Assolta ex amante dal reato di stalking e condannata al risarcimento 

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La Suprema Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito affermando da parte sua che nonostante il comportamento della donna non ne abbia determinato la condanna per il reato di stalking, a causa dell’ansia subita la vittima merita un risarcimento.

     Indice

  1. In che cosa consiste il reato di stalking
  2. Ex amante assolta dal reato di stalking
  3. La donna condannata al risarcimento della vittima

1. In che cosa consiste il reato di stalking

Stalking è un termine utilizzato per indicare una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo, detto stalker, che affliggono un’altra persona, perseguitandola, generandole stati di paura e ansia, arrivando persino a compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana.

Il termine stalking, e stalker, deriva dal verbo to stalk, vale a dire “camminare con circospezione”, “camminare furtivamente”, “colui che cammina in modo furtivo” che indica anche il “cacciatore in agguato”.

La persecuzione avviene di solito  con reiterati tentativi di aggressione, accompagnati da comunicazione verbale e non, oppure con attività come appostamenti e intrusioni nella vita pubblica e privata di un individuo.

Lo stalking può nascere come complicazione di una qualsiasi relazione interpersonale, è un modello di comportamento che identifica intrusioni costanti nella vita pubblica e privata di una o più persone.

Si può realizzare ad esempio attraverso l’invio di lettere, biglietti, posta elettronica, Sms e oggetti non richiesti.

E’ più difficile l’attribuzione del reato di stalking a messaggi indesiderati di tipo affettuoso, specie da parte di ex partner o amici, che può variare a seconda dei casi personali.

Oppure producendo scritte sui muri o atti vandalici con il danneggiamento di beni, in modo persistente e ossessivo, in un crescendo culminante in intimidazioni, scritte e verbali, degenerando a volte in aggressioni fisiche con il ferimento o, addirittura, l’uccisione della vittima.

Questo o parte dello stesso se compiuto in modo persistente e tenace in modo da indurre anche esclusivamente paura e malessere psicologico o fisico nella vittima, sono atti persecutori, e chi li attua è un persecutore, un soggetto che commette un atto criminale, in alcuni Paesi punito come tale da parte della legge.

Si differenzia dalla molestia sessuale per l’intensità, la frequenza e la durata del comportamento.

A volte si può trattare di narcisismo di soggetti che hanno sviluppato un delirio persecutorio nei confronti della persona, che non riescono più a controllare.

In altri casi ci si trova davanti a persone con inconvenienti di interazione sociale, che agiscono in questo modo con l’intento di stabilire una relazione sentimentale imponendo la propria presenza e insistendo anche nei casi nei quali si sia ricevuta una chiara risposta negativa.

Meno frequente il caso di individui affetti da disturbi mentali, per i quali l’atteggiamento persecutorio ha origine dalla convinzione di avere una relazione con l’altra persona.

Questi soggetti manifestano sintomi di perdita del contatto con la realtà e otto volte su dieci hanno un’organizzazione di personalità borderline.

Di solito questi comportamenti si protraggono per mesi o anni, facendo risaltare l’anormalità di questo genere di comportamenti.


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2. Ex amante assolta dal reato di stalking

Nella sentenza della Suprema Corte di Cassazione (n. 40298/2022) emerge che il comportamento dell’ex amante le ha fatto scampare la condanna per il reato di stalking, però nei suoi confronti è rimasto l’obbligo di risarcire la persona offesa.

Di conseguenza per l’ex amante che la donna perseguitava e al quale ha provocato ansia e preoccupazione, frutto della conoscenza della relazione da parte di sua moglie e di suo figlio, è scattato il risarcimento.

La donna, assolta in primo grado dal reato di stalking nei confronti dell’uomo con il quale aveva avuto in passato una relazione extraconiugale, in sede di appello è stata condannata a risarcire i danni arrecati a causa della suo comportamento, giudicato assillante.

3. La donna condannata al risarcimento della vittima

La donna ha contestato la decisione, e attraverso il suo avvocato difensore, ha fatto ricorso in Cassazione, mettendo in discussione la sua responsabilità per il mancato raggiungimento della sicurezza di quello che le è stato  contestato oltre ogni ragionevole dubbio.

Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Il comportamento a lei attribuito, è stato confermato dalle dichiarazioni attendibili rese dalla moglie dell’uomo, dal figlio e dalla fidanzata dello stesso.

Nel primo grado di giudizio, è anche emerso che lo stato d’ansia e preoccupazione del quale si aveva sentore in famiglia non era dovuto al comportamento della donna, ma alla scoperta della relazione extraconiugale dell’uomo.

Lo stato d’ansia e preoccupazione che ha colpito la persona offesa era da attribuire al comportamento inaccettabile dell’ex amante, che nei suoi confronti aveva instaurato un’autentica persecuzione, alla quale si è sommato il clima di forte tensione che c’era in famiglia dopo che sua moglie e suo figlio avevano scoperto la relazione.

Di conseguenza, è stata confermata la condanna al risarcimento dei danni.

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