A proposito del documento sulla valutazione delle produzioni scientifiche in ambito giuridico. Sua inadeguatezza. Ruolo strategico del Ministero dell’Università e della Ricerca per assicurare la centralità del merito.

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In data 1 ottobre 2010 risulta emanato il documento elaborato dai delegati delle associazioni scientifiche rappresentative dei settori disciplinari, per quanto interessa i settori giuridici, in particolare con l’obiettivo di effettuare la valutazione della produzione scientifica attraverso criteri e soluzioni unitarie per l’area giuridica.

in particolare mi soffermo sul punto 3: “ Valutazione delle riviste. Premessa: peculiarità della ricerca nei settori del diritto positivo”, del Documento riportato qui in calce.

Esso appare discutibile sotto vari aspetti.

Possono in effetti muoversi tre fondamentali critiche , una attinente al soggetto che lo ha redatto ed emanato, una di carattere procedurale ed una nel merito per il contenuto dello stesso.

1° Rilievo

Circa il rilievo di carattere soggettivo deve rilevarsi che al documento non è stata data adeguata pubblicità sia in relazione ai suoi contenuti che in relazione ai suoi autori.

L’Organo che avrebbe dovuto operare la scelta dei criteri e la successiva valutazione avrebbe dovuto essere Organo neutrale, super partes. Magari risultante dalla compartecipazione esplicita di più Associazioni ed evitando conflitti di interesse.

2° Rilievo

Circa i rilievi di carattere procedurale deve dirsi che non risulta che il documento sia stato portato a conoscenza di tutte le Riviste presenti nell’area o “mercato”, che dir si voglia. Manca, almeno per quanto risulta , una notificazione del documento, né si dà conto nel testo, espressamente e formalmente , dell’avvenuto compimento di tale incombente minimale, che avrebbe posto in essere una sorta di contraddittorio, consentendo utili contributi di tutte le parti interessate.

3° Rilievo

E’ noto che il processo di valutazione normalmente è composto di almeno tre fasi essenziali :

a) la fissazione dei criteri alla luce dei quali si deve effettuare l’esame del soggetto da valutare;

b) disamina effettiva, obiettiva e esplicita del soggetto da valutare ( nel caso in questione: le Riviste), anche con metodo comparativo;

c) assegnazione , con riguardo al complesso dei fattori, ai soggetti valutandi di un giudizio, se vogliamo più semplicemente , di un “voto” o l’attribuzione a un livello o fascia o altro [come è avvenuto nel caso].

Ora nel caso sono stati fissati i criteri o fattori di valutazione [ peraltro discutibili, come di vedra’ infra], ma non è stata fatta o almeno o non è stata pubblicata né è stata data specifica dimostrazione dell’effettuazione concreta della valutazione , anche attraverso un metodo comparativo, del singolo soggetto, evidenziandone pregi e limiti. Si è in definitiva saltati dalla premessa alla conclusione senza passare per la fase intermedia della concreta valutazione del soggetto valutando . E’ mancato il vero processo di valutazione o almeno sarà rimasto nel “foro interno” di chi ha operato.

Brevemente poi quanto ai criteri di valutazione adottati.

Essi sono stati:

a) qualità (dei contenuti);

b) prestigio della rivista;

c) diffusione nella comunità scientifica nazionale;

d) diffusione nella comunità scientifica internazionale.

Ora balza subito agli occhi che solo il primo dei quattro elementi elencati è un fattore di valutazione, essendo gli altri tre, in linea fondamentale, solo delle risultanti della “qualità” delle pubblicazioni. Esse pubblicazioni saranno tanto più prestigiose e diffuse quanto più la loro “qualità” sarà buona. Non può scambiarsi la causa con l’effetto.

Successivamente nel documento si vogliono definire i due fattori sub b e sub c, con le carenze e contraddizioni poc’anzi dette.

Per quanto attiene alla “qualità” delle pubblicazioni, nel documento si dice:

– per qualità dei contenuti – stante l’ovvia impossibilità di valutare oggettivamente il merito in senso assoluto – la risultante della ponderata combinazione dei seguenti indicatori.

  1. L’eventuale ruolo svolto dalla rivista, di punto di riferimento editoriale di studiosi costituenti una parte significativa della comunità scientifica.

  2. La frequenza di contributi di autori di riconosciuta autorevolezza scientifica.

  3. Il livello di approfondimento scientifico dei contributi, a prescindere dal prestigio del loro autore o dei direttori; in questo senso, si dovrà sempre, in ogni caso, distinguere tra contributi dottrinali compiuti, contributi pubblicati allo stato grezzo (es. relazioni a convegni) in attesa di una maggiore rifinitura, commenti a caldo di decisioni giurisprudenziali e novità legislative, contributi a carattere informativo. Se, ad esempio, un gruppo di studiosi di chiara fama assumesse la direzione di una testata al fine di pubblicarvi i propri pareri professionali, sarebbero sicuramente soddisfatti al massimo livello i criteri di cui ai nn. 2 e 3: tuttavia la rivista non potrebbe comunque essere classificata nella categoria A.

Ora non v’è chi non veda che ,anche in tal caso si fa riferimento a elementi esterni e non ad elementi interni “veri indicatori di qualità”.

I punti 1 e 2 sono sicuramente elementi esterni ( il ruolo nel panorama giuridico della Rivista è un posterius rispetto alla qualità dimostrata; riferirsi poi ai contributi di autori di riconosciuta autorevolezza è una affermazione apodittica, si tratterebbe di buoni contributi perchè portati da autori noti e dominanti sulla piazza: è il ritorno al deprecato “principio di autorità” che tanto ha danneggiato anche nei secoli scorsi la scienza e il progresso della società, almeno fino all’ illuminismo kantiano ).

Riguardo il punto n.3: richiamarsi all’approfondimento scientifico dei contributi , questo sì è vero fattore, che però non viene definito. Si dimentica ad esempio il tasso di innovazione e di creatività senza del quale si legittima una scienza giuridica piatta, autoreferenziale che si trascina facendo riferimento a sé stessa, senza guardare i mutamenti sociali e/o si pone a rimorchio della pur autorevole giurisprudenza, certamente più calata nella realtà sociale-diritto vivente .

Da ultimo ci chiediamo come mai manchi la “citazione”, elemento essenziale per i peer review, ai fini della valutazione di un saggio; si può azzardare l’ipotesi non ci credono neanche gli estensori del documento stante la strumentalità nell’uso di tal fattore.

In definitiva tale documento ripropone le carenze del passato. Occorrerebbe invece una discontinuità col passato che garantisca un sistema centrato sul merito. Spetta al Ministero dell’Università e della Ricerca l’importante compito di introdurre adeguati strumenti innovativi.

Si puo’ rimediare? Ai posteri l’ardua sentenza.

 

Documento elaborato dai delegati delle associazioni scientifiche rappresentative dei settori disciplinari: IUS 01 (Diritto privato); IUS 04 (Diritto commerciale); IUS 07 (Diritto del lavoro); IUS 08 (Diritto costituzionale); IUS 09 (Istituzioni di diritto pubblico); IUS 10 (Diritto amministrativo); IUS 15 (Diritto processuale civile); IUS 16 (Diritto processuale penale); IUS 21 (Diritto pubblico comparato).

 

VALUTAZIONE DELLA PRODUZIONE SCIENTIFICA:

CRITERI E SOLUZIONI UNITARIE PER L’AREA GIURIDICA

 

Sommario: 1. Osservazioni preliminari: ragioni della necessità e dell’urgenza che le associazioni si occupino del tema. – 2. Cosa è richiesto alle associazioni: obiettivi e modalità operative. – 3. Valutazione delle riviste. Premessa: peculiarità della ricerca nei settori del diritto positivo. – 4. Criteri generali e prime definizioni. Necessità di operare una prima interpretazione transitoria dei criteri. – 5. Valutazione rebus sic stantibus della qualità e della diffusione internazionale (modalità transitorie di applicazione dei criteri). – 6. Segue. Criteri di valutazione transitori. – 7. Valutazione futura della qualità e della diffusione internazionale (modalità definitive di applicazione dei criteri). – 8. Criteri della valutazione futura. – 9. Criteri di valutazione dei lavori non pubblicati su riviste.

 

 

1. Osservazioni preliminari: ragioni della necessità e dell’urgenza che le associazioni si occupino del tema.

Sia nell’ambito dei singoli Atenei, sia in ambito nazionale, la valutazione della produzione scientifica ha assunto un ruolo centrale ai fini della ripartizione dei fondi. Un ruolo non trascurabile è altresì assegnato alla medesima valutazione dai progetti di riforma del reclutamento.

Segnatamente:

a) in molti Atenei sono già operanti Osservatori della ricerca che, con criteri non sempre trasparenti, valutano le pubblicazioni dei docenti, traendone graduatorie che fungono poi da ratio della distribuzione delle risorse tra i dipartimenti. L’esperienza dei colleghi che hanno partecipato alla regolamentazione e allo svolgimento dei relativi procedimenti trasmette la costante della prevalenza di criteri consolidati nelle aree delle scienze naturali e condivisi da una cospicua porzione delle scienze sociali (ad esempio l’economia). Si tratta dei c.d. “criteri riconosciuti in ambito internazionale”: peer review, impact factor, accreditamento I.S.I. Ciò conduce il più delle volte ad una valutazione decisamente inadeguata della ricerca giuridica con conseguente penalizzazione dei corrispondenti dipartimenti e Facoltà.

b) il Ministero dell’Università utilizza oramai costantemente (anche) il parametro delle valutazione: nella ripartizione di posti e di risorse, come ha fatto per la distribuzione della seconda tranche dei finanziamenti previsti nella finanziaria 2008 per posti da ricercatore e per l’ultima ripartizione del F.F.O., facendo riferimento agli esiti del C.I.V.R. 2001/2003; ai fini della costituzione delle commissioni di concorso e degli scatti retributivi biennali dei docenti, come è previsto dalla l. n. 1/2009. E’ tra l’altro in via di costituzione l’Agenzia Nazionale per la Valutazione della Ricerca, la quale opererà necessariamente sulla base di criteri predefiniti e dalle cui valutazioni dipenderà una porzione progressivamente crescente del finanziamento agli Atenei.

Più in generale, l’idea della valutazione qualitativa sulla base di criteri internazionalmente riconosciuti e in qualche misura “oggettivi” costituisce infine il leit motiv delle più recenti ipotesi di riforma del reclutamento poiché viene reputata idonea a soddisfare un’esigenza di controllabilità esterna dell’operato (pur sempre discrezionale) delle commissioni di concorso.

Dinanzi a ciò, il CUN ha già da tempo opportunamente auspicato che, ove possibile, alla definizione dei criteri di valutazione concorrano le associazioni rappresentative dei settori disciplinari interessati. A tal fine, i tempi sono peraltro piuttosto stretti. Come si diceva, numerosi osservatori locali hanno già iniziato a funzionare, come pure è in fase avanzata la realizzazione di un organismo centrale di valutazione. Lo stesso Ministero per l’Università ha all’ordine del giorno la predisposizione, in autonomia, di criteri di valutazione: è facilmente immaginabile che, in assenza di una adeguata proposta da parte delle associazioni, saranno replicati in sede nazionale i problemi già verificatisi nei singoli atenei.

Per le ragioni esposte e con la finalità di fornire in tempi rapidi una risposta unitaria alle connesse e delicate problematiche, le associazioni rappresentative delle più numerose tra le aree giuridiche caratterizzate dal fatto di avere quale oggetto di studio principale il diritto positivo interno si debbono impegnare ad operare congiuntamente. Per queste aree, infatti, le istanze di allineamento con i criteri di valutazione internazionale, da un lato, e di internazionalizzazione degli studi, dall’altro, pongono problemi peculiari e assai delicati di carattere scientifico e culturale. In particolare, il presente documento è stato elaborato per l’approvazione da parte dei Consigli direttivi delle associazioni rappresentative degli studiosi operanti nei settori IUS 01, IUS 04, IUS 07, IUS 08, IUS 9, IUS 10, IUS 15, IUS 16, IUS 17, IUS 21.

 

Un più generale coinvolgimento dei settori dell’area 12 – con partecipazione di storici, filosofi, comparatisti e internazionalisti, i cui studi hanno un oggetto (almeno in gran parte) internazionalmente condiviso – per quanto opportuno, non può che essere successivo rispetto alla soluzione dei menzionati problemi da parte delle aree che ne sono direttamente investite.

 

2. Cosa è richiesto alle associazioni: obiettivi e modalità operative.

La valutazione complessivamente richiede:

a) classificazione delle riviste operata in ragione di quattro classi (A,B,C,D)1;

b) criteri relativi alle collocazioni di scritti brevi diverse dalle riviste (volumi collettivi, atti di convegno, scritti “in onore” ecc.);

c) criteri relativi a parti di commentari, voci enciclopediche, capitoli di trattati;

d) indicatori di massima relativi alla valutazione distinta per generi letterari (monografia, saggio, commento alla giurisprudenza ecc.).

Si tratta ovviamente di criteri astratti, per loro natura opinabili in concreto con riferimento allo specifico livello qualitativo di ciascun contributo. Tali criteri sono tuttavia già ora utilizzati sia dagli Osservatorii d’Ateneo sia in sede nazionale. La loro predisposizione da parte delle associazioni risponde perciò esattamente all’esigenza di mantenere un delicato equilibrio, con la consapevolezza dei loro limiti e, specificamente, di ciò che l’esito della loro applicazione può valere come mero indicatore generico e relativo sul piano della qualità ed esprime invece più propriamente la misura dell’impegno profuso in ragione del livello di elaborazione e del grado di rifinitura degli scritti, espressi questi ultimi dal genere letterario e dalla collocazione editoriale.

Entrando nel merito, la parte più cospicua del lavoro è costituita dalla classificazione delle riviste. Questa – come sarà meglio chiarito al seguente par. 3 – si deve svolgere su un doppio binario, imponendosi da un lato la valutazione dell’esistente, sulla base della situazione attuale delle riviste, e, dall’altro lato, l’individuazione di criteri da applicare a termine breve, che incentivino l’adozione di misure adeguate ad allineare le riviste di area giuridica a quelle di altre aree senza stravolgerne i caratteri peculiari. Su di essa si è perciò, in prima battuta, concentrata l’attenzione. Successivamente sono stati affrontati i restanti criteri, la precisazione dei quali si mostra peraltro in buona parte consequenziale.

 

3. Valutazione delle riviste. Premessa: peculiarità della ricerca nei settori del diritto positivo.

La definizione e l’applicazione di criteri di classificazione delle riviste dell’area giuridica e, in particolare, di quelle di interesse dei settori di diritto positivo non è agevole come forse è per altre aree scientifiche – in particolare per quelle delle scienze naturali –, dove una gerarchia nel rilievo delle pubblicazioni in base alla loro collocazione è radicata nella tradizione e consolidata anche a livello internazionale. La tradizione degli studi giuridici manca di una simile esperienza e, anzi, consente numerosissimi riferimenti a scritti di primaria importanza e notorietà apparsi nelle pagine di riviste a rilevanza regionale o prevalentemente dedicate al commento a caldo di decisioni giurisprudenziali. A ciò si aggiunge una vocazione soltanto parziale degli studi giuridici – non comparatistici – all’internazionalizzazione. Tale vocazione, infatti, stante la disomogeneità dei sistemi nazionali, è strettamente dipendente dagli argomenti trattati e dallo specifico taglio nonché dalla finalità propria di ciascuna singola ricerca.

L’impossibilità, dunque, di riprodurre un ordine qualitativo già consolidato e altresì l’impossibilità di adottare il criterio della rilevanza internazionale come prevalente, rendono innanzitutto necessaria la declinazione delle qualità in base alle quali costruire le quattro categorie richieste ai fini della valutazione.

Nel delineare il quadro dei criteri valutativi, occorre peraltro tenere in considerazione un ulteriore importante carattere, proprio ed irrinunciabile delle scienze giuridiche positive: esse sono per definizione scienze pratiche. Il che vuol dire non soltanto che la relativa riflessione è sempre orientata alla soluzione di problemi concreti, ma anche che esse svolgono appieno la loro funzione soltanto ove siano in grado di dialogare efficacemente con la pratica. Se, dunque, i criteri da articolare dovranno essere tali da evitare un appiattimento culturale della dottrina sulle esigenze quotidiane degli operatori, ciò non si dovrà tradurre nell’opposto errore di incentivare l’assunzione di un atteggiamento autoreferenziale. In altre parole, l’obiettivo che occorre porsi è quello di stimolare la qualità degli studi, al fine di recuperare il ruolo, che dovrebbe appartenere alla dottrina, di alta interlocuzione con la pratica; non quello, invece, di creare una frattura netta che collocherebbe la scienza giuridica fuori dalla realtà mortificandone di fatto la funzione. A questo fine, è opportuno distinguere la valutazione della produzione di singoli studiosi, ai fini della quale deve sempre essere prevalente il profilo squisitamente scientifico e culturale, da quella delle strutture di ricerca, compito delle quali è anche quello di promuovere la divulgazione – sia pure altamente qualificata – dei progressi della scienza giuridica.

Altro aspetto della ricerca da considerare attentamente è la pluralità di metodi e di prospettive che possono caratterizzare il progetto culturale perseguito a mezzo di una rivista. Tale pluralità costituisce una ricchezza non sacrificabile. E’ perciò essenziale che i criteri di valutazione siano il più possibile neutrali; che non comportino cioè, da se medesimi, la prevalenza di un metodo su altri. Il rischio – riscontrabile nell’esperienza di altri Paesi – sarebbe quello di un non certo auspicabile monopolio culturale, al quale corrisponderebbe un impoverimento complessivo degli studi e del dibattito scientifico.

 

 

4. Criteri generali e prime definizioni. Necessità di operare una prima interpretazione transitoria dei criteri.

Il lavoro fin qui svolto, anche sulla base dei documenti già in precedenza elaborati da alcune delle associazioni qui rappresentate, consente di formulare le osservazioni che seguono.

 

In via generala la distinzione in classi può essere operata sulla base della combinazione dei seguenti criteri2:

a) qualità (dei contenuti);

b) prestigio della rivista;

c) diffusione nella comunità scientifica nazionale;

d) diffusione nella comunità scientifica internazionale.

Tuttavia, mentre dei criteri enunciati sub a) e c) è possibile articolare interpretazioni che siano immediatamente utilizzabili e si possano al contempo reputare soddisfacenti anche per il futuro, con specifico riguardo ai criteri di cui alle lettere b) e d) si pongono i già menzionati problemi di allineamento con le aree diverse da quella giuridica.

In altre parole, dei criteri da ultimo menzionati è necessario formulare una prima interpretazione che tenga conto dell’organizzazione attuale delle riviste giuridiche. Ciò, perché sia possibile una immediata classificazione i cui esiti rispondano ai valori che, allo stato, si possono reputare generalmente riconosciuti. Tale interpretazione deve essere tuttavia considerata inderogabilmente provvisoria: utilizzabile, cioè, soltanto in sede di prima applicazione. Fin d’ora saranno perciò formulate le rispettive interpretazioni definitive, le quali chiameranno le riviste che intendano conservare o migliorare la propria valutazione ad un serio sforzo di riorganizzazione nel senso, si ripete ancora una volta, dell’utilizzazione di meccanismi di controllo della qualità e di accreditamento internazionalmente riconosciuti e già diffusi nella maggior parte dei settori scientifici diversi da quelli giuridici.

L’interpretazione definitiva dei criteri costituirà il parametro di una nuova valutazione, che dovrà avere luogo a partire dall’anno 2012.

Dunque, i criteri enunciati sub b) e c) possono essere, fin d’ora in via definitiva, cosi specificati:

b) per prestigio di una rivista si intende l’alta considerazione della quale la medesima gode presso la comunità scientifica in ragione del suo impegno civile, della sua continuità culturale e dell’autorevolezza scientifica del direttore e/o del comitato scientifico;

e

c) per diffusione nella comunità scientifica nazionale si intende la diffusione tra gli studiosi costituenti, appunto, la comunità scientifica, rilevata, tra l’altro, dalla evidente incidenza sulla dottrina successiva e dalla presenza della rivista nelle principali biblioteche scientifiche. Peraltro, diffusione scientifica non è da confondersi con divulgazione: non si considera perciò rilevante la diffusione in senso più ampio, la quale non necessariamente corrisponde alla vocazione scientifica della rivista ed è invece, spesso, testimonianza del suo carattere divulgativo o, altre volte, della sua ispirazione a finalità principalmente commerciali. Al contrario, si deve considerare positivamente il requisito della diffusione anche per le riviste che ospitano il dibattito scientifico proprio di una comunità specializzata, anche quando non corrispondente ad un intero settore scientifico disciplinare. Ciò, in particolare, ove si tratti di riviste di alto profilo scientifico, alle quali è presumibile che qualsiasi autore che scriva, anche occasionalmente, nella specifica materia preferisca indirizzare il proprio contributo per avere una maggiore visibilità tra gli studiosi a essa interessati.

 

5. Valutazione rebus sic stantibus della qualità e della diffusione internazionale (modalità transitorie di applicazione dei criteri).

Nessuno dei tre metodi comunemente utilizzati per la valutazione delle riviste in ambito internazionale (impact factor, peer review, accreditamento ISI) è attualmente applicabile alle riviste giuridiche che trattano principalmente il diritto positivo italiano: è perciò necessario individuare definizioni transitorie dei criteri della qualità e della diffusione internazionale che, prescindendo da tali metodi, consentano di operare una classificazione seria e soddisfacente.

Al riguardo è anzitutto necessario esplicitare le ragioni che inducono ad escludere l’utilizzabilità di criteri attualmente utilizzati dal Ministero per diverse finalità ovvero da altri proposti in altra sede. Tali sono: a) l’apprezzamento della qualità degli studiosi componenti le direzioni delle riviste, sulla base della loro partecipazione a PRIN. ammessi al cofinanziamento; b) l’apprezzamento della qualità degli studiosi componenti le direzioni, sulla base della loro afferenza ad Atenei valutati positivamente.

Ebbene. Il primo criterio manifesta diversi spiccati profili di criticità. Innanzitutto i progetti in questione sono presentati da gruppi numerosi di studiosi e non è in alcun modo possibile stabilire quanto a ciascuno di essi sia riferibile della ideazione o della realizzazione del progetto medesimo. In secondo luogo, la valutazione dei progetti non è libera, nel senso che l’ammissione al cofinanziamento dipende non già soltanto dalla qualità dei progetti ma altresì, principalmente, dalle risorse disponibili, il che facilmente produce la necessità di selezionare tra progetti omogenei sul piano della qualità. Ancora, criterio principale di selezione ai fini dei finanziamenti PRIN è l’attualità dell’oggetto della ricerca (per definizione il progetto deve essere di “interesse nazionale”): è culturalmente inaccettabile che – per diversi fini – si valuti la qualità di uno studioso sulla base della valutazione nel merito della sua scelta in ordine all’oggetto della sua ricerca. Infine, è vero invece esattamente il contrario. Ove la valutazione della ricerca fosse fatta seriamente, i suoi esiti dovrebbero rappresentare un importante elemento di valutazione ai fini dell’accreditamento dei gruppi di studiosi che presentano PRIN.

Il secondo criterio esibisce semplicemente un vizio di circolarità: se si valutano gli Atenei sulla base della valutazione della ricerca non si può valutare la ricerca sulla base della valutazione degli Atenei. Va peraltro sottolineato un difetto di impostazione anche in ordine alla funzione della valutazione, la quale deve fondarsi esclusivamente sulla qualità individuale degli studiosi. Ove punto di riferimento fosse invece l’Ateneo, il prestigio degli studiosi – nella specie, dei direttori delle riviste – sarebbe la risultante della media della produttività di un numero assai cospicuo di suoi colleghi e, nella sostanza, avrebbe come fattore determinante la delibera della facoltà che lo ha chiamato.

Queste le ragioni per escludere i menzionati criteri, ragionevole sembra invece che, in una fase transitoria, si intenda:

– per qualità dei contenuti – stante l’ovvia impossibilità di valutare oggettivamente il merito in senso assoluto – la risultante della ponderata combinazione dei seguenti indicatori.

  1. L’eventuale ruolo svolto dalla rivista, di punto di riferimento editoriale di studiosi costituenti una parte significativa della comunità scientifica.

  2. La frequenza di contributi di autori di riconosciuta autorevolezza scientifica.

  3. Il livello di approfondimento scientifico dei contributi, a prescindere dal prestigio del loro autore o dei direttori; in questo senso, si dovrà sempre, in ogni caso, distinguere tra contributi dottrinali compiuti, contributi pubblicati allo stato grezzo (es. relazioni a convegni) in attesa di una maggiore rifinitura, commenti a caldo di decisioni giurisprudenziali e novità legislative, contributi a carattere informativo. Se, ad esempio, un gruppo di studiosi di chiara fama assumesse la direzione di una testata al fine di pubblicarvi i propri pareri professionali, sarebbero sicuramente soddisfatti al massimo livello i criteri di cui ai nn. 2 e 3: tuttavia la rivista non potrebbe comunque essere classificata nella categoria A.

 

– per diffusione nella comunità scientifica internazionale, la eventuale presenza della rivista in biblioteche straniere. Al riguardo, è sembrato decisivo il dato che distingue le aree qui rappresentate: non esiste una comunità internazionale unitaria che si esprima attraverso riviste comuni poiché non vi è unitarietà della materia oggetto di ricerca né dei linguaggi tecnici, legati alla singolarità di ciascuna tradizione. Se per alcune tematiche è possibile l’utilizzazione di linguaggi comuni, lo stesso non sarebbe possibile per gran parte della materia né sarebbe culturalmente opportuno incentivare la concentrazione degli studi sulle tematiche ad oggi internazionalizzabili. Del resto, il medesimo criterio conduce a reputare massimo il livello di internazionalizzazione di riviste giuridiche straniere quali la Harvard law review o il Yale law journal, le quali non possiedono alcun elemento intrinseco di internazionalità (i.e. nazionalità prevalente degli autori, ispirazione trasnazionale del metodo o dei temi trattati, lingue utilizzate) ma, più semplicemente, sono riviste domestiche presenti nella maggior parte delle biblioteche giuridiche del mondo.

 

6. Segue. Criteri di valutazione transitori.

Ricomponendo il quadro, ai fini della classificazione da operare nell’immediato, i quattro criteri generali enunciati al precedente paragrafo 3 possono essere così illustrati:

a) per qualità dei contenuti si intende la risultante della ponderata combinazione dei seguenti indicatori.

  1. L’eventuale ruolo svolto dalla rivista, di punto di riferimento editoriale di studiosi costituenti una parte qualitativamente significativa della comunità scientifica.

  2. La frequenza di contributi di autori di riconosciuta autorevolezza scientifica.

  3. Il livello di approfondimento scientifico dei contributi, a prescindere dal prestigio del loro autore o dei direttori; in questo senso, si dovrà sempre, in ogni caso, distinguere tra contributi dottrinali compiuti, contributi pubblicati allo stato grezzo (es. relazioni a convegni) in attesa di una maggiore rifinitura, commenti a caldo di decisioni giurisprudenziali e novità legislative, contributi a carattere informativo.

  4.  

b) per prestigio di una rivista si intende l’alta considerazione della quale la medesima gode presso la comunità scientifica in ragione del suo impegno civile, della sua continuità culturale e dell’autorevolezza scientifica del direttore e/o del comitato scientifico;

c) per diffusione nella comunità scientifica nazionale si intende la diffusione tra gli studiosi costituenti, appunto, la comunità scientifica, rilevata, tra l’altro, dalla evidente incidenza sulla dottrina successiva e dalla presenza della rivista nelle principali biblioteche scientifiche. Peraltro, diffusione scientifica non è da confondersi con divulgazione: non si considera perciò rilevante la diffusione in senso più ampio, la quale non necessariamente corrisponde alla vocazione scientifica della rivista ed è invece, spesso, testimonianza del suo carattere divulgativo o, altre volte, della sua ispirazione a finalità principalmente commerciali. Al contrario, si deve considerare positivamente il requisito della diffusione anche per le riviste che ospitano il dibattito scientifico proprio di una comunità specializzata, anche quando non corrispondente ad un intero settore scientifico disciplinare. Ciò, in particolare, ove si tratti di riviste di alto profilo scientifico, alle quali è presumibile che qualsiasi autore che scriva, anche occasionalmente, nella specifica materia preferisca indirizzare il proprio contributo per avere una maggiore visibilità tra gli studiosi a essa interessati.

 

d) per diffusione nella comunità scientifica internazionale, si intende la eventuale presenza della rivista in biblioteche straniere.

 

Applicando dunque i medesimi criteri la partizione in classi può essere così prospettata:

A: riviste di prestigio e tradizione e/o di qualità eccellente e primaria diffusione nella comunità scientifica italiana e/o internazionale, anche specializzata.

B: riviste di livello scientifico alto o medio, anche a contenuto giurisprudenziale, secondo i medesimi criteri di cui sub a).

C: riviste contenenti prevalentemente annotazioni alla giurisprudenza, anche locale; riviste a carattere prevalentemente informativo con diffusione nazionale; annali.

D: riviste a carattere prevalentemente informativo di interesse locale; altre riviste di interesse scientifico medio-basso.

 

7. Valutazione futura della qualità e della diffusione internazionale (modalità definitive di applicazione dei criteri).

Come osservato nel precedente paragrafo 3, i criteri utilizzati per valutare la qualità dei contenuti e la diffusione internazionale debbono essere adeguati nella prospettiva di una nuova valutazione da effettuare per l’anno 2012.

La finalità da perseguire e quella di incentivare le riviste a riorganizzarsi, adottando tutte le misure che non contrastino con la propria vocazione culturale.

E’ appena il caso di osservare che, tra i menzionati criteri internazionalmente riconosciuti, quello dell’impact factor è difficilmente utilizzabile nelle materie giuridiche, sia per la struttura dei relativi studi, sia per l’inesistenza di un citation index completo e attendibile. Il medesimo criterio presenta altresì profili di criticità assai accentuati, recentemente segnalati da più parti nella comunità scientifica. Esso, infatti, da un lato premia la scelta di temi di studio di moda, orientando in maniera distorsiva la ricerca; dall’altro lato, non distingue tra citazioni adesive e citazioni critiche legittimando il paradosso della prevalenza dello studioso che ha ottenuto un numero elevatissimo di stroncature su quello che ha invece conseguito un buon numero di apprezzamenti.

E’ pertanto preferibile limitare l’attenzione agli altri due criteri.

 

Dunque, quanto al criterio della qualita’ della pubblicazione, è opportuno che gli indicatori utilizzati per la valutazione transitoria siano integrati con l’introduzione del sistema della peer review, indice per eccellenza di qualità delle riviste. Detto sistema dovrebbe condurre ad uno scrutinio dei contributi da parte di esperti non, o non completamente, coincidenti con le direzioni e/o comitati scientifici delle riviste.

Il sistema, per essere riconosciuto, necessita di apposito statement, riportato nella pubblicazione. In assenza di statement formale esso non può operare come criterio valutativo.

Quanto al criterio della diffusione internazionale è anzitutto da considerare la possibilità di riferirsi, in tutto o in parte, ai requisiti richiesti per l’accreditamento ISI, quali abstracts in lingua inglese; traduzione in lingua inglese dei titoli dei contributi ecc. (cfr. Isi). Significativo può altresì essere reputato il riconoscimento negli indici di Università e comunità accademiche straniere (per le Università dei paesi anglo-americani, Law Journal Index). Più complesso appare invece considerare l’inserimento nei diversi albi o indici internazionali, reso improbabile dal carattere, sovente, solo interno degli studi giuridici e soprattutto dall’utilizzo, il più delle volte non rinunciabile, della lingua italiana.

Ancora con riguardo al criterio della diffusione – questa volta con rilievo anche in ambito nazionale – saranno infine da tenere presenti, quali criteri concorrenti con gli altri, quelli della digitalizzazione dell’archivio e della disponibilità (anche) on-line del contenuto delle riviste. Si tratta infatti di meccanismi i quali in via astratta testimoniano una massima vocazione della rivista alla diffusione, accentuandone in maniera esponenziale l’accessibilità, e, in concreto, facilitano gli abbonamenti delle biblioteche italiane e straniere, poiché non pongono i problemi di gestione e di spazi che sono invece posti dai fascicoli cartacei.

 

8. Criteri della valutazione futura.

Ferme le premesse e le considerazioni espresse ai paragrafi che precedono, a far capo dall’anno 2012 la valutazione delle riviste sarà effettuata alla stregua dei già declinati criteri generali:

a) qualità (dei contenuti);

b) prestigio della rivista;

c) diffusione nella comunità scientifica nazionale;

d) diffusione nella comunità scientifica internazionale.

Tali criteri saranno così interpretati:

a) per qualità dei contenuti si intende il livello di approfondimento scientifico dei contributi ospitati, a prescindere dal prestigio del loro autore o dei direttori; in questo senso, si dovrà sempre, in ogni caso, distinguere tra contributi dottrinali compiuti, contributi pubblicati allo stato grezzo (es. relazioni a convegni) in attesa di una maggiore rifinitura, commenti a caldo di decisioni giurisprudenziali e novità legislative, contributi a carattere meramente informativo.

Strumento inderogabile per il controllo della qualità è costituito dalla revisione paritaria (peer review). A questa stregua:

  • potranno essere collocate in classe A esclusivamente le riviste i cui contenuti siano sottoposti a revisione in misura non inferiore al 60% della loro totale consistenza;

  • potranno essere collocate in classe B esclusivamente le riviste i cui contenuti siano sottoposti a revisione in misura non inferiore al 45% della loro totale consistenza;

  • salva l’eccezione di seguito espressa, sarà allineata alla valutazione della rivista esclusivamente la valutazione dei lavori, – a qualunque genere ascrivibili – di dimensioni superiori alla misura indicativa di 20.000 battute, che siano stati sottoposti a revisione.

La qualità della revisione è, a sua volta, criterio di classificazione delle riviste. In particolare, con riguardo ai revisori si reputano a tal fine significativi il prestigio e la produttività scientifica.

La revisione dovrà essere conformata in ragione dei seguenti caratteri:

Ai fini A-B è essenziale che la revisione sia rigorosamente regolata e principalmente esterna o, altrimenti, affidata ad un organo indipendente rispetto alla direzione. Ai fini della classificazione ai livelli C-D. è sufficiente che vi siano una direzione o un comitato scientifico che si assumano la responsabilità delle pubblicazioni.

Più in particolare, la revisione necessaria ai fini della qualificazione in A o B è reputata attendibile quando:

– sia affidata a un organo stabile della rivista, indipendente rispetto alla direzione, o a studiosi esterni ordinati in un elenco e l’organo o l’elenco siano composti da un numero di revisori proporzionato alla quantità dei lavori pubblicati, i quali revisori non svolgano lo stesso ruolo per più di un’altra rivista. Ai fini della collocazione in classe A, s’intende proporzionato un numero di revisori pari almeno al triplo dei fascicoli pubblicati annualmente, aumentato, con eventuale arrotondamento per difetto, di una unità ogni due fascicoli. Ai fini della collocazione in classe B, s’intende proporzionato un numero di revisori pari almeno al triplo dei fascicoli pubblicati annualmente.

– sia effettuata da almeno due revisori;

– l’attribuzione dei lavori sia effettuata con criteri oggettivi – se non per sorteggio, anche in liste ristrette – talsí da rendere plausibile l’indipendenza del giudizio;

– sia prevista, a posteriori e in caso di giudizio positivo, la pubblicazione assieme ai contributi, dei nomi dei revisori che li hanno valutati. I revisori possono invece rimanere occulti nel caso di esito negativo;

– sia prevista soltanto in casi eccezionali, inerenti alla specificità dell’argomento trattato, la possibilità di chiedere la revisione ad uno studioso esterno;

– sia prevista, parimenti soltanto in casi eccezionali, la possibilità per la direzione di assumere la responsabilità di articoli e saggi provenienti da autori di fama internazionale o di prestigio tali da rappresentare un indubbio arricchimento per l’immagine della rivista;

– sia richiesto ai revisori di garantire il rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi espressi al cpv della presente lettera a) nonché, per ciascun genere letterario, nell’allegato n. 1 (Generi letterari) del presente documento;

Ai fini della classificazione in A è necessario che tutti i revisori appartengano, o siano appartenuti, al ruolo dei professori ordinari;

Ai fini della classificazione in B è necessario che tutti i revisori appartengano, o siano appartenuti, al ruolo dei professori ordinari o associati;

La revisione necessaria ai fini della qualificazione in C o D è reputata attendibile quando vi siano una direzione o un comitato scientifico che si assumono la responsabilità delle pubblicazioni, composti da un numero di studiosi proporzionato al numero e all’entità dei contributi pubblicati annualmente.

Sono altresì criteri di valutazione della qualità, ulteriori e non sostitutivi rispetto alla revisione:

– la frequenza di contributi di autori di riconosciuta autorevolezza scientifica;

– la puntualità nella pubblicazione dei fascicoli, in coerenza con la periodicità propria della rivista.

b) Per prestigio di una rivista si intende l’alta considerazione della quale la medesima gode presso la comunità scientifica in ragione del suo impegno civile, della sua continuità culturale, del prestigio e della produttività scientifica dei direttori e/o del comitato scientifico. In particolare, ai fini della valutazione della direzione e/o del comitato scientifico, saranno tenuti in considerazione esclusivamente i componenti i quali non ricoprano analogo ruolo per più di un’altra rivista di rilievo nazionale;

c) per diffusione nella comunità scientifica nazionale si intende la diffusione tra gli studiosi costituenti, appunto, la comunità scientifica, rilevata, tra l’altro, dalla evidente incidenza sulla dottrina successiva e dalla presenza della rivista nelle principali biblioteche scientifiche. Peraltro, diffusione scientifica non è da confondersi con divulgazione: non si considera perciò rilevante la diffusione in senso più ampio, la quale non necessariamente corrisponde alla vocazione scientifica della rivista ed è invece, spesso, testimonianza del suo carattere divulgativo o, altre volte, della sua ispirazione a finalità principalmente commerciali. Al contrario, si deve considerare positivamente il requisito della diffusione anche per le riviste che ospitano il dibattito scientifico proprio di una comunità specializzata, anche quando non corrispondente ad un intero settore scientifico disciplinare. Ciò, in particolare, ove si tratti di riviste di alto profilo scientifico, alle quali è presumibile che qualsiasi autore che scriva, anche occasionalmente, nella specifica materia preferisca indirizzare il proprio contributo per avere una maggiore visibilità tra gli studiosi a essa interessati.

In via applicativa:

– ai fini della qualificazione in B, si reputa a diffusione nazionale la rivista presente in almeno 10 biblioteche universitarie. Ai fini della qualificazione in A è necessaria la presenza in almeno 10 biblioteche universitarie di almeno 5 diverse Regioni;

 – ai fini della qualificazione in A, è altresì necessaria la consultabilità per via telematica degli indici nonché degli abstracts dei contributi;

– le riviste telematiche sono reputate idonee, dal punto di vista della diffusione, a essere collocate in A qualora risultino ad accesso libero ovvero a esse siano abbonate almeno 15 biblioteche universitarie;

 

d) per diffusione nella comunità scientifica internazionale, si intende la fruibilità delle pubblicazioni da parte della comunità internazionale e la loro attitudine a stimolare il dialogo scientifico con studiosi di altri Paesi.

In particolare, ai fini della qualificazione in A è necessaria la consultabilità in via telematica di titoli e abstracts in lingua inglese nonché la presenza di almeno una tra le seguenti condizioni:

– la presenza di scritti integrali in lingua straniera – nella pubblicazione in forma cartacea o su web – anche, se del caso, in conseguenza della partecipazione della rivista a network internazionali;

– la presenza, nella direzione, di componenti stranieri, la quale si traduca nella presenza costante di contributi di studiosi di altri Paesi;

– la presenza della rivista in almeno 10 biblioteche universitarie di almeno tre Paesi diversi dall’Italia;

– la presenza in indici internazionali e/o in cataloghi di Università straniere a essi assimilabili3.

 

9. Criteri di valutazione dei lavori non pubblicati su riviste.

 

Criterio generale per la valutazione dei lavori pubblicati non pubblicati in riviste è quello del prestigio della collocazione editoriale.

Ai fini del relativo giudizio, si dovrà distinguere esclusivamente tra editori di rilevanza locale e nazionale. Il giudizio sarà poi formulato esclusivamente sulla base delle caratteristiche della singola opera, collana, trattato o commentario secondo i parametri di seguito articolati.

Condizione essenziale ai fini della valutabilità delle opere pubblicate in forma monografica o a più mani è che esse siano collocate in collane ovvero in trattati o commentari.

La valutazione in ordine al prestigio dipenderà dalla presenza di un sistema di revisione paritaria.

La revisione – la quale può essere affidata anche alla direzione o al comitato scientifico delle collane, purché vi sia ragionevole proporzione tra il numero dei componenti e quello dei volumi pubblicati – si reputa attendibile quando:

a) collane, trattati e commentari siano dotati di una direzione o di un comitato scientifico o di revisori composto da un numero di studiosi adeguato con riferimento alle specifiche aree disciplinari interessate ovvero quando il singolo volume sia pubblicato sotto la responsabilità di uno o più curatori;

b) sia effettuata da almeno due studiosi, il cui nome sia riportato nella pubblicazione;

c) sia richiesto ai revisori di garantire il rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’allegato n. 1 (Generi letterari) del presente documento.

Affinché i direttori e componenti o i componenti del comitato scientifico o di revisori siano considerati nella valutazione, è necessario che essi non appartengano a organi con analoghe funzioni per più di cinque tra collane, trattati e commentari.

In particolare, ai fini della classificazione in AA è necessario che i direttori o i componenti del comitato scientifico o di revisori appartengano a più di due differenti Atenei e che appartengano ovvero siano appartenuti al ruolo dei professori ordinari;

Ai fini della classificazione in A è necessario che i direttori o i componenti del comitato scientifico o di revisori appartengano ovvero siano appartenuti al ruolo dei professori ordinari.

VALUTAZIONE DELLA PRODUZIONE SCIENTIFICA:

CRITERI E SOLUZIONI UNITARIE PER L’AREA GIURIDICA

 

Allegato n. 1 – Generi letterari

Sommario: 1. Premessa. – 2. Limiti quantitativi generali. – 3. Definizioni, qualità e valutazione. – 4. Tabella delle valutazioni per tipologia. – 5. Tabella delle valutazioni per tipologia, specificate in base alla collocazione editoriale.

 

1. Premessa.

La classificazione dei generi letterari, intesa come attribuzione di un valore (ad es. A) o di una forbice di valori (ad es. A-C) a ciascuno di essi, è operazione inevitabile ai fini di qualsiasi ipotesi di valutazione diversa da quella basata sul diretto, discrezionale, apprezzamento degli studi da parte di un singolo o di una commissione a ciò preposti. E’, tuttavia, altresì operazione estremamente delicata ed è, comunque la si realizzi, caratterizzata da un ampio margine di errore. Essa infatti presuppone la semplificazione di un panorama estremamente frammentato, qual è quello delle forme degli studi giuridici, sulla base di standards valutativi i quali – ben noti ai giuristi – per quanto necessari pagano sempre un prezzo piuttosto elevato in termini di corrispondenza ai valori effettivi.

Per ridurre tali costi si possono reputare utili i seguenti accorgimenti: a) l’adozione di definizioni dei generi letterari che privilegino la loro sostanza rispetto alla mera forma editoriale; b) la prospettazione di valutazioni che si concretizzino sempre con il riferimento alla collocazione editoriale, la quale consente strumenti di valutazione non standardizzati ma di merito (peer review); c) l’adozione di limiti quantitativi di valutabilità per le pubblicazioni di rango medio/basso, onde evitare che una mera somma algebrica privilegi la quantità rispetto alla qualità degli studi.

Pur con l’adozione dei menzionati accorgimenti è bene che si tenga sempre presente che non vi sono criteri automatici che consentano il pieno apprezzamento del valore scientifico e culturale di un’opera. Non vi sono cioè criteri che possano sostituire la lettura diretta. Nel merito, un “articolo” può ben valere assai più di una “monografia”: per fare esempi non sospetti, basti pensare all’articolo con il quale Ronald Coase ha vinto il premio Nobel o a quello che ha fruttato a Guido Calabresi l’insegnamento a Yale. E’ perciò da tenere fermo che ai fini delle procedure di valutazione comparativa per la nomina nei ruoli universitari, l’esistenza di criteri di valutazione “oggettiva” può avere funzione incentivante la serietà dei giudizi e semmai può determinare specifiche esigenze di motivazione, ma non può in sé costituire la ratio dei relativi esiti.

Ai fini poi della valutazione individuale per la partecipazione alle commissioni di concorso e per la progressione nel trattamento economico, occorre tenere presente che ogni classificazione ha dei minimi e dei massimi. In altre parole, esemplificando, se uno scritto di dieci pagine su una Rivista prestigiosa è qualificabile come articolo e valutabile in categoria A e se la stessa qualificazione spetta ad uno scritto di quaranta o cinquanta pagine pubblicato sulla medesima rivista, l’autore che in un anno pubblichi sei o sette scritti brevi risulterà assai più produttivo di quello che ne pubblichi soltanto due sia pure estremamente impegnativi: è inutile dire che molto facilmente la valutazione diretta dei contributi scientifici produrrebbe un esito opposto. E’ perciò necessaria una buona dose di elasticità.

Con riguardo alla produttività degli Atenei, l’utilizzazione dei criteri di valutazione può invece essere maggiormente esaustiva, sempre che la comparazione si operi tra aree omogenee quanto a tipologia dei prodotti della ricerca. E’ infatti assai problematica la riduzione ad unità di prodotti recanti la medesima qualifica (ad es. “articolo”) ma appartenenti a settori scientifici tra loro non assimilabili (medicina, fisica, diritto ecc.). Anziché delegare in toto la valutazione ai Nuclei di Ateneo, meglio sarebbe allora la prospettazione di una graduatoria nazionale per macroaree, dove a ciascuna posizione corrisponda un punteggio.

Infine, la valutazione si mostra utile senza riserve per il perseguimento delle due seguenti finalità:

a) a livello di sistema, incentivare la selezione delle pubblicazioni e l’incremento della qualità delle riviste scientifiche;

b) nel giudizio sui singoli, evidenziare le situazioni di inattività.

E’ appena il caso di aggiungere che, per le finalità di ripartizione delle risorse di Ateneo, la valutazione dovrà necessariamente tradursi in indici numerici, il che comporta l’attribuzione di punteggi ai prodotti della ricerca, in ragione della loro qualificazione. L’operazione è estremamente delicata poiché attraverso di essa prende consistenza la diversità di ponderazione dei generi letterari. Al riguardo non è tuttavia possibile operare proposte fuori dal quadro complessivo – attualmente ancora assai confuso – della valutazione operata per tutte le aree dai Nuclei di Ateneo.

 

 

2. Limiti quantitativi generali.

L’adozione di limiti quantitativi alla valutabilità, per quanto opportuna, richiede una specificazione preliminare. Segnatamente, tali limiti si possono reputare senz’altro efficienti nella valutazione interna (ovvero nella comparazione della produzione scientifica di studiosi appartenenti) alle aree che la adottano. Nel confronto con le altre aree essi richiederebbero invece una forma di reciprocità consistente nell’adozione di misure analoghe. In assenza di reciprocità i medesimi limiti si tradurrebbero in uno squilibrio ingiustificato: in tali casi non si devono perciò considerare applicabili4.

Ciò premesso, fatte salve le specifiche limitazioni che saranno espresse con riferimenti a singoli generi letterari, è opportuno stabilire che comunque, in via generale, non si possano valutare, per ciascun quinquennio, più di 5 opere classificate nella categoria D e 5 opere classificate nella categoria C. Nel relativo conto non entrano tuttavia le valutazioni connesse alla direzione/revisione di riviste o di cura di volumi, in considerazione della diversità dell’attività valutata rispetto a quella di produzione scientifica in senso stretto.

 

 

3. Definizioni, qualità e valutazione.

La definizione dei generi letterari gioca un ruolo non trascurabile ai fini dell’adeguatezza della valutazione.

La partizione correntemente utilizzata fa riferimento a tipi individuati sulla base di caratteristiche materiali (libro, volume) ovvero meramente editoriali, oggettive (es. monografia) o anche soltanto individuabili per relationem rispetto all’inserimento del lavoro in una rubrica piuttosto che in un’altra di una rivista (es. ‘articoli’, ‘saggi’, ‘recensioni’). E’ necessario fare invece riferimento a tipi ideali, i quali, individuati sulla base dell’esperienza in ordine ai contenuti degli studi giuridici, siano in grado di rappresentare modalità ed entità dello sforzo scientifico.

A questa stregua è, in particolare, necessario ridefinire le quattro categorie sostanziali attorno alle quali è possibile condensare la pluralità delle tipologie editoriali: monografia (scientifica/divulgativa); articolo; nota a sentenza; recensione. Le restanti categorie – individuabili sulla base di caratteri meramente formali – potranno così trovare referenti sostanziali omogenei. Ad esempio, una voce di enciclopedia, a seconda della sua estensione e dell’impegno scientifico in essa profuso, può avere valore di monografia (scientifica o divulgativa), valore di articolo o, infine, appartenere al genere ampio degli scritti minori, di entità non sufficiente per esprimere valore di articolo. Così, le relazioni a convegno, una volta pubblicate sono in tutto assimilabili ad articoli. La loro concreta valutazione – come per gli articoli – dipende perciò esclusivamente dalla loro collocazione editoriale: se in riviste (e di quale categoria) o esclusivamente in raccolte di atti; dipende cioè da quale selezione hanno superato per giungere alla pubblicazione.

Definiti i menzionati tipi ideali, è poi opportuno chiarire le qualità che determinano il valore delle opere ad essi ricondotte. Ciò, sia quale riscontro dell’avvenuta qualificazione, sia come generale indicatore di merito per i casi nei quali una valutazione di merito (a priori o a posteriori) sia richiesta, sia, infine, per orientare la modalità e il grado di selettività delle revisioni che rappresenteranno il criterio principale per la classificazione delle collocazioni editoriali.

I tipi ideali e conseguentemente ciascuna specifica tipologia sono valutabili in astratto individuando per lo più un arco di valori, da un massimo a un minimo. La valutazione concreta è poi la risultante della combinazione tra la valutazione della tipologia con la categoria di appartenenza della rivista (o collana/enciclopedia/trattato ecc.) ove il contributo è ospitato.

 

a) MONOGRAFIA SCIENTIFICA.

E’ il prodotto più complesso e significativo della produzione scientifica nel campo giuridico. Richiede impegno e tempi notevolmente superiori rispetto a tutti gli altri generi letterari. In particolare, si può reputare che l’elaborazione di un serio lavoro monografico richieda non meno (talvolta molto più) del tempo e dell’impegno necessari per l’elaborazione di 4 articoli corposi.

Qualificando un lavoro come monografia sulla semplice base della forma di libro si peccherebbe, tuttavia, sia per eccesso che per difetto. Per eccesso, si peccherebbe poiché tale forma è assai spesso assunta da lavori di mera ricognizione di dottrina e giurisprudenza, che della monografia non hanno l’approccio critico e costruttivo, e talvolta da raccolte di articoli le quali benché tematicamente omogenee non costituiscono un lavoro organico. Per difetto, si peccherebbe poiché il rilievo scientifico e l’organicità della monografica si riscontrano spesso in lavori formalmente qualificabili in altro modo: parti ampie di volumi a più mani, parti ampie di trattato o di commentario (per le quali la pubblicazione in forma di volume non monografico dipende da una scelta meramente editoriale), voci di enciclopedia. Caratteristica comune di questi lavori è che potrebbero essere pubblicati come volume monografico. Valore di monografia è infine – sia pure eccezionalmente – espresso da volumi destinati alla didattica, ove questi rappresentino la sintesi del pensiero e dell’esperienza culturale del loro autore.

 

Definizione.

Per lavoro avente valore di monografia scientifica s’intende uno studio approfondito ed organico, caratterizzato da ampio respiro culturale e sistematico e da approccio critico costruttivo, finalizzato alla prospettazione di soluzioni originali e innovative. Le dimensioni non costituiscono un criterio di qualificazione e valutazione dell’opera, salvo per ciò che esse eventualmente esprimano in ordine alla misura dell’impegno culturale e sistematico. Tuttavia, ai fini della qualificazione, è possibile individuare una misura minima indicativa nella consistenza tipografica di circa 280.000 battute5, al netto di indici ed eventuali allegati.

 

Qualità.

Le qualità da assumere a criterio di valutazione di lavori qualificati come monografie scientifiche sono: a) l’originalità del contributo; b) il respiro culturale e sistematico; c) la profondità e la coerenza del percorso argomentativo.

 

VALUTAZIONE: AA – C

 

b) MONOGRAFIA A CARATTERE DIVULGATIVO, RICOGNITIVO O DIDATTICO.

I medesimi caratteri di ampiezza e sforzo ricostruttivo delineati con riguardo alla tipologia della monografia scientifica sono riscontrabili in opere aventi tuttavia una finalità prevalentemente ricognitiva ed espositiva ed esprimenti perciò un contenuto critico ed un apporto di originalità decisamente inferiori.

 

Definizione.

Per lavoro avente valore di monografia a carattere divulgativo, ricognitivo o didattico s’intende uno studio approfondito ed organico, caratterizzato da completezza dell’informazione sui temi trattati e coerenza dell’impianto espositivo.

 

Qualità.

 Le qualità da assumere a criterio di valutazione di lavori qualificati come monografie a carattere divulgativo, ricognitivo o didattico sono: a) l’ampiezza della trattazione; b) la completezza dell’informazione; c) la coerenza dell’impianto espositivo.

 

VALUTAZIONE: B – D (non più di 3 nel quinquennio)

 

c) ARTICOLO.

E’ il tipo letterario più diffuso, caratterizzato, peraltro, dal massimo grado di eterogeneità. In forma di articolo sono stati pubblicati studi che si possono reputare pietre miliari nella evoluzione della scienza giuridica; nella medesima forma sono pubblicati lavori di poco o nessun impegno critico. In forma di articolo sono pubblicati scritti ampi, che per complessità e consistenza si avvicinano alla sostanza di lavori monografici, e scritti di estensione minima, talvolta privi di riferimenti bibliografici. Ancora, anche tra i lavori più brevi e meno articolati e informati taluni esprimono qualità considerevoli in ragione della originalità e della efficacia critica delle idee rappresentate. In definitiva, il panorama è troppo ampio per definire in modo univoco un tipo corrispondente ad una ratio oggettiva di valutazione. “Articolo” è definizione residuale di ciò che non appartiene ad altre tipologie più precisamente qualificabili (note a sentenza, recensioni ecc.). Sul piano meramente quantitativo si può soltanto, stipulativamente, stabilire una consistenza tipografica indicativa minima di circa 20.000 battute, al di sotto della quale lo scritto debba essere qualificato come “commento”. Per il resto, si mostra fondamentale la selezione effettuata dalle riviste, la quale comporta una valutazione nel merito di tutte le caratteristiche e, dunque, della qualità degli scritti in esse pubblicati. Dunque, stabilita la suddetta consistenza minima, ai fini della generica qualificazione è opportuno rinviare all’esito di tale selezione, adottando una definizione in buona misura tautologica. Ai fini della specifica valutazione è conseguentemente fondamentale la qualità della rivista dalla quale lo scritto è stato selezionato, potendosi stabilire una stretta corrispondenza tra valutazione delle riviste e qualità degli scritti in esse ospitati. Ciò, naturalmente, sul presupposto che le riviste siano classificate in fascia alta (A-B) soltanto se e in quanto dotate di meccanismi selettivi (per il futuro, obbligatoriamente sistemi di peer review) che garantiscano una effettiva valutazione di qualità.

Le stesse considerazioni si possono riferire agli articoli pubblicati su volumi collettanei. In questo caso si può reputare essenziale la valutazione effettuata dalla direzione della collana nella quale è inserito il volume. Infine, analogo trattamento meritano le voci di enciclopedia e le parti di commentari e trattati che abbiano una consistenza maggiore del singolo commento e minore della monografia.

 

Definizione.

E’ articolo un lavoro di consistenza tipografica minima pari a circa 20.000 battute pubblicato come tale da una rivista classificata come rilevante dal settore scientifico di riferimento. E’ articolo altresì il lavoro, di eguale minima consistenza, pubblicato su volume collettaneo, avente rilievo scientifico per il settore di riferimento.

 

Qualità.

Le qualità da assumere a criterio di valutazione di lavori qualificati come articoli sono: a) l’originalità e l’utilità pratica delle idee espresse; b) la consapevolezza culturale; c) la consistenza critica del percorso argomentativo.

 

VALUTAZIONE: A-D

 

d) NOTE A SENTENZA

La nota o commento a sentenza – lavoro che di regola richiede impegno e tempo di elaborazione notevolmente inferiori a quelli richiesti per un articolo di qualità elevata – è genere nobile nella tradizione degli studi giuridici. Essa è infatti strumento principale e insostituibile di dialogo tra dottrina e giurisprudenza costituendo per ciò stesso un punto di raccordo tra teoria e pratica essenziale per l’evoluzione dell’ordinamento giuridico nel suo complesso. Il genere comprende due specie: la nota critica e la nota meramente espositiva (c.d. redazionale). Alla prima specie si possono ascrivere contributi anche eccellenti, che per profondità e spessore delle argomentazioni sono paragonabili ad articoli di prima qualità. E’ perciò opportuno distinguere, nella medesima specie, questi casi – ove è rilevante l’interesse scientifico – da quelli comunque reputabili di interesse scientifico in quanto caratterizzati da approccio critico. Quanto alle dimensioni del lavoro, si può reputare che una nota critica debba consistere in un minimo di 20.000 battute. Scarso è invece il rilievo scientifico dei lavori appartenenti alla seconda specie. Anche in questo caso, come per gli articoli, si mostra essenziale ai fini della qualificazione, prima, e della valutazione, poi, la selezione di merito operata dalle riviste.

Non è tuttavia possibile stabilire, come per gli articoli, una perfetta correlazione tra classificazione della rivista e valutazione del lavoro in essa pubblicato. Occorre infatti considerare che le note qualificabili come “di rilevante interesse scientifico” non sono frequenti e che invece si possono reputare ottimi e degni di essere pubblicati in riviste di eccellenza – anche in ragione della funzione summenzionata – lavori qualificabili come “di interesse scientifico”. La relativa valutazione non può però incidere sulla valutazione allo stesso modo di un articolo. Il problema si pone, ovviamente, nelle valutazioni che non consentono un controllo di merito dei singoli scritti. Segnatamente, il problema non si pone nelle procedure di valutazione comparativa, ove una commissione ha il compito di leggere e giudicare gli scritti dei candidati. Si pone invece, ad esempio, nella valutazione della produttività periodica degli studiosi; in casi come questo, onde limitare il pericolo di discriminazione in un senso (nota a sentenza meritevole di essere valutata in categoria A ma valutata automaticamente come B) o nell’altro (nota a sentenza meritevole di essere valutata come B ma valutata automaticamente come A in quanto pubblicata in una rivista classificata in categoria A) è opportuno individuare dei criteri convenzionali basati sulla limitazione quantitativa dei lavori valutabili. Ciò a correzione del semplice riferimento alla categoria della rivista sulla quale è pubblicato il lavoro, per impedire che la quantità di lavori meno impegnativi risulti maggiormente premiante rispetto alla qualità di lavori più impegnativi, con un conseguente effetto disincentivante, e per riequilibrare il peso di generi letterari che, di regola, devono assumere peso diverso.

 

Definizione.

E’ nota a sentenza di rilevante interesse scientifico il commento caratterizzato da un approccio spiccatamente critico e da una profondità di argomenti, che travalicando le linee della decisione assunta ad oggetto costituisca un apprezzabile contributo alla materia specificamente considerata.

E’ nota a sentenza di interesse scientifico il commento caratterizzato da un approccio critico nella valutazione – anche quando adesiva – delle argomentazioni espresse dalla decisione assunta ad oggetto.

E’ nota a sentenza a carattere espositivo il commento consistente nella mera ricognizione delle posizioni assunte dalla giurisprudenza e ricostruzione delle opinioni espresse dalla dottrina in ordine ai problemi affrontati dalla decisione assunta ad oggetto.

 

Qualità.

Le qualità da assumere a criterio di valutazione di lavori qualificati come note a sentenza sono: a) la profondità degli argomenti; b) l’approccio critico.

 

VALUTAZIONE:

Note di rilevante interesse scientifico A (non più di 2 nel quinquennio)

Note di interesse scientifico B – C (non più di 5 nel quinquennio)

Note a carattere espositivo D (nel numero consentito dalla generale

limitazione di cui al n. 2 del presente

allegato).

 

e) RECENSIONI

La recensione è genere letterario dal passato illustre, oggi in via di estinzione. La sua utilità è tuttavia indiscussa e la relativa valutazione deve essere perciò tale da incentivarne la rifioritura anziché determinarne la definitiva scomparsa. Una recensione ben fatta, con argomenti articolati, che valuti a fondo gli snodi del percorso del lavoro analizzato, contestualizzandoli culturalmente anche in relazione alle acquisizioni della letteratura più o meno recente sul medesimo argomento o su argomenti connessi, è lavoro impegnativo non meno di un articolo di livello medio alto. Altra cosa sono le recensioni stringate e acritiche o sommariamente critiche, oggi notevolmente più diffuse, le quali però, nella sostanza, di poco si discostano dalle mere segnalazioni e come tali debbono essere qualificate e valutate. Anche con riguardo alle recensioni è peraltro opportuna la previsione di un limite quantitativo poiché, se non deprimerne la valutazione è, come detto, un incentivo alla rifioritura del genere, occorre anche evitare una eccessiva cumulabilità che disincentiverebbe dall’impegno in lavori più impegnativi.

 

Definizione.

E’ recensione il lavoro, di estensione corrispondente ad un articolo, avente ad oggetto l’approfondita analisi e la argomentata valutazione di un’opera di recente pubblicazione.

E’ segnalazione lo scritto di dimensioni modeste, recante la sintetica descrizione e la sommaria valutazione di un’opera di recente pubblicazione.

 

Qualità

Le qualità da assumere a criterio di valutazione di lavori qualificati come recensione sono: a) la profondità dell’analisi; b) la completezza del quadro nel quale l’analisi è condotta; c) l’esaustività delle argomentazioni recate a fondamento della valutazione espressa in ordine all’opera recensita.

 

VALUTAZIONE:

Recensioni B- D

Segnalazioni N.C.

 

f) ALTRO

Ciò che non rientra nelle tipologie specificamente delineate e che non possiede, per estensione e qualità, valore di articolo può essere fatto rientrare in una categoria residuale. Il valore dei lavori in essa collocati può esclusivamente variare in relazione alla qualità della rivista o della collana ove si trovano pubblicati.

 

VALUTAZIONE: C – D

 

4. Tabella delle valutazioni per tipologia.

 

Tipologia

Valutazione

Monografia o Trattato Scientifico in forma di libro

(compresi trattati, commentari), o parte ampia ed organica di essi

AA-C

Monografia o Trattato in forma di libro

(compresi trattati, commentari), o parte ampia ed organica di essi, con funzione prevalentemente divulgativa, ricognitiva o didattica

Massimo 3 nel quinquennio

B-D

Traduzione di un libro

C

Articolo su libro o parte equivalente di Commentario o Trattato

A-D

Commento di singola norma su Commentario, non equivalente ad articolo

Massimo 5 nel quinquennio

C-D

Voce di Enciclopedia – di rilevante interesse scientifico

– a carattere espositivo

AA-B

B-D

Prefazione o breve introduzione

N.C.

Traduzione di Contributo Speciale su Volume

D

Relazione di Atto di Convegno in Rivista

A-D

Riassunto di Atto di Convegno in Rivista

N-C

Traduzione di Atto di Convegno in Rivista

D

Articolo pubblicato su Rivista

A-D

Nota a sentenza: – di rilevante interesse scientifico Massimo 2 nel quinquennio

– di interesse scientifico Massimo 5 nel quinquennio

– a carattere espositivo

A

B-C

D

Recensione in Rivista Massimo 5 nel quinquennio

Segnalazione in rivista

B-D

N.C.

Altro

C-D

Traduzione di articolo in Rivista

D

Relazione di Atto di Convegno in Volume

B-D

Riassunto di Atto di Convegno in Volume

N.C.

Traduzione di Atto di Convegno in Volume

D

Cura di Atti e Volumi miscellanei Massimo 3 nel quinquennio

Cura di volumi organici (come volumi di Trattati, commentari o collane tematiche) Massimo 2 nel quinquennio

C-D

A-C

Direzione/Responsabilità/Revisione di riviste Massimo 2 a rilevanza nazionale e 1 a rilevanza locale

A-D

Direzione di collane scientifiche, Trattati e Commentari Massimo 2

A-D

 

 

5. Tabella delle valutazioni per tipologia, specificate in base alla collocazione editoriale.

 

Tipologia

Valutazione tipologica

Valutazione rivista/collana ecc.

Valutazione prodotto

Monografia o Trattato Scientifico in forma di libro (compresi trattati e commentari), o parte ampia ed organica di essi

AA-B

A

B

C

D

AA

A

B

C

Monografia o Trattato in forma di libro (compresi trattati, commentari), o parte ampia ed organica di essi, con funzione prevalentemente divulgativa, ricognitiva o didattica

Massimo 3 nel quinquennio

B-C

A

B

C

D

B

B

C

D

Traduzione di un libro

C

A-C

C

Articolo su libro o parte equivalente di Commentario o Trattato

A-D

A

B

C

D

A

B

C

D

Commento di singola norma su Commentario, non equivalente ad articolo

Massimo 5 nel quinquennio

C-D

A

B

C

D

C

C

D

D

Voce di Enciclopedia – di rilevante interesse scientifico

 

– a carattere espositivo

 

AA-B

 

 

B-D

A

B

 

B

C

D

AA-A

B

 

B

C

D

Altro

C-D

A

B

C

D

C

 

D

Traduzione di Contributo Speciale su Volume

D

A-D

D

Relazione di Atto di Convegno in Rivista

A-D

A

B

C

D

A

B

C

D

Traduzione di Atto di Convegno in Rivista

D

A-D

N.C.

Articolo pubblicato su Rivista

A-D

A

B

C

D

A

B

C

D

Nota a sentenza: – di rilevante interesse scientifico Massimo 2 nel quinquennio

 

– di interesse scientifico Massimo 5 nel quinquennio

 

 

– a carattere espositivo

A

 

 

 

B-C

 

 

 

D

A

 

 

 

A

B

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Recensione in Rivista Massimo 5 nel quinquennio

 

 

 

Segnalazione in rivista

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Traduzione di articolo in Rivista

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Relazione di Atto di Convegno in volume

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Traduzione di Atto di Convegno in volume

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Cura di Atti e volumi miscellanei Massimo 3 nel quinquennio

 

 

 

 

Cura di volumi organici (come volumi di Trattati, commentari o collane tematiche e volumi tematicamente strutturati) Massimo 2 nel quinquennio

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Direzione/Responsabilità/Revisione di riviste Massimo 2 a rilevanza nazionale e 1 a rilevanza locale

 

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Direzione di collane scientifiche, Trattati e Commentari Massimo 2

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1 Taluni Osservatorii formalizzano anche una sottostante classe N.C., riferita a pubblicazioni prive di rilevanza scientifica in relazione al settore disciplinare di riferimento o a pubblicazioni di tipo giornalistico o comunque non qualificabili come riviste scientifiche per struttura, natura o ambito di diffusione. E’ evidente che, pur senza formalizzare tale categoria, nella classificazione non possono entrare (neanche nella categoria D) le pubblicazioni prive di specifico e pertinente rilievo scientifico.

2 I criteri di seguito articolati riguardano parimenti le riviste edite in forma cartacea e quelle on-line. Queste ultime, in particolare, sono da prendere in considerazione ove posseggano i requisiti che la legge prescrive ai fini della loro stretta qualificazione come riviste e della loro conseguente, assoluta equiparazione alle riviste cartacee.

3 Non esistono indici il cui valore sia unanimemente riconosciuto. L’indice scientifico internazionale maggiormente noto è il Journal Citation Report prodotto dall’ISI, altri indici piuttosto diffusi, sia pure meno diretti nella modalità di utilizzo ai fini della classificazione, sono SCOPUS e Ulrichsweb. Per gli indici di Università e comunità accademiche straniere è possibile menzionare quale esempio (per le Università dei paesi anglo-americani) il Law Journal Index.

4 Si mostra in realtà piuttosto rozzo e decisamente inadeguato il metodo attualmente utilizzato dai Nuclei di valutazione operanti negli Atenei, consistente nella comparazione diretta dei prodotti di tutte le aree; comparazione che implica non soltanto l’adozione di classificazioni e di criteri omogenei ma anche, a monte, l’omogeneità delle rispettive forme di pubblicazione dei risultati della ricerca e delle forme della ricerca. A questo metodo, che si può definire orizzontale, sarebbe preferibile un altro, che si può definire verticale (più simile, mutatis mutandis, a quello adottato dal CIVR) consistente nella comparazione degli esiti di una valutazione per aree omogenee a livello nazionale. Gli Atenei dovrebbero cioè soltanto comparare le valutazioni date alle singole aree in rispettivi ranking nazionali.

5 Considerando che la consistenza media di una pagina si può individuare in circa 2600/2800 battute, il limite corrisponde ad un minimo indicativo di circa 100/110 pagine secondo una impaginazione ragionevolmente contenuta.

Avv. Viceconte Massimo

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