Associazione per delinquere: il 416 c.p. contro la criminalità organizzata

Redazione 17/04/17
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L’articolo 416 è inserito nel titolo V, libro II del codice penale, tra i delitto contro l’ordine pubblico. La norma tutela l’ordine pubblico, messo in pericolo dall’esistenza di un sodalizio criminale permanente tra persone legate da un comune e indeterminato programma delittuoso. La mera esistenza dell’associazione, a prescindere dall’effettiva commissione dei delitti programmati, suscita allarme sociale e giustifica la deroga all’articolo 115 c.p.

È un reato a dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà dell’associato  di aderire al sodalizio con lo scopo di commettere più delitti, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso. Occorre la manifestazione di “affectio societatis scelerum”, supportata dalla continuità, la frequenza e l’intensità dei rapporti con gli altri associati.

 

Soggetto attivo e passivo del reato

Per la configurabilità del reato occorre la presenza minima di tre persone e tale requisito è necessario con riferimento a tutte le condotte punite dalla norma (reato plurisoggettivo). Il numero minimo di almeno tre persone può raggiungersi anche per successiva adesione di altri ad un vincolo originario tra due sole persone. In tal caso, da un lato il delitto è configurabile soltanto dal momento in cui il vincolo si è esteso al numero minimo di correi; dall’altro, la permanenza del reato cessa dall’istante in cui per qualsiasi ragione (morte, recesso e simili), il numero dei partecipanti all’associazione sia inferiore a quello richiesto dalla legge (Cass.pen. n° 8958/1987). Inoltre, il numero minimo degli associati previsto dalla legge per la configurabilità del reato deve essere valutato in senso oggettivo, come componente umana effettiva ed esistente nel sodalizio (individui rimasti ignoti, giudicati a parte, deceduti).

 

Elementi costitutivi del reato

Secondo un orientamento consolidato, sono elementi costitutivi del reato di associazione per delinquere la formazione e la permanenza di un vincolo associativo continuativo, tra tre o più persone allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti, con la predisposizione comune dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma di delinquenza e con la permanente consapevolezza di ogni associato di essere disponibile ad operare per l’attuazione del comune programma delinquenziale (Cass.pen. 22 febbraio 1979). Il carattere permanente del reato sussiste sia da un punto di vista oggettivo, in riferimento alla struttura organizzata, sia da un punto di vista soggettivo, in riferimento al vincolo del singolo affiliato al sodalizio. Secondo la Cassazione penale n°11413/1995:

  • Il vincolo associativo sarebbe destinato a durare oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; è sufficiente, cioè, che il vincolo sia continuativo e permanga al punto da costituire, per la sua funzione propulsiva della criminalità così come organizzata, un attentato preordinato e sistematico all’ordine pubblico (Cass. pen. n°4358/1984). Il reato ha quindi natura permanente, e si protrae nel tempo sino allo scioglimento dell’associazione, oppure sino all’arresto dei consociati in numero tale che i soggetti rimasti siano inferiori al numero richiesto dalla legge per la sussistenza dell’associazione punibile (Cass.pen. n°1799/1986).
  • il programma criminoso è indeterminato, a differenza dell’accordo che può sorreggere il concorso di persone nel reato, per ciò che attiene al numero, alle modalità, al tempo della realizzazione dei reati, senza che venga meno nel caso in cui il fine sia la commissione di reati di un medesimo tipo o natura, già individuati; non è nemmeno necessaria una gerarchia interna e la distribuzione di specifiche cariche, essendo sufficiente l’affectio societatis scelerum, cioè l’esistenza di un vincolo associativo non circoscritto ad uno o più delitti determinati, ma consapevolmente esteso ad un generico programma delittuoso (Cass. pen. n°2894/1985).
  • esistenza di una struttura organizzativa, anche minima, ma idonea a realizzare gli obiettivi criminosi. Controverso in giurisprudenza è il grado di organizzazione richiesto, per distinguere l’associazione dal mero concorso di persone nel reato. Secondo l’orientamento meno rigoroso, è un sufficiente anche una rudimentale predisposizione dei mezzi, purchè ci sia l’idoneità, accertabile ex ante e in concreto, alla realizzazione del programma di delinquenza.

 

Elemento oggettivo

La fattispecie de qua è un reato comune a pericolo concreto. Non è quindi configurabile il tentativo, perfezionandosi già con la creazione del vincolo associativo e il concordarsi sul piano organizzativo per l’attuazione del programma delinquenziale, indipendentemente dalla concreta esecuzione dei singoli delitti. Gli eventuali atti, diretti alla formazione di un’associazione per delinquere, privi del carattere dell’idoneità e della in equivocità, sono meramente preparatori e irrilevanti giuridicamente (Cass.pen. n°130/1990). La norma individua quattro condotte punite: la costituzione, la promozione, l’organizzazione e la partecipazione.

Ai fini della sussistenza del reato, nelle prime due ipotesi, ben si può prescindere dalla effettiva partecipazione alla vita associativa, essendo afferenti alla sola fase genetica della associazione: si fa riferimento a colui che dà l’avvio al sodalizio criminoso (ma anche chi ne accresce la potenzialità pericolosa, a gruppo già costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione e ai suoi scopi attraverso un’attività di diffusione del programma, Cass. pen. n°7462/1985)(promotore) e a colui che ne completa la realizzazione in un secondo momento (costituente).

Sono organizzatori, invece, coloro i quali coordinano l’attività dei compartecipi al fine di assicurare vita, efficienza e sviluppo dell’associazione, in modo difficilmente intercambiabile. È tale anche l’affiliato che, sia pure nell’ambito delle direttive impartite dai capi, esplica con autonomia la funzione di curare il coordinamento dell’attività degli altri aderenti, l’impiego razionale delle risorse associative e delle strutture, nonché di reperire i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso (Cass. pen. n°1793/1993). Questi ultimi si differenziano dai “capi” e dai “dirigenti”, in quanto questi ultimi hanno un ruolo gerarchicamente superiore ai compartecipi e hanno incarichi direttivi e risolutivi nella vita dell’organizzazione e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Cass. pen. n°10040/1987).

 

La partecipazione: quale condotta criminosa?

Per quanto concerne la figura del partecipe, la dottrina ha sottolineato come la norma sia carente di descrittività, profilando una fattispecie a forma libera, connotata di volta in volta dagli elementi materiali del fatto. Pertanto, la giurisprudenza è intervenuta più volte per meglio specificare il significato di partecipazione punibile. Rientra quindi qualsiasi azione, con qualsiasi modalità eseguita, purchè causale rispetto all’evento tipico, cioè idonea a cagionarlo; (…) deve cioè individuarsi il contributo, anche minimo ma non insignificante apportato dal singolo alla vita della struttura e in vista del perseguimento del suo scopo. Se così non fosse la previsione normativa sfuggirebbe ad ogni possibilità di tipizzazione della condotta punibile e sarebbe assolutamente carente sul piano della tassatività (Cass.pen. n°16164/1989). Per ritenere sussistente la compartecipazione di un soggetto al delitto di associazione per delinquere occorre la dimostrazione chiara e certa della sicura volontà del soggetto di entrare a far parte, come membro, dell’associazione e recare così un contributo concreto al raggiungimento dello scopo sociale, all’attuazione del programma di delinquenza (Cass. pen. n°1674/1982).

 

Sabina Grossi

 

 

Bibliografia

– Trattato di Diritto Penale di Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa (pagg.989-1011);

– Codice penale commentato di Cadoppi, Canestrari,Veneziani;

– Lineamenti di parte speciale di Canestrari, Cornacchia, Gamberini, Insolera, Manes, Mantovani, Mazzacuva, Sgubbi, Stortoni, Tagliarini, Sesta edizione 2014, Monduzzi Editoriale;

– Codice penale annotato con la giurisprudenza di Roberto Garofoli, Nel Diritto Editore 2012.

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