di conseguenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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