Appropriazione indebita: la remissione di querela comporta la declaratoria di non procedibilità

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La modifica introdotta con il decreto legislativo n. 36 del 2018, nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n, 11 cod. pen., fa sì che la remissione della querela comporti l’obbligo di declaratoria di non procedibilità ex art. 129 cod. proc. pen. ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale.

(Normativa di riferimento: D.lgs. n. 36/2018)

Per approfondire questo argomento leggi “La nuova procedibilità a querela” di Antonio Di Tullio D’Elisiis.

Il fatto

La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 13/09/2017, parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano, in data 04/10/2016, nei confronti di M. R., confermava la condanna del predetto in relazione al reato di cui all’art. 646, 61 n.11 cod. pen.. 

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi: vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta procedibilità di ufficio; omessa motivazione quanto alla affermazione di responsabilità dell’imputato con riguardo a vari punti della condotta del ricorrente ricostruiti nei giudizi di merito; omessa motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilita di cui all’art. 131 bis cod. pen. ed alla mancata applicazione delle attenuanti di cui ai nn. 4 e 6 dell’art. 62 cod. pen..

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Cassazione accoglieva il primo motivo di ricorso avuto riguardo alle recenti modifiche normative in tema di procedibilità per il reato di appropriazione indebita aggravata.

Gli ermellini osservavano a tal proposito che, a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs n. 36 del 2018, anche l’appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n.11 cod. pen. è divenuta fattispecie penale procedibile soltanto a querela di parte osservandosi in particolare come l’art. 10 del suddetto decreto legislativo abbia espressamente disposto che: “All’articolo 646 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, il terzo comma e’ abrogato”.

Oltre a ciò, si evidenziava al contempo che, poiché il suddetto terzo comma prevedeva espressamente delle deroghe al regime generale della procedibilità a querela stabilita dal primo comma, sia nei casi previsti dal secondo comma dello stesso articolo 646 cod. pen. (cose possedute in deposito), sia ove ricorre l’aggravante comune dell’art. 61 n. 11 cod. pen. (fatto commesso con abuso di autorità, relazioni di ufficio o di prestazione di opera etc…), il delitto di appropriazione indebita è divenuto, per effetto di questo novum legislativo, sempre procedibile a querela della persona offesa.

Si faceva altresì presente come lo stesso decreto legislativo preveda poi, al successivo articolo 11, delle ipotesi residuali di procedibilità di ufficio anche per i delitti di truffa ed appropriazione indebita che la stessa riforma ha previsto ora a procedibilità a querela atteso che è ivi stabilito che, “per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma,640-ter, quarto comma e per i fatti di cui all’articolo 646, seconde comma, o aggravati dalle circostanze di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11. si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale”.

Tal che la Corte perveniva alla conclusione secondo la quale, solo in presenza di aggravanti ad effetto speciale, potrà ritenersi continuare a sussistere la procedibilità di ufficio per il reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 cod. pen. mentre, in tutti gli altri rimanenti casi, sussiste la procedibilità  a querela di parte.

Chiarito ciò, venendo a trattare il diritto intertemporale, i giudici di Piazza Cavour metteva in risalto il fatto che il principio secondo cui il problema dell’applicabilità dell’art. 2 cod. pen., in caso di mutamento nei tempo del regime della procedibilità a querela, va positivamente risolto alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, di tale istituto, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità dato che detto principio opera, non soltanto al fine di individuare la norma di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, ma anche in ordine al regime della procedibilità che inerisce alla fattispecie dato che è inscindibilmente legata al fatto come qualificato dal diritto (Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, R.v. 209188).

Nel dettaglio, si osservava oltretutto come anche più recentemente si fosse analogamente ritenuto che l’introduzione del regime della irrevocabilità della querela non può essere applicato ai fatti anteriormente commessi (Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, Rv. 265999) e ciò perché l’istituto di detta condizione di procedibilità ha natura mista con la conseguenza della necessaria applicabilità delle regole in tema di successione di legge ed applicazione della norma più favorevole.

Orbene, applicando tali criteri ermeneutici al caso di specie, il Supremo Consesso postulava come l’applicabilità della norma più favorevole, in materia di procedibilità a querela, operasse anche per il delitto di cui agli artt. 646 e 61 n. 11 cod. pen..

Da ciò se ne faceva discendere come, a seguito della modificazione introdotta con il decreto legislativo n. 36 del 2018 nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n, 11 cod. pen., la remissione della querela comporta l’obbligo di declaratoria di non procedibilità ex art. 129 cod. proc. pen. ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale.

Ebbene, declinando il principio di diritto appena enunciato al caso di specie, i giudici di legittimità ordinaria evidenziavano come – dal momento che, sia nella sentenza di primo grado che in quella di appello, si dava atto che nelle more del procedimento la persona offesa aveva rimesso la querela e che l’imputato, alla prima udienza del giudizio di primo grado, aveva accettato tale remissione, l’impugnata sentenza dovesse pertanto essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta remissione di querela.

Conclusioni 

La sentenza in argomento è sicuramente condivisibile in quanto in essa viene compiuta un’attenta disamina del D.Lgs n. 36 del 2018, per quel che riguarda il regime di procedibilità afferente l’appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n.11 cod. pen. nonché richiamata correttamente quella giurisprudenza di legittimità favorevole all’applicabilità dell’art. 2 c.p. in caso di mutamento nei tempo del regime della procedibilità a querela in cui, come visto prima, la natura mista, sostanziale e processuale, di tale istituto, fa sì che esso costituisca nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità dato che detto principio opera, non soltanto al fine di individuare la norma di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, ma anche in ordine al regime della procedibilità che inerisce alla fattispecie dato che è inscindibilmente legata al fatto come qualificato dal diritto.

Chiarito ciò, l’unico limite, all’operatività di questo nuovo regime di procedibilità, rilevato dalla stessa Corte in questa decisione dall’analisi della normativa introdotta dal d.lgs. n. 36/2018, è costituito dalla sussistenza di altre circostanze aggravanti ad effetto speciale atteso che, in detto caso, la remissione della querela non può comportare la declaratoria di non procedibilità ex art. 129 cod. proc. pen..

Nulla dunque esclude, quindi, che, ove non ricorrano queste circostanze, si possa chiedere una pronuncia di questo tipo in casi analoghi.

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