Proposte di legge al Senato in materia di procedura penale, vediamo quali

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Alla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica sono state presentate diverse proposte di legge in materia di procedura penale: vediamo quali.

Misure cautelari

Tra queste, possiamo prima di tutto ricordare il disegno di legge n. 408 con il quale (all’art. 1) si vuole modificare l’art. 274 c.p.p. meglio specificando le esigenze cautelari; in particolare: a) prevedendo al comma 1, lettera a), dopo le parole: «fondate su circostanze di fatto», le seguenti: «e su condotte concrete della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato»; b) sostituendo al comma 1, lettera b), le parole: «sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga» con le seguenti:«tenti di darsi alla fuga o abbia tentato di darsi alla fuga»; c) sostituendo al comma 1, lettera c), le parole:«sussiste il concreto e attuale pericolo» con le seguenti: «sussistono il concreto e attuale pericolo ed elementi di prova»; c) inserendo, dopo il comma 1, il seguente:  «1-bis. Al di fuori dei casi di cui al comma 1 le misure cautelari sono disposte nei confronti di chi sia stato colto in stato di flagranza ai sensi dell’articolo 382 se si tratta di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni».

L’intenzione dei firmatari di questo progetto di legge è quello di “rafforzare i presupposti per l’applicazione delle misure cautelari”, richiedendosi in particolare, “alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 274 del codice di procedura penale, che le «specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova» si fondino, non solo sulle circostanze di fatto, ma anche su condotte concrete della persona indagata o imputata” in guisa tale che il “presupposto del pericolo di inquinamento delle prove verrebbe così sottratto alla valutazione discrezionale del magistrato,che dovrà accertare la condotta concretamente tenuta dall’indagato o imputato” mentre, in relazione al presupposto di cui alla lettera b), viene richiesto “che l’imputato non solo si sia dato alla fuga, ma abbia tentato o tenti di darsi alla fuga, eliminando il riferimento al generico e opinabile «pericolo di fuga»”; invece, con riferimento al presupposto della pericolosità sociale del soggetto, si richiede “l’ulteriore requisito dell’esistenza di elementi di prova, che, unitamente al concreto e attuale pericolo, possano portare il magistrato a ritenere con sufficiente certezza che questi commetterà i gravi delitti di cui alla lettera c) dell’articolo in esame”.

Infine, con l’aggiunta di un ulteriore comma all’articolo 274 del codice di procedura penale si prevede, come visto prima, “l’applicazione delle misure cautelari nell’ulteriore fattispecie di cui all’articolo 382 del medesimo codice[1]”.

Violazione di domicilio, arresto in flagranza

Un altro disegno di legge, attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato, è quello n. 372 avente ad oggetto modifiche agli articoli 380, 381 e 383 del codice di procedura penale, in materia di arresto in flagranza per il delitto di violazione di domicilio prevedendosi, da un lato, che al “comma 2 dell’articolo 380 del codice di procedura penale è aggiunta, in fine,la seguente lettera: «m-quinquies) delitto di violazione di domicilio previsto dall’articolo 614, commi primo e secondo, del codice penale»” (art. 1, c. 1, disegno di legge S-372), dall’altro, che la “lettera f-bis) del comma 2 dell’articolo 381 del codice di procedura penale è abrogata” (art. 2, c. 1, disegno di legge S-372), da un altro lato ancora, che il “comma 1 dell’articolo 383 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: «1. Nei casi previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, o quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza»” (art. 3, c. 1, disegno di legge S-372).

Secondo i firmatari di questo disegno di legge, con questo intervento normativo, si vuole “colmare una lacuna normativa derivante dalla mancata applicabilità del combinato disposto degli articoli 383 del codice di procedura penale e dell’ipotesi di violazione di domicilio semplice di cui all’articolo 614, primo comma,del codice penale” “che fa sì che l’aggressore che viola il domicilio senza esercitare violenza su cose o persone non sia passibile di arresto da parte di un privato cittadino, in quanto l’arresto in flagranza è applicabile solo alle fattispecie procedibili d’ufficio, pena il rischio di essere accusati di sequestro di persona o di arresto illegale”.

L’obiettivo, dunque, è quello di “quello di garantire una maggiore tutela attraverso l’estensione dell’arresto a opera di privati anche ai casi di violazione di domicilio semplice, rafforzando così un principio di autotutela e sicurezza sociale”.

Inammissibilità del ricorso in Cassazione

Con un altro disegno di legge (il numero S-393) ci si propone di modificare il codice di procedura penale in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione essendo ivi previsto (all’art. 1) quanto segue: “il comma 3 dell’articolo 606 del codice di procedura penale è aggiunto, infine, il seguente:  «3-bis. L’esistenza di cause di inammissibilità diverse da quelle previste dall’articolo 591, comma 1, lettere a), b) e c), non preclude in ogni caso la declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’articolo 129, maturate prima del provvedimento di cui all’articolo 648, comma 2, secondo periodo».

La finalità, sottesa alla scelta di una modifica dell’art. 606 c.p.p. in questi termini, consiste nell’impedire che l’inammissibilità del ricorso derivante dalla manifesta infondatezza dei motivi non possa e non debba “precludere l’applicabilità dell’articolo 129 del codice di procedura penale e, quindi, la declaratoria delle cause di non punibilità ivi previste”.

Delitti sessuali contro minori, patteggiamento

Altro progetto legislativo è il numero S-341 concernente la modifica all’articolo 444 del codice di procedura penale, concernente l’esclusione dell’applicazione della pena su richiesta nei procedimenti per delitti sessuali contro i minori attraverso la emenda di questa norma procedurale nei seguenti termini: “1. Il comma 1-bis dell’articolo 444 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: «1bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o di commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, non-ché 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quin-quies, 609-octies e 609-undecies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del co-dice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria».” (art. 1 disegno di legge S-341).

Per mezzo di tale modificazione dell’art. 444, c. 1-bis, c.p.p., si vuole “completare l’elenco dei reati ai quali non potrà essere applicato il patteggiamento affinché tra questi siano compresi tutti i reati afferenti alla violazione della sfera sessuale del minore” (quali: “corruzione di minorenne, adescamento di minorenne (che ricomprende anche quello via internet, così come indicato nella Convenzione di Lanzarote) e quello configurato dall’assistere a esibizioni o a spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto (anch’esso introdotto in forza del recepimento della Convenzione)”) oltre che estendere “il divieto di accedere al patteggiamento nei casi di cessione di materiale pedopornografico anche non di ingente quantità”)”.

Operandosi in tal modo, ci si propone di rafforzare la tutela dei bambini e degli adolescenti come si evince nella relazione di accompagnamento a questa proposta di legge nella parte in cui è scritto quanto segue: “La tutela dei bambini e degli adolescenti deve, oggi più che mai, essere uno degli obiettivi primari della nostra società e con il presente disegno di legge intendiamo realizzare un ulteriore passo in questa direzione”.

Riparazione per ingiusta intercettazione

Altra proposta verte sull’introduzione dell’articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni (disegno di legge n. S-353) così formulato: “1. Al capo VIII del titolo I del libro quarto del codice di procedura penale, dopo l’articolo 315 è aggiunto il seguente: «Art. 315-bis. – (Riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni). – 1. Chi è stato assolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato da un’imputazione formulata nell’ambito di un procedimento penale nel quale è stato destinatario di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni ha diritto a un’equa riparazione per l’intercettazione ingiustamente subita. 2. Il diritto di cui al comma 1 spetta anche a coloro nei cui confronti sia stato pronunziato decreto od ordinanza di archiviazione, o sentenza di non luogo a procedere, nonché in favore dei terzi, estranei alle indagini, che siano stati intercettati occasionalmente; in quest’ultimo caso il diritto alla riparazione compete soltanto qualora le intercettazioni siano state divulgate, in quanto il pubblico ministero non abbia disposto il loro immediato oscuramento all’atto della ricezione delle relative trascrizioni. 3. In ogni caso, anche a prescindere dall’oscuramento, l’avvenuta pubblicazione sulla stampa delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni deve essere valutata ai fini della quantificazione e dà diritto alla riparazione per l’ingiusta intercettazione anche in favore dei terzi, estranei alle indagini, che siano stati occasionalmente intercettati. 4. La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di assoluzione o di proscioglimento è divenuta irrevocabile o la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile, o l’interessato ha avuto conoscenza del decreto o dell’ordinanza di archiviazione. 5. L’entità della riparazione non può comunque eccedere la somma di euro 100.000. L’ingiusta intercettazione di conversazioni tra il difensore e il proprio assistito deve essere ulteriormente valutata ai fini dell’entità della riparazione stessa. 6. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla riparazione per l’ingiusta detenzione»”.

Attraverso questa previsione di legge, dunque, si è voluta introdurre una specifica forma di riparazione non per ingiusta detenzione, ma per intercettazione ingiustamente subita.

Lo scopo sembra dunque essere quello di disincentivare un uso anomalo di questo mezzo di ricerca della prova dato che è sufficiente la sola intercettazione ingiustamente subita, a nulla rilevando se da ciò siano derivati (o meno) danni nei confronti del soggetto captato (o il terzo estraneo alle indagini intercettato occasionalmente) per poter legittimare una riparazione.

Il progetto di legge, inoltre, prevede altre disposizioni, a completamento di quella appena citata, che così prevedono: art. 2 (“Disposizione transitoria”) (“1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono presentare istanza di riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e di conversazioni ai sensi dell’articolo 315-bis del codice di procedura penale, introdotto dall’articolo 1 della presente legge, coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo 315-bis; in tale caso il termine di due anni di cui al comma 4 del citato articolo 315-bis è elevato a cinque anni”); art. 3 (“Modifica all’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109” (“1. Dopo la lettera ggbis) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, è aggiunta la seguente: «gg-ter) l’aver richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l’intercettazione di comunicazioni telefoniche di conversazioni, nell’ambito di un procedimento penale in cui il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari procedenti non hanno competenza territoriale o funzionale»”); art. 4 (“Provvedimenti disciplinari”) (“1. Il Ministro della giustizia e il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, anche su sollecitazione di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 315-bis del codice di procedura penale, introdotto dall’articolo 1 della presente legge, valutano, in ogni caso, la sussistenza di profili disciplinari nei confronti del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari che hanno rispettivamente richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l’ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni, definendo l’istruttoria pre-disciplinare con il promovimento dell’azione disciplinare, o con l’archiviazione ai sensi dell’articolo 16, comma 5-bis, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. L’ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni tra il difensore e il proprio assistito è valutata quale circostanza aggravante dell’eventuale contestazione disciplinare”) e art. 5 (“Procedimento contabile”) (“1. Nei casi di cui alla lettera gg-ter) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, introdotta dall’articolo 3 della presente legge, e di cui all’articolo 4 della medesima legge, la cancelleria della corte di appello competente per il procedimento di riparazione per l’ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni trasmette, entro venti giorni dal deposito, copia della relativa istanza al procuratore regionale presso la Corte dei conti che promuove, in ogni caso, il giudizio di responsabilità contabile nei confronti del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari che hanno rispettivamente richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l’ingiusta intercettazione”).

Comunicazioni alle persone offese dal reato

Infine, con il disegno di legge S-347, ci si propone di modificare l’articolo 90-ter del codice di procedura penale e l’articolo 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di comunicazioni dovute alle persone offese dal reato disponendo, da un lato, che il “comma 1 dell’articolo 90-ter del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: «1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 299[2], nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l’ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione, compresi i permessi di qualsiasi natura concessi durante l’esecuzione della pena, e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell’internato all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nell’ipotesi di cui all’articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l’autore del reato” (art. 1, c. 1, disegno di legge S-347), dall’altro, che al “terzo comma dell’articolo 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, le parole: «e all’interessato» sono sostituite dalle seguenti: «, all’interessato e al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di condannati per reati intenzionali violenti il provvedimento deve contenere il divieto di recarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa dal reato” (art. 2, c. 1, disegno di legge S-347).

Questa proposta di legge permette dunque alla vittima di conoscere il percorso giudiziario del soggetto attivo del reato anche nella fase di esecuzione della pena e in quella di sorveglianza, e quindi si consente a costei di essere a conoscenza di quanto fa colui che ha commesso un illecito penale nei suoi confronti onde poter evitare, avvalendosi degli strumenti messi a sua disposizione dal nostro ordinamento giuridico, che il reo possa commettere ulteriori illeciti penali ai suoi danni.

Le modifiche invocate da questi parlamentari si pongono inoltre nell’evidente ottica di rinforzare le garanzie di protezione a favore delle persone offese attraverso un rafforzamento dei meccanismi di salvaguardia a favore della persona offesa ossia quando l’autore del reato ai suoi danni ottenga un permesso con l’ulteriore garanzia che, anche ove ottenga un permesso, costui non può mai recarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa dal reato (come si evince dall’uso del verbo “deve”).

Chiariti nelle loro linee essenziali i progetti di legge in materia di procedura penale attualmente all’esame del Senato della Repubblica, non resta che vedere quali di essi verrà approvato e, qualora ciò dovesse avvenire, se in queste formulazioni o con delle modifiche.

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[1]Ai sensi del quale: “1. E’ in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. 2. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza”.

[2]Per cui: “1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall’art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall’articolo 274. 2. Salvo quanto previsto dall’art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un’altra meno grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità meno gravose. 2-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis , 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa. 3. Il pubblico ministero e l’imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell’articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell’assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all’udienza preliminare o al giudizio. 3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell’imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede. 3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l’istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l’interrogatorio dell’imputato che ne ha fatto richiesta. 4. Fermo quanto previsto dall’articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un’altra più grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. 4-bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l’imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. 4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell’imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all’articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell’articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall’accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3. 4-quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 286-bis, comma 3”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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