Acquisizione delle letture in relazione alla prova

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Il meccanismo acquisitivo delle letture in relazione alla prova tecnico-scientifica: disciplina generale e deroga ai principi del contraddittorio e dell’immediatezza.
Per approfondire l’argomento si consiglia: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

1. La disciplina generale


Il meccanismo delle letture si inserisce come deroga assoluta al principio del contraddittorio e, in particolare, ai principi di oralità e immediatezza, in tutte quelle ipotesi in cui non è possibile assumere la prova direttamente in dibattimento.
In questi casi, infatti, solo attraverso la lettura, gli atti vengono legittimamente acquisiti, entrando a far parte del patrimonio conoscitivo utilizzabile dal giudice per la decisione.
L’istituto delle letture si inserisce, dunque, in una parentesi di eccezionalità rispetto alla fisiologica formazione della prova in dibattimento.
Tale sistema di acquisizione delle prove, infatti, derogando all’originaria impostazione del modello accusatorio puro ha contribuito, assieme ad altre pronunce ed interventi legislativi, a scardinarne parzialmente i profili essenziali.
Dall’altro lato è opportuno considerare, d’altronde, che vi sono alcune ipotesi (si pensi agli atti irripetibili) in cui il contraddittorio non è realizzabile e parrebbe irragionevole fare a meno della relativa fonte di conoscenza.
La soluzione più plausibile, allora, è quella di trovare un compromesso tra l’esigenza del rispetto dei principi del contraddittorio, oralità e immediatezza (propri del modello accusatorio) e quella di acquisire le informazioni.
La manifestazione più evidente del principio di separazione delle fasi del procedimento è rappresentata, sicuramente, dal sistema del doppio fascicolo.
Le letture si distinguono, pertanto, in due categorie: quelle relative agli atti presenti nel fascicolo per il dibattimento (ex art. 511 c.p.p.) e quelle relative agli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero (ex artt. 512, 512 bis e 513 c.p.p.).
Nel fascicolo per il dibattimento vengono allocati quegli atti compiuti nelle fasi preliminari del dibattimento, suscettibili di piena utilizzazione probatoria e, dunque, conoscibili dal giudice dibattimentale.
Gli atti assunti dal pubblico ministero, dalla polizia giudiziaria, gli atti acquisiti in udienza preliminare unitamente al verbale dell’udienza ed, eventualmente, il fascicolo del difensore, confluiscono nel fascicolo del pubblico ministero, ma non hanno la stessa attitudine probatoria del fascicolo per il dibattimento.
Il quadro delle letture consentite, non si esaurisce nel novero dei casi sopra delineati.
Altri meccanismi di recupero sono previsti, infatti, dagli artt. 500, 503, comma 3, c.p.p. e dagli artt. 512 e 513 c.p.p., rispettivamente lettura-contestazione e lettura-acquisizione a richiesta di parte.
In disparte gli artt.  511, 511 bis e 512 c.p.p. che verranno trattati ampliamente nei paragrafi successivi, è opportuno ora esaminare, per avere un quadro completo dell’istituto, le letture delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o udienza preliminare ai senti dell’art. 513 c.p.p.
Sin dall’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, l’art. 513 c.p.p. è stato oggetto di interventi legislativi[1] e pronunce della Corte Costituzionale[2].
La disposizione in oggetto, alla luce dell’attuale disciplina, si applica quando l’imputato non possa essere sentito. Viceversa, si applicherebbe la disciplina dell’art. 503 c.p.p. .
L’art. 513 c.p.p. distingue, rispettivamente al primo e al secondo comma, tra le dichiarazioni contra se rese dall’imputato e quelle dichiarazioni rese dall’imputato sul fatto altrui in un procedimento connesso.
Per quanto riguarda il comma 1, il sistema delle letture di dichiarazioni, prevede che, in caso di assenza o rifiuto da parte dell’imputato di sottoporsi all’esame, le precedenti dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria o rese nel corso delle indagini preliminari o in udienza preliminare (i cui atti, si ripete, sono contenuti nel fascicolo del pubblico ministero) possano essere sempre utilizzabili ai fini della decisione, mentre tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo l’applicazione della clausola di salvaguardia “salvo che ricorrano i presupposti di cui all’art. 500, comma 4, c.p.p.”.
Per quanto riguarda il secondo comma, invece, se le dichiarazioni rese dalle persone indicate dall’art. 210, comma 1, c.p.p., il giudice, su istanza di parte, dispone (a seconda dei casi) l’accompagnamento coattivo del dichiarante ovvero l’esame a domicilio o rogatoria internazionale [3].
Qualora non sia possibile ottenere la presenza del dichiarante, si avrà una situazione assimilabile a quella dell’art. 512 c.p.p. nel caso in cui, appunto, l’impossibilità dipenda da fatti o circostante imprevedibili al momento delle dichiarazioni.
Nell’ipotesi in cui, invece, co-imputato si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice può disporre la lettura dei verbali delle precedenti dichiarazioni soltanto con l’accordo delle parti.
Anche questo comma è il risultato, come accennato in precedenza, di una serie di interventi legislativi e di pronunce della Corte costituzionale che ne hanno modificato i profili originari in senso favorevole all’imputato cui quelle dichiarazioni si riferiscono.
Al comma 3, poi, è previsto che se le dichiarazioni di cui ai precedenti commi, sono state assunte in sede di indicente probatorio, si applicheranno le disposizioni di cui all’art. 511 c.p.p.
Infine, non può esimersi dal menzionare, per ragioni di completezza, l’art. 514 c.p.p. La norma ha carattere residuale in quanto, in essa, viene puntualizzato il carattere eccezionale delle disposizioni precedenti e delle relative nonché tassative ipotesi di lettura in esse elencate. Viene disciplinato, inoltre, il divieto generale di dare lettura dei verbali di dichiarazioni rese dall’imputato, dalle persone imputate in un procedimento connesso e dai testimoni sentiti nelle fasi preliminari al dibattimento con specifica eccezione relativa al caso in cui in una di queste fasi (rectius in udienza preliminare) le dichiarazioni siano state rese ai sensi degli artt. 498 e 499 c.p.p.
Questa disposizione, quindi, concorre a confermare l’impossibilità di acquisizione probatoria di tutta la documentazione e dei verbali di dichiarazioni eseguiti e resi prima della fase dibattimentale salvo che questi, appunto, trovino specifica menzione nell’elenco di cui all’art. 431 c.p.p. oppure possano essere acquisiti mediante meccanismi consensuali di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero.


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2. La lettura dell’elaborato tecnico-scientifico inserito nel fascicolo per il dibattimento


L’art. 511 c.p.p. stabilisce, al comma 1, che il giudice, anche d’ufficio, dispone che ne sia data lettura integrale o parziale degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, per rendere gli stessi utilizzabili per la decisione.
Tale strumento processuale pone deroga ai principi di immediatezza e oralità, che impongono al giudice di decidere in base alle prove assunte nel dibattimento.
È opportuno premettere e ricordare poi che, i dati tecnico-scientifici si compiono pressoché necessariamente con l’espletamento di “accertamenti tecnici” i quali consentono l’ingresso nel processo penale della c.d. prova scientifica.
In particolare, ai fini del presente lavoro, vengono in rilievo proprio i verbali di quegli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; i verbali degli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal pubblico ministero ed i verbali del difensore (vale a dire di quelle consulenze tecniche che nascono come irripetibili ex artt. 360 e 391 decies c.p.p.) ed i verbali degli atti assunti in sede di incidente probatorio, allocati tutti nel fascicolo per il dibattimento ex art. 431, comma 2, rispettivamente alle lettere b), c) ed e)[4] acquisibili ed utilizzabili, pertanto, mediante lettura.
L’esigenza, nonché l’opportunità di recupero dell’immediatezza e dell’oralità, si ravvisano, invece, al comma 2 dell’art. 511 c.p.p., laddove viene previsto che la lettura dei verbali di dichiarazioni (riferendosi a quelle dichiarazioni rese in incidente probatorio o nell’ambito di rogatori internazionale) è disposta solo dopo l’esame della persona che le ha rese, a meno che “l’esame stesso non abbia luogo” ricomprendendo tutte le ipotesi in cui il dichiarante non possa prendere parte all’esame in caso di malattia, morte o irreperibilità oppure in caso di mancata ammissione della prova o per rinuncia da parte di chi ne aveva fatto richiesta.
Pertanto, nel caso in cui sia impossibile assumere in dibattimento la prova formata nelle fasi predibattimentali, con metodo dialettico, la lettura dei verbali è consentita in luogo di quel contraddittorio pieno (identificabile con l’immediatezza) che, in questa ipotesi, difetta.
La tecnica dell’esame incrociato espletata in incidente probatorio non è di per sé sufficiente mancando, appunto, il contatto diretto con il giudice preposto alla decisione. Pertanto, ove fosse possibile, sarebbe da preferire sempre la rinnovazione dell’esame.
È ravvisabile una inutilizzabilità enunciata in modo indiretto: consentire la lettura “solo l’esame della persona” equivale a vietarla prima che esso avvenga.
Analogamente, al comma 3, viene disposta l’acquisizione della relazione peritale, nel giudizio dibattimentale, da effettuarsi mediante lettura purchè sia preceduta dall’esame del perito.
A riprova dell’importanza dell’esame dibattimentale viene in risalto l’ultimo comma dell’art. 468 c.p.p. il quale sancisce che il presidente, in ogni caso, dispone d’ufficio la citazione del perito nominato in incidente probatorio a norma dell’art. 392 c.p.p.[5] .
Anche in questo caso viene ad essere preferita l’escussione orale, diretta, dell’esperto in dibattimento. La norma di cui all’art. 511, comma 3, c.p.p. garantisce, quindi, l’immediatezza anche rispetto alle perizie disposte in incidente probatorio.
La disposizione di cui al comma 3 e l’importanza del principio di immediatezza implica che, veicolo della prova tecnica all’interno del giudizio penale, non solo tanto le relazioni scritte redatte dall’esperto, quanto la sua deposizione in dibattimento. L’esame orale, non a caso, oltre a precedere e costituire il presupposto acquisitivo dei relativi scritti, costituisce, inoltre, il metro dell’attendibilità e affidabilità dell’esperto e del sapere tecnico-scientifico che, per tale via, viene introdotto nel corredo probatorio[6].
Questa norma, ictu oculi,  non contempla espressamente la clausola di salvezza “a meno che l’esame non abbia luogo”. Tuttavia è impensabile che, anche in questa ipotesi, non operi tale formula.
La centralità della disposizione è stata colta dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha riscontrato nell’utilizzazione della relazione scritta, in mancanza dell’esame del perito, una nullità generale a regime intermedio tra quelle previste dall’art. 178, comma 1, lett. c, c.p.p., per violazione dei diritti della difesa, soggetta ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p. e alla sanatoria ex art. 183, comma 1, lett. a, c.p.p.[7].
Solo una parte della giurisprudenza ricollegava al mancato esame del perito in dibattimento, l’inutilizzabilità della relazione peritale, depositata nel corso dell’incidente probatorio ed inserita nel fascicolo per il dibattimento[8].
L’art. 511, comma 5, c.p.p., prevede, poi, in luogo della lettura effettiva, la mera indicazione degli atti utilizzabili (c.d. lettura simbolica)[9].
Anche la giurisprudenza ha affermato che la lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento costituisce un potere-dovere del giudice, il quale, in alternativa, può indicare gli atti utilizzabili per la decisione [10].
Tuttavia il giudice dovrà disporre necessariamente la lettura, integrale o parziale quando si tratti di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richiesta. Al contrario, se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura nel caso di un serio disaccordo circa il contenuto di essi.
A proposito dell’utilizzabilità degli atti per la decisione, occorre rilevare che, l’art. 511 c.p.p. vale anche per rendere acquisibili nonché utilizzabili per la decisione anche quegli atti i quali, normalmente, andrebbero allocati nel fascicolo del pubblico ministero restando estranei alla cognizione del giudice. Si pensi, ad esempio, agli accertamenti tecnici ripetibili oppure ai verbali di perizie e consulenze tecniche dell’udienza preliminare.
Infatti, è attraverso lo strumento degli accordi acquisitivi che (tanto all’esito dell’udienza preliminare ex art. 431, comma 2, c.p.p., quanto nella fase degli atti preliminari al dibattimento ex art. 493, comma 3, c.p.p.) è possibile concordare l’acquisizione di quegli atti al fascicolo per il dibattimento consentendone, in tal modo, l’utilizzabilità.
Ribadita la centralità del principio di immediatezza, occorre, soffermarsi anche riconoscere lo stato di crisi in cui, quest’ultimo, versa.
È necessario premettere che, il valore dell’oralità-immediatezza inteso quale identità tra il giudice che decide e quello che assume la prova, è tutelato a pena di nullità assoluta, nonché speciale, dall’art. 525 c.p.p.
Incontrovertibile, infatti, è l’importanza che, nella prova dichiarativa, assumono gli elementi prosodici, l’inflessione e l’intonazione della voce, ai fini di una corretta formazione del convincimento giudiziale. Rilevante, se non addirittura, determinante non è solo ciò che si dichiara ma anche il modo in cui qualcosa si dichiara.
Per una singolare coincidenza di tempi, vengono in rilievo due pronunce foriere di un quadro già ampiamente compromesso in tema di immediatezza e rinnovazione del dibattimento a seguito del mutamento dell’organo giudicante.
Nello specifico, il primo duro colpo al principio di immediatezza, è stato “inferto” dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 132 del 2019 la  quale, ha dichiarato, da un lato, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 525 comma 2, 526 comma 1 e 511 c.p.p., sollevate in riferimento all’art. 111 Cost., dall’altro lato, conscia del divario tra realtà processuale e paradigma codicistico, la stessa Corte, ha affermato come l’immediatezza venga, ormai, ridotta a “mero simulacro”.
Nello stesso senso, poco tempo dopo, le sesta Sezione penale con l’ordinanza n. 2977 del 2019 ha rimesso alle Sezioni unite le seguenti questioni di diritto:
a)   se si possa dire ugualmente rispettato il principio di immutabilità di cui all’art. 525, comma 2, c.p.p. quando il giudice che ha assunto la prova non sia lo stesso che l’abbia ammessa;
b)  se, al fine di ritenere la sussistenza del consenso delle parti alla lettura degli atti assunti da un giudice diverso, sia sufficiente la mancata opposizione delle stesse ovvero sia necessario verificare la presenza di altre circostanze che la rendono univoca.
Il supremo collegio con la sentenza Bajrami, in risposta ai quesiti delineati, ha enucleato i seguenti principi di diritto: “Per il principio di immutabilità di cui all’art. 525 c.p.p. il giudice che procede alla deliberazione finale deve essere lo stesso che ha disposto l’ammissione della prova; non di meno, i provvedimenti in tema di ammissione della prova si intendono  confermati se non espressamente modificati o revocati; a seguito della rinnovazione del dibattimento, il  consenso  delle parti alla lettura ex art. 511 c.p.p. degli atti assunti dal collegio in diversa composizione non è necessario quando la ripetizione dell’esame, già svolto dinanzi al giudice diversamente composto, non abbia avuto luogo in mancanza di richiesta della parte che ne aveva domandato l’ammissione oppure perché non ammessa o non più possibile”[11].
Prima di questa pronuncia, infatti, ogniqualvolta il giudice (persona fisica) venisse a mutare, in assenza di consenso delle parti all’utilizzo di prove dichiarative già acquisite, occorreva provvedere ad una loro rinnovazione con tanto di riformulazione delle richieste istruttorie e ripetizione della prova testimoniale nel pieno rispetto del principio di immediatezza.
Nell’attuale e rinnovato panorama, invece, se la ripetizione dell’esame non ha luogo, le prove precedentemente assunte, anche in difetto del consenso delle parti, restano utilizzabili e, dunque, acquisibili mediante lettura ex art. 511 c.p.p. dal giudice in composizione successivamente mutata.

3. La lettura per irripetibilità sopravvenuta


L’ipotesi considerata nell’art. 511 c.p.p. è strutturalmente diversa da quella disciplinata dall’art. 512 c.p.p.
In quest’ultimo caso, infatti, si fa riferimento alla circostanza in cui l’ammissibilità della lettura derivi da un’impossibilità oggettiva, nonché sopravvenuta (pertanto non congenita) di ripetizione dell’atto in fase dibattimentale.
Il riferimento normativo contempla, specificamente, la lettura da parte del giudice, a richiesta di parte, degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare che, per fatti o circostanze imprevedibili, ne sia divenuta impossibile la ripetizione.
Va da sé che, in questi atti, vengano compresi anche tutti quegli accertamenti tecnici del pubblico ministero e quelli del difensore divenuti ex post irripetibili.
Si tratta di materiale contenuto nel fascicolo del pubblico ministero e che, in quanto tale, non dovrebbe contribuire a formale la conoscenza dell’organo giudicante del dibattimento.
L’art. 512 c.p.p., collocandosi all’interno del meccanismo acquisitivo delle letture di atti divenuti irripetibili “per fatti o circostanze imprevedibili”, arresta la messa in opera della formazione della prova (compiuta mediante il metodo dialettico) la quale viene proprio surrogata dalla mera lettura. La norma in esame, infatti, è stata oggetto di critiche in quanto consentiva (e consente) all’atto di indagine di trasformarsi in “prova”.
Su questa norma ha avuto un forte impatto la riforma costituzionale del 23 novembre 1999, n. 2 la quale ha inserito, da un lato, la “regola” di cui all’art. 111, comma 4, Cost. in cui viene stabilito che “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova” e che “la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni resa da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”[12]; dall’altro lato, “l’eccezione” di cui all’art. 111, comma 5, Cost. che ammette la rinuncia al contraddittorio nell’ipotesi per una “accertata impossibilità di natura oggettiva” la formazione della prova, secondo lo schema previsto dal codice di rito, non possa avere luogo.
Ed è proprio in quest’ultima eccezionale ipotesi che si individua il fondamento dell’art. 512 c.p.p.
Tuttavia, la differenza tra le due disposizioni sta proprio nell’imprevedibilità delle circostanze sopravvenute: in questo modo, infatti, l’art. 512 c.p.p. subordinando la lettura, non solo all’impossibilità sopravvenuta di assunzione della prova in dibattimento ma anche (e a differenza dell’art. 111, comma 5, Cost.) all’imprevedibilità di ripetizione, ha implicitamente circoscritto le ipotesi di lettura.
A proposito del concetto di imprevedibilità e di dati ed acquisizioni tecnico-scientifici, la giurisprudenza si è espressa in tema di accertamento tecnico sul DNA eseguito dalla polizia giudiziaria in fase di indagini preliminari ex art. 348 c.p.p., statuendo al riguardo sull’inutilizzabilità per la decisione a norma dell’art. 512 c.p.p., qualora l’analisi comporti modificazioni irreversibili e manchi il requisito dell’irripetibilità determinata da “fatti e circostanze imprevedibili, non potendosi considerare fatto imprevedibile di natura oggettiva il rifiuto dell’imputato a sottoporsi a prelievo ematico, dal momento che tale condotta rientra tra i diritti della persona costituzionalmente protetti”.
In questa occasione la suprema Corte ha ricordato, inoltre che l’accertamento tecnico per poter essere acquisito al fascicolo per il dibattimento, avrebbe dovuto essere eseguito secondo le disposizioni di cui agli artt. 360 c.p.p. e 117 disp. att.[13].
Sempre ai fini dell’utilizzabilità di cui all’art. 512 c.p.p., va chiarito che l’irripetibilità debba essere “oggettivamente riscontrabile” non dovendo attenere a cause che dipendono dalla volontà di un determinato soggetto.
Le parti, in tal modo, vengono sollecitate ad operare con il massimo sforzo “ragionevolmente esigibile” per procurare il contraddittorio, almeno nelle forme di cui all’art. 392 c.p.p.
In caso contrario, infatti, il pubblico ministero, potrebbe aggirare le garanzie dell’incidente probatorio predisponendo le condizioni per poter utilizzare in dibattimento l’atto.
È opportuno sottolineare, a tal proposito, che l’onere della prova, gravando su chi muove l’accusa, per non ricadere nell’ipotesi di inutilizzabilità derivante dal combinato disposto ex artt. 512 e 516 c.p.p., dovrà dimostrare di essere stato nell’impossibilità di richiedere l’assunzione anticipata della prova.

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  1. [1]

    l. 7 agosto 1997, n. 267 e successivamente, l. 1° marzo 2001.

  2. [2]

    Corte cost., 2 novembre 1998, n. 361, in Cass. pen., 1999, p. 56; Corte cost., 3 giugno 1992, n. 254, in Cass. pen., 1992, p. 2015.

  3. [3]

    C. Cesari, Dichiarazioni irripetibili e metodo dialettico, in AA.VV., Eccezioni al contraddittorio e giusto processo. Un percorso attraverso la giurisprudenza, a cura di G. Di Chiara, Torino, Giappichelli, 2009,p. 270.

  4. [4]

    C. Curreli – F. Minisci, Il pubblico ministero. Compiti e poteri nelle indagini e nel processo, Milano, Giuffrè, 2011, p. 282.

  5. [5]

    A. Di Tullio D’Elisiis, Il dibattimento nel processo penale. Profili ermeneutici, Padova, Primiceri, 2017, p. 25.

  6. [6]

    C. Conti, Scienza e processo penale: dal procedimento probatorio al giudizio di revisione, in AA.VV., Scienza e processo penale: linee guida per l’acquisizione della prova scientifica, a cura di L. De Cataldo Neuburger, Padova, Cedam, 2010, p. 153.

  7. [7]

    Cass., Sez. VI, 14 marzo 2014, Rizzo, in C.E.D. Cass., n. 259200; Cass., Sez. V,  24 giugno 2011, Cifelli, in C.E.D. Cass., n. 250940; Cass., Sez. I, 19 marzo 2004, D’anna, in C.E.D. Cass., n. 228981; Cass., Sez. V, 7 febbraio 2003, Alvaro, in C.E.D. Cass., n. 227412; Cass., Sez. III, 22 aprile 1999, Pilati, in C.E.D. Cass., n. 214222; Cass., Sez., VI, 8 marzo 1991, D’Acci, in Giur. it., 1992, II, p. 598. In Dottrina, favorevoli a questa soluzione, R. Adorno, Assunzione delle prove, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, Torino, Utet, 2009, p. 358; R. Cantone, Esame del perito e lettura della relazione scritta nella regola dettata dall’articolo 511 c.p.p., in Cass. pen., 1998, p. 525.

  8. [8]

    Cass., Sez. I, 6 febbraio 1997, Romano, in Cass. pen., 1998, p. 515.

  9. [9]

    A.Scella, Prove penali e inutilizzabilità: uno studio introduttivo, Torino, Giappichelli, 2000, p. 192.

  10. [10]

    Cass., Sez. III, 11 dicembre 1995, Coppolino, in Dir. pen. proc., 1996, p. 304.

  11. [11]

    Cass., Sez. un., 30 maggio 2019, Bajrami, in Guida dir., 2019, XLIV, p.93, con nota di A. Natalini, Nuovo dibattimento con collegio diverso: riassunzione limitata.

  12. [12]

    G. Illuminati, La giurisprudenza costituzionale in tema di oralità e contraddittorio, in AA.VV., I nuovi binari del processo penale tra giurisprudenza costituzionale e riforme, Milano, Giuffrè, 1996, p. 74.

  13. [13]

    Cass., Sez. I, 23 marzo 2002, Joliber, in Giur. it., 2003, p. 534.

Francesca Carrozzo

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