Assegnazione temporanea: applicabilità figli successivi al primo

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Consiglio di Stato: applicabilità della disciplina dell’assegnazione temporanea anche ai figli successivi al primo senza limite dei tre anni.
L’articolo 42-bis del Decreto Legislativo n. 151/2001, che contiene il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, dove individua in tre anni il termine massimo di durata dell’assegnazione temporanea per avvicinarsi alla sede di lavoro dell’altro genitore, deve essere interpretato nel senso che l’assegnazione possa essere estesa anche ai figli successivi al primo.

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Consiglio di Stato -sez. II- sentenza n. 7725 del 10-08-2023

Sentenza 7725/203 384 KB

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Indice

1. La vicenda


Il caso specifico è relativo a un agente della Polizia di Stato che aveva chiesto a un determinato commissariato, la conferma dell’assegnazione provvisoria, della quale fruiva come genitore di un figlio minorenne, dell’età di tre anni, per potere provvedere alla cura del secondo figlio.
La Pubblica Amministrazione, da parte sua, aveva respinto l’istanza, motivando la decisione con il fatto che il ricorrente aveva fruito in precedenza, per il primo figlio, dell’intero periodo massimo che potesse essere concesso, consentito dalla normativa, pari a tre anni.
Il Giudice di Primo Grado aveva annullato il diniego e accolto il ricorso, e l’amministrazione aveva proposto appello al Consiglio di Stato.


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2. Le decisioni del Consiglio di Stato


La II Sezione del Consiglio di Stato, condividendo l’assunto del Giudice di Primo Grado, ha ritenuto che motivi di interpretazione sistematica, in chiave costituzionale, impongono che la norma possa essere applicata anche ai figli successivi al primo.
La garanzia di parità nell’accudire i figli, evitando che gravi esclusivamente sul genitore che ha la possibilità di prendersene cura, essendo con gli stessi fisicamente, che di solito è la donna, non si possa esplicare se il nucleo familiare è diviso e lontano a causa di esigenze dei lavoro dei genitori.
Questo vale per qualsiasi figlio e non esclusivamente per il primogenito oppure per quello in funzione del quale sia stato utilizzato l’istituto.
Realizzare una dimensione familiare equilibrata e ispirata all’uguaglianza di genere in senso sostanziale, superando il modello del cosiddetto “male breadwinner”, considerato inadeguato anche dal lato economico, costituisce un modo per garantire, anche in modo indiretto, maggiori possibilità per la madre di accedere o conservare il lavoro svolto fuori delle mura domestiche.
Da qui deriva la necessità, anche sotto questo profilo, di non limitare a un unico figlio ogni misura che consenta il possibile affiancamento alla stessa del padre del minorenne.
La domanda dovrà sempre essere vagliata in merito ai motivi eccezionali che ne giustificano il diniego, oppure, alle motivazioni organizzative o di servizio, che potrebbero essere cambiate rispetto al momento dell’istruttoria della richiesta originaria, ad esempio in ragione di carenze sopravvenute di organico riconducibili alla fruizione dello stesso beneficio normativo.
Sono valutazioni che rimandano alla concretezza dell’istruttoria del singolo caso, anche meglio se in applicazione di metodi generali predeterminati che consentano di individuare a priori le modalità di scrutinio dell’eventuale pluralità di domande arrivate in modo contemporaneo, oppure, connotate da elementi oggettivi di diversificazione che l’amministrazione voglia valorizzare in modo preventivo.
La possibile difficoltà di potere motivare con esigenze di servizio un diniego a un dipendente fuori sede in assegnazione provvisoria per un altro figlio, potrebbe essere superata dalle sopravvenienze, come accade ad esempio dove sia venuto meno nel medio periodo il dipendente che ha sopperito alle sue specificità di carattere professionale.

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A cura di Alessandro Boscati | Maggioli Editore 2021

Dott.ssa Concas Alessandra

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