(a cura di:) Non rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale si dispone la non ammissione di un arbitro di calcio tra quelli effettivi

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E’ questo il principio con cui il TAR Lazio con la sentenza in commento – ROMA, SEZ. III TER – 5 novembre 2007 n. 10911 – ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un arbitro di calcio statuendo che "Esula dalla giurisdizione del Giudice amministrativo, per rientrare nella competenza degli Organi di giustizia sportiva, una controversia avente ad oggetto l’impugnazione, da parte di un arbitro di calcio, del provvedimento con il quale si dispone contestualmente la non ammissione dello stesso tra gli arbitri effettivi, e l’inserimento nella categoria degli arbitri fuori quadro".
Per il TAR capitolino, infatti, "tale controversia attiene alla contestazione di un giudizio tecnico espresso dalla Commissione Arbitri Nazionali, e, poiché, ai sensi del D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, consegue la sottrazione al controllo giurisdizionale del G.A. degli atti a contenuto tecnico-sportivo".
 
AVV. ****************
 
FATTO
1. Con ricorso notificato in date 14 – 23 maggio 2007, e depositato il 15 maggio, il sig. ……….. impugna gli atti in epigrafe indicati e ne chiede l’annullamento.
Espone, in fatto, di essere stato, prima dell’adozione del provvedimento impugnato, arbitro di calcio inserito nei ruoli effettivi della Commissione Arbitri Nazionale per la Serie A e B (CAN) dell’Associazione Italiana Arbitri (A.I.A.).
Ricorda che i passaggi tra i livelli gerarchici dell’A.I.A. (id est, CAN, CAN C e CAN D) avvengono per promozione, che si conquista qualora si occupi, nella graduatoria finale della stagione, uno dei primi cinque posti. Aggiunge di aver fatto parte della CAN e di aver guadagnato circa 120.000 euro a stagione, a titolo di gettone di presenza (gettone pari a circa 6.000 euro a partita).
Al termine della stagione 2005-2006, con il provvedimento impugnato è stato collocato al 37° posto della graduatoria finale degli arbitri tesserati per la CAN e, quindi, collocato fuori ruolo e, per l’effetto, è ritornato ad arbitrare le partite dilettantistiche (con un gettone di presenza pari a circa 31 euro a partita).
2. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente, dopo aver esperito tutti i gradi di giustizia sportiva, è insorto deducendo:
a) Questioni di meritoViolazione artt. 3 e 97 Cost. – Violazione artt. 3 L. n. 241 del 1990, 24 Cost., 3 L. n. 280 del 2003 – Violazione della normativa federale dell’A.I.A. e, in particolare, dell’art. 16 del Regolamento dell’A.I.A. nonché della prassi consolidata in sede di applicazione di tale norma – Eccesso di potere per manifesta ingiustizia e illogicità, per contraddittorietà, per errore sui presupposti di fatto e di diritto e per sviamento di potere. Sono illegittimi sia il provvedimento della Camera di conciliazione che quello dell’A.I.A.
Illegittimamente il lodo della Camera di conciliazione ha dichiarato inammissibile l’istanza di arbitrato sul rilievo che il Collegio arbitrale non può svolgere alcun sindacato di merito ma solo di legittimità, avendo il ricorrente chiesto proprio un sindacato di legittimità del provvedimento che lo aveva posto fuori ruolo.
Né rileva la circostanza che l’art. 47, primo comma, del Regolamento dell’A.I.A. ha disposto che le decisioni con le quali gli Arbitri sono posti fuori ruolo non sono soggette a ricorso, dovendo tale prescrizione ritenersi indicativa del fatto che, in relazione a tali provvedimenti, sono esclusi i ricorsi in ambito endo-federale ma non anche eso-federale, e cioé all’interno dell’ordinamento sportivo generale facente capo al C.O.N.I.. Un ordinamento settoriale non può, infatti, precludere i ricorsi all’ordinamento superiore, quale è quello del C.O.N.I. nel quale l’A.I.A. rientra. Pertanto tale norma non preclude il successivo ricorso alla Camera di conciliazione prima e alla giustizia amministrativa poi. In caso contrario tale norma sarebbe chiaramente illegittima per violazione dell’art. 24 Cost e della L. n. 280 del 2003.
b) Illegittimità dei provvedimenti dell’A.I.A. impugnati alla Camera di conciliazione. I provvedimenti impugnati sono illegittimi perché il ricorrente non avrebbe dovuto essere inserito tra gli arbitri fuori quadro, ad arbitrare partite dei campionati dilettantistici e del settore giovanile, ma al più essere retrocesso tra gli arbitri della CAN C.
3. Con atto di motivi aggiunti, notificato il 12 giugno 2007 e depositato il successivo 13 giugno, il ricorrente, oltre a censurare, per profili diversi, i provvedimenti già gravati con l’atto introduttivo dei giudizio, impugna la proposta CAN riguardante la sua posizione, depositata agli atti di causa dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio.
Il ricorrente afferma in primo luogo che il giudizio tecnico reso nei suoi confronti è un atto giuridico inesistente perché privo di sottoscrizione e di data. Detto giudizio tecnico è inoltre illegittimo per contraddittorietà atteso che ha valutato negativamente il ricorrente che, al termine della stagione, aveva riportato un media di giudizio (8,40) che si colloca tra il buono (8,30) e il molto buono (8,60) senza peraltro aver mai avuto, in alcuna delle partite arbitrate (circa 20), un giudizio inferiore alla sufficienza (8,00).
Infine, illegittimamente sono stati promossi alla CAN arbitri che nella CAN C hanno ottenuto un punteggio inferiore a quello conseguito dal ricorrente nella CAN.
4. Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio, che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, nonché l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili mentre nel merito ne ha sostenuto l’infondatezza.
5. Si è costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, che ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva nonché il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.
6. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
7. Nella camera di consiglio del 7 giugno 2007, nell’accordo delle parti, l’esame dell’istanza di sospensione proposta dal ricorrente è stato abbinato al merito.
8. All’udienza del 25 ottobre 2007 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nell’esame delle diverse eccezioni dedotte dalle parti resistenti il Collegio ritiene di dover dare la priorità a quella relativa al proprio difetto di giurisdizione, sollevata sul rilievo che l’art. 2, primo comma, lett. b), D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dall’art. 1 L. 17 ottobre 2003 n. 280, riserverebbe la competenza a decidere sui comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e sull’irrogazione delle relative sanzioni sportive agli organi di giustizia sportiva.
La questione relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice adito va infatti esaminata prioritariamente, a prescindere dall’ordine delle eccezioni dato dalla parte, e ciò in quanto la carenza di giurisdizione inibisce al giudice anche di verificare la legittimazione attiva dei ricorrenti o passiva delle parti evocate in giudizio, così come la tempestività o ammissibilità dei vizi dedotti. Infatti, le statuizioni sul rito costituiscono manifestazione di potere giurisdizionale, di pertinenza esclusiva del giudice dichiarato competente a conoscere della controversia (Cons.Stato, IV Sez., 22 maggio 2006 n. 3026; T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 20 luglio 2006 n. 6180).
L’eccezione è fondata.
Ai sensi del D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, con conseguente sottrazione al controllo giurisdizionale degli atti a contenuto tecnico sportivo. Tale criterio trova una deroga solo nel caso di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo; in tale ipotesi, le relative controversie sono attribuite alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria ove abbiano per oggetto i rapporti patrimoniali tra ******à, Associazioni ed atleti, mentre ogni altra controversia avente per oggetto atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In altri termini, la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre quella statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi (Cons.Stato, VI Sez., 9 luglio 2004 n. 5025).
Con precipuo riferimento al principio, introdotto dal cit. art. 2, di autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, che riserva al primo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto "i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive", questo Tribunale ha già più volte chiarito che esso, letto unitamente all’art. 1, secondo comma, dello stesso decreto legge, non appare operante nel caso in cui la sanzione non esaurisce la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, ma rifluisce nell’ordinamento generale dello Stato (T.A.R. Lazio, Sez. III ter, 21 giugno 2007 n. 5645; 22 agosto 2006 n. 7331; 18 aprile 2005 n. 2801 e 14 dicembre 2005 n. 13616).
Nella vicenda in esame il sig. *********, arbitro di calcio inserito nei ruoli effettivi della Commissione Arbitri Nazionale per la Serie A e B (CAN) dell’Associazione Italiana Arbitri (A.I.A.), impugna, nella sostanza, i provvedimenti con i quali è stato inserito nel ruolo degli Arbitri fuori quadro a seguito di un giudizio tecnico espresso dalla Commissione Arbitri Nazionali, secondo il quale, sebbene "al terzo anno di appartenenza all’Organo tecnico, [il sig. *********] ha palesato intrinseche carenze sia tecniche che caratteriali, accentuatesi maggiormente visto anche l’iter di crescita non più suscettibile di miglioramenti. Il rendimento è stato quasi sempre al di sotto delle aspettative".
Si tratta dunque di un giudizio basato esclusivamente sulle qualità tecniche espresse dall’arbitro.
Manca nella specie il connotato della rilevanza esterna all’ordinamento sportivo degli effetti dei provvedimento impugnati, che si esauriscono all’interno del predetto ordinamento non avendo alcun riflesso, né diretto né indiretto, nell’ordinamento generale il giudizio di scarsa capacità tecnica resa nei confronti dell’arbitro.
Occorre infatti considerare che gli arbitri non sono dipendenti del C.O.N.I. e della F.I.G.C. e non percepiscono, quindi, una retribuzione ma una mera indennità, a nulla rilevando che questa, in una stagione, possa raggiungere i 120.000 euro e che, proprio in considerazione del suo rilevante ammontare, il ricorrente possa aver deciso di fare dell’attività arbitrale l’unica fonte di guadagno.
Aggiungasi che l’impugnata determinazione di inserimento nei ruoli degli Arbitri fuori quadro non incide neanche sullo status di tesserato, permanendo in capo al ricorrente il rapporto associativo.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per carenza di giurisdizione.
Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III Ter,
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto, come in epigrafe, dal sig. *************** lo dichiara inammissibile.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 ottobre 2007.
***********************
************************* – Estensore
Depositata in Segreteria in data 5 nov. 2007.
 

Matranga Alfredo

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