Accessione invertita e occupazione acquisitiva

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 La fattispecie della accessione invertita si realizza allorquando una persona, costruendo sul proprio fondo, sconfina in buona fede sull’attiguo fondo altrui, in modo da occuparlo con parte della propria costruzione.
In tal caso, l’Autorità Giudiziaria può, qualora il proprietario del fondo non faccia opposizione nel termine di tre mesi dal giorno in cui è iniziata l’occupazione, attribuire al costruttore la proprietà dell’edificio e del suolo occupato, dietro pagamento di un corrispettivo pari al doppio del valore del suolo occupato. Detto termine è posto a pena di decadenza. In tal caso l’accessione opera in maniera inversa rispetto all’ipotesi generale per effetto costitutivo della sentenza. In via generale, infatti, tutto ciò che si consolida sul suolo diviene di proprietà del titolare del fondo medesimo: quod inaedificatur solo cedit.[1]
Quando la Pubblica Amministrazione occupa sine titolo, cioè al di fuori di un legittimo esercizio della propria potestà di imperio (assenza ad es. di un regolare  provvedimento di esproprio), ciò legittima il proprietario o anche detentore qualificato (affittuario, comodatario) ad esperire un’azione di spoglio o di reintegrazione.
L’autore dello spoglio e quindi la legittimazione passiva dell’azione a tutela del possesso può essere, dunque, anche la P.A. (Cass. 1986/2433; Cass. 1986/3413).[2]
 Sotto il profilo del riparto di giurisdizione, l’acquisizione del possesso di un fondo privato da parte della P. A., intervenuta dopo che il decreto d’occupazione d’urgenza sia divenuto inefficace per il decorso del termine di tre mesi, costituisce attività materiale all’amministrazione medesima, di natura privatistica e, pertanto, legittima il privato all’esperimento dell’azione di reintegrazione davanti al G.O., (Cass. civ. sez. V, n. 4765/1998).[3]
Diversa è, invece, l’ipotesi un cui l’opera pubblica venga realizzata definitivamente o in maniera tale da comportare ugualmente una sostanziale modificazione del suolo; in tal caso anche se l’occupazione è, sia sotto il profilo sostanziale che formale, illegittima, si verifica l’acquisto della proprietà a titolo originario del fondo in cui l’opera insiste per accessione invertita o come si dice più tecnicamente per occupazione acquisitiva. 
L’ipotesi dell’accessione invertita si verifica, pertanto, quando la P.A., in carenza di un legittimo provvedimento espropriativo, e quindi sine titolo, occupi il suolo di un privato e radicalmente lo trasformi mediante l’insediamento definitivo dell’opera pubblica.
È, dunque, l’irreversibile trasformazione del suolo che determina l’acquisto a titolo originario della proprietà del bene da parte della P.A. e ciò si verifica allorquando il bene (suolo) perduta la sua connotazione originaria, risulti irreversibilmente inserito nel nuovo contesto dell’opera pubblica. Perché ciò si realizzi non è necessario che l’opera sia portata a compimento definitivo, bastando che il terreno abbia subito una radicale trasformazione del suo aspetto materiale, in modo da perdere la sua conformazione fisica originaria, che siano, cioè, intervenute trasformazioni che rilevano e individuano una nuova destinazione impressa al suolo, (App. Napoli, sez. I, 16/09/2005).[4]
La fattispecie della occupazione usurpativa non viene generalmente accolta con favore dalla dottrina maggioritaria, la quale non ha mancato di sottolineare che nell’indirizzo giurisprudenziale, teso a dare valenza giuridica ad una contrapposizione di interessi di tipo politico, l’istituto dell’accessione invertita è utilizzato con una forzatura della sfera d’incidenza tracciata dall’art. 938 c.c., e che resta pur sempre incongruo il tentativo di giustificare sul piano giuridico un comportamento comunque illegittimo da parte della P.A..[5]
Nell’ipotesi di occupazione sine titolo da parte della P. A. del fondo del privato e di modificazione del suolo mediante l’insediamento definitivo dell’opera pubblica con contestuale acquisto della proprietà a titolo originario del terreno da parte della P.A., il proprietario che ha subito l’illegittima invasione ha diritto di richiedere il risarcimento del danno cagionato dalla P.A. in conseguenza dell’irreversibile trasformazione del bene di proprietà privata, ( Trib. di Bari, sez. I, 01.12.2005 ).[6]
Il pregiudizio subito dal privato consta di due distinte componenti: una di carattere permanente, corrispondente al mancato godimento dell’immobile stesso per tutto il periodo compreso tra la data dell’illegittimo impossessamento e quella della sua irreversibile trasformazione, durante il quale il proprietario conserva il diritto di proprietà sul fondo; mentre l’altra di carattere istantanea con effetti permanenti, è collegata alla vicenda estintiva acquisitiva conseguente alla irreversibile trasformazione del suolo, la quale comporta la perdita definitiva della proprietà medesima.
Si è detto che il fatto illecito da parte della P.A., che comporta l’effetto estintivo del diritto di proprietà del privato, con la conseguente sua legittimazione all’azione di risarcimento del danno, si perfeziona al momento dell’irreversibile trasformazione del fondo, consistente in un suo radicale mutamento fisico, non essendo sufficiente che abbia comunque subito una manipolazione, né che venga di fatto impiegato nel soddisfacimento di interessi generali, e neppure, quindi, la semplice adozione di un piano di edilizia economica e popolare, che non implica la radicale trasformazione del suolo ancorché questo sia vincolato alla realizzazione di opere di urbanizzazione, (Cass. civ., sez. I, 07/04/1994, n. 3292).[7]
Ciò posto, si comprende come il problema principale sia quello di stabilire con sufficiente chiarezza quando si perfezioni effettivamente una radicale ed irreversibile modificazione del bene privato, perché da quel  momento preciso il privato perde la titolarità sull’area e dovrà accontentarsi del diritto all’indennità.
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che per irreversibilità si intende la non ripristinabilità dello stato originario senza nuovi interventi eversivi dell’attuale fisionomia del bene, (Cass. 9 maggio 1990, n. 3795).[8]
È ovvio che il momento determinante la perdita del diritto di proprietà del privato va analizzato caso per caso, in considerazione della fattispecie concreta ed è d’altra parte in dubbio che, in mancanza di parametri certi e definiti, la valutazione si scontra con una certa dose di discrezionalità in sede di accertamento anche in relazione ai diversi interessi in conflitto.
In definitiva se l’occupazione è illegittima l’accessione invertita si perfeziona con la realizzazione dell’opera pubblica; se l’occupazione è legittima occorre la scadenza del termine quinquennale di occupazione senza che sia intervenuto il provvedimento formale di espropriazione.   
 
Arcangelo Giuseppe Annunziata
e-mail: arcangelo_oscar@libero.it


[1] BALLORINI Massimiliano, DE ROSA Roberto, MEZZANOTTE Salvatore, Manuale breve di diritto civile, Giuffré editore, Milano, 2006.
[2] Cass. 1986/2433; Cass. 1986/3413.
[3] Cass. civ. sez. V, n. 4765/1998.
[4] App. Napoli, sez. I, 16/09/2005.
[5] CASU Giovanni, Riv. notariato 2000, 5.
Cfr. CESARINI, Occupazione illegittima: il regime della proprietà secondo la giurisprudenza, in Riv. amm., 1989,                    p. 1318; CIANI, Occupazione appropriativa e acquisto della proprietà: una nuova pronuncia, in Giur. ag. It., 1990; PUGLIESE, Occupazione nel diritto amministrativo, in Digesto delle discipline pubblicistiche, X, Torino, 1995, p. 26; GIGLIOTTI, L’accessione invertita come modo di acquisto della proprietà e il risarcimento del danno, in Dir. e giur. agr. 1994, II.   
[6] Trib. di Bari, sez. I, 01.12.2005
[7] Cass. civ., sez. I, 07/04/1994, n. 3292
[8] Cass. 9 maggio 1990, n. 3795

Annunziata Arcangelo Giuseppe

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