Accesso agli atti – endoprocedimentale ed esterno – interesse legittimo o diritto soggettivo?

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Nella sua originaria formulazione  il  diritto di accesso, contemplato nell’art 22 della legge 241/90. tendeva ad assicurare  la trasparenza  dell’operato della p.a. avvalorandone lo svolgimento imparziale mediante il  riconoscimento a chiunque  di trovare adeguata tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti tramite l’esercizio del diritto di accesso, rimodulato dalla legge n 15/2005, e comunque nel rispetto ed in osservanza delle tassative modalità fissate dalla legge.

La ratio della legge  241 in ordine all’istituto in esame , è  chiara e di fatto sottende all’intenzione del legislatore di  eludere  o comunque tentare di ridurre  notevolmente il  contenzioso tra il  cittadino e la P.A.

L’accesso, si configura, generalmente come un diritto  soggettivo del cittadino nei confronti dell’amministrazione che detiene il  documento.

Laddove, invece, lo si volesse enucleare nell’alveo degli interessi legittimi, come è già avvenuto in un recente passato, alla luce delle sentenze che ne hanno chiarito la natura,  rientrerebbe nel generale ed ampio potere valutativo dell’Ente che fosse investito dell’istanza, con un correlato stato di soggezione in capo al cittadino richiedente.

Per  come l’istituto  si presenta, l’esercizio del diritto di accesso agli atti   postula  un  preciso obbligo  di osservanza in capo  alla controparte (la P.A.) per cui ve ne  è pienezza di tutela in caso di inadempimento.

Ciò posto, nella disamina dell’iter,  squisitamente operativo,  previsto in funzione del suo corretto esercizio,  l’Amministrazione deve preliminarmente  provvedere alla  verifica della regolarità dell’istanza  mediante il  controllo dell’effettiva sussistenza del indefettibile stato di   legittimità in capo al soggetto  richiedente. Tale  controllo viene, di fatto, esercitato mediante verifica dell’esistenza di una  motivazione a supporto della stessa, e, comunque,  solo dopo aver verificato che il  documento non rientra tra quelli per i quali è prevista l’esclusione o il  differimento.

E quindi, in ultimo, è tenuta ad esibire l’atto richiesto  senza poter entrare nel merito  e senza avere facoltà di formulare ulteriori valutazioni di compatibilità con l’interesse pubblico.

Quindi, la legge stabilisce le condizioni, verificate quelle propedeutiche ragioni giustificative e di legittimità che supportano l’istanza,  è tenuta,   expressis verbis, a consentire l’esercizio del diritto.

Pertanto, sostenere, a contrario, che l’accesso è un interesse legittimo significherebbe riconoscere all’amministrazione un potere valutativo circa la compatibilità con l’interesse pubblico dell’istanza ostensiva, condizione che le conferirebbero  non solo, in primis, poteri e facoltà in ordine alle valutazioni da formulare in ordine  ai presupposti di legge, sottesi alla richiesta, ma anche  il  potere di  parametrare l’interesse pubblico con la segretezza del documento e l’eventuale confliggenza con l’interesse privato alla sua conoscenza, circostanze, queste ultime, rientranti in distinta espressa casistica.

Solo all’esito delle prefate valutazioni, potrebbe conferirsi o meno l’esaustiva esplicazione dell’esercizio  del   diritto, mediante l’esercizio della facoltà di accesso.

Per quanto attiene ai termini previsti per l’esperimento dell’esercizio, e l’eventuale sua azione giudiziaria in relazione ad un possibile diniego da parte dell’amministrazione, la legge precisa che il  termine è  di trenta giorni dalla presentazione dell’ istanza perché  si è voluto  conferire maggiore snellezza all’intera procedura, con una  plateale riduzione dei termini per procedere, decorsi i  quali, il  cittadino ha facoltà di  presentare una nuova identica istanza di accesso e in caso di nuovo diniego proporla nuovamente o produrre ricorso.

Nella successiva fase, ovvero quando  il  tribunale amministrativo  che ne è investito   accoglie  il  ricorso, lo stesso  non si limita   ad un mero  annullamento del   diniego di accesso ma  ordina all’amministrazione anche l’esibizione della documentazione: un actio ad esibendum  tipica esplicazione della tutela  dei diritti soggettivi e non certamente  degli interessi legittimi.

Da ciò ne deriva che il  legislatore non solo qualifica  espressis verbis, l’accesso come diritto degli interessati alla tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti  ma, al  2 comma dell’art 22, lo qualifica come diritto  costituzionalmente garantito perché costituisce applicazione dei principi  costituzionali di trasparenza ed imparzialità.

Configurandosi, quindi, la natura dell’istituto in esame, quale agile ’accesso ai documenti detenuti da una pubblica amministrazione, risulta, plateale, la sua configurazione strutturale, tipica  dei sacri principi  democratici posti a tutela  e salvaguardia del rispetto delle fondamentali garanzie  che sottendono ai  rapporti  tra il  cittadino, l’amministrazione, il   contribuente  e l’amministrazione finanziaria.

L’istanza,  pertanto, non può essere relegata al rango di mero interesse legittimo ma nell’alveo della piena ed espressa tutela  propria e tipica del   diritto soggettivo in quanto diritto costituzionalmente garantito, diretta ed immediata espressione dei valori contenuti nell’art. 97 della costituzione

Proprio per questo, la richiesta di accesso agli atti    risulta oggetto   particolarmente sensibile  ogni amministrazione:  costituisce, sicuramente, uno dei fuochi portanti  intorno al quale ruota l’impianto della legge 241/90.

Per quanto correlato al procedimento amministrativo ha vita  e vigore propri e  rimane distinto rispetto allo stesso.

Si configura come un forte momento partecipativo, di natura accessoria, riconosciuto solo a  chi ha un interesse diretto, in quanto deve appartenere alla sfera dell’interessato .

Deve trattarsi di un concreto interesse contenente un   quid pluris  diretto ed immediato del  soggetto  in ordine alla salvaguardia di   bene della vita correlato a quel preciso  documento.

Deve, inoltre,  trattarsi di un interesse attuale.

 Pertanto chi se ne fa portatore è generalmente tenuto a dare adeguata motivazione in funzione  della produzione dell’ istanza di accesso ai documenti medesimi ed esporla esaustivamente nella stessa.

Quando, invece,  il   diritto in esso  contemplato è predisposto in  funzione e tutela del soggetto che risulti parte di un procedimento  amministrativo, viene definito genericamente endoprocedimentale: l’atto oggetto di  richiesta di accesso lo riguarda direttamente nella misura in cui  ha ad oggetto i documenti di quel procedimento. Costituisce, de facto, l’accesso partecipativo, per come disciplinato  dall’articolo 10 della legge 241,  un  momento risolutivo dell’esercizio del diritto che non richiede per poter essere azionato  l’obbligo di indicare  la motivazione sottesa a tale esercizio, proprio perché  il  richiedente è già parte integrata in quel procedimento.

Diverse, ulteriori  dinamiche sottese all’esercizio del diritto di accesso   lo definiscono esterno o informativo ex art. 22 della legge 241/90 laddove  il  richiedente, non essendo   parte di quel procedimento abbia  l’obbligo di motivare la sua richiesta e rendere nota la ratio che la sottende.

Ai fini della legittimità dell’esercizio  del diritto di accesso agli atti, rilevano i profili oggettivi e soggettivi sottesi alla salvaguardia delle situazioni giuridicamente tutelabili, che un maldestro ed erroneo esercizio di tale esercizio  potrebbero  ledere.

Pertanto, a ragion veduta, nella 241 del 90,  l’accesso non costituisce una mera pretesa  del cittadino, scevra da verifiche in ordine alla legittimità ed al merito  in capo a  chi se ne fa portatore, ritenendosi limitata la platea dei soggetti   che possono correttamente accedere alla  procedura.

Occorre che  il  richiedente sia  effettivamente titolato e legittimato alla salvaguardia di  una situazione giuridicamente rilevante: ciò sottende alla ragione per la quale è previsto che l’istanza debba essere motivata, ma solo quando non si tratti di  accesso endoprocedimentale.

Per altro verso, va sempre tutelato il diritto sotteso all’istanza atteso che  la richiesta di accesso è motivata  dalla necessità di dovere curare e difendere i propri interessi giuridici. La P.A. non è autorizzata a valutare la fondatezza o l’ ammissibilità della domanda che l’istante intende proporre all’Autorità Giudiziaria ma deve solo esaminare la richiesta e valutarne la corrispondenza con i principi fissati dalla normativa.

Va da sé che in ordine a quanto forma oggetto di richiesta di accesso, non può sottacersi la sussistenza della  generale  e variegata congerie di atti   rientranti nella nozione di  documento amministrativo, nozione in cui si ravvisa  “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

In un contesto  sociale, ampio ed  in continua evoluzione,  in concomitanza con le  correlate dinamiche  del diritto soggettivo, è plateale  la rilevanza che al riguardo  ha assunto, nell’ambito della disciplina del diritto  di accesso,  anche la stessa normativa comunitaria che  contiene   vincolanti parametri attuativi posti al legislatore nazionale, in ordine alla disciplina degli atti interni.

Consentire l’esercizio del diritto di accesso è un obbligo di legge  che  l’amministrazione che  ne venga investita  non ha, in alcun modo,  il  potere di impedire entrando  nel merito delle valutazioni sottese all’esercizio di tale diritto se non  in funzione  della violazione della casistica espressamente  tabellata che non  consente   che l’esercizio del suo diritto avvenga al di fuori dei  casi fissati espressamente dalla legge.

Il diritto di accesso rappresenta una precisa  attuazione del principio di trasparenza, consentendo , in ragione dei correlati interessi pubblici dalla stessa scaturenti ed ,  alla cui tutela è  preposto,  l’inevitabile esplicazione del  correlato ed inviolabile principio di  imparzialità dell’operato della P.A. costituzionalmente sancito.

Angela Gerarda Fasulo

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