Ancora sul modello normativo di contrasto al coronavirus

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SOMMARIO: 1.Premessa. 2. Le principali novità del dpcm 1 aprile 2020 n.19 e l’annosa questione del “jogging. 3. Jogging si o no. La possibile soluzione del problema. 4. Attività motoria si o no. Possibile soluzione del problema. 5. La mobilità per esigenze spirituali.

  1. Premessa

Dopo alcuni giorni passati dalla pubblicazione di un primo approfondimento pubblicato sul sito www.diritto.it del 30 marzo ultimo scorso ed aggiornato all’indomani dell’entrata in vigore del D.L. 26 marzo 2020 n.19, sui profili giuridici inerenti le misure di contrasto al virus pandemico COVID-19, le recenti modifiche e l’evolversi della situazione e alla conseguente evoluzione delle misure di contrasto al COVID-19, impongono una piccola rivisitazione dell’argomento. Infatti le novità più importanti riguardano il dpcm 1 aprile 2020 emanato sull’onda dell’ultimo decreto legge della fine di marzo e di cui si è data ampia sintesi nel lavoro precedente. Occorrerà, pertanto, andare a vedere come tale provvedimento ha agito e quali conseguenze pratiche ha determinato nella disciplina di quelle che, fino al giorno prima dell’entrata in vigore di tale decreto, apparivano attività pacificamente consentite e perfettamente compatibili con tutte le misure di contrasto alla diffusione del virus.

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  1. Le principali novità del dpcm 1 aprile 2020 n.19 e l’annosa questione del “jogging”

Il nuovo dpcm risulta composto di un solo articolo suddiviso in 4 commi.  Dopo un lungo preambolo del substrato normativo il cui richiamo consente di poter inglobare nel provvedimento tutte le misure e le previsioni ivi previste, il provvedimento ne differisce la durata sino al 13 di aprile. Nel contempo, però, va a modificare la lettera d dell’art. 1 del dpcm 8 marzo 2020 nella formulazione già emendata del dpcm del 9 marzo 2020. A questo punto, al fine di mettere ordine alle nuove disposizioni e allo scopo di fornirne una lettura che sia la più logica possibile, è doveroso richiamare tutte le formulazioni della citata lettera d) e osservare attentamente come si sono disposte le modifiche nella loro successione cronologica.

Prima formulazione art. 1 lett. d Dpcm 8 marzo 2020.

d) sono sospesi gli eventi e le competizioni  sportive  di  ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati.  Resta consentito lo svolgimento dei predetti  eventi  e competizioni,  nonché  delle sedute  di  allenamento  degli  atleti  professionisti  e  atleti  di categoria  assoluta  che  partecipano  ai   giochi   olimpici   o   a manifestazioni nazionali o internazionali,  all’interno  di  impianti sportivi utilizzati  a  porte  chiuse,  ovvero  all’aperto  senza  la presenza di pubblico. In  tutti  tali  casi,  le  associazioni  e  le societa’ sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono  tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano.”

Questa prima scrittura della norma interpretava quelle che erano le prime esigenze di contenimento del virus che, in quel momento, apparivano adeguate. Allora infatti era ritenuto fosse sufficiente impedire che le manifestazioni sportive avvenissero a “porte aperte” e quindi con la presenza del pubblico tant’è che, fino a quel momento, diverse partite dei vari campionati calcistici, compreso il massimo campionato di serie A, con la sola eccezione di alcuni incontri ricadenti nelle prime zona di diffusione del virus, si erano regolarmente disputati a “porte chiuse”.

Questa disposizione però non si era rivelata sufficiente ai fini del contenimento data la rapidissima diffusione del COVID-19, soprattutto nell’area del lombardo veneto, per cui il Presidente del Consiglio era dovuto intervenire quasi nell’immediato per modificare in senso più restrittivo tale disposizione. Si era pertanto reso necessario  operare con la modifica che si va qui a riportare ovvero una  nuova formulazione della lettera d) così come emendata dal dpcm 9 marzo.

Seconda formulazione art.1 lett. d dpcm 8 marzo 2020) come modificata dall’art. 1 comma 3 del Dpcm  9 marzo 2020

“d) sono sospesi gli eventi e le competizioni  sportive  di  ogni ordine e disciplina, in  luoghi  pubblici  o  privati.  Gli  impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento  degli  atleti,  professionisti  e  non   professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato  olimpico  nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista  della  loro partecipazione ai giochi olimpici o  a  manifestazioni  nazionali  ed internazionali; resta consentito esclusivamente lo svolgimento  degli eventi  e  delle  competizioni  sportive  organizzati  da   organismi

sportivi internazionali, all’interno di impianti sportivi  utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di  pubblico;  in tutti tali casi, le associazioni e le società sportive, a mezzo  del proprio personale medico,  sono  tenute  ad  effettuare  i  controlli

idonei a contenere il rischio di diffusione del  virus  COVID-19  tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che  vi partecipano; lo sport e le attività motorie svolti  all’aperto  sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile  consentire  il rispetto della distanza interpersonale di un metro”.

Con questa disposizione si era voluto esplicitamente fermare tutti i campionati e tutte le competizioni di carattere sportivo sia professionistiche che dilettantistiche, di ogni ordine e grado, con la sola eccezione delle competizioni internazionali che comunque restavano autorizzate a porte chiuse. Era però consentito, a determinate condizioni, e senza la presenza del pubblico, svolgere allenamenti in impianti sportivi a tutti gli atleti sia professionisti che dilettanti. In pratica lo sport rimaneva consentito a tutti i livelli solo ai fini del mantenimento della propria efficienza fisica ed in condizioni di sicurezza, con un’unica differenza inerente la circostanza del loro svolgimento. A porte chiuse negli impianti sportivi, liberamente all’aperto purché venisse rispettato il limite di un metro quale parametro minimo di distanziamento sociale. Per la prima volta la norma sdoganava lo sport e le attività motorie all’aperto come attività esplicitamente ammesse con la conseguenza che la corsa (jogging)  all’aria aperta era assolutamente consentita. Tale attività sportiva e, soprattutto, le modalità con le quali veniva effettuata, specialmente quando non vi era ancora stata la chiusura di parchi, giardini, strade urbane ed altri spazi pubblici, aveva dato adito a numerose polemiche appunto perché esercitata in maniera indiscriminata e in qualsiasi spazio. Le limitazioni imposte da una ordinanza del Ministro della salute,[3] poi assorbita e fatta propria dal D.L. 26 marzo 2020 n.19,[4] aveva contribuito a delimitare il fenomeno in ambiti più ristretti (solo in prossimità della propria abitazione). Invero anche prima dell’intervento dei provvedimenti governativi (sia nella forma provvedimentale dei dpcm che in forma di atto avente forza di legge) vi erano state numerose ordinanze delle autonomie che avevano vietato specificatamente ed in via assoluta sia lo sport che l’attività motoria all’aria aperta[5]. Comunque le polemiche erano continuate copiose anche dopo numerosi  interventi interpretativi introdotti con varie circolari che però, nate con le migliori intenzioni, avevano finito in molti casi ad alimentare ancora di più il fuoco della polemica anziché spegnerlo. Anzi una circolare del Capo di Gabinetto del Ministro sembrava avere di fatto vietato l’attività sportiva  (jogging) consentendo solo quella motoria in prossimità della propria abitazione.[6] Infatti  testualmente la circolare cosi recitava:

Nella medesima ottica, per quanto riguarda gli spostamenti di persone fisiche, è da intendersi consentito, ad un solo genitore, camminare con i propri figli minori in quanto tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purché in prossimità della propria abitazione”. E poi successivamente:

Nel rammentare che resta non consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto ed accedere ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici, si evidenzia che l’attività motoria generalmente consentita non va intesa come equivalente all’attività sportiva (jogging), tenuto anche conto che l’attuale disposizione di cui all’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo scorso tiene distinte le due ipotesi, potendosi far ricomprendere nella prima, come già detto, il camminare in prossimità della propria abitazione”.

Effettivamente ad una prima lettura sembrava che il tanto vituperato jogging non fosse più consentito, per interpretazione ministeriale, restando autorizzate solo le attività motorie in prossimità della propria abitazione anche se effettuate in compagnia dei propri figli minori. In realtà tale interpretazione non poteva trovare cittadinanza in quanto l’attività sportiva, ovvero il jogging, restava autorizzato dal dpcm 9 marzo 2020 che aveva emendato la citata lettera d).  Per questi motivi,  a stretto giro, il Viminale con un veloce comunicato all’agenzia ANSA, aveva precisato che nulla era mutato ma che, semplicemente, alcuni cittadini erano stati fermati per controlli mentre passeggiavano con i figli e, di conseguenza, avevano rischiato la multa in quando non erano intenti a praticare attività sportiva.  A seguito di ciò si era sentita  l’esigenza  di dover precisare che nei pressi delle abitazioni si poteva camminare con i figli solo in  occasione  di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute e correre da soli. Ad ogni buon conto si ribadiva che non era consentito in ogni caso svolgere attività ludica e ricreativa all’aperto e che continuava ad essere vietato l’accesso ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici». Sulle ulteriori polemiche che tale interpretazione aveva suscitato sdoganando, secondo alcuni, una vera e propria licenza di spostamento indiscriminato con figli preferiamo glissare in quanto non attinente alla problematiche che vogliamo sottolineare.

Questa precisazione, con l’ulteriore e successiva chiosa, pareva non aver aggiunto nulla di nuovo in realtà, però, sia pure incidentalmente veniva, per la prima volta, specificato come attività sportiva e attività motoria fossero due concetti assolutamente diversi poiché la disciplina di riferimento li prevedeva distinti.

In questo contesto si inserisce il dpcm 1 aprile 2020 che, anche al fine di stemperare ulteriori polemiche, decideva di intervenire nuovamente sulla lettera d) del dpcm dell’8 marzo per cui ne veniva data la seguente lettura.

Terza formulazione art. 1 lett. d) dpcm 8 marzo 2020. Come modificata dall’art. 1 comma 2 del dpcm 1 aprile 2020.

«d) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni  ordine  e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Sono  sospese  altresi’  le sedute  di   allenamento   degli   atleti,   professionisti   e   non professionisti, all’interno degli impianti sportivi di ogni tipo;».

In pratica l’art. 1 comma 2 del dpcm 1 aprile 2020 va ad incidere sul dpcm 8 marzo 2020,  ma a sua volta detto provvedimento  è stato modificato dal dpcm 9 marzo ergo deve dirsi che la modifica va a ripercuotersi sulla seconda formulazione della lett. d) e non già sulla prima. Nell’ultima versione di detta lettera d) non vi sono più riferimenti allo sport e all’attività motoria da svolgere all’aperto. A questo punto il punctum dolens è proprio questo: l’attività sportiva e l’attività motoria svolte all’aperto, con le precauzioni previste dall’osservanza della distanza minima. sono ancora consentite?

La risposta non è per niente semplice e deve tenere in considerazione tutta una serie di disposizioni da armonizzare in un contesto normativo che possa vere una sua logica.

A questo problema possono porsi diverse soluzioni interpretative come si vedrà nel paragrafo che segue.

  1. Jogging si o no. La possibile soluzione del problema.

Un prima interpretazione  vede schierati coloro che sostengono che le attività motorie e lo sport in generale continuino ad essere  consentiti dal dpcm 9 marzo 2020 in quanto il dpcm 1 aprile 2020 andrebbe ad incidere solo sul precedente dpcm del’8 marzo 2020.

Secondo questa prima interpretazione, scopo del provvedimento governativo altro non sarebbe che quello di vietare in maniera assoluta tutte le attività di allenamento, di atleti di società professionistiche e non, in vista di una possibile e, diremo noi, auspicabile ripresa agonistica. In pratica in assenza di tale intervento una possibile società sportiva, anche in presenza di una situazione epidemiologica di possibile contagio ancora in atto, avrebbe potuto imporre ai propri tesserati di riprendere le attività di allenamento per farsi trovare pronti alla riapertura.  La modifica governativa dovrebbe pertanto essere interpretata solo in questo senso e il fatto che si vada ad incidere sul dpcm 8 marzo e non quello del 9 marzo starebbe a significare che non vi sarebbe alcuno scorporamento dell’attività sportiva e dell’attività motoria dal dettato normativo proprio perché il dpcm che li prevedeva  sarebbe rimasto intonso.

Tale interpretazione, a nostro avviso, non può trovare cittadinanza perché non prende in considerazione che il dpcm 1 aprile 2020 va a modificare il precedente dell’8 marzo. Risulta evidente come il portato del dpcm 1 aprile incida su quello dell’8 marzo ma mediatamente anche su quello del 9 marzo in quanto questo modifica proprio quello dell’8 marzo. Ne consegue che i fautori di questa interpretazione non effettuano il necessario intervento di ortopedia giuridica che fa derivare gli effetti modificativi per forza di cose su entrambi i dpcm sia dell’8 che del 9 marzo proprio perché il secondo modifica il primo. In pratica, per dirla alla buona, il dpcm 1 aprile incide su una modifica di una modifica.

Secondo altra interpretazione che, secondo noi è quella da preferire, lo sport e l’attività sportiva all’aria aperta escono dal dettato del dispositivo dei dpcm  in senso stretto. Occorre pertanto a questo punto vedere se, una volta usciti dall’assunto normativo, rientrino per altra via quali attività necessarie ex art. 1 comma 2 lett. a) del D.L 25 marzo 2020 n 19.

Occorre pertanto trovare una nuova chiave di lettura però sempre partendo dal dato normativo e soprattutto da due provvedimenti che nella gerarchia delle fonti non occupano posizioni di primo piano anzi tutt’altro.

Detti provvedimenti si individuano nell’ordinanza del ministro della salute del 20 marzo 2020 poi inglobata del dpcm del 23 marzo 2020 che ha imposto il “lockdown,” e nella soffertissima circolare del Capo di Gabinetto del Ministro dell’interno citata sopra.

Come visto, in questi due provvedimenti, per la prima volta, l’attività motoria viene esplicitamente scissa dall’attività sportiva. Più precisamente il Ministro della Salute, quando si occupa di disciplinare compiutamente l’attività all’aria aperta, limitandone e specificandone le condizioni, fa solo riferimento all’attività motoria non citando minimamente l’attività sportiva in senso stretto e quindi di conseguenza il jogging. Il Capo di Gabinetto del ministro fa un ulteriore passo in avanti. Precisa la distinzione tra attività sportiva all’aperto ( tra cui il jogging) e l’attività motoria precisando che, solo  in questa, può essere ricompresa la “passeggiata” intesa come spostamento nei pressi della propria abitazione. Quindi attività sportiva e attività motoria all’aperto sono due concetti assolutamente diversi e non devono essere intesi come un’endiadi.

Alla luce di queste precisazioni e dell’intento delle nuove disposizioni, l’intento governativo sembrerebbe essere indirizzato a un divieto assoluto di qualsiasi attività sportiva di talchè, diversamente opinando, quelle stesse attività professionistiche o dilettantistiche vietate ovvero le sedute di allenamento degli atleti professionisti e non professionisti se effettuate all’interno degli impianti sportivi di ogni tipo, potrebbero essere consentite all’esterno con possibili aggiramento della norma. Ogni atleta professionista potrebbe vedersi imposta dalla propria società sportiva di riferimento di mantenere un certo grado di efficienza fisica facendo ad es. jogging. Tuttavia tale disposizione non è riferita solo alla corsa in senso stretto ma a qualsiasi attività sportiva da intendersi come “Attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche, e il complesso degli esercizi e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui tale attività si realizza, praticati nel rispetto di regole codificate da appositi enti, sia per spirito competitivo (accompagnandosi o differenziandosi, così, dal gioco in senso proprio), sia, fin dalle origini, per divertimento, senza quindi il carattere di necessità, di obbligo, proprio di ogni attività lavorativa”[7]. Tutte queste attività rientranti nel genus dell’attività sportiva effettuate all’aperto,  ovvero in luogo pubblico o aperto al pubblico, andranno pertanto ad essere ascrivibili alle violazioni di cui all’art. 4 comma 1 del D.L. 26 marzo 2020 n.19 e, pertanto, soggette a contestazione amministrativa per l’eventuale irrogazione di una sanzione  la cui somma  risulterà compresa tra i 400 e i 3000 euro.[8]

  1. Attività motoria si o no. Possibile soluzione del problema.

Quindi, divieto assoluto per il jogging ma quid iuris per l’attività motoria?  Può desumersi che la stessa possa essere autorizzata aliunde?

Il discorso qui si pone in termini diversi perché l’esclusione dal dettato del dpcm non esclude che tale attività possa rientrare dalla finestra attraverso il meccanismo dell’attività necessaria. Riteniamo  che tale interpretazione sia quella corretta per l’esplicito richiamo che il dpcm 1 aprile 2020 fa all’ordinanza del Ministro della salute del 23 marzo che, nel vietare alcune attività tra cui quelle ludiche o ricreative, nonché l’accesso a parchi  alle ville,  alle aree gioco e ai giardini pubblici, consente l’attività motoria all’aria aperta a determinate condizioni ovvero  individualmente  ed in prossimità della propria abitazione purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona.  Secondo questa ricostruzione l’attività motoria all’aperto resterebbe assolutamente consentita, per esplicito richiamo governativo, quale attività necessaria. La stessa quindi non uscirebbe dal dettato normativo in quanto ricompresa fra quelle attività consentite direttamente dall’art. 1 comma 2 lettera a) quale spostamento individuale limitato nel tempo e nello spazio e, pertanto, non sanzionabile amministrativamente.  Quindi jogging vietato e passeggiata sotto casa consentita. Questa  potrebbe essere una possibile soluzione del problema.

 

In primo piano: EMERGENZA CORONAVIRUS

  1. La mobilità per esigenze spirituali.

Di recente si è posto anche il problema dell’eventuale spostamento di fedeli per esigenze spirituali. Infatti  le chiese ed altri luoghi di culto non sono mai stati sottoposti a chiusura provvedendosi ad una limitazione riferita  alle sole  manifestazioni pubbliche di carattere religioso e alle cerimonie (civili) e religiose con limitazione all’ingresso in detti luoghi (di culto)[9]. Ne derivava pertanto un divieto assoluto per le manifestazioni/ celebrazioni in luogo pubblico (funerali/processioni religiose) ed un divieto più temperato per quelle all’interno delle chiese e altri luoghi di culto. Pertanto  l’accessibilità all’interno di tali luoghi ha suscitato da subito perplessità e dubbi in ordine alle modalità di esercizio. Infatti, se da un lato le chiese rimanevano aperte, dall’altro le limitate possibilità di spostamento dettate solo da ragioni di lavoro, salute e necessità, sembravano di fatto impedire l’accesso ai luoghi di culto. Occorreva di qui stabilire se le esigenze spirituali rientrassero tra quelle necessità impellenti e tali da giustificare lo spostamento.

La soluzione adottata a livello centrale si pone ad un livello intermedio tra quelle che sono le esigenze spirituali dei cittadini e quelle che sono le misure di contenimento. Infatti, al fine di dare uniformità e direttive chiare a coloro che sono deputati al controllo del rispetto delle misure di contenimento, è intervenuta la Direzione centrale degli Affari dei Culti del  Ministero dell’Interno[10] che, con nota inviata alle Prefetture, frutto della interlocuzione tra la Segreteria generale della Cei, la Presidenza del Consiglio e lo stesso Ministero dell’Interno, al quale proprio la Segreteria Cei aveva a più riprese rappresentato la posizione della Chiesa e il disagio di molti fedeli, che si sono visti limitare la possibilità di recarsi a pregare in chiesa, ha adottato una soluzione di compromesso prevedendo un vero e proprio decalogo per fedeli e religiosi con, ovviamente, possibilità di mobilità calibrate al ruolo ricoperto.

Relativamente all’accesso in chiesa, lo stesso dovrà avvenire “solo in occasione di spostamenti determinati da comprovate esigenze lavorative, ovvero per situazione di necessità e che la chiesa sia situata lungo il percorso, di modo che, in caso di controllo da parte delle Forze di polizia, possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi”. In pratica sarà possibile pregare ma solo in itinere.

Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, il numero dei partecipanti dovrà essere circoscritto ai “celebranti, al diacono, al lettore, all’organista, al cantore e agli operatori per la trasmissione”: tutti costoro “avranno un giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle Forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso dagli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’epidemia da Covid-19”. Il servizio liturgico, precisa infatti il Ministero dell’Interno, pur non essendo un lavoro, è assimilabile alle “comprovate esigenze lavorative”: perciò “l’autocertificazione dovrà contenere il giorno e l’ora della celebrazione, oltre che l’indirizzo della chiesa ove la celebrazione si svolge”. Quanto ai matrimoni in chiesa, “non sono vietati in sé”, si spiega nella nota: “Ove il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni – e siano rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti – esso non è da ritenersi tra le fattispecie inibite dall’emanazione delle norme in materia di contenimento dell’attuale diffusione epidemica di Covid-19”.

Pertanto, mentre sarà giustificato lo spostamento dei fedeli solo se la chiesa sia ubicata nel normale percorso tra casa e lavoro, quello dei religiosi sarà consentito solo ed esclusivamente lungo l’itinerario da percorrere per raggiungere il luogo deputato alla celebrazione del rito.

Riteniamo che questa impostazione possa estendersi, con i dovuti adattamenti, a tutte le esigenze spirituali connesse ad altre religioni i cui culti siano riconosciuti dallo Stato.

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Note

[1] Fa seguito all’articolo del 30 marzo dal titolo “ALCUNE CONSIDERAZIONI GIURIDICHE SUL MODELLO NORMATIVO DI CONTRASTO ALLA EPIDEMIA/PANDEMIA DA COVID-19”. LE LIMITAZIONI AL DIRITTO DI LIBERA CIRCOLAZIONE.  RAPPORTI TRA FONTI DEL DIRITTO. IL MODELLO DI AUTOCERTICAZIONI PER GIUSTIFICARE LA MOBILITA.’ DIRETTIVE E CIRCOLARI”.

[3] Ordinanza del 20 marzo 2020

[4] L’art. 1 al comma 2 lett. ) prewvede espressamente la chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville e giardini pubblici o altri spazi pubblici.

[5] Per una completa disamina può farsi riferimento al nostro lavoro del 30 marzo ed in particolare al paragrafo 5.

[6] Circolare del capo di gabinetto del Ministro  dell’Interno Prefetto Piantedosi del 31 marzo 2020

[7] http://www.treccani.it/enciclopedia/sport/

[8] Si veda in proposito quanto osservato al paragrafo 8 bis del nostro precedente lavoro.

[9] Art. 1 comma 2 lett. g e letttera h)

[10] Circ. n. 005102 del 27 marzo 2020.

Francesco Costantini

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