La responsabilità datoriale per infortunio

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L’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro

L’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro trova diversi referenti normativi: 1) l’articolo 31 paragrafo 1 della Carta di Nizza, ove è previsto che “Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose” [1]; 2) l’articolo 32 comma 1 della Costituzione, ove è previsto che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”; 3) l’articolo 2087 c.c., secondo il quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” [2]; 4) il decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008, Attuazione dell’articolo 1 della legge numero 123 del 3 agosto 2007, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee a prevenire sia i rischi insiti all’ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene di rilevanza costituzionale che impone al datore di anteporre al proprio profitto la sicurezza di chi esegue la prestazione.

Il datore di lavoro deve adottare non solo le particolari misure tassativamente previste dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore.

Tali altre misure devono essere adottate “in base all’esperienza ed alla tecnica e tenuto conto della concreta realtà aziendale e degli specifici fattori di rischio, sia pure in relazione ad obblighi di comportamento concretamente individuati” [3].

Le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro impediscono l’insorgere di situazioni pericolose e tutelano il lavoratore anche dagli incidenti provocati dalla sua imperizia, negligenza ed imprudenza.

Il datore di lavoro è tenuto a “proteggere l’incolumità dei lavoratori e a prevenire anche i rischi insiti nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia dei medesimi nell’esecuzione della prestazione, dimostrando di aver posto in essere ogni precauzione a tal fine idonea” [4].

La responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio occorso al lavoratore interviene nell’ipotesi di mancata attuazione delle misure specificamente previste da norme di legge, oppure esigibili nel caso concreto in base alle regole di prudenza, perizia e diligenza, e idonee ad impedire l’evento lesivo oppure a ridurne le conseguenze.

Pertanto, sussiste la responsabilità del datore di lavoro sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore [5], sia quando, pur avendo adottate le necessarie misure, non accerti e vigili affinché queste siano di fatto rispettate da parte del dipendente [6].


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La responsabilità datoriale per un infortunio in presenza di un preposto

Un infortunio sul posto di lavoro rientra sempre nella sfera di responsabilità di una particolare figura: questa sarà il preposto se l’incidente è legato all’esecuzione materiale dei lavori; il dirigente se connesso all’organizzazione dei lavori; e infine il datore di lavoro se risultato di scelte gestionali “a monte” dell’impresa.

Ciò significa che queste tre figure hanno tutte responsabilità in materia di sicurezza e che tale responsabilità è da considerarsi di fatto, ossia valida anche laddove non vi siano una nomina o una delega specifica.

La posizione di vigilanza e controllo è dunque un obbligo sempre inderogabile per il datore di lavoro, e nel caso in cui questi abbia delegato un’altra figura per l’applicazione delle norme poste a tutela della salute e della sicurezza degli operatori, avrà comunque la responsabilità di vigilare che i compiti affidati e le funzioni trasferite vengano applicate correttamente [7].

In questo senso, è una breve ordinanza emessa nel 2019 dalla VII Sezione Penale della Corte di Cassazione a fornire conferma a seguito del ricorso presentato da un datore di lavoro che, successivamente a un incidente sul luogo di lavoro, si era difeso sostenendo di aver delegato i profili organizzativi legati alla sicurezza ad altre figure aziendali.

Il ricorso in questione è stato dichiarato inammissibile perché basato su un motivo infondato, dal momento che il datore di lavoro è per sua natura obbligato alle prescrizioni legate alla sicurezza e quindi responsabile di esse.

Per preposto si intende la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa [8].

In riferimento alle attività indicate all’articolo 3 del decreto legislativo numero 81 del 2008, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono [9]: a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti; b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa; d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta; g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37.

Il decreto legislativo numero 81 del 2008 riporta in maniera chiara le sanzioni a carico di questa figura.

I Preposti rischiano l’arresto fino a due mesi o un’ammenda da 438,40 a 1.315,20 € per le seguenti inadempienze (Articolo 19 comma 1 lett. a, c, e ed f): mancata vigilanza sulla osservanza, da parte dei singoli lavoratori, delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro; mancata vigilanza sull’utilizzo da parte dei lavoratori dei dispositivi di protezione collettiva ed individuale; richiesta ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; mancata segnalazione al datore di lavoro della presenza di macchinari e attrezzature, nonché di dispositivi di protezione, carenti e non adeguati alle condizioni di pericolo presenti sul luogo di lavoro.

Inoltre, i Preposti sono soggetti ad arresto fino a un mese oppure ad un’ammenda da 219,20 a 876,80 euro, per il mancato rispetto dei seguenti obblighi (Articolo 19 comma 1 lett. b, d, g): verifica che i lavoratori, che operano in zone dove è presente un rischio grave e specifico, abbiano ricevuto adeguate istruzioni; immediata informazione ai lavoratori sugli eventuali rischi gravi a cui sono esposti; svolgimento da parte preposti di apposito corso di formazione.

Infine, i Preposti sono soggetti a sanzioni anche per inadempienze, legate ai rischi connessi con l’esposizione a sostanze chimiche pericolose e ad agenti biologici.

In questi casi, la normativa prevede l’arresto fino a due mesi o un’ammenda fino a 1.753,60 €.

La Cassazione rileva che le disposizioni del T.U. sulla sicurezza si rivolgono primariamente al datore di lavoro, che costituisce la massima espressione della rappresentanza e della operatività dell’azienda e al quale compete l’obbligo primario di procedere alla valutazione dei rischi e all’adozione delle relative misure di prevenzione.

Il datore può trasferire taluni di questi obblighi ad un delegato – che subentra nella posizione di garanzia – a condizione che il relativo atto di delega riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso, effettivo e non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza.

La Cassazione afferma che, in materia di sicurezza, le funzioni di preposto non determinano un trasferimento di funzione con esonero della responsabilità a favore del datore di lavoro, ma comportano l’assunzione di una autonoma posizione di garanzia che concorre con quella propria del datore [10].

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Note bibliografiche

[1] Il paragrafo 1 di questo articolo si basa sulla direttiva 89/391/CEE concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Si ispira anche all’articolo 3 della Carta sociale e al punto 19 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nonché, per quanto riguarda il diritto alla dignità sul lavoro, all’articolo 26 della Carta sociale riveduta. L’espressione `condizioni di lavoro` deve essere intesa nel senso dell’articolo 156 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

[2] L’articolo 2087 c.c. contiene un principio generale, di cui la legislazione in materia di prevenzione e di assicurazione degli infortuni sul lavoro costituisce una applicazione specifica. Ha, inoltre, un valore integrativo rispetto a tale legislazione e costituisce una norma di chiusura del sistema antinfortunistico.

[3] Cass., sent. n. 30679 del 2019; Cass., sent. n. 14066 del 2019; Cass., sent. n. 12863 del 2004.

[4] Cass., sent. n. 16026 del 2018; Cass., sent. n. 798 del 2017; Cass., sent. n. 27127 del 2013; Cass., sent. n. 4075 del 2004.

[5] M. Ferrari, Il datore di lavoro è responsabile anche nel caso di imprudenza del lavoratore, Altalex, 4 ottobre 2021, disponibile all’indirizzo https://www.altalex.com/documents/news/2021/10/04/datore-lavoro-responsabile-anche-caso-imprudenza-lavoratore.

[6] Ibidem

[7] Per un approfondimento sul tema si veda, tra i tanti, Studio Legale Stella, Le posizioni di garanzia del datore di lavoro, del dirigente e del preposto, disponibile all’indirizzo https://www.studiolegalestella.it/posizioni-di-garanzia-del-datore-di-lavoro-dirigente-preposto/.

[8] Articolo 2 lettera e) decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008.

[9] Articolo 19 decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008.

[10] Cass., sent. n. 5415 del 20 gennaio 2022.

Tullio Facciolini

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