Anm sul Processo Penale: riforma illogica che salva i colletti bianchi

Redazione 28/03/17
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Preoccupante lo scenario che ha prospettato il Segretario dell’Anm Francesco Minisci a Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/avocazioni-trojan-e-appelli-cosi-si-fermano-i-processi/)  in merito all’attuale testo di legge approvato da Camera e Senato della riforma del processo penale. L’associazione nazionale magistrati ha dichiarato che approfitterà della riunione fissata in Commissione Giustizia per discutere della questione, nonostante all’ordine del giorno della commissione parlamentare vi sia il tema della prescrizione, e non quello di cui i magistrati si dicono preoccupati ( si discuterà della prescrizione, istituto che verrà mantenuto sospeso per il primo grado, ma che dall’appello in poi solo purchè i processi si celebrino entro 18 mesi ciascuno, e non più entro due anni più uno).

 

La fallace avocazione del fascicolo da parte del Procuratore

Sono plurimi i punti della riforma attualmente pianificata a costituire un potenziale pericolo, secondo l’associazione, per il processo italiano, nonché per i cittadini.  In primo luogo, la previsione della possibile avocazione dei fascicoli da parte del procuratore generale, qualora i pubblici ministeri non chiedano, entro 3 mesi dalla fine delle indagini preliminari, il rinvio a giudizio o l’archiviazione.

Il problema sarebbe costituito dal fatto che suddetta norma, nonostante sia stata presentata come strumento di velocizzazione del processo penale, creerà inevitabilmente un suo rallentamento: ciò in quanto i procuratori generali, una volta avocato il fascicolo, dovranno occuparsene, nonostante siano numericamente inferiori ai pubblici ministeri. Inoltre, sembrerebbe trarsi a presupposto di tale disposizione il fatto che la generalità dei pubblici ministeri non osservi negligentemente l’obbligo di esercizio dell’azione penale, quando non è sicuramente questo il motivo della lentezza dei processi penali. In questo modo, poi, si sottrarrà tempo alle indagini più delicate.

 

I punti deboli della Riforma del Processo Penale

La soluzione proposta dallo stesso segretario è sì volta alla velocizzazione del processo, ma attraverso una strada differente: a rappresentare un insormontabile carico di lavoro, infatti, sarebbero i reati minori, che di conseguenza andrebbero depenalizzati.

Inoltre, sarebbe opportuna l’introduzione benefica, anche nel processo penale, di strumenti telematici, con cui velocizzare le procedure burocratiche, prime tra tutte le notifiche ad imputati, indagati e avvocati.

Ulteriormente, si potrebbe ampliare la rosa dei reati per i quali non sia concesso un inizio nuovo del processo in corso in caso di pensionamento o trasferimento del magistrato: attualmente, infatti, il processo continua solo in caso di criminalità organizzata di stampo mafioso e pedopornografia, ma sarebbe auspicabile l’ampliamento dell’applicabilità anche ai reati contro la pubblica amministrazione, primo tra tutti la corruzione.

Il processo è uno strumento evidentemente abusato, come dimostra anche il fatto che i condannati in primo grado siano incentivati ad impugnare le sentenze dalla vigenza del principio di divieto di reformatio in peius in appello, in virtù del quale non è ammissibile che i giudici modifichino la pena già irrogata dal giudice di primo grado in senso negativo, sia da un punto di vista della qualità che della quantità.

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